Paura di guidare
Gentili Dottori, mi rivolgo a voi per un problema per me invalidante e cioè quello di guidare.
Sono una giovane donna di 27 anni e non ho la patente.
Mi rendo conto possa sembrare un problema di poco conto ma per me è un vero e proprio incubo che mi limita nella vita sociale e lavorativa.
Al fine di farvi meglio comprendere il mio disagio, vi riassumo la mia "storia di guidatrice".
Circa verso il mese di maggio del mio 18esimo anno d'età, mi iscrissi alla scuola guida del luogo dove vivo, entusiasta ma titubante.
Quell'anno non fu facile per me in quanto ebbi alcuni problemi di salute e dovetti passare un paio di mesi in ospedale (i problemi furono poi per fortuna definitivamente risolti a marzo di quell'anno e cioè in prossimità del mio compleanno).
Quando mi iscrissi a scuola guida ero del tutto guarita ma un po affaticata a causa dei problemi di salute vissuti.
In più, all'epoca, ero una persona un po insicura e suscettibile al giudizio altrui.
Superai al primo tentativo l'esame teorico senza alcun problema ma fui bocciata due volte a quello pratico.
Questi due fallimenti furono per me molto dolorosi per diverse ragioni.
La prima fu il fatto che quella che era la prima volta che fallivo in qualcosa (ad oggi si tratta dell'unico fallimento della mia vita), la seconda fu che vissi la mia seconda bocciatura come un'ingiustizia in quanto quello stesso giorno fu promosso un ragazzo che guidava molto peggio di me (sulla prima bocciatura nulla da obiettare invece in quanto oggettivamente fui preda dell'ansia e sbagliai del tutto un parcheggio).
Subito decisi di accantonare il discorso patente per meglio concentrami sull'esame di maturità (che superai brillantemente).
Finite le scuole superiori, mi iscrissi all'università, mi laureai in tempo e con ottimi voti non venendo mai bocciata nemmeno ad un esame (neanche a quelli più tosti).
Durante tutto il periodo universitario mi dissi che avrei ripreso in mano il discorso patente dopo la laurea.
Al tempo il fatto di non guidare non mi ha limitata nelle relazioni sociali (ho avuto 2 fidanzati ben contenti di scorrazzarmi, delle amicizie consolidate che ritenevano il mio non guidare una stravaganza ed una famiglia che non vi ha dato molto peso, ad eccezione di mio papà che mi ha spesso criticata).
Inoltre, all'epoca la maggior parte dei miei coetanei non possedeva un auto e molte mie amiche erano inibite alla guida.
A me stessa dicevo che mi stavo concentrando nello studio e che avrei imparato a guidare a tempo debito.
Sono passati più di 2 anni dalla laurea e non sono ancora riuscita a riprendere in mano la guida.
Post laurea, ho svolto alcuni tirocini con grande soddisfazione (per raggiungere il luogo di lavoro non serviva la macchina).
Da qualche tempo, sono convinta che finché non supererò la mia paura non potrò entrare nel mondo del lavoro o avere una relazione stabile.
Però non riesco a vincere la mia paura (ho paura di guidare in sé e soprattutto di fallire di nuovo).
Vi chiedo di aiutarmi.
Sono una giovane donna di 27 anni e non ho la patente.
Mi rendo conto possa sembrare un problema di poco conto ma per me è un vero e proprio incubo che mi limita nella vita sociale e lavorativa.
Al fine di farvi meglio comprendere il mio disagio, vi riassumo la mia "storia di guidatrice".
Circa verso il mese di maggio del mio 18esimo anno d'età, mi iscrissi alla scuola guida del luogo dove vivo, entusiasta ma titubante.
Quell'anno non fu facile per me in quanto ebbi alcuni problemi di salute e dovetti passare un paio di mesi in ospedale (i problemi furono poi per fortuna definitivamente risolti a marzo di quell'anno e cioè in prossimità del mio compleanno).
