Repulsione all’esprimere affetto

Buongiorno, sono una ragazza di 23 anni, scrivo per parlare di un problema a cui non riesco a dare una spiegazione.
Ho una sorta di repulsione quando si tratta di dover esprimere affetto, in generale sono una persona a cui non piace il contatto fisico, o parlare di sentimenti, ma ciò che sto per dirvi non rientra certamente nella normalità.
Quando qualcuno prova ad abbracciarmi, ad esempio, mi sento a disagio, ma se proprio devo, ricambio in modo molto goffo, per non far rimanere male la persona, ma con i miei genitori, non ci riesco, ogni volta che mia madre prova ad abbracciarmi provo una forte rabbia, un forte fastidio, un forte senso di disgusto, e la respingo immediatamente in malo modo, cercando di trattenermi da non darle una manata.
Evito anche di dire ti voglio bene e cose del genere, non riesco a tollerare di dire una cosa del genere ai miei, ma anche solo ai parenti (un po’ diverso se si tratta della mia migliore amica, con lei sono si, sempre un po’ fredda, ma riesco ad esprimere affetto) mi provoca disagio anche solo scriverlo qui, se so che sto parlando di mia madre.
Mio padre non prova più ad abbracciarmi, lo respingo sin da bambina, e lui si è rassegnato, (preciso che da bambina, invece adoravo mia madre) so che mi creerebbe un enorme disagio forse anche più di ciò che mi provoca stare con mia madre, ma non so dire se avrei quella sensazione di rabbia che ho con lei, proprio perché mio padre ormai non mi abbraccia più.
Mi sono sentita dire, maleducata , scostumata e che dovrei vergognarmi, da mio padre il giorno del mio compleanno, perché ai suoi auguri ho risposto con un lieve grazie senza riuscire a guardarlo in faccia e al suo chiedermi se gli auguri mi dessero fastidio, ho risposto annuendo.
So che ha ragione, so che è un comportamento da bambina, e intollerabile, e di essermelo meritato, ma non riesco a comportarmi diversamente, forse neanche vorrei farlo, preferisco che continui ad insultarmi piuttosto che abbracciarlo, il solo pensiero di esprimere affetto ai miei genitori in particolare modo, mi disgusta.
Vorrei capire per quale motivo mi comporto così.
Grazie per l’ascolto, e la disponibilità,
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
sappiamo troppo poco di lei per poter rispondere.
Mi chiedo se lei ha dei fratelli minori, quanti anni aveva quando sono nati e cosa ricorda di quel periodo.
Mi chiedo soprattutto come si senta nei suoi stessi confronti, come si guardi allo specchio e se si prenda cura di sé, o se la sua non disponibilità affettiva coinvolga anche lei.
Non sappiamo che studi ha fatto, quali interessi ha, se lavora, se ha relazioni sentimentali; tuttavia anche sapere questo non sarebbe sufficiente per affrontare da queste pagine il suo blocco.
Il suo caso andrebbe trattato di persona, ed è uno di quelli in cui si può ipotizzare l'uso di strumenti analitici.
Non è rimproverando sé stessa o adattandosi a provocare i rimproveri degli altri che lei ne uscirà.
