E' meglio perdonare o sfogare il proprio rancore?
buongiorno, sono una ragazza di 29 anni, scrivo perchè vivo da sempre in conflitto con i miei genitori, per le grandi differenze con cui hanno cresciuto me e mia sorella, per l'incapacità di comprensione e soprattutto di ascolto nei miei confronti. Questo ocnflitto dura da sempre, mia sorella minore ha sempre "potuto" mentre io, dato che sono quella più grande ho sempre "dovuto", i miei mi hanno sempre caricata di responsabilità, non mi hanno mai permesso di essere bambina, tutto era sempre poco serio, i cartoni animati? Inutili sciocchezze, gli amici? Inutili, i giocattoli? Non si cresce con quelli. Ho vissuto come un eremita, nel senso vero del termine, non ho mai imparato a coltivare amicizie ne a relazionarmi con altre persone, mio marito è stata la prma persona ad "educarmi" in tal senso, a preoccuparmi della salute di un amico, ad aprirmi con altre persone, a prendermi cura di loro, a ridere e a partecipare. Mia sorella, al contrario ha sempre fatto tutto quello che voleva, amici... affetto... giochi... è stata anche "troppo" bambina. L'unica persona che mi amava in maniera totale è stata mia nonna, lei è stata ( dopo una lunga dolorosissima degenza in ospedale è scomparsa) l'unica persona della famiglia che abbracciavo e baciavo spontaneamente, con i miei invece ho sempre un muro che mi impedisce di essere più affettuosa. Crescendo da sola ho avuto l'opportunità di conoscermi meglio e capirmi. Quando ho conosciuto mio marito i miei mi sono andati contro in tutti i modi, mio marito è onesto, dolcissimo non avevano veramente nessuna ragione per andargli contro! partendo dalle parole finendo con botte e sensi di colpa. ho tenuto duro, ma veramente duro, ora sono sposata da quasi 4 anni e amo mio marito con tutto il cuore, il nostro matrimonio è bellissimo. Nel frattempo ho avuto 5 anni tremendi, 2 linfomi benigni trattati con la chemio e la radioterapia e purtroppo la lunga degenza di mia nonna, che da un anno e mezzo non c'è più. Sono in cura da una psicologa, non riesco ad accettare la sua scomparsa e sofro tantissimo la sua mancanza.Sto prendendo degli ansiolitici e antidepressivi. I miei che dopo anni si sono accorti di me sono diventati tanto protettivi, quindi da un lato c'è il rancore per anni di ingiustizie, mentre dall'altro lato c'è il senso di colpa per provare questi sentimenti perchè sono loro a portarmi dai medici ed in ospedale, dato che mio marito lavora fuori città. Vivo in bilico tra questi 2 sentimenti e non so come fare per liberarmente, parlarne con i miei è del tutto fuori questione, ci ho provato tante volte ma non ascoltano, si chiudono in se stessi. Per cui chiedo come posso liberarmi da questo peso? Se non mi sfogo con loro a chi posso raccontarlo? E se li perdono, dato che loro non hanno la minima idea di come io mi senta nei loro confronti, alla prossima ingiustizia come mi comporto? Cosa succede dopo il perdono? La mia psicologa è dell'idea che dovrei sfogarmi con i miei ma so già che non ascolterebbero.
[#1]
Gentile Utente,
la persona più indicata per il suo sfogo è senza dubbio la psicologa con cui lei sta lavorando, che sicuramente la conosce più di noi.
Lei non ha avuto una vita semplice, problemi relazionali, di salute, perdita di un parente caro, ecc., per cui la situazione non è in discesa, bensì in salita. E la salita le può far percepire tutto più difficile, più nero. Se in bicicletta affrontiamo una salita molto impegnativa difficilmente in quel momento saremo attenti alla bellezza del paesaggio. Credo sia quello che le sta succedendo.