Quando mi iscrissi a scuola guida ero del tutto guarita ma un po affaticata a causa dei problemi di salute vissuti.
In più, all'epoca, ero una persona un po insicura e suscettibile al giudizio altrui.
Superai al primo tentativo l'esame teorico senza alcun problema ma fui bocciata due volte a quello pratico.
Questi due fallimenti furono per me molto dolorosi per diverse ragioni.
La prima fu il fatto che quella che era la prima volta che fallivo in qualcosa (ad oggi si tratta dell'unico fallimento della mia vita), la seconda fu che vissi la mia seconda bocciatura come un'ingiustizia in quanto quello stesso giorno fu promosso un ragazzo che guidava molto peggio di me (sulla prima bocciatura nulla da obiettare invece in quanto oggettivamente fui preda dell'ansia e sbagliai del tutto un parcheggio).
Subito decisi di accantonare il discorso patente per meglio concentrami sull'esame di maturità (che superai brillantemente).
Finite le scuole superiori, mi iscrissi all'università, mi laureai in tempo e con ottimi voti non venendo mai bocciata nemmeno ad un esame (neanche a quelli più tosti).
Durante tutto il periodo universitario mi dissi che avrei ripreso in mano il discorso patente dopo la laurea.
Al tempo il fatto di non guidare non mi ha limitata nelle relazioni sociali (ho avuto 2 fidanzati ben contenti di scorrazzarmi, delle amicizie consolidate che ritenevano il mio non guidare una stravaganza ed una famiglia che non vi ha dato molto peso, ad eccezione di mio papà che mi ha spesso criticata).
Inoltre, all'epoca la maggior parte dei miei coetanei non possedeva un auto e molte mie amiche erano inibite alla guida.
A me stessa dicevo che mi stavo concentrando nello studio e che avrei imparato a guidare a tempo debito.
Sono passati più di 2 anni dalla laurea e non sono ancora riuscita a riprendere in mano la guida.
Post laurea, ho svolto alcuni tirocini con grande soddisfazione (per raggiungere il luogo di lavoro non serviva la macchina).
Da qualche tempo, sono convinta che finché non supererò la mia paura non potrò entrare nel mondo del lavoro o avere una relazione stabile.
Però non riesco a vincere la mia paura (ho paura di guidare in sé e soprattutto di fallire di nuovo).
Vi chiedo di aiutarmi.
[#1]
Gentile utente,
da quello che riporta mi pare che il problema non sia tanto legato ad una paura specifica del guidare, ma più che altro alla paura del fallimento. Come infatti lei riporta "Questi due fallimenti furono per me molto dolorosi per diverse ragioni.
La prima fu il fatto che quella che era la prima volta che fallivo in qualcosa (ad oggi si tratta dell'unico fallimento della mia vita)" e poi sottolinea il "brillantemente", come ha dimostrare a se stessa e agli altri che lei non è una fallita. Mi chiedo quando è iniziata questa visione così tanto severa di se stessa e come si è evoluta nel tempo, ma sono cose da approfondire, se lo vorrà, di persone.
Pertanto credo che un percorso psicoterapeutico sia la cosa più indicata, che prenda in considerazione la complessità del suo modo di attribuire significati agli eventi della sua vita, al suo valore e all'implicazione di tutto ciò nelle relazioni con gli altri, anche perchè il rischio è quello che lei stessa, ancora una volta, vede e riporta, quando dice: "Da qualche tempo, sono convinta che finché non supererò la mia paura non potrò entrare nel mondo del lavoro o avere una relazione stabile." Da un fallimento ad un altro, quasi una profezia che si autoavvera..Questo non perchè lei sia inabile o fallimentare, ma è l'idea che ha del fallimento di per sè, che sembra essere pervasivo sulla sua intera persona piuttosto che attribuirlo ad un solo aspetto di sè, a crearle problemi. Sbagliare o non essere perfetti non fa di noi delle persone fallite ma reali, e questo vale per tutti, lei compresa, ma trovo interessante l'equazione implicita che lei fa e trovo che vivere in un mondo così stretto in cui "o brilli o sei un fallimento" sia estremamente faticoso, stancante e anche spaventoso. Di più in questo spazio, senza conoscerla peraltro, non mi sento di aggiungere se non darle appunto questa lettura un po' più allargata rispetto alla sola paura dell'auto (ossia la paura del fallimento) e suggerirle un percorso. Un grande in bocca al lupo!
