Paura di disturbo della personalità o psicopatia

Buongiorno a tutti.


Chiedo questo consulto nella speranza di avere qualche risposta "preliminare" nell'attesa di poter iniziare un percorso vero e proprio tra qualche settimana.


Mi piacerebbe capire cosa mi è successo e come il mio modo di essere si è evoluto a seguito di forti eventi stressanti fisici dell'ultimo periodo.
Cercherò di essere il più sintetico possibile anche se ho moltissimo da dire.

Nell'ultimo anno sono stato molto male fisicamente, con sintomi molto forti e da me percepiti come molto gravi, forti dolori ogni presenti h24 ma, essendo le analisi tutte nella norma per tutto questo tempo sono stato sottovalutato dai medici sentendomi, oltre che male, fortemente abbandonato e obbligato a funzionare nonostante tutto.
Alla fine mi hanno diagnosticato varie malattie reumatiche trovando finalmente gli esami giusti da fare.

Ho iniziato la terapia e fisicamente sto meglio.


Veniamo al problema per cui richiedo il consulto: sono sempre stato una persona ansiosa, spesso avevo tachicardia notturna, sudorazione profuse, sintomi fisici dell'ansia che hanno contribuito al ritardo nella diagnosi delle malattie organiche vere e proprie.

Penso di aver sviluppato anche una forte ansia sociale, mi vergogno a parlare con le persone in ogni situazione, sono sempre teso e sul chi va là anche durante una banale conversazione per strada.

Il fatto è che questa ansia raramente la do a vedere e spesso e volentieri mi nascondo dietro una freddezza e un distacco che mi stanno rovinando.

Non provo più niente di positivo, ho ideazioni suicide o autolesioniste (anche se non credo lo farei mai davvero, provo più piacere nel pensarlo, come uno sfogo di odio verso me stesso e volontà ideale di punirmi), spesso ho attacchi di rabbia apparentemente immotivati verso le persone che mi vogliono bene, in cui posso arrivare a dire cose molto brutte o ad essere sfiancante, senza provare alcun tipo di rimorso o empatia sul momento, anzi a volte provo una sorta di piacere amaro, ma provando forte rimorso per ciò che ho detto quando dopo qualche ora o giorno, tale "attacco" passa.
Mi sento come dr jekill e mr Hyde, ho veramente paura di essere una cattiva persona.
Il fatto è che tali tendenze alla provocazione le ho sempre avute, ricordo da sempre di provare piacere nel far "perdere le staffe" agli altri provocandoli, al tempo stesso in altri momenti sono fortemente affettuoso, pur disdegnando le manifestazioni fisiche di tale affetto in un certo senso, preferisco fare cose positive per gli altri ma, al tempo stesso, provo fastidio in un abbraccio o nel dire "ti voglio bene".

Ecco, io non so se ciò che provo sia vero rimorso, non so se io abbia mai provato vera empatia, però mi sento male a questo pensiero il che dovrebbe essere una prova del fatto che non sono psicopatico, giusto?
Ho letto del disturbo borderline e in un certo senso ci starebbe.

Preciso che durante l'adolescenza sono stato amico stretto di un ragazzo più grande fortemente narcisista, assimilando forse alcuni suoi tratti in risposta alla mia ansia di base, credendo così di migliorare in qualche modo.

In passato ho avuto episodi riconducibili a varie ossessioni tra cui la classicissima paura di essere omosessuale, maniaco, pedofilo, ecc cosa che è passata dopo vari mesi. Tale paura di essere psicopatico potrebbe configurarsi in una nuova forma di DOC? O potrebbe esserci un fondo di verità? L'ansia sociale sarebbe una prova contro la psicopatia o non è detto?

mi rendo conto che risposte esaustive le avrò solamente dal percorso che inizierò di mia volontà a breve, credo che questo consulto sia più uno sfogo per raccontarmi a pieno a qualcuno, visto che le persone attorno a me vedono solo l'ansia e l'eventuale depressione ma di certo non tutto questo. Dovevo forse liberarmi di questo macigno.