Sarebbe bello se riuscisse a stampare la mail che ci ha mandato e la facesse vedere alla sua psicologa: potrebbe portarvi ad un approfondimento ulteriore
Non demorda, le salite finiscono, e prima o poi arriva la discesa
la persona più indicata per il suo sfogo è senza dubbio la psicologa con cui lei sta lavorando, che sicuramente la conosce più di noi.
Lei non ha avuto una vita semplice, problemi relazionali, di salute, perdita di un parente caro, ecc., per cui la situazione non è in discesa, bensì in salita. E la salita le può far percepire tutto più difficile, più nero. Se in bicicletta affrontiamo una salita molto impegnativa difficilmente in quel momento saremo attenti alla bellezza del paesaggio. Credo sia quello che le sta succedendo.
Sarebbe bello se riuscisse a stampare la mail che ci ha mandato e la facesse vedere alla sua psicologa: potrebbe portarvi ad un approfondimento ulteriore
Non demorda, le salite finiscono, e prima o poi arriva la discesa
Cordialmente
Daniel Bulla
dbulla@libero.it, Twitter _DanielBulla_
[#2]
Gentile signora, la disparità di trattamento fra primo e secondogenito è un classico, così come lo è il fatto che in genere è il primogenito a sopportare e farsi carico della mancanza d'esperienza dei propri genitori. Chi arriva dopo usufruisce di qualcosa che non ha contribuito a creare, ma tant'è. È molto efficace la sua sintesi "lei ha sempre potuto, io ho sempre dovuto", ma d'altra parte prima o poi dovrà accettare che i genitori non ce li scegliamo, ci capitano, e quindi oltre una certa età l'unica alternativa realistica è imparare noi a gestire il rapporto che abbiamo con loro, piuttosto che sperare che siano loro a cambiare e adattarsi al modello che noi avremmo in mente.
Quindi, finché continuerà a ragionare nei termini di "però è un'ingiustizia" non potrà fare reali progressi.
Riguardo al perdono, sono del parere che il perdono non esista. Si può farsi una ragione dei torti subiti, decidere di smettere di provare rancore nei confronti di chi ce li ha inflitti, e anche decidere di smettere di soffrirne, ma resterà sempre il fatto che quei torti, in un modo o nell'altro, hanno influito su di noi e quest'influenza difficilmente si cancellerà.
Se è già un cura da una collega credo che il posto migliore dove riportare questi temi sia proprio nelle sedute con lei. D'altra parte anch'io come lei credo che sfogarsi con i suoi genitori non servirebbe a nulla, anzi, rischierebbe di esacerbare le vostre reciproche incomprensioni. Per risolvere i problemi relazionali come il suo, prendere le cose di petto è quasi sempre controproducente.
La serenità e l'intesa che descrive nel rapporto con suo marito mi sembra una risorsa importante: poter contare su almeno un'altra persona a questo mondo non è cosa da poco.
Cordiali saluti
Quindi, finché continuerà a ragionare nei termini di "però è un'ingiustizia" non potrà fare reali progressi.
Riguardo al perdono, sono del parere che il perdono non esista. Si può farsi una ragione dei torti subiti, decidere di smettere di provare rancore nei confronti di chi ce li ha inflitti, e anche decidere di smettere di soffrirne, ma resterà sempre il fatto che quei torti, in un modo o nell'altro, hanno influito su di noi e quest'influenza difficilmente si cancellerà.
Se è già un cura da una collega credo che il posto migliore dove riportare questi temi sia proprio nelle sedute con lei. D'altra parte anch'io come lei credo che sfogarsi con i suoi genitori non servirebbe a nulla, anzi, rischierebbe di esacerbare le vostre reciproche incomprensioni. Per risolvere i problemi relazionali come il suo, prendere le cose di petto è quasi sempre controproducente.
La serenità e l'intesa che descrive nel rapporto con suo marito mi sembra una risorsa importante: poter contare su almeno un'altra persona a questo mondo non è cosa da poco.
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 5.4k visite dal 16/04/2009.
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