da quello che riporta mi pare che il problema non sia tanto legato ad una paura specifica del guidare, ma più che altro alla paura del fallimento. Come infatti lei riporta "Questi due fallimenti furono per me molto dolorosi per diverse ragioni.
La prima fu il fatto che quella che era la prima volta che fallivo in qualcosa (ad oggi si tratta dell'unico fallimento della mia vita)" e poi sottolinea il "brillantemente", come ha dimostrare a se stessa e agli altri che lei non è una fallita. Mi chiedo quando è iniziata questa visione così tanto severa di se stessa e come si è evoluta nel tempo, ma sono cose da approfondire, se lo vorrà, di persone.
Pertanto credo che un percorso psicoterapeutico sia la cosa più indicata, che prenda in considerazione la complessità del suo modo di attribuire significati agli eventi della sua vita, al suo valore e all'implicazione di tutto ciò nelle relazioni con gli altri, anche perchè il rischio è quello che lei stessa, ancora una volta, vede e riporta, quando dice: "Da qualche tempo, sono convinta che finché non supererò la mia paura non potrò entrare nel mondo del lavoro o avere una relazione stabile." Da un fallimento ad un altro, quasi una profezia che si autoavvera..Questo non perchè lei sia inabile o fallimentare, ma è l'idea che ha del fallimento di per sè, che sembra essere pervasivo sulla sua intera persona piuttosto che attribuirlo ad un solo aspetto di sè, a crearle problemi. Sbagliare o non essere perfetti non fa di noi delle persone fallite ma reali, e questo vale per tutti, lei compresa, ma trovo interessante l'equazione implicita che lei fa e trovo che vivere in un mondo così stretto in cui "o brilli o sei un fallimento" sia estremamente faticoso, stancante e anche spaventoso. Di più in questo spazio, senza conoscerla peraltro, non mi sento di aggiungere se non darle appunto questa lettura un po' più allargata rispetto alla sola paura dell'auto (ossia la paura del fallimento) e suggerirle un percorso. Un grande in bocca al lupo!
Dr.ssa Caterina Zanusso - Psicologa Psicoterapeuta Padova e Skype
Cell: 347.1173841 Mail: zanusso.caterina@gmail.com
www.caterinazanusso.com
[#2]
Gentile, intanto non consideri il suo un problema poco importante, lo è perché la limita nelle sue scelte di vita e non la fa sentire completa e appagata. Insomma è una questione da risolvere!
Lei ha spiegato molto bene come è nato il problema, ha una certa consapevolezza; ho analizzato altre situazioni simili alla sua dove persone peraltro brillanti negli studi e nel lavoro avevano incontrato un vissuto di fallimento proprio nell'esame di guida.
Questo perché è una situazione che si può considerare uno dei riti di passaggio della crescita ed è importante per sentirsi capaci e autonomi nell'affrontare il mondo "degli adulti".
Per lei credo che si tratterebbe di tranquillizzarsi rispetto alle sue capacità e comprendere bene che cosa ha determinato gli insuccessi del passato, probabilmente non la sua incapacità ma una situazione emotiva che ha fatto fatica a gestire.
Eventualmente può pensare di contattare un terapeuta e vedere più da vicino questa dinamica e superarla.
Le auguro di riuscirci presto!
Un cordiale saluto F. Ferretto
Lei ha spiegato molto bene come è nato il problema, ha una certa consapevolezza; ho analizzato altre situazioni simili alla sua dove persone peraltro brillanti negli studi e nel lavoro avevano incontrato un vissuto di fallimento proprio nell'esame di guida.