Ci scriva ancora, se sente che può esserle utile.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
La ringrazio per la sua risposta. Non ho fratelli più piccoli , ma ho dei nipoti nati quand’ero bambina. Sono la minore di tre sorelle, dalle quali mi passo 23 e 25 anni di differenza. Entrambe si sono sposate a poche settimane di distanza l’una dall’altra quando dovevo compiere 3 anni, non so se può essere utile descrivere quel periodo...ricordo che urlavo contro mia madre chiedendole perché le mie sorelle non dormivano più a casa nostra, e lei mi ha raccontato che cominciai anche a farmi la pipì addosso. Dopo neanche un anno, pochi mesi prima di compiere 4 anni, nacquero i miei primi nipoti, li ricordo che detestavo sentirmi dire di essere diventata zia tanto che per dispetto presi il mio vestitino di tulle indossato al matrimonio delle mie sorelle e lo strappai. Per il resto ricordo che giocavo con i miei nipotini, mi piaceva stare con loro, e adesso, sono due ragazzi di 19 anni, con i quali ho buoni rapporti. Per quanto riguarda come mi sento nei miei confronti, posso dire che l’immagine che ho di me stessa sia interna che esterna è abbastanza negativa...sono una ragazza molto timida, chiusa, testarda, pigra, menefreghista, fredda, non c’è una sola cosa che io provi a fare che mi riesca, mi vergogno quasi di me stessa, forse l’unico pregio che ho è l’essere fedele a chi scelgo come amico. Quando ero un po’ più piccola tenevo molto di più alla mia immagine, mi truccavo tutti i giorni, cercavo di vestirmi bene, ma ora devo dire che mi è passata la voglia, tutto sommato, mi curo il minimo indispensabile, vesto casual, mi trucco solo in occasioni importanti, sono stanca di essere fissata con l’aspetto fisico, diciamo che mi sono rassegnata. Ho studiato in un istituto professionale socio-sanitario, volevo lavorare con i bambini, ma la mia prima esperienza di lavoro con loro è andata veramente male, se ci penso mi viene ancora da piangere...in breve non sono capace di gestire i bambini, non mi ascoltano, le colleghe si lamentavano, la direttrice mi ha umiliata davanti alle colleghe dicendo che le tirocinanti di 16 anni erano più brave, che sono noiosa e non trasmetto niente, e che lei nel momento in cui una persona porta un curriculum, si aspetta che sia qualificata per quel lavoro, che mi vuole più sveglia. Piangevo ogni domenica perché non volevo tornare lì, e quando ne avevo l’occasione mentre i bimbi dormivano. Ero imbranata, non capivo le cose, insomma, un’esperienza da non ripetere. Poi ho lavorato ogni tanto come baby sitter per qualche ora...e attualmente sto cercando lavoro come commessa, ma se devo dire la verità, da una parte spero di non trovarlo, so che si ripeterà l’esperienza vissuta all’asilo, perché il lavoro cambia, ma io resto sempre la stessa imbranata, che dorme, e non sa fare niente. Non sono fidanzata nè conosco ragazzi, un po’ mi inquietano, se da una parte mi piacerebbe avere una relazione come tutti, dall’altra ne sono terrorizzata, sia della relazione stessa che degli uomini, ma in realtà non mi ritengo una persona adatta ad essere fidanzata con qualcuno, mi piace stare sola, vedrei un ragazzo come un problema, uno stress, e avrei paura di tradimenti, di non piacere ai suoi, o agli amici, o che ai miei genitori non piaccia lui è altre cose che comporta una relazione. Sarebbe tutto un portare ulteriore ansia nella mia vita. Per quanto riguarda gli interessi, ho difficoltà a risponderle...potrei dire di avere gli interessi di una bambina, o di non averne affatto, mi piace semplicemente ascoltare a musica, e guardare una serie tv in particolare alla quale mi sono appassionata...ma si tratta di un cartone per bambini, e non so se posso definirlo un vero e proprio interesse. Sono lontana anni luce dai miei coetanei, ho un’amica appassionata di lettura e scrittura, un’altra di make up, unghie e cura del corpo...ma io niente di tutto ciò, a volte mi mettevo a preparare dei dolci, altre volte compravo delle maschere per il viso, altre volte ancora, mi sistemavo le unghie, ma tutto ciò dura pochissimo, sono estremamente pigra, mi stanco subito e finisco sempre per fare ciò che faccio sempre , stare tranquilla con il mio iPad ad ascoltare la musica o trafficare su internet, cose che si addicono più ad una ragazzina di 16 anni, che ad una di 23.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
direi che uscire da questa situazione sarebbe preferibile, anche se il processo di cambiamento può avere delle tappe dolorose.
La giovinezza non dura per sempre. Interessarsi a qualcosa di costruttivo per lei, iscriversi all'università o ad un corso professionale on line, darsi dei traguardi e cominciare ad avere delle soddisfazioni attraverso qualche successo, le permetterebbe di far evolvere positivamente la sua visione di sé stessa, oltre che la sua vita pratica, che come quella di tutti sarà fatta di esigenze economiche che non si possono rimandare all'infinito.
Mi domando se nell'istituto in cui si è diplomata c'erano altre specializzazioni, oltre a quella relativa all'infanzia: turismo, grafica, etc. Alcuni professionali per l'infanzia si occupano anche di anziani, date le competenze psicologiche insegnate, e chi si diploma trova facilmente lavoro in istituti o case private.
Se lei ha scelto i bambini, forse le piacevano; peccato farsi scoraggiare alle prime difficoltà.
Mi chiedo come mai non abbia desiderato affidarsi ad uno psicologo, per essere condotta fuori da questa situazione.
