Mia figlia di 24 mesi va in crisi in presenza di persone che conosce poco. come posso fare?
Buongiorno!
Sono mamma di una bambina di 24 mesi e sono in attesa del suo fratellino (7 mese di gravidanza).
Mia figlia in presenza di persone poco conosciute, nello specifico parenti non prossimi come prozie e cugini di 2 grado, va in crisi e inizia a piangere disperata tanto che ormai è stata identificata come la nipote a cui evitare di avvicinarsi troppo.
Con i nonni e gli amici miei e di mio marito più intimi invece non ha nessun problema e nemmeno con gli estranei che la ignorano per cui non è un problema recarsi con lei al supermercato o nei ristoranti ad esempio.
Frequenta volentieri il nido da quando ha 15 mesi e nonostante con i bambini non sia granché socievole è legata alle educatrici.
Il problema sussiste quando persone che vede molto poco cercano di interagire con lei.
È anche vero che i parenti tendono ad essere troppo "espansivi" nonostante lo scarso grado di confidenza ma ad ogni modo le reazioni di mia figlia mi appaiono esagerate.
Piange davvero disperata con i singhiozzi e mi si appiccica come una cozza e il tutto peggiora se il papà o i nonni cercano di consolarla.
Non capisco la sua reazione e mi urtano fortemente anche i commenti dei parenti che trovo giudicanti.
Normalmente reagisco cercando di rassicurarla il più possibile ma a volte capita che mi arrabbi con lei dicendole che deve smetterla perché non c'è motivo di reagire in quel modo.
Alla fine vado sempre via con lei prima per farla calmare e in effetti lei poi si tranquillizza mentre io rimango turbata.
Sono perfettamente consapevole che non sia giusto pensare che i figli si debbano comportare come vogliamo noi adulti ma faccio molta fatica ad accettare queste sue reazioni.
Non voglio che non si senta accettata nelle sue difficoltà ma mi chiedo come io possa controllare le mie emozioni in questo frangente e se le sue siano reazioni tipiche o meno.
Evitare le situazioni che scatenano le crisi sarebbe corretto?
Mi dico che per lei questo è un momento delicato in cui sente che le cose stanno cambiando e che arriverà un fratellino, infatti vuole sempre stare con me, quindi forse è giusto evitarle stress ulteriori.
Però non ne sono così sicura e comunque la situazione mi fa soffrire.
Intuisco che forse il problema sia più mio che suo.
Grazie!
Sara
Sono mamma di una bambina di 24 mesi e sono in attesa del suo fratellino (7 mese di gravidanza).
Mia figlia in presenza di persone poco conosciute, nello specifico parenti non prossimi come prozie e cugini di 2 grado, va in crisi e inizia a piangere disperata tanto che ormai è stata identificata come la nipote a cui evitare di avvicinarsi troppo.
Con i nonni e gli amici miei e di mio marito più intimi invece non ha nessun problema e nemmeno con gli estranei che la ignorano per cui non è un problema recarsi con lei al supermercato o nei ristoranti ad esempio.
Frequenta volentieri il nido da quando ha 15 mesi e nonostante con i bambini non sia granché socievole è legata alle educatrici.
Il problema sussiste quando persone che vede molto poco cercano di interagire con lei.
È anche vero che i parenti tendono ad essere troppo "espansivi" nonostante lo scarso grado di confidenza ma ad ogni modo le reazioni di mia figlia mi appaiono esagerate.
Piange davvero disperata con i singhiozzi e mi si appiccica come una cozza e il tutto peggiora se il papà o i nonni cercano di consolarla.
Non capisco la sua reazione e mi urtano fortemente anche i commenti dei parenti che trovo giudicanti.
Normalmente reagisco cercando di rassicurarla il più possibile ma a volte capita che mi arrabbi con lei dicendole che deve smetterla perché non c'è motivo di reagire in quel modo.
Alla fine vado sempre via con lei prima per farla calmare e in effetti lei poi si tranquillizza mentre io rimango turbata.
Sono perfettamente consapevole che non sia giusto pensare che i figli si debbano comportare come vogliamo noi adulti ma faccio molta fatica ad accettare queste sue reazioni.
Non voglio che non si senta accettata nelle sue difficoltà ma mi chiedo come io possa controllare le mie emozioni in questo frangente e se le sue siano reazioni tipiche o meno.
Evitare le situazioni che scatenano le crisi sarebbe corretto?
Mi dico che per lei questo è un momento delicato in cui sente che le cose stanno cambiando e che arriverà un fratellino, infatti vuole sempre stare con me, quindi forse è giusto evitarle stress ulteriori.
Però non ne sono così sicura e comunque la situazione mi fa soffrire.
Intuisco che forse il problema sia più mio che suo.
Grazie!
Sara
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Gentile utente,
al di fuori di certe sue idee ed emozioni che qui non c'è modo di analizzare in dettaglio ("mi urtano fortemente anche i commenti dei parenti che trovo giudicanti"; "faccio molta fatica ad accettare queste sue reazioni"), lei mi sembra una mamma attenta e consapevole; sono certa quindi che risolverà bene la questione del fratellino e anche quella che ci pone qui. Rispondo alle domande: "mi chiedo come io possa controllare le mie emozioni in questo frangente e se le sue siano reazioni tipiche o meno".