Ecco, credo di aver detto quasi tutto, i caratteri sono limitati e la sintesi non è una mia dote in effetti.


Grazie per il lavoro che quotidianamente fate e buona giornata a tutti.
[#1]
Dr.ssa Eleonora Arduino Psicoterapeuta, Psicologo 62
Buongiorno, ci racconta la sua storia clinica sul piano fisico, ma ha mai fatto un percorso psicologico? Il rapporto mente/corpo è molto stretto e l'uno influenza l'altro, quindi gli approcci di cura devono essere integrati. Non c'è molto da dire oltre alla necessità improrogabile di trovare un consulto e poi un percorso psicoterapeutico. Non aspetti oltre! cordiali saluti

Dr.ssa Eleonora Arduino
psicologa-psicoterapeuta

[#2]
Attivo dal 2020 al 2020
Ex utente
Non ho mai fatto un percorso psicologico, feci due sedute anni fa a causa di un periodo di forte ipocondria ma mollai subito per miei (ora so essere errati) pregiudizi.

Tra qualche settimana avrò la possibilità di iniziare e lo farò molto volentieri.

Secondo lei da quel che racconto quale approccio dovrei prediligere? Cognitivo comportamentale? Psicoanalitico? Psicodinamico? Schema therapy?

Non ne so molto se non ciò che leggo in giro e sinceramente vorrei fare la scelta migliore per risolvere le cose nel profondo, migliorando anche il più velocemente possibile nel comportamento.

La mia grossa paura è che se passasse questo periodo decisamente "no" rischierei di fregarmene di un eventuale percorso pur mantenendo i tratti caratteriali descritti perché "tanto ora sto bene", quindi devo intervenire in modo più radicale possibile CREDO.

Rinnovo i miei ringraziamenti per il vostro lavoro e porgo cordiali saluti.
[#3]
Dr.ssa Paola Gargiulo Maffei Psicologo, Psicoterapeuta 22
Salve,
lei si è espresso molto bene: "vorrei sapere cosa mi è successo e come il mio modo di essere si è evoluto a seguito di forti eventi stressanti fisici dell'ultimo periodo".
Il suo periodo di malessere fisico ha avuto delle ripercussioni importanti sul suo benessere psicologico.
A parte questa considerazione pressochè certa, molti altri fattori avrebbero necessità di essere approfonditi. Tanto per cominciare la situazione clinica: quali problemi organici ci sono stati? Sono completamente risolti? Che ripercussioni hanno avuto sulla famiglia? Da chi si è sentito aiutato? Queste sono solo le prime curiosità che mi vengono in mente, per cominciare ad approfondire la problematica che porta. Un percorso di psicoterapia le gioverà sicuramente.
Auguri.

Dr.ssa Paola Gargiulo, Psicologa Clinica, Psicoterapeuta Sistemico Relazionale. +393403703339

[#4]
Attivo dal 2020 al 2020
Ex utente
Gentile dott.ssa Maffei, la ringrazio per la risposta.

I problemi organici sono stati svariati e ad evoluzione nel tempo, a seguito di una infezione respiratoria virale non precisata ho iniziato a stare sempre male, a non riprendermi più. Inizialmente ho provato con integratori che poco hanno fatto. Dopo un anno di malessere ogni presente (ricordo che andavo a lavoro tremando con dolori dentro le ossa e difficoltà a parlare e "facevo finta" di star bene perché non volevo mostrare i problemi a nessuno) sono arrivate le diagnosi mediche che se specifico meglio mi espongono al rischio di riconoscimento. O forse la mia ansia me lo fa credere, comunque sono problematiche croniche.
La mia famiglia mi è sempre stata vicina mentre dagli amici ho preso notevoli distanze perché da alcuni ho ricevuto solo cattiveria e incomprensione (prese in giro "stai sempre male, fatti una flebo", "esci a bere? Come? Stai di nuovo male? Ma dai dai sei sempre a lagnarti" e via dicendo).

