Ansia sul lavoro... esiste una consulenza per aiutare a cambiare lavoro?

Non riesco più a lavorare, non riesco proprio nel lavoro.
Cerco di finire delle cose, ma non riesco e non riesco più nemmeno a dirlo.

Non ci sono conseguenze dirette ora, ma comunque è frustrante lavorare così... vorrei riuscire a cambiare proprio tipo di lavoro...ma esistono dei consulenti del lavoro o qualcuno che possa aiutarti a capire un possibile percorso lavorativo da costruire?
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
qualunque psicologo può aiutarla a capire meglio sé stesso, i suoi reali desideri, le sue possibilità, l'eventuale stato di stress in cui si trova in questo momento.
In particolare gli psicologi di orientamento cognitivo-comportamentale e quelli strategici potrebbero esserle d'aiuto.
Esiste la specializzazione in Psicologia del Lavoro, che in genere non si occupa dei singoli ma dell'intera azienda; tuttavia gli psicologi del lavoro che si occupano di ri-orientamento professionale potrebbero operare sul piano individuale, a richiesta del singolo.
Nel suo caso, volendo avere risultati a breve termine, considererei meno opportuna solo la psicoanalisi freudiana o junghiana.
Le faccio tanti auguri. Ci tenga aggiornati.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
Grazie,
Seguirò il consiglio cercando uno/una psicologa magari specializzata sul lavoro.
Un altra cosa credo che sto seguendo un lavoro da tempo che è diventato veramente impresentabile....Non sono riuscito a gestirlo e ora non riesco a fare dietro front...
Come posso comunicare questo, quali strategie potrei usare per evitare il panico e avvisare cmq del esito negativo del mio lavoro?
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
se mi sta chiedendo come presentare questa situazione al suo datore di lavoro, da lontano non posso aiutarla.
L'unica cosa che le raccomando è la calma: qualunque errore lei abbia fatto, evidentemente è un errore umano. E' capitato a lei, poteva capitare ad un altro.
Questo mi fa pensare che potrebbe dare un'occhiata, anche in rete, alla terapia che si chiama ACT, Acceptance and commitment therapy.
Mi chiedo però, avendo dato un'occhiata alle sue precedenti email, dove sono finiti gli psicoterapeuti da cui è stato seguito.
Buona giornata.
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Utente
Utente
Grazie per la risposta.
In effetti ora ho solo appuntamento sporadico con lo psichiatra. Anche se tra covid e altro credo che ci sentiamo una volta ogni 4 mesi.
Ho provato ad affiancare per un anno con incontro settimanale incontro con psicologa con terapia cognitivo comportamentale, secondo me con scarsi risultati. Non so se la figura trovata non era adatta a me o se io ero poco predisposto a tale terapia....
Per cui ad ora ho come riferimento lo psichiatra con cui però mi vedo troppo poco, e aumentare le ore con lui non riesco. Una figura da accostare non l ho trovata.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
è il momento di affrontare la sua malattia PER GUARIRE.
In meno di tre anni lei ci ha scritto 38 consulti, che sommati alle repliche interne fanno più di cento. Per inciso, comunica un rapporto peso/altezza che è sbagliato oppure patologico. Può cominciare a correggere quello?
Il leit-motiv dei suoi consulti è il disagio sul lavoro, tuttavia lei sembra ostinato a tenerselo ben stretto, come una punizione divina. Questo spirito autopunitivo compare anche in altri comportamenti.
Mi chiedo se abbia davvero elaborato in psicoterapia il trauma che si produsse inizialmente sul luogo di lavoro. Temo di no, perché vedo in lei una pericolosa tendenza a "razionalizzare". Questo termine, al contrario di quello che credono i profani, non indica il procedimento di valutare con razionalità gli elementi del reale, ma quello di cacciarli a forza dentro uno schema apparentemente razionale e perciò rassicurante, ma in realtà angusto e falso.
Da anni lei segue una terapia farmacologica aspettandosi che agisca come la bacchetta magica delle fate, ma a mio avviso non ha affrontato la psicoterapia nel modo idoneo.
Come le avrà detto anche la sua psicologa, il lavoro psicoterapeutico si fa in due, oppure non sortisce alcun esito.
Il curante mette a disposizione competenza professionale ed empatia, ma il paziente ci mette l'ingrediente essenziale: la volontà di tirarsi fuori dal fosso, che vuol dire combattere contro i meccanismi che ha adottato per tollerare lo stress traumatico.
Questi meccanismi sono i pensieri, le emozioni, i comportamenti disfunzionali per una vita sana, ma ritenuti adatti dal paziente nel momento di sofferenza in cui li ha scelti.
So bene che non è facile tirarsi fuori dal solco dell'abitudine, divenuta una prigione nota e perciò più rassicurante del cambiamento, il quale passa, oltretutto, attraverso un'analisi critica di quanto scelto in precedenza.
Quest'analisi fa credere al paziente di venir attaccato nel suo io, mentre sono le sue modalità di approccio alla realtà che vengono confutate; in altre parole, il suo software, non la scheda-madre.
In una delle numerose lettere che ci ha scritto lei dice:
"Mi è stato detto di porre molta attenzione all'aspetto psicoteraupetico, che solo intervendo sul carattere è possibile, ma non garantito, interrompere o attenuare certe dinamiche comportamentali".
Parlare di CARATTERE è fuorviante: oltretutto appare al paziente un pericoloso attacco alla sua essenza, e sono quasi certa che nessun terapeuta le abbia detto questo.
Quello che si cerca di modificare, ripeto, e non all'insaputa o ai danni del paziente, ma col suo consenso e a suo vantaggio, è la serie di ABITUDINI (idee, comportamenti, reazioni emotive) che ha adottato.
In genere il procedimento è doloroso anche perché risveglia e porta allo scoperto i motivi che hanno fatto adottare quelle particolari scelte; i traumi che come dicevo sopra non sono stati elaborati.
A questo punto, o lei si affida davvero ad uno psicoterapeuta, oppure, come il barone di Munchhausen, continuerà a credere di poter uscire dalle sabbie mobili afferrandosi per i capelli e tirando in su.
Auguri.
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Utente
Utente
La ringrazio per la risposta, molto dura.
Non nego che nel leggerla ho trattenuto le lacrime, forse ho percepito di essere stato messo di fronte una realtà.
Forse ho inteso i farmaci come pillole magiche e mi continuo a scontrare con questa convinzione.
Forse per insicurezze di origine profonda diffido dagli altri, e quindi anche una psicoterapia diventa difficile.
Spero di fare tesoro delle sue parole e provare a cambiare attitudine verso la vita e cercare una guarigione attraverso questi atteggiamenti prima che con uso abbondante di farmaci.

