Ansia patologica? Cosa fare?
Salve, spero che la mia domanda non risulti fumosa.
Ho 40 anni e ho sempre avuto una tendenza all’ansia, ma l’ho sempre controllata con una certa abilità, osservandomi e autonomamente traendone alcune strategie per bloccare i pensieri negativi.
Infatti spesso gli altri riconoscono in me una persona solida, con capacità di reagire saggiamente e con determinazione ai problemi.
Tuttavia nell’ultimo anno ho riscontrato una sempre maggiore inquietudine.
Forse hanno inciso una serie di eventi dolorosi accaduti, come malattie di persone care per fortuna superate , alcune complicazioni sul lavoro e aggiungerei anche il peso mentale ed emotivo del lockdown.
Perciò proprio nei mesi del lockdown ho visto prendere il sopravvento in me atteggiamenti eccessivamente ansiosi: il meccanismo è quello di andare quasi a cercare mentalmente situazioni di potenziale preoccupazione (ad esempio mi è capitato sulla salute, ma non solo) e, qualora esse si presentino, correre col pensiero subito all’ipotesi peggiore, immaginando una serie di conseguenze nefaste.
Negli ultimi tempi la situazione è peggiorata, e infatti per la prima volta nella vita arrivo a pensare di dover chiedere un supporto.
A fine luglio mi si è presentato un problema che credo possa causarmi molti e importanti disagi: naturalmente al più presto dovrò chiedere delucidazioni in merito e cercare di risolverlo concretamente.
Ma, al di là di quanto esso sia grosso (appunto, dovrò chiedere un riscontro esterno da un esperto in materia), sento che mi manca proprio la forza e pure la fede, che per me è molto importante ed è stata sempre un grande sostegno di affrontare qualunque cosa sia necessaria per risolverlo.
Insomma, mi sembra di vedere la mia vita distrutta, non riesco assolutamente ad immaginare una soluzione positiva e, concretamente parlando, sono letteralmente bloccata da settimane, non riesco a concentrare il pensiero su altre attività, se non di fronte a quelle da svolgere improrogabilmente.
Poiché so che il campanello di allarme che segna il passaggio da un’ansia fisiologica (per quanto più o meno accentuata) a una che necessita di cure si ha proprio quando si altera il normale funzionamento della persona, mi chiedo cosa sia meglio fare.
Anche perché sento l’urgenza di risolvere questa situazione, avendo io molti impegni cui tengo e delle persone che contano su di me.
In questo senso credo non aiuti il fatto che mi stia tenendo tutto dentro e non mi sfoghi con nessuno.
Chiaramente so che quanto racconto non può risolversi con una mail, ma ciò che chiedo è un’indicazione della strada migliore da seguire, non essendo esperta delle varie forme di terapia psicologica (o psichiatrica?).
Da una ricerca in internet, mi è sembrata interessante la prospettiva della cosiddetta psicoterapia breve, che in un periodo limitato di tempo fornirebbe strumenti e strategie per intervenire sui meccanismi di pensiero problematici: ma appunto, sarei grata di un più mirato consiglio.
Molte grazie.
Ho 40 anni e ho sempre avuto una tendenza all’ansia, ma l’ho sempre controllata con una certa abilità, osservandomi e autonomamente traendone alcune strategie per bloccare i pensieri negativi.
Infatti spesso gli altri riconoscono in me una persona solida, con capacità di reagire saggiamente e con determinazione ai problemi.
Tuttavia nell’ultimo anno ho riscontrato una sempre maggiore inquietudine.
Forse hanno inciso una serie di eventi dolorosi accaduti, come malattie di persone care per fortuna superate , alcune complicazioni sul lavoro e aggiungerei anche il peso mentale ed emotivo del lockdown.
Perciò proprio nei mesi del lockdown ho visto prendere il sopravvento in me atteggiamenti eccessivamente ansiosi: il meccanismo è quello di andare quasi a cercare mentalmente situazioni di potenziale preoccupazione (ad esempio mi è capitato sulla salute, ma non solo) e, qualora esse si presentino, correre col pensiero subito all’ipotesi peggiore, immaginando una serie di conseguenze nefaste.