Questo perché è una situazione che si può considerare uno dei riti di passaggio della crescita ed è importante per sentirsi capaci e autonomi nell'affrontare il mondo "degli adulti".
Per lei credo che si tratterebbe di tranquillizzarsi rispetto alle sue capacità e comprendere bene che cosa ha determinato gli insuccessi del passato, probabilmente non la sua incapacità ma una situazione emotiva che ha fatto fatica a gestire.
Eventualmente può pensare di contattare un terapeuta e vedere più da vicino questa dinamica e superarla.
Le auguro di riuscirci presto!
Un cordiale saluto F. Ferretto
Dr. Filippo Ferretto
3409921030 filippo.ferretto@gmail.com
www.filippoferretto-psicologo.it
Ricevo a Padova e Piove di Sacco, online su Skype
[#3]
Ex utente
Gent.ma Dott.ssa Zanusso, la ringrazio per avermi risposto.
Lei ha compreso perfettamente il mio problema: un atteggiamento mentale disfunzionale che ha come oggetto il problema della guida poiché è, ad oggi, l'unico campo che mi ha fatto vivere una frustrazione.
Tant'è che ogni volta che vengo elogiata io mi concentro su quell'esito fallimentare e penso "se fossi intelligente come dite non avrei sbagliato".
Purtroppo nessuno riesce a comprendere che per me sia uno scoglio duro da superare, ne ho parlato con un caro amico e con i miei genitori ma tutti hanno sdrammatizzato la questione imputando la mia (temporanea, spero) rinuncia alla guida come un vezzo o un fatto di pigrizia. Non è così. Mi sento davvero bloccata.
All'epoca, quando tentai l'esame pratico, il mio istruttore era una persona davvero scortese, che mi rimproverava per ogni esitazione (per privacy non gli dissi dei problemi di salute che avevo avuto e che credo in parte, anche se minima, contribuirono all'esito negativo).
Così ora mi sono convinta di essere del tutto incapace alla guida e che mai riuscirò a vincere questa paura.. ogni volta in cui sento di incidenti un po "mi rincuoro" nel senso che mi dico che forse faccio bene a non guidare..
Al di là della psicoterapia, come ritiene che dovrei affrontare questa paura ? Cosa dovrei fare di pratico ?
La ringrazio in ogni caso, è stata molto gentile e scrupolosa
Lei ha compreso perfettamente il mio problema: un atteggiamento mentale disfunzionale che ha come oggetto il problema della guida poiché è, ad oggi, l'unico campo che mi ha fatto vivere una frustrazione.
Tant'è che ogni volta che vengo elogiata io mi concentro su quell'esito fallimentare e penso "se fossi intelligente come dite non avrei sbagliato".
Purtroppo nessuno riesce a comprendere che per me sia uno scoglio duro da superare, ne ho parlato con un caro amico e con i miei genitori ma tutti hanno sdrammatizzato la questione imputando la mia (temporanea, spero) rinuncia alla guida come un vezzo o un fatto di pigrizia. Non è così. Mi sento davvero bloccata.
All'epoca, quando tentai l'esame pratico, il mio istruttore era una persona davvero scortese, che mi rimproverava per ogni esitazione (per privacy non gli dissi dei problemi di salute che avevo avuto e che credo in parte, anche se minima, contribuirono all'esito negativo).
Così ora mi sono convinta di essere del tutto incapace alla guida e che mai riuscirò a vincere questa paura.. ogni volta in cui sento di incidenti un po "mi rincuoro" nel senso che mi dico che forse faccio bene a non guidare..
Al di là della psicoterapia, come ritiene che dovrei affrontare questa paura ? Cosa dovrei fare di pratico ?
La ringrazio in ogni caso, è stata molto gentile e scrupolosa
[#4]
Ex utente
Egr. Dott. Ferretto, la ringrazio per la sua risposta.
