Difficoltà relazionali
Salve, sono un ragazzo di quasi 19 anni.
Soffro di depressione (autodiagnosticata) ma di recente ho scoperto di essere affetto da ipotiroidismo, nello specifico Tiroidite di Hashimoto.
A causa di questo quadro clinico, col senno di poi, ho compreso il motivo del mio isolamento sociale unito a disturbi fisici, come spossatezza, dolori muscolari e articolari.
Il punto madre è la mia difficoltà nel fare amicizia.
Preferisco restare a letto, alzandomi tardi e andando a dormire a mattina inoltrata, verso le cinque, talvolta le dieci del mattino.
La mia vita sociale è messa ulteriormente alla prova da questi orari anti-sociali, appunto.
Dai 12 ai 17 anni non sono mai uscito di casa, solo dai 12 ai 13 perlomeno frequentavo la scuola, il periodo successivo a questi è stato di totale asocialità.
Ho avuto una piccola ripresa nelle amicizie, mi sono attivato per coltivarne di nuove ma frequentavo persone inadatte, che facevano anche uso di droghe oltre a condurre uno stile di vita piuttosto deprecabile (promiscuità, piccoli furti etc).
Abbandonata questa compagnia, mi sono chiuso definitivamente in me stesso.
Esternamente do l'idea di una persona posata, persino repressa.
Infatti fungevo spesso da mediatore durante i litigi.
Al contempo, chiusa l'amicizia, mi hanno detto che sono freddo, che cancello con facilità le persone dalla mia vita con delle scuse, che sono incoerente ed egoista.
Io non so più chi sono.
Da un lato mi sento debolissimo, fragile, bisogno di affetto.
Dall'altro, riesco davvero a infischiarmene di tutti, chiudendo delle amicizie con due messaggi su Whatsapp, salvo poi rimuginarci per settimane.
Non che provi nostalgia, perché se ho deciso di chiudere, un motivo c'è: piuttosto, analizzo i comportamenti che hanno portato alla mia reazione di rifiuto verso l'amico o l'amica.
Mi struggo per essermi fatto trattare male, per essermi fatto prendere in giro, manipolare, in modi talmente astuti da farmi passare dalla parte del torto seppure fossi io la vittima (una ex amica mi deve qualcosa come 150, per esempio).
Insomma mi vergogno di me stesso e mi vergogno di vergognarmi: come l'ubriacone del Piccolo Principe.
Forse sono davvero freddo.
Non riuscivo a sentire nessun tipo di attaccamento per loro, solo rabbia unita a disperazione quando mi trattavano come uno straccio.
In più avendo pochi amici riverso il mio bisogno di socialità in poche persone, che sono incapaci di soddisfarlo.
È umanamente impossibile, lo so.
Non riesco ad aprirmi, mi sembra di vivere volutamente con superficialità per non restar ferito, per non essere deriso.
Mi sento infantile e vecchio allo stesso tempo.
Inesperto e veterano.
Forse sono io, ad avere un ideale troppo ideale di "Amico".
Per me, l'Amico, sarebbe veramente qualcuno a cui affiderei il mio cuore senza paure.
Però mi rendo conto di essere pesante, ossessivo e che in realtà esistono amici di mille tipi.
Vorrei solo capire cosa c'è di storto in me, e se c'è, come sistemarlo.
Soffro di depressione (autodiagnosticata) ma di recente ho scoperto di essere affetto da ipotiroidismo, nello specifico Tiroidite di Hashimoto.
A causa di questo quadro clinico, col senno di poi, ho compreso il motivo del mio isolamento sociale unito a disturbi fisici, come spossatezza, dolori muscolari e articolari.
Il punto madre è la mia difficoltà nel fare amicizia.
Preferisco restare a letto, alzandomi tardi e andando a dormire a mattina inoltrata, verso le cinque, talvolta le dieci del mattino.
La mia vita sociale è messa ulteriormente alla prova da questi orari anti-sociali, appunto.
Dai 12 ai 17 anni non sono mai uscito di casa, solo dai 12 ai 13 perlomeno frequentavo la scuola, il periodo successivo a questi è stato di totale asocialità.
Ho avuto una piccola ripresa nelle amicizie, mi sono attivato per coltivarne di nuove ma frequentavo persone inadatte, che facevano anche uso di droghe oltre a condurre uno stile di vita piuttosto deprecabile (promiscuità, piccoli furti etc).
Abbandonata questa compagnia, mi sono chiuso definitivamente in me stesso.
Esternamente do l'idea di una persona posata, persino repressa.
Infatti fungevo spesso da mediatore durante i litigi.
Al contempo, chiusa l'amicizia, mi hanno detto che sono freddo, che cancello con facilità le persone dalla mia vita con delle scuse, che sono incoerente ed egoista.
Io non so più chi sono.
Da un lato mi sento debolissimo, fragile, bisogno di affetto.
Dall'altro, riesco davvero a infischiarmene di tutti, chiudendo delle amicizie con due messaggi su Whatsapp, salvo poi rimuginarci per settimane.
Non che provi nostalgia, perché se ho deciso di chiudere, un motivo c'è: piuttosto, analizzo i comportamenti che hanno portato alla mia reazione di rifiuto verso l'amico o l'amica.
Mi struggo per essermi fatto trattare male, per essermi fatto prendere in giro, manipolare, in modi talmente astuti da farmi passare dalla parte del torto seppure fossi io la vittima (una ex amica mi deve qualcosa come 150, per esempio).
Insomma mi vergogno di me stesso e mi vergogno di vergognarmi: come l'ubriacone del Piccolo Principe.
Forse sono davvero freddo.
Non riuscivo a sentire nessun tipo di attaccamento per loro, solo rabbia unita a disperazione quando mi trattavano come uno straccio.
In più avendo pochi amici riverso il mio bisogno di socialità in poche persone, che sono incapaci di soddisfarlo.
È umanamente impossibile, lo so.
Non riesco ad aprirmi, mi sembra di vivere volutamente con superficialità per non restar ferito, per non essere deriso.
Mi sento infantile e vecchio allo stesso tempo.
Inesperto e veterano.
Forse sono io, ad avere un ideale troppo ideale di "Amico".
Per me, l'Amico, sarebbe veramente qualcuno a cui affiderei il mio cuore senza paure.
Però mi rendo conto di essere pesante, ossessivo e che in realtà esistono amici di mille tipi.
Vorrei solo capire cosa c'è di storto in me, e se c'è, come sistemarlo.
[#1]
Salve,
quattro richieste di consulto nel giro di un mese.
Che ne è della sua psicologa?
Coltivi il rapporto con lei ed eviti di fuggire dalla relazione, si guarisce solo all'interno di una relazione terapeutica.
I consulti, per quanto utili, servono solo per chiarire e indirizzare, ma non possono sostituire il lavoro terapeutico.
In bocca al lupo!
quattro richieste di consulto nel giro di un mese.
Che ne è della sua psicologa?
Coltivi il rapporto con lei ed eviti di fuggire dalla relazione, si guarisce solo all'interno di una relazione terapeutica.
I consulti, per quanto utili, servono solo per chiarire e indirizzare, ma non possono sostituire il lavoro terapeutico.
In bocca al lupo!
Dr.ssa Elisabetta Fazzari
Psicologa,Psicoterapeuta
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 761 visite dal 26/06/2020.
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