La sua relazione coi parenti di suo padre com'era, fin da piccola? Glielo chiedo perché immagino che sua madre sia una seconda moglie, forse con qualche difficoltà a farsi accettare.
Le faccio tanti auguri.
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Utente
Utente
La ringrazio nuovamente. Il fatto è che non saprei nemmeno che strada intraprendere, penso spesso a che lavoro potrei fare, oltre la commessa, l la babysitter, pulizie, o addetta mensa... ma mi sembra tutto troppo difficile, non adatto a me che sembro avere difficoltà in ogni minima cosa, ho paura di osare di più, perchè so che non ne sarei capace e i rimproveri sarebbero dietro l’angolo, All’inizio volevo iscrivermi all’università, a Scienze della formazione primaria , con l’intento di lavorare nelle scuole materne, ma poi dopo il lavoro al nido, ho cambiato idea, ho capito di non essere portata per stare con i bambini, oltre il fatto che faccio molta fatica a studiare e non vorrei spendere soldi per l’università inutilmente. Nella mia scuola c’era l’indirizzo socio-sanitario ( il mio) , moda e grafica. Si, io potrei anche lavorare con anziani e disabili, feci il tirocinio per 2 anni in una residenza per anziani e disabili, e la ricordo come una bruttissima esperienza. Credo di aver sbagliato completamente indirizzo di studi, non sono adatta a stare in mezzo alle persone. Si, mi piacciono i bambini, ma non so gestirli, nonostante un anno passato al nido, non ho imparato niente, e devo dire che mi mette non poca ansia pensare di dover tornare in un asilo, non riuscirei a presentarmi, sapendo di non saper fare il lavoro per cui mi candido. Io in realtà provai ad andare da una psicologa, tra le urla dei miei genitori che non volevano, e continuavano a chiedermi perché dovessi andarci e perché non parlassi con loro. Anche quella però la ricordo come un’esperienza terribile, mi vergogno al solo pensiero. Arrivata nello studio della psicologa mi venne da piangere, ho fatto un’enorme fatica a trattenermi, non riuscivo neanche a far uscire le parole di bocca. Quando mi calmai, in realtà non sapevo cosa dire, lei così cerco di farmi delle domande, ma rispondevo il minimo indispensabile, oltre al fatto che mi sentivo terribilmente a disagio, ancora oggi se penso al suo sguardo mi sento male, nonostante in realtà sembrava un persona molto carina, solo che io ho sempre difficoltà a trovare persone con cui mi senta a mio agio. Andai da lei un’altra volta ( Sempre tra le urla dei miei) e basta. I parenti di mio padre posso dire di non conoscerli. Li vedevo solo in occasione di matrimoni , battesimi, o se capitava di trovarli a casa di mia nonna, quelle volte all’anno che andavamo da lei. A stento ricordo i loro nomi.

Glielo chiedo perché immagino che sua madre sia una seconda moglie, forse con qualche difficoltà a farsi accettare.

Chiedo scusa, non ho capito cosa intende con questa frase.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
la mia osservazione "Glielo chiedo perché immagino che sua madre sia una seconda moglie, forse con qualche difficoltà a farsi accettare" deriva dal divario di età tra lei e le sue sorelle. Questo mi ha fatto pensare che siano nate da un matrimonio precedente, ipotesi che spiegherebbe anche altre cose. I suoi genitori quanti anni hanno?
Ora lei scrive: "I parenti di mio padre posso dire di non conoscerli. Li vedevo solo in occasione di matrimoni, battesimi, o se capitava di trovarli a casa di mia nonna, quelle volte all’anno che andavamo da lei. A stento ricordo i loro nomi". E i parenti di sua madre?
Forse c'è stato un clima di barriere antagonistiche sperimentato fin da piccola. La sua situazione viene ulteriormente complicata da genitori che non sembrano prendere in considerazione le sue difficoltà, non avvertono la necessità che se ne occupi uno specialista, anzi sembra addirittura che lo temano.
Infatti lei scrive: "provai ad andare da una psicologa, tra le urla dei miei genitori che non volevano, e continuavano a chiedermi perché dovessi andarci e perché non parlassi con loro".
In che modo ha attraversato gli anni scolastici, data la sua paura di ogni rimprovero e ogni osservazione? Può davvero coltivare delle amicizie senza creare continuamente trincee difensive?