Ho letto alcuni articoli relativi al "valore simbolico" della guida nella vita di una persona, secondo i quali, come ha suggerito lei ravvisandolo quale "rito di passaggio", sarebbe un modo per emanciparsi. Ci ho riflettuto molto.
Forse, all'epoca, quando avevo 18 anni, non mi sentivo pronta per "un passo così grande" (ed infatti non credevo ce l'avrei fatta..profezia autoavverante!). Ora mi sembra "una sciocchezza" (soprattutto a fronte di tutte le esperienze anche all'estero maturate nella mia vita) eppure l'idea di iscrivermi a scuola guida mi sembra un'utopia.
Confesso anche (con imbarazzo) che temo un po il giudizio degli altri.
Lo temo in due forme:
-che lo vengano a sapere i miei ex capi (sia che non guido sia che per me è una fobia) e che possano "rimangiarsi" la buona opinione maturata su di me
-che lo stesso istruttore di scuola guida data la mia età mi consideri un'incapace e mi boicotti all'esame (è assurdo, lo so, però io sono anche convinta che il mio ex istruttore di scuola guida nulla abbia mai fatto per aiutarmi a sentirmi più sicura e tranquilla, anzi...).
In genere non do troppo peso all'opinione altrui e ritengo di avere una buona autostima, eccezion fatta per questo fatto della guida che davvero mi limita. Ma forse "sto mentendo" e dico così solo perché, ad oggi, questo è "l'unico motivo per cui una società come la nostra potrebbe giudicarmi male"
A volte per rincuorarmi mi dico anche che molte persone di successo (si pensi ad Enrico Mentana) hanno deciso di non guidare con serenità e che non devo crucciarmi se sono tra quelle.
Il punto è che io "non l'ho deciso", e non voglio essere una persona vigliacca che rinuncia così alle cose..
Per questo dico anche che in questo periodo (dalla laurea) mi sono chiusa in me stessa.. perché fino a che studiavo mi sentivo una persona desiderabile e di successo con una piccola fobia ora se mi guardo mi viene da dire che non ho un lavoro, non guido.. non mi sento più così desiderabile..
Ho letto alcuni articoli relativi al "valore simbolico" della guida nella vita di una persona, secondo i quali, come ha suggerito lei ravvisandolo quale "rito di passaggio", sarebbe un modo per emanciparsi. Ci ho riflettuto molto.
Forse, all'epoca, quando avevo 18 anni, non mi sentivo pronta per "un passo così grande" (ed infatti non credevo ce l'avrei fatta..profezia autoavverante!). Ora mi sembra "una sciocchezza" (soprattutto a fronte di tutte le esperienze anche all'estero maturate nella mia vita) eppure l'idea di iscrivermi a scuola guida mi sembra un'utopia.
Confesso anche (con imbarazzo) che temo un po il giudizio degli altri.
Lo temo in due forme:
-che lo vengano a sapere i miei ex capi (sia che non guido sia che per me è una fobia) e che possano "rimangiarsi" la buona opinione maturata su di me
-che lo stesso istruttore di scuola guida data la mia età mi consideri un'incapace e mi boicotti all'esame (è assurdo, lo so, però io sono anche convinta che il mio ex istruttore di scuola guida nulla abbia mai fatto per aiutarmi a sentirmi più sicura e tranquilla, anzi...).
In genere non do troppo peso all'opinione altrui e ritengo di avere una buona autostima, eccezion fatta per questo fatto della guida che davvero mi limita. Ma forse "sto mentendo" e dico così solo perché, ad oggi, questo è "l'unico motivo per cui una società come la nostra potrebbe giudicarmi male"
A volte per rincuorarmi mi dico anche che molte persone di successo (si pensi ad Enrico Mentana) hanno deciso di non guidare con serenità e che non devo crucciarmi se sono tra quelle.
Il punto è che io "non l'ho deciso", e non voglio essere una persona vigliacca che rinuncia così alle cose..
