Disturbi ansia e ferite non rimarginate
Salve a tutti ho 32 anni e ho perso mio padre 21 anni fa.
Si è impiccato in un'insulsa giornata di autunno.
Ho iniziato ad affrontare un percorso psicologico solo 5 anni fa perché sentivo che questa ferita non si è mai rimarginata.
Ho passato tutto il periodo infanzia/adolescenza a tenere nascosto a non poche persone la modalità in cui mio padre è morto, addirittura a volte parlavo di lui come se fosse presente, scatenando le ire del resto della mia famiglia che invece mi hanno voluto forte sin da subito cercando di soffocare le mie emozioni per farmi "del bene".
Sostanzialmente sostengono che il modo per farmela passare era quello di rimboccarsi le maniche ed essere forte.
Per delusione di tutti (madre, sorella, zii, nonni) purtroppo non ci sono riuscita, e ho sviluppato una sorta di timore soprattutto nei confronti di mia madre in età adolescenziale perché non volevo farmi vedere fragile per non crearle pensieri.
Spesso ho represso lacrime e sfoghi, trovandomi di notte a piangere silenziosamente sul cuscino e a pensarci bene è un'abitudine che non ho perso.
Non condanno nessuno dei miei familiari perché semplicemente certe dinamiche non le comprenderanno mai.
Aggiungo che mia sorella di tre anni più grande di me ha fatto invece come le era stato imposto, e ad oggi quando le provo a spiegare i miei stati d’animo mi svaluta, incolpandomi per non essermi impegnata abbastanza.
Dicevo che ho passato buona parte della vita a nascondere la morte di mio padre, poi da qualche anno a questa parte ho iniziato a parlarne usando l’arma dell’ironia.
Credo di aver iniziato a farlo per dimostrare che la ferita si è rimarginata quando in realtà temo che non sia così.
Ho avuto delle relazioni amorose particolarmente difficili, nel senso che mi sono trovata sempre a dare tutto l'amore possibile, accontentandomi solo di briciole.
C'è da dire che le relazioni le ho chiuse sempre io, ma solo dopo un tortuoso percorso personale.
Sono molto insicura e terrorizzata dall'abbandono, anche se per assurdo sono una persona che sta molto bene da sola.
Lavorativamente sono indipendente e a parte una convivenza che mi ha portata fuori casa a 23 anni, vivo sola da quando ne ho 26.
Tendo a dare tanto, troppo affetto (sia in amore che in amicizia) ma quello che torna indietro è davvero un nulla.
Sto combattendo con le mie insicurezze da anni attraverso percorsi psicologici ma è abbastanza dura, proprio perché ci sono cose accantonate e mai affrontate che tornano a galla.
Mi sento molto insicura rispetto al mio futuro e spesso sono confusa.
Quando lo psicologo mi chiede di riflettere bene e pensare a quello che ho sempre desiderato per me nella vita, l'unica risposta è che io, volevo solo essere felice.
Scusate, scrivere mi aiuta già a sentirmi meglio!
Si è impiccato in un'insulsa giornata di autunno.
Ho iniziato ad affrontare un percorso psicologico solo 5 anni fa perché sentivo che questa ferita non si è mai rimarginata.
Ho passato tutto il periodo infanzia/adolescenza a tenere nascosto a non poche persone la modalità in cui mio padre è morto, addirittura a volte parlavo di lui come se fosse presente, scatenando le ire del resto della mia famiglia che invece mi hanno voluto forte sin da subito cercando di soffocare le mie emozioni per farmi "del bene".
Sostanzialmente sostengono che il modo per farmela passare era quello di rimboccarsi le maniche ed essere forte.
Per delusione di tutti (madre, sorella, zii, nonni) purtroppo non ci sono riuscita, e ho sviluppato una sorta di timore soprattutto nei confronti di mia madre in età adolescenziale perché non volevo farmi vedere fragile per non crearle pensieri.
Spesso ho represso lacrime e sfoghi, trovandomi di notte a piangere silenziosamente sul cuscino e a pensarci bene è un'abitudine che non ho perso.
Non condanno nessuno dei miei familiari perché semplicemente certe dinamiche non le comprenderanno mai.
Aggiungo che mia sorella di tre anni più grande di me ha fatto invece come le era stato imposto, e ad oggi quando le provo a spiegare i miei stati d’animo mi svaluta, incolpandomi per non essermi impegnata abbastanza.
Dicevo che ho passato buona parte della vita a nascondere la morte di mio padre, poi da qualche anno a questa parte ho iniziato a parlarne usando l’arma dell’ironia.