La sua prima reazione davanti alla psicologa è un classico. "Arrivata nello studio della psicologa mi venne da piangere", ma poi, come al solito, sembra che lei non sappia agire a suo vantaggio, e così anziché piangere liberamente e cercare aiuto cosa fa? "Ho fatto un’enorme fatica a trattenermi, non riuscivo neanche a far uscire le parole di bocca".
Cara utente, a volte lo spartiacque tra salute e malattia è nel cercare di fare il proprio bene, o il pensare di non averne il diritto.
Gli elementi indicatori di un profondo disagio ci sono, ma lei si sforza strenuamente di non vederli, fino a chiederci perché mai ha una repulsione ad abbracciare i suoi genitori. Naturalmente con l'aiuto della psicologa sarebbe giunta a capirlo.
Le faccio tanti auguri perché recuperi la cura di sé stessa, anche se dovrà lottare.
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Utente
Utente
Le mie sorelle non sono nate da un matrimonio precedente. Mia madre è del 1952, mio padre del 1945. Si sono sposati molto giovani, mio padre aveva 27 anni, mia madre 20, e a suo tempo era minorenne, per cui si sposò con il permesso dei genitori, ma oltre a questo, era già incinta di mia sorella, la primogenita. Io nacqui quando mia madre aveva 46 anni, e mio padre quasi 53, in breve, mi cercarono. Per quanto riguarda i parenti di mia madre, la situazione era più o meno la stessa con poche differenze, io abito al nord, i parenti di mia madre, al sud. Ogni anno quand’ero bambina d’estate partivamo per andare al mare, stavamo un mese a casa di mia nonna materna, e vedevo le mie zie e cugine ( cugine quasi coetanee delle mie sorelle) se passavano a casa di mia nonna a salutare. Paradossalmente posso dire che durante l’anno vedevo più i parenti di mia madre..o meglio, le sorelle e le nipoti di mia madre, che quelli di mio padre che abitano ad un massimo di un ora da casa mia. Mia nonna materna però, all’inizio della mia adolescenza ha incominciato ad avere demenza senile, e non era più la stessa, mia zia andó ad abitare a casa sua:con le mie cugine per accudirla e da lì incominciarono gli scontri tra mia madre ,mia zia e le mie cugine, per motivi che non mi sono molto chiari, ma in ogni caso, sarà per la situazione familiare, sarà che io non ero più bambina, ho cominciato a detestare di andare lì in vacanza, rimanevo da sola, non avevo nessuno, di andare in spiaggia non se ne parlava proprio, crescendo, ed essendo sovrappeso, ho incominciato a vergognarmi di andare in spiaggia, oltre a questo mia zia e le cugine, si erano fissate sul mio peso per farmi dimagrire, cosa che mi metteva non poco disagio. Poi mia nonna è venuta a mancare, ormai 6 anni fa’, da allora non tornammo più li, mia madre non se la sente, e io devo dire sono ben felice di non vedere più quel posto. I miei genitori in realtà, penso che non siano coscienti del mio disagio, sanno solo che mi danno fastidio gli abbracci, non sanno che ciò che provo è più di un normale fastidio, non potrei mai dire loro della rabbia e del disgusto che sento, perché farei piangere mia madre, e mio padre non saprebbe quali parole di disprezzo usare nei miei confronti per comportarmi come una bambina. Non capirebbero, non posso parlare di me con loro, il mio disagio è simile a quello di un abbraccio, so che mia madre forse piangerebbe, oppure con una risatina sminuirebbe ciò che le dico, in ogni caso, mi metterebbe solo ulteriore ansia addosso ( è abbastanza ansiosa, e temo di aver preso da lei) e non mi aiuterebbe per niente. mio padre invece mi criticherebbe, nonostante sia suo desiderio che io parli molto con lui, ma come posso parlargli e confidarmi con lui, quando non mi ascolta, non mi comprende, ma mi critica e basta? Mio padre mi sempre capire che non sono la figlia che voleva, voleva una persona socievole, sorridente, spontanea, una volta mi ha persino detto che io in realtà secondo lui sono una bellissima persona , e come mi comporto di solito, sono falsa, non sono io. Non so come interpretare ciò che mi ha detto. Mia madre invece vuole una figlia molto affettuosa e fissata come lei con l’ordine e la pulizia, (così come mia sorella secondogenita con cui va molto d’accordo) e che in generale abbia le sue stesse idee, perché per lei ogni suo pensiero è giusto, un pensiero diverso dal suo, è sbagliato e non è normale, lei parla spesso di com’era quando