Per questo dico anche che in questo periodo (dalla laurea) mi sono chiusa in me stessa.. perché fino a che studiavo mi sentivo una persona desiderabile e di successo con una piccola fobia ora se mi guardo mi viene da dire che non ho un lavoro, non guido.. non mi sento più così desiderabile..
[#5]
Gentile, sembra che la faccenda patente alimenti insicurezza e determini per lei delle difficoltà che sta facendo fatica a superare. Cerchi di tenere isolato il problema dal resto, non lo faccia diventare l'emblema di tutto (cosa che non è dalla sua descrizione).
Eventualmente sono d'accordo con la collega, qualche colloquio per capire meglio sarebbe utile.
Un cordiale saluto,
Eventualmente sono d'accordo con la collega, qualche colloquio per capire meglio sarebbe utile.
Un cordiale saluto,
[#7]
Gentile utente,
lei mi chiede cosa fare di pratico per affrontare questa paura che, come lei ha già intuito e mi conferma nella sua risposta, non ha tanto a che fare con la patente in sè ma con un sistema più ampio di insicurezza, che le restringe il raggio d'azione tra essere perfetti e essere dei totali fallimenti. Mi piacerebbe poterle dire "salti su un piede e faccia 4 giravolte" e tutto sparisse magicamente, ma le suggerisco di prendersi sia il rischio che il piacere di scoprire che lei, come tutti noi, è molto di più dell'essere o giusta o sbagliata. La psicoterapia è una cosa dannatamente pratica:come lei pensa, quello che prova, lo traduce in azione concrete! Non sta di fatto scegliendo di posticipare la patente per una serie di timori? I pensieri sono azioni.
Altro non posso dire, anche perchè non la conosco a sufficienza, pertanto posso solo suggerirle di stare in ascolto verso queste paure (compresa la reticenza eventuale di recarsi da un professionista in carne ed ossa) senza giudicarle, che il giudizio serve a poco e le fa solo consumare un sacco di energia. Saluti!
lei mi chiede cosa fare di pratico per affrontare questa paura che, come lei ha già intuito e mi conferma nella sua risposta, non ha tanto a che fare con la patente in sè ma con un sistema più ampio di insicurezza, che le restringe il raggio d'azione tra essere perfetti e essere dei totali fallimenti. Mi piacerebbe poterle dire "salti su un piede e faccia 4 giravolte" e tutto sparisse magicamente, ma le suggerisco di prendersi sia il rischio che il piacere di scoprire che lei, come tutti noi, è molto di più dell'essere o giusta o sbagliata. La psicoterapia è una cosa dannatamente pratica:come lei pensa, quello che prova, lo traduce in azione concrete! Non sta di fatto scegliendo di posticipare la patente per una serie di timori? I pensieri sono azioni.
Altro non posso dire, anche perchè non la conosco a sufficienza, pertanto posso solo suggerirle di stare in ascolto verso queste paure (compresa la reticenza eventuale di recarsi da un professionista in carne ed ossa) senza giudicarle, che il giudizio serve a poco e le fa solo consumare un sacco di energia. Saluti!
[#8]
Ex utente
La ringrazio di nuovo, sono d'accordo con lei su tutto e fortemente motivata ad affrontare la situazione.
Ho omesso di dire due cose:
-che in adolescenza all'età di 13 anni ho causato un piccolo incidente investendo un parente (per gioco mi propose di provare a fare un parcheggio nel vialetto del giardino di casa, andando in retromarcia non lo vidi e lo investii).
I miei genitori si arrabbiano molto (non con me) e questo episodio mi turbò (passai l'estate a portare regali al parente per sensi di colpa anche se, con il senno di poi, ritengo che la colpa fosse sua e
non mia poiché io all'epoca ero solo una ragazzina e non volevo assolutamente fare quel parcheggio ma lui -maggiorenne ed adulto- me lo propose a mo di gioco e quindi alla fine acconsentii).