Negli ultimi tempi la situazione è peggiorata, e infatti per la prima volta nella vita arrivo a pensare di dover chiedere un supporto.
A fine luglio mi si è presentato un problema che credo possa causarmi molti e importanti disagi: naturalmente al più presto dovrò chiedere delucidazioni in merito e cercare di risolverlo concretamente.
Ma, al di là di quanto esso sia grosso (appunto, dovrò chiedere un riscontro esterno da un esperto in materia), sento che mi manca proprio la forza e pure la fede, che per me è molto importante ed è stata sempre un grande sostegno di affrontare qualunque cosa sia necessaria per risolverlo.
Insomma, mi sembra di vedere la mia vita distrutta, non riesco assolutamente ad immaginare una soluzione positiva e, concretamente parlando, sono letteralmente bloccata da settimane, non riesco a concentrare il pensiero su altre attività, se non di fronte a quelle da svolgere improrogabilmente.
Poiché so che il campanello di allarme che segna il passaggio da un’ansia fisiologica (per quanto più o meno accentuata) a una che necessita di cure si ha proprio quando si altera il normale funzionamento della persona, mi chiedo cosa sia meglio fare.
Anche perché sento l’urgenza di risolvere questa situazione, avendo io molti impegni cui tengo e delle persone che contano su di me.
In questo senso credo non aiuti il fatto che mi stia tenendo tutto dentro e non mi sfoghi con nessuno.
Chiaramente so che quanto racconto non può risolversi con una mail, ma ciò che chiedo è un’indicazione della strada migliore da seguire, non essendo esperta delle varie forme di terapia psicologica (o psichiatrica?).
Da una ricerca in internet, mi è sembrata interessante la prospettiva della cosiddetta psicoterapia breve, che in un periodo limitato di tempo fornirebbe strumenti e strategie per intervenire sui meccanismi di pensiero problematici: ma appunto, sarei grata di un più mirato consiglio.
Molte grazie.
[#1]
Gentile utente
Sindromi ansiose ed emotività probabilmente tendente alla tristezza, durante lo scorso lockdown, si sono sono sensibilmente acuite in molte persone che già vivevano situazioni dolorose sia emotivamente, fisicamente, a livello relazionale e socialmente.
Diciamo che è stato, senza dubbio, uno degli effetti collaterali maggiormente emersi nei mesi successivi alla quarantena.
Concordo con lei quando dice, saggiamente e in modo sano e consapevole, di voler chiedere aiuto specialistico.
In questi casi, una terapia breve strategica o una cognitivo-comportamentale possono fornire a chi ne fa richiesta, in tempi moderatamente brevi, strumenti e strategie adeguate per gestire, in modo scientifico, emozioni, cognizioni (stili di pensiero) e comportamenti dolorosi e disfunzionali.
cerchi un/una collega nella sua zona che abbia una formazione specialistica inerente agli indirizzi citati e vedrà che le tornerà estremamente utile.
Cordiali saluti
Sindromi ansiose ed emotività probabilmente tendente alla tristezza, durante lo scorso lockdown, si sono sono sensibilmente acuite in molte persone che già vivevano situazioni dolorose sia emotivamente, fisicamente, a livello relazionale e socialmente.
Diciamo che è stato, senza dubbio, uno degli effetti collaterali maggiormente emersi nei mesi successivi alla quarantena.
Concordo con lei quando dice, saggiamente e in modo sano e consapevole, di voler chiedere aiuto specialistico.
In questi casi, una terapia breve strategica o una cognitivo-comportamentale possono fornire a chi ne fa richiesta, in tempi moderatamente brevi, strumenti e strategie adeguate per gestire, in modo scientifico, emozioni, cognizioni (stili di pensiero) e comportamenti dolorosi e disfunzionali.
cerchi un/una collega nella sua zona che abbia una formazione specialistica inerente agli indirizzi citati e vedrà che le tornerà estremamente utile.
Cordiali saluti
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 990 visite dal 30/08/2020.
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