ancora da ragazza viveva con i suoi genitori: una figlia perfetta sempre rispettosa che andava d’accordo con la madre , e che adorava sbrigare faccende domestiche. Ho bruttissimi ricordi del periodo scolastico...questo a partire dalla scuola media. Con i professori non avevo alcun problema, io ero la classica ragazzina tranquilla, che stava in silenzio durante le spiegazioni e non si ribellava. È con i compagni di classe che avevo problemi...alcuni ragazzi cominciarono a deridermi per il mio aspetto fisico, (ho sempre avuto un po’ di chili di troppo) alcune delle ragazze, mi schifavano per via della dermatite sul cuoio capelluto. E in realtà non so per cos’altro...ricordo però che tendevo ad avere quella che penso possa definirsi risata nervosa , è una cosa che ho sin da bambina e che anzi adesso è quasi completamente sparita, ma la tempo mi capitava senza farlo apposta di mettermi a ridere all’improvviso, ( non ad alta voce, chiaro) per un pensiero, o addirittura per la forma strana che aveva assunto la matita una volta temperata . Questo infastidiva non poco la mia compagna di banco , e pian piano, venni giudicata male dalla maggior parte della classe. Ricordo in terza media quando un mio compagno decise di prendermi in giro facendomi false dichiarazione d’amore, urlando per strada, o scrivendole sulla lavagna , facendomi foto di nascosto ( le foto mi mettevano e mi mettono tutt’ora molto molto a disagio, tanto da evitare se potevo) tentando di abbracciarmi. Io la presi molto male, ero angosciata dalla situazione, ci pensavo più volte al giorno, a volte piangevo la notte per paura di vederlo il giorno successivo a scuola. Dissi ai miei genitori che questo ragazzino mi infastidiva, mio padre stesso ebbe modo di vederlo in azione , perché lui a volte veniva a prendermi a scuola. Così i miei andarono a parlare con la madre del ragazzino. Alla fine finí tutto quando io mi missi a piangere davanti a lui pregandolo di smetterla. Nella mia classe c’erano alcune compagne delle elementari, le uniche che non mi deridevano, ma loro avevano il loro gruppo, io stavo insieme ad un’altra ragazzina, che anche lei non stava proprio simpatica al resto della classe. La situazione delle superiori fu molto peggio. Le prese in giro, non erano solo per l’aspetto fisico, perché sono robusta, perché mi mettevo le mollettine in testa, per come mi vestivo, ma anche per il mio modo di essere, per il mio carattere, per la mia persona. Iniziarono a prendermi di mira, all’inizio però non sospettavo niente, parlavano male di me alle spalle. Ricordo però una ragazza in particolare ( che per fortuna rimase con noi solo durante la prima superiore) la quale ricordo con un misto di rabbia e paura. Cominciò il secondo giorno di scuola con il dire che il posto in cui mi ero seduta il giorno prima, era suo, sostenendo di essersi messa lì prima di me, e poi di essersi alzata. Notando la sua insistenza cedetti, e finii da sola al primo banco. Da allora quella ragazza mi diede il tormento, mi disegnò una forma fallica sulla mano, col pennarello indelebile ( quando alle altre compagne , aveva disegnato un cuore) ridendo. Mi nascose una scarpa durante l’ora di ginnastica che trovai in seguito con l’aiuto di mio padre. Mi chiamava con un tono ironico chiedendomi se per caso mi depilassi di sotto perché se no quando avevo rapporti come avrei fatto? Oppure se sapevo cosa fosse una sega ...sapeva che mi avrebbe turbata, aveva capito che ero una ragazzina abbastanza innocente, e debole, che non avrei mai risposto alle sue provocazioni, si divertiva. Poi lei lasció la scuola, ma il tormento continuó. Premetto che il primo giorno di scuola, sembrava mi fossi fatta delle amiche, ma in seguito al cambio di posto, non ebbi più l’occasione di stare con loro, avevano fatto gruppo e ormai non si curavano molto di me, e in seguito scoprii che anche loro dopo un po’ cominciarono a parlar male di me. Le mie compagne di classe dicevano che ero falsa, che anche loro erano brave a fingersi timide per ingannare i professori.Una persona così chiusa, sempre zitta, non può che dar una brutta impressione...ma davvero è necessario comportarsi in questo modo? Il giudizio negativo delle mie compagne di classe di rafforzó per il fatto che io non studiavo, non avevo buoni voti, non sempre almeno, ed ero sempre l’ultima a prenotarmi per