Credo di aver iniziato a farlo per dimostrare che la ferita si è rimarginata quando in realtà temo che non sia così.
Ho avuto delle relazioni amorose particolarmente difficili, nel senso che mi sono trovata sempre a dare tutto l'amore possibile, accontentandomi solo di briciole.
C'è da dire che le relazioni le ho chiuse sempre io, ma solo dopo un tortuoso percorso personale.
Sono molto insicura e terrorizzata dall'abbandono, anche se per assurdo sono una persona che sta molto bene da sola.
Lavorativamente sono indipendente e a parte una convivenza che mi ha portata fuori casa a 23 anni, vivo sola da quando ne ho 26.
Tendo a dare tanto, troppo affetto (sia in amore che in amicizia) ma quello che torna indietro è davvero un nulla.
Sto combattendo con le mie insicurezze da anni attraverso percorsi psicologici ma è abbastanza dura, proprio perché ci sono cose accantonate e mai affrontate che tornano a galla.
Mi sento molto insicura rispetto al mio futuro e spesso sono confusa.
Quando lo psicologo mi chiede di riflettere bene e pensare a quello che ho sempre desiderato per me nella vita, l'unica risposta è che io, volevo solo essere felice.
Scusate, scrivere mi aiuta già a sentirmi meglio!
[#1]
Ha ragione su tutto!
-Verosimilmente la ferita non è affatto rimarginata. Altrimenti non avrebbe iniziato il consulto proprio parlando dolorosamente di quanto e come lei vive emotivamente il ricordo di suo padre.
- le emozioni, e siamo pienamente d’accordo con lei, non si soffocano mettendoci sopra mattoni di forza di volontà. Non è un modo sano di gestire le emozioni.
- sua sorella la colpevolizza ma lei (tu) è consapevole e sana, sua sorella no.
- insicurezze e timore dell’abbandono potrebbero essere legate all’evento del suicidio di suo papà. Potrebbero perché manca una valutazione dal vivo della possibile correlazione tra questi vissuti e quel vissuto.
capisco che forse è stanca di andar per colleghi senza <<<riparare>>> un grande dolore (?)
Perché non provare con un/una collega psicoterapeuta esperta in terapia EMDR? Noi terapeuti EMDR siamo su tutto il territorio nazionale https://emdr.it/index.php/terapeuti/
Verosimilmente la aiuterebbe moltissimo a prendersi davvero la felicità che merita.
Saluti
-Verosimilmente la ferita non è affatto rimarginata. Altrimenti non avrebbe iniziato il consulto proprio parlando dolorosamente di quanto e come lei vive emotivamente il ricordo di suo padre.
- le emozioni, e siamo pienamente d’accordo con lei, non si soffocano mettendoci sopra mattoni di forza di volontà. Non è un modo sano di gestire le emozioni.
- sua sorella la colpevolizza ma lei (tu) è consapevole e sana, sua sorella no.
- insicurezze e timore dell’abbandono potrebbero essere legate all’evento del suicidio di suo papà. Potrebbero perché manca una valutazione dal vivo della possibile correlazione tra questi vissuti e quel vissuto.
capisco che forse è stanca di andar per colleghi senza <<<riparare>>> un grande dolore (?)
Perché non provare con un/una collega psicoterapeuta esperta in terapia EMDR? Noi terapeuti EMDR siamo su tutto il territorio nazionale https://emdr.it/index.php/terapeuti/
Verosimilmente la aiuterebbe moltissimo a prendersi davvero la felicità che merita.
Saluti
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.
[#2]
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Utente
Gentile dottore la ringrazio per la sua risposta. Il problema è proprio quello, pur andando con costanza alle sedute psicologiche, sento che da lì non ci si smuove , attribuisco questo al fatto che forse il percorso avrei dovuto iniziarlo molto prima, adesso oltre alla ferita lasciata da mio padre ci sono strascichi di tutte le altre esperienze. La ringrazio infinitamente per il suo consiglio che seguirò sicuramente
[#3]
<<< attribuisco questo al fatto che forse il percorso avrei dovuto iniziarlo molto prima>>>.
È riparabile comunque anche se, come spesso accade, si sommano più eventi negativi. Il tempo che ha e la terapia giusta saranno buoni alleati per darle maggiore serenità perché ricuciranno le ferite.
Lieto dell’aiuto
È riparabile comunque anche se, come spesso accade, si sommano più eventi negativi. Il tempo che ha e la terapia giusta saranno buoni alleati per darle maggiore serenità perché ricuciranno le ferite.
Lieto dell’aiuto
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1.7k visite dal 07/09/2020.
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