Non sono mai soddisfatta dei miei voti (buoni) esami universitari?
Salve.
Frequento il primo anno di università.
Dopo il primo esame affrontato con troppa ansia da prestazione che ha chiaramente inciso anche sull’esposizione, l’ho comunque superato con un voto buono (26).
Tenendo conto fosse il mio primo esame, ero scontenta di come fosse andata a livello espositivo, di come fosse andata in generale tutto l’esame rispetto alle mie aspettative dietro alle quali c’era un mese abbondante di ferreo studio.
Pensai drasticamente di lasciare l’università perché avevo paura di trascorrere altri tre anni nuovamente in condizione di costante ansia, di sensazione di avere ogni giorno l’acqua alla gola (dopo 5 anni di liceo scientifico) ma fortunatamente ho alle spalle una famiglia che mi sostiene in tutto, e non mi ha mai costretta a prendere le decisioni che volevano io prendessi, mi hanno fatta semplicemente ragionare incoraggiandomi.
E infatti gli esami successivi sono andati benissimo, un 30L, un 30, e due 28.
Ieri ho sostenuto il mio ultimo esame delle sessione estiva, era un esame davvero facile, che ho studiato in 3 giorni, e altri 10 per ripetere tutto perfettamente.
Insomma, nulla a confronto con gli altri esami sostenuti.
28.
So che un 28 è un voto buonissimo, ma non mi sento mai soddisfatta.
Peeche so che quello era un esame al quale potevo prendere 30, e sapevo che avendo preso 30 ad esami molto più tosti, dietro a quali c’era un mese di studio, perché non avrei potuto prendere lo stesso ad un esame così facile?
Anziché dirmi hai finito la sessione estiva con voti ottimi, ora ti puoi rilassare non faccio altro che pensare a quel 28; sono così folle che lo rifiuterei per rifarlo.
Ho paura di provare questo stato di demoralizzazione per ogni prossimo esame che magari andrà diversamente rispetto alle mie aspettative.
Io so benissimo che i voti non facciano le persone, sono consapevole del fatto che 28 sia un voto più che buono, eppure non sono contenta.
Secondo me il problema sta nell’aver già preso due 30, il che mi spinge a pensare di potercela fare di nuovo.
Io so di potercela fare, e soprattutto per questo esame.
Il problema è che anche rileggendo quanto appena scritto, non trovo neanche io un senso, mi è difficile anche spiegarmi, d’altronde è già per me difficile capire me stessa, spero che lei possa in qualche modo cercare di capire a cosa è dovuto questo mio senso di insoddisfazione.
Cordiali saluti
Frequento il primo anno di università.
Dopo il primo esame affrontato con troppa ansia da prestazione che ha chiaramente inciso anche sull’esposizione, l’ho comunque superato con un voto buono (26).
Tenendo conto fosse il mio primo esame, ero scontenta di come fosse andata a livello espositivo, di come fosse andata in generale tutto l’esame rispetto alle mie aspettative dietro alle quali c’era un mese abbondante di ferreo studio.
Pensai drasticamente di lasciare l’università perché avevo paura di trascorrere altri tre anni nuovamente in condizione di costante ansia, di sensazione di avere ogni giorno l’acqua alla gola (dopo 5 anni di liceo scientifico) ma fortunatamente ho alle spalle una famiglia che mi sostiene in tutto, e non mi ha mai costretta a prendere le decisioni che volevano io prendessi, mi hanno fatta semplicemente ragionare incoraggiandomi.
E infatti gli esami successivi sono andati benissimo, un 30L, un 30, e due 28.
Ieri ho sostenuto il mio ultimo esame delle sessione estiva, era un esame davvero facile, che ho studiato in 3 giorni, e altri 10 per ripetere tutto perfettamente.
Insomma, nulla a confronto con gli altri esami sostenuti.
28.
So che un 28 è un voto buonissimo, ma non mi sento mai soddisfatta.
Peeche so che quello era un esame al quale potevo prendere 30, e sapevo che avendo preso 30 ad esami molto più tosti, dietro a quali c’era un mese di studio, perché non avrei potuto prendere lo stesso ad un esame così facile?
Anziché dirmi hai finito la sessione estiva con voti ottimi, ora ti puoi rilassare non faccio altro che pensare a quel 28; sono così folle che lo rifiuterei per rifarlo.
Ho paura di provare questo stato di demoralizzazione per ogni prossimo esame che magari andrà diversamente rispetto alle mie aspettative.
Io so benissimo che i voti non facciano le persone, sono consapevole del fatto che 28 sia un voto più che buono, eppure non sono contenta.
Secondo me il problema sta nell’aver già preso due 30, il che mi spinge a pensare di potercela fare di nuovo.
Io so di potercela fare, e soprattutto per questo esame.
Il problema è che anche rileggendo quanto appena scritto, non trovo neanche io un senso, mi è difficile anche spiegarmi, d’altronde è già per me difficile capire me stessa, spero che lei possa in qualche modo cercare di capire a cosa è dovuto questo mio senso di insoddisfazione.
Cordiali saluti
[#1]
Gentile utente,
lei ha compreso benissimo che l'ansia da prestazione è un ostacolo al successo, negli esami universitari come in altri campi della vita, e l'aver già preso voti alti rappresenta una soglia da mantenere a tutti i costi, anziché uno stimolo utile.
Non le parlerò dunque di quest'aspetto, sul quale deve lavorare, ma di altri due.