le interrogazioni, oltre al fare un po’ di assenze, perché spesso dicevo a mia madre di avere mal di testa, per non andare a scuola. Su queste ultime cose non posso certo lamentarmi , avevano ragione. In seconda superiore mi ritrovavo con 7 materie insufficienti , lo dissi ad una delle ragazze che mi ero fatta amica il primo giorno di scuola, ed evidentemente lo fece sapere a tutta la classe perché il giorno delle pagelle tutti erano infuriati per il fatto che io non fossi stata bocciata , ma solo rimandata in una materia. Avevo l’intera classe contro, e questa ragazza la quale mi sembrava all’inizio una persona di cui potersi fidare mi dedicó un post sul gruppo della classe, lamentandosi per il mio non essere stata bocciata, con annessi commenti della classe che le davano ragione. Non mi aspettavo una cosa del genere, avevo fatto tanta fatica per recuperare le materie. Piansi disperata quel giorno, non volevo presentarmi all’esame di riparazione per non rivedere più la classe. Tra le ragazze del gruppo ex amiche ce n’era una in particolare che aveva attirato la mia attenzione, era sempre l’ultima ad uscire dalla classe, le sue amiche non la aspettavano, era sempre indietro...mi ricordava un po’ me, mi sembrava diversa. Un giorno lei litigò con le sue amiche, e io, vedendola da sola, andai da lei per farla sfogare. Chiaramente era molto titubante all’inizio ad aprirsi con me, la sua immagine di me era negativa , ma poi si lasció andare. Successero varie cose e alla fine anche le altre ragazze ragazze del gruppo ex amiche mi conobbe meglio, e mi chiesero scusa per essersi comportate male. Questa è forse l’unica cosa positiva di quegli anni. L’amica che io aiutai quel giorno è oggi la mia migliore amica, ci aiutiamo a vicenda, lei è l’unica con cui posso parlare, l’unica che sa dei miei problemi con i genitori e delle varie difficoltà. A volte si, mi sento un po’ giudicata da lei, ma è un qualcosa che sperimento con ogni persona , chi più chi meno, senza distinzioni. A lavoro la situazione era più o meno la stessa, faccio sempre un’impressione negativa agli altri, e ho un’enorme difficoltà ad aprirmi. Lei dice bene, io non so agire, non so come comportarmi, non so trovare soluzioni da sola, la psicologa di cui le ho parlato continuava a ripetermi lei è molto spaventata ...come se non lo sapessi... Comunque, in realtà sono cosciente da tempo di questa mia situazione, ho passato tanto tempo a parlarne a me stessa, nel modo in cui sto facendo qui con lei. Ho scritto per quanto riguarda l’abbracciare i miei genitori, perché è una cosa che credevo che fosse più facile cercarne risposta, o ipotizzarne una, anche perché non avrei saputo da dove cominciare, da dove partire per parlare del mio disagio, ci sono troppe cose. Mi scuso se ho scritto una lettera così lunga, e non posso che ringraziarla se è arrivata a leggere fin qui.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Cara utente,
forse la forma scritta è quella che le permetterebbe di effettuare una terapia. Non sembra anche a lei che le riesca più facile scrivere che parlare?
Il filo delle sue vicende va dipanato sotto l'occhio benevolo e non giudicante, ma esperto, di uno psicologo.
Da questa sua ultima email si vede che lei non manca di risorse, infatti è riuscita a ricostruire anche dove c'erano lacerazioni profonde: le compagne di scuola, la "conquista" della sua migliore amica.
Tuttavia la difficoltà dei primi approcci ritorna sui luoghi di lavoro, nella fobia dei legami sentimentali, perfino nei rapporti con la famiglia d'origine di sua madre, e questo le preclude anche i ricordi belli dell'infanzia.
Il nodo da dipanare è la sua visione dei genitori e il rapporto con loro, che determina un atteggiamento disfunzionale con sé stessa.
Sono contenta di aver accolto le sue confidenze, e anche se non potrò più farlo su queste pagine, lei continui a scrivere su un diario le sue riflessioni.
Le sarà più utile farlo, se indirizzerà idealmente le sue parole ad una persona che avverte come accogliente. Cerchi su Internet uno psicologo disposto alla terapia scritta, che possa condurla a piccoli passi alla terapia online, poi a quella di persona.
Le sono vicina. Coraggio.
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Utente
Utente
La ringrazio infinitamente per la sua disponibilità d’ascolto e per la sua pazienza.