Con ALTRI amici, separati dalle dinamiche sopra menzionate, la situazione è molto migliore, dopo averci litigato per molte settimane ho deciso di riappacificarmi perché in tal caso avevo avuto io l'exploit di rabbia, e le cose si sono sistemate.

Il punto è che mi sento lontano dagli altri, mi sembra di recitare una parte, anche quando guardo mia madre o altre persone molto care, non so se provo vero affetto o solo senso di colpa per non provarne. Mi sento letteralmente distante da tutti e c'entrato unicamente su me stesso.

I problemi organici ad ogni modo non sono completamente risolti perché mai lo saranno, ma i sintomi sono ben sotto controllo e fisicamente potrei fare una vita pressoché normale (tolta la prudenza di questo periodo dettata dagli immunosoppressori).

Il punto è che nei miei comportamenti rivedo cose che non riesco a sopportare, sono estremamente impulsivo, quando mi arrabbio provo una rabbia ancestrale, il cuore inizia a battere velocissimo, il respiro si fa pesante, irrigidisco i muscoli e non riesco a fermare l'aggressività (mai contro persone, piuttosto prendo a pugni un muro, ma mai ho fatto del male in tali frangenti) se non respirando lentamente e tentando di razionalizzare, ma è difficilissimo. Tale rabbia si configura in risposta a cose di pochissimo conto o anche senza motivo.
Io voglio davvero cambiare ma ricordo che questi tratti erano presenti prima dei problemi fisici, solo che non li vedevo come problematici, pensavo di aver ragione io! Da questo è nata la paura di poter essere sociopatico o di poter avere qualcosa che non va nel sistema neurobiologico di regolazione degli impulsi (non so, forse sto parlando a caso).
Provo moltissima empatia per alcuni animali ad esempio, ma non sono nemmeno più sicuro di cosa provo, ho paura di aver sempre simulato me stesso per convenzione sociale.

Forse tali pensieri sono solo sintomi di DOC e dovrei curare l'ansia e l'abbassamento dell'umore, non saprei.

Prima di tutto questo, quando stavo "bene" (o almeno credevo di stare bene) ho avuto un periodo che oggi definirei ipomaniacale, per raggiungerei i miei obiettivi non dormivo, trascuravo pure il mangiare, lavoravo instancabilmente anche con la febbre ed ero estremamente intransigente con me stesso. Forse in tale periodo di "percepito benessere" dovrei ricercare le cause di ciò che sto vivendo ora, forse "normale" non lo sono mai stato.

Rinnovo i miei ringraziamenti e saluti a tutti.
[#5]
Attivo dal 2020 al 2020
Ex utente
Gentilissimi dottori, scusate se riscrivo.

Al di là delle considerazioni mi piacerebbe chiedervi che tipo di psicoterapia vi sentireste di consigliarmi.

Grazie anticipatamente, saluti!
[#6]
Dr.ssa Paola Gargiulo Maffei Psicologo, Psicoterapeuta 22
Io credo che l'approccio giusto potrebbe essere quello sistemico relazionale. Questo perchè, come già scritto, credo che il disturbo da lei manifestato debba essere analizzato all'interno di un contesto più ampio. Infatti, un fenomeno resta inspiegabile finchè il campo di osservazione non è abbastanza ampio da includere il contesto in cui il fenomeno si verifica. Non è utile indagare le difficoltà di una persona isolandola, è utile invece estendere l'indagine fino ad includere gli effetti che le stesse difficoltà hanno sugli altri, le reazioni degli altri a queste difficoltà, e il contesto in tutto ciò accade. In questo modo l'interesse si sposta dalla singola persona isolata dal contesto, alla relazione tra le parti di un sistema più vasto. L'obiettivo è studiare le manifestazioni osservabili nelle relazioni in cui è immersa la persona.
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