Cercherò di usare questo canale non per sfogare attacchi di panico, ma se necessario per semplici consulti (scopo del canale stesso)

Ci tenevo a dirle che non mento nel richiedere aiuto, sopratutto se spinto dal panico, per cui i dati peso e altezza sono reali e anche concetti, forse nel panico mal espressi, non sono stati inventati. Facilmente ad un osservatore attento balzeranno delle contraddizioni, se queste vi sono è per le difficoltà comunicative p l ansia che a volte mi fa travisare la realtà.

Grazie ancora, spero di riuscire a incanalato in un percorso adeguato con la volontà di farlo.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Caro utente,
le auguro con tutto il cuore di realizzare il meglio.
Lei è giovane e ha molte frecce al suo arco, molte risorse inesplorate.
Il suo rapporto peso/altezza fa pensare. Sta facendo un'adeguata attività fisica? Le analisi che dicono?
Ci tenga al corrente dei suoi progressi, e su con la vita!
[#8]
Utente
Utente
Sono molto magro di costituzione, ho analisi del sangue sempre perfette.
Non ho mai fatto una misura del testosterone (non so se potrebbe rilevare qualcosa?).
Vengo da una famiglia com costituzione molto magra ma in salute. Ho lo sterno incavo.
Faccio poca fisica, e non palestra o cmq non di potenza. Preferisco attività all' aperto e più aerobica.
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