Uno non è in suo potere: è il metro di valutazione dell'insegnante, il suo stato d'animo del momento, qualcosa di imponderabile che può prodursi, per esempio una frase dello studente può ricordare al suo inconscio il cuginetto antipatico e il 30 non c'è più. Non parliamo poi di inflessioni o modi di dire regionali, che al prof possono risultare odiosi perché è di un'altra regione o al contrario perché li ha dovuti combattere e sconfiggere lui stesso.
Il secondo aspetto siamo noi, il modo come ci poniamo nei confronti degli esami in generale o di un determinato esame.
La nostra comunicazione è fatta di linguaggio verbale (in tutte le componenti: tono della voce, pause, intonazione, etc.) e linguaggio non verbale: mimica, atteggiamento posturale, movimenti delle mani. E' fatta anche del nostro aspetto in generale: abbronzatura e aria di sicurezza oppure capelli spenti, pallore, aria di rinuncia. Le spalle diritte vanno bene, quelle incurvate no. Un vestito chiassoso può essere una sfida, uno troppo dimesso può non sembrare consono all'esame.
A questo aggiungiamo il rischio di irritare il prof considerando il suo esame troppo facile, tanto da affrontarlo con aria, non tanto sicura, quanto saccente.
Tutti questi elementi "non verbali" accentuano il proprio rilievo durante gli esami online: il prof ha la vista focalizzata sullo studente, non può guardare fuori dalla finestra o scambiare un commento con l'assistente, per cui l'aspetto, i modi, la voce stessa dell'esaminando assumono maggior rilievo.
Per concludere, venne da me in terapia una studentessa che aveva molto interesse per i suoi studi e capacità oltre la media. Non era certo in terapia per questo, ma ad un certo punto si lamentò del fatto che non prendeva la serie di 30 e 30 e lode di alcuni suoi compagni. Rimasi stupita, ma una lampadina mi si accese nel cervello: la voce di questa ragazza, che era per il resto bella, elegante e curata, era monotona, esile e nasale.
La invitai ad andare da una maestra di dizione teatrale di sui avevo conosciuto un'alunna, e la situazione si trasformò di colpo: i 30 e lode meritati e attesi arrivarono.
Era sparita la lamentosa voce nasale, le spalle un po' curve e l'atteggiamento da bambina che si aspetta indulgenza, anziché il riconoscimento della propria qualità.
La maestra di dizione le aveva fatto capire che la nostra voce è una nostra scelta; la voce siamo noi, è la nostra prima richiesta al mondo.
Cara utente, cerchi di azzerare l'ansia da prestazione e lavori anche sul resto.
In bocca al lupo, e ci tenga al corrente.
lei ha compreso benissimo che l'ansia da prestazione è un ostacolo al successo, negli esami universitari come in altri campi della vita, e l'aver già preso voti alti rappresenta una soglia da mantenere a tutti i costi, anziché uno stimolo utile.
Non le parlerò dunque di quest'aspetto, sul quale deve lavorare, ma di altri due.
Uno non è in suo potere: è il metro di valutazione dell'insegnante, il suo stato d'animo del momento, qualcosa di imponderabile che può prodursi, per esempio una frase dello studente può ricordare al suo inconscio il cuginetto antipatico e il 30 non c'è più. Non parliamo poi di inflessioni o modi di dire regionali, che al prof possono risultare odiosi perché è di un'altra regione o al contrario perché li ha dovuti combattere e sconfiggere lui stesso.
Il secondo aspetto siamo noi, il modo come ci poniamo nei confronti degli esami in generale o di un determinato esame.
La nostra comunicazione è fatta di linguaggio verbale (in tutte le componenti: tono della voce, pause, intonazione, etc.) e linguaggio non verbale: mimica, atteggiamento posturale, movimenti delle mani. E' fatta anche del nostro aspetto in generale: abbronzatura e aria di sicurezza oppure capelli spenti, pallore, aria di rinuncia. Le spalle diritte vanno bene, quelle incurvate no. Un vestito chiassoso può essere una sfida, uno troppo dimesso può non sembrare consono all'esame.
A questo aggiungiamo il rischio di irritare il prof considerando il suo esame troppo facile, tanto da affrontarlo con aria, non tanto sicura, quanto saccente.
Tutti questi elementi "non verbali" accentuano il proprio rilievo durante gli esami online: il prof ha la vista focalizzata sullo studente, non può guardare fuori dalla finestra o scambiare un commento con l'assistente, per cui l'aspetto, i modi, la voce stessa dell'esaminando assumono maggior rilievo.
Per concludere, venne da me in terapia una studentessa che aveva molto interesse per i suoi studi e capacità oltre la media. Non era certo in terapia per questo, ma ad un certo punto si lamentò del fatto che non prendeva la serie di 30 e 30 e lode di alcuni suoi compagni. Rimasi stupita, ma una lampadina mi si accese nel cervello: la voce di questa ragazza, che era per il resto bella, elegante e curata, era monotona, esile e nasale.
La invitai ad andare da una maestra di dizione teatrale di sui avevo conosciuto un'alunna, e la situazione si trasformò di colpo: i 30 e lode meritati e attesi arrivarono.
Era sparita la lamentosa voce nasale, le spalle un po' curve e l'atteggiamento da bambina che si aspetta indulgenza, anziché il riconoscimento della propria qualità.
La maestra di dizione le aveva fatto capire che la nostra voce è una nostra scelta; la voce siamo noi, è la nostra prima richiesta al mondo.
Cara utente, cerchi di azzerare l'ansia da prestazione e lavori anche sul resto.
In bocca al lupo, e ci tenga al corrente.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 8.4k visite dal 07/07/2020.
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