-che un mio parente è morto a causa di un incidente stradale (avvenuto però prima della mia nascita).
Ad ogni modo non credo che questi episodi siano la ragione del mio blocco.
O, meglio, credo che magari lo siano stati quando avevo 18 anni ma non ora... Mi attiverò per risolvere la situazione e guarderò con simpatia alla mia paura, in realtà lo sto già provando a fare ma non nascondo (ed è questo il motivo della richiesta del consulto) che tavolta avverto delusione e frustrazione non solo per non aver raggiunto l'obiettivo ma anche per l'avervi rinunciato per tanto tempo..
Grazie mille, davvero di cuore, ad entrambi voi dottori.. non è stato facile per me parlarne perché di solito le persone attorno a me dicono cose come "con tutti gli obiettivi che hai raggiunto questa è una scemenza" e bonariamente ridono del problema, non comprendendone la "radice più profonda".. Complimenti per la vostra serietà ed empatia e per il lavoro che fate
Ho omesso di dire due cose:
-che in adolescenza all'età di 13 anni ho causato un piccolo incidente investendo un parente (per gioco mi propose di provare a fare un parcheggio nel vialetto del giardino di casa, andando in retromarcia non lo vidi e lo investii).
I miei genitori si arrabbiano molto (non con me) e questo episodio mi turbò (passai l'estate a portare regali al parente per sensi di colpa anche se, con il senno di poi, ritengo che la colpa fosse sua e
non mia poiché io all'epoca ero solo una ragazzina e non volevo assolutamente fare quel parcheggio ma lui -maggiorenne ed adulto- me lo propose a mo di gioco e quindi alla fine acconsentii).
-che un mio parente è morto a causa di un incidente stradale (avvenuto però prima della mia nascita).
Ad ogni modo non credo che questi episodi siano la ragione del mio blocco.
O, meglio, credo che magari lo siano stati quando avevo 18 anni ma non ora... Mi attiverò per risolvere la situazione e guarderò con simpatia alla mia paura, in realtà lo sto già provando a fare ma non nascondo (ed è questo il motivo della richiesta del consulto) che tavolta avverto delusione e frustrazione non solo per non aver raggiunto l'obiettivo ma anche per l'avervi rinunciato per tanto tempo..
Grazie mille, davvero di cuore, ad entrambi voi dottori.. non è stato facile per me parlarne perché di solito le persone attorno a me dicono cose come "con tutti gli obiettivi che hai raggiunto questa è una scemenza" e bonariamente ridono del problema, non comprendendone la "radice più profonda".. Complimenti per la vostra serietà ed empatia e per il lavoro che fate
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Una loro influenza l avranno avuta questi eventi, il quanto e il come ha a che fare sempre con la globalità di cui siamo fatti, perchè un evento può essere letto, percepito, sentito in modo diverso a seconda di come siamo, come leggiamo il mondo ecc. Per quando riguarda gli altri, e lei come loro, hanno dei limiti, difficoltà e non sono sempre performanti come vorremmo. Di certo aprirsi gli può dare modo di comprenderci meglio, quando ci va e quando decidiamo che ne vale la pena, ma accettare i limiti come parte della nostra e altrui umanità può agevolare nel non sentirsi passivi del giudizio altrui. La saluto citando un film "l'opinione dei tuoi cari saranno sempre importanti certo, ma mai quanto la tua".
[#10]
Ex utente
Ha di nuovo ragione ed io di nuovo la ringrazio! Sono contenta, rincuorata e mi sento piena di energie per affrontare le mie paure e, soprattutto, accettare la persona che sono e che, nella globalità, amo e stimo..
Le auguro una buona giornata, spero resa ancor più felice dalla consapevolezza di aver aiutato una persona (e cioè me)
Le auguro una buona giornata, spero resa ancor più felice dalla consapevolezza di aver aiutato una persona (e cioè me)
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 9.8k visite dal 19/08/2020.
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