Violenza psicologica
Salv e, scrivo per mio marito, non ha mai avuto un buon carattere ma ultimamente è peggiorato.
Ha 40 anni circa, abbiamo due bambini e lui che ricalca nel modo di porsi nei miei confronti i modi del padre che tanto critica e a cui attribuisce colpe per varie crisi depressive di sua madre.
Ultimamente non riesce a gestire la sua rabbia, diventa stizzoso qualsiasi cosa io dico, spesso in un discorso banale parte per la tangente e cerca il pretesto per urlare e darmi addosso, rinfacciandomi il mio non lavorare (faccio la mamma h24, 7 GG su 7), e nascondendosi dietro la sua stanchezza mentale perché il peso della famiglia è solo sulle sue spalle.
Lui lavora tanto, ma fa solo quello; mio figlio più grande di cinque anni, è uscito in tutta la sua vita forse venti volte da solo con il padre.
Oltretutto è come se sentisse di aver perso autorità e cerca di recuperarla affliggendo il mio piccolo bambino, opprimendolo, tanto che spesso il bambino rinuncia a giocare per non sentirsi dire "devi rimetterr a posto".
L'altro giorno siamo tornati a casa dopo circa un mese, (stiamo facendo dei lavori di ristrutturazione che durano da un anno ad intermittenza e spesso io sto fuori casa con i bambini), il bambino giocava e lui ovviamente lo ha ripreso, mio figlio desiderava una palla ma mi ha detto "papà non mi permetterà mai di prenderla, vai tu, mi accontento di quella che scegli tu", sarei voluta sprofondare! Ci sarebbe ancora tanto da dire, ma credo mio marito abbia qualche problema psicologico sicuramente, psichiatrico non so.
Ma in questi casi da dove si inizia?
Come coppia io sono allo stremo, anche perché mi ritrovo sempre a dover "schermare" il bambino più grande e anche se non voglio ammetterlo, perché è doloroso, i suoi scatti di rabbia, sicuramente acuiti dalla presenza del fratello di 18 mesi, sono dovuti a questo padre assillante, pedante, che è diventato la copia del nonno, io so tutto voi non capite nulla.
Scusate se sono stata prolissa, ma vorrei convincerlo ad intraprendere un percorso di coppia, conscia che determinati suoi atteggiamenti sono proprio dell'educazione o a questo punto della non educazione impartitagli.
Grazie
Ha 40 anni circa, abbiamo due bambini e lui che ricalca nel modo di porsi nei miei confronti i modi del padre che tanto critica e a cui attribuisce colpe per varie crisi depressive di sua madre.
Ultimamente non riesce a gestire la sua rabbia, diventa stizzoso qualsiasi cosa io dico, spesso in un discorso banale parte per la tangente e cerca il pretesto per urlare e darmi addosso, rinfacciandomi il mio non lavorare (faccio la mamma h24, 7 GG su 7), e nascondendosi dietro la sua stanchezza mentale perché il peso della famiglia è solo sulle sue spalle.
Lui lavora tanto, ma fa solo quello; mio figlio più grande di cinque anni, è uscito in tutta la sua vita forse venti volte da solo con il padre.
Oltretutto è come se sentisse di aver perso autorità e cerca di recuperarla affliggendo il mio piccolo bambino, opprimendolo, tanto che spesso il bambino rinuncia a giocare per non sentirsi dire "devi rimetterr a posto".
L'altro giorno siamo tornati a casa dopo circa un mese, (stiamo facendo dei lavori di ristrutturazione che durano da un anno ad intermittenza e spesso io sto fuori casa con i bambini), il bambino giocava e lui ovviamente lo ha ripreso, mio figlio desiderava una palla ma mi ha detto "papà non mi permetterà mai di prenderla, vai tu, mi accontento di quella che scegli tu", sarei voluta sprofondare! Ci sarebbe ancora tanto da dire, ma credo mio marito abbia qualche problema psicologico sicuramente, psichiatrico non so.
Ma in questi casi da dove si inizia?
Come coppia io sono allo stremo, anche perché mi ritrovo sempre a dover "schermare" il bambino più grande e anche se non voglio ammetterlo, perché è doloroso, i suoi scatti di rabbia, sicuramente acuiti dalla presenza del fratello di 18 mesi, sono dovuti a questo padre assillante, pedante, che è diventato la copia del nonno, io so tutto voi non capite nulla.
Scusate se sono stata prolissa, ma vorrei convincerlo ad intraprendere un percorso di coppia, conscia che determinati suoi atteggiamenti sono proprio dell'educazione o a questo punto della non educazione impartitagli.
Grazie
[#1]
Gentile utente,
non ci dice da quanti anni siete sposati, quando e come è cominciato il disagio di suo marito.
Non può essere solo il fatto che lei abbia lasciato il lavoro a determinare un disagio così marcato, ma certamente anche questa situazione può acuire l'ansia di suo marito. Lei ha già una data precisa in cui pensa di riprendere a lavorare?
Al momento le consiglio di recarsi al Consultorio Familiare della sua città e di parlare con gli psicologi.
Abbia cura di poter parlare liberamente; non porti quindi i bambini.
Ci tenga al corrente; auguri.
non ci dice da quanti anni siete sposati, quando e come è cominciato il disagio di suo marito.
Non può essere solo il fatto che lei abbia lasciato il lavoro a determinare un disagio così marcato, ma certamente anche questa situazione può acuire l'ansia di suo marito. Lei ha già una data precisa in cui pensa di riprendere a lavorare?
Al momento le consiglio di recarsi al Consultorio Familiare della sua città e di parlare con gli psicologi.
Abbia cura di poter parlare liberamente; non porti quindi i bambini.
Ci tenga al corrente; auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Siamo sposati da sei anni. Forse il tutto si è acuito con la nascita del secondo bambino perché io sono in evidente difficoltà, e la sua strafottenza mi irrita. Di fatto ha sempre avuto un comportamento poco collaborativo per ciò che concerne l'organizzazione domestica e la gestione dei figli, non ritiene sia un lavoro cmq occuparsi della casa e dei bambini senza un aiuto tutto ciò per scelta condivisa tra l'altro, o almeno questo è quanto credevo.
[#3]
Gentile signora,
solo in un consulto psicologico diretto si potrebbero sciogliere i vari nodi che rischiano di danneggiare la coppia e di nuocere alla crescita dei bambini.
Da lontano molte cose non risultano chiare, a partire dall'ultima frase della sua email: "non ritiene sia un lavoro cmq occuparsi della casa e dei bambini senza un aiuto tutto ciò per scelta condivisa tra l'altro, o almeno questo è quanto credevo". Qual è stata la scelta condivisa?
Risulta poco chiaro anche il motivo per cui avete intrapreso una ristrutturazione della casa di lunga durata e "ad intermittenza" subito dopo la nascita del secondo figlio.
Inoltre, mi sembra di comprendere, avete una seconda casa dove risiedere; come mai lei si allontana da sola con i bambini e ritorna, a sua volta, ad intervalli?
La sua "evidente difficoltà" dopo la nascita del secondo figlio dipende da una patologia, organica e/o psicologica? Anemia, depressione puerperale, altro?
Come vede, per aiutarla un terapeuta deve conoscere diversi elementi.
Lei tra l'altro si è sposata a 34 anni; il fidanzamento è stato breve, e altrettanto la convivenza?
Ripeto che la consultazione di un esperto è indispensabile, quando di mezzo ci sono due bambini, e non solo se è fondato il suo sospetto di una componente psichiatrica nel comportamento di suo marito.
Posso dirle, però, che la nascita dei figli rappresenta spesso un piccolo terremoto nella coppia, e forse ristrutturando le aspettative e le modalità di comunicazione, cosa che richiede uno specialista, tutto potrebbe andare a posto.
Ancora auguri.
solo in un consulto psicologico diretto si potrebbero sciogliere i vari nodi che rischiano di danneggiare la coppia e di nuocere alla crescita dei bambini.
Da lontano molte cose non risultano chiare, a partire dall'ultima frase della sua email: "non ritiene sia un lavoro cmq occuparsi della casa e dei bambini senza un aiuto tutto ciò per scelta condivisa tra l'altro, o almeno questo è quanto credevo". Qual è stata la scelta condivisa?
Risulta poco chiaro anche il motivo per cui avete intrapreso una ristrutturazione della casa di lunga durata e "ad intermittenza" subito dopo la nascita del secondo figlio.
Inoltre, mi sembra di comprendere, avete una seconda casa dove risiedere; come mai lei si allontana da sola con i bambini e ritorna, a sua volta, ad intervalli?
La sua "evidente difficoltà" dopo la nascita del secondo figlio dipende da una patologia, organica e/o psicologica? Anemia, depressione puerperale, altro?
Come vede, per aiutarla un terapeuta deve conoscere diversi elementi.
Lei tra l'altro si è sposata a 34 anni; il fidanzamento è stato breve, e altrettanto la convivenza?
Ripeto che la consultazione di un esperto è indispensabile, quando di mezzo ci sono due bambini, e non solo se è fondato il suo sospetto di una componente psichiatrica nel comportamento di suo marito.
Posso dirle, però, che la nascita dei figli rappresenta spesso un piccolo terremoto nella coppia, e forse ristrutturando le aspettative e le modalità di comunicazione, cosa che richiede uno specialista, tutto potrebbe andare a posto.
Ancora auguri.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 3.3k visite dal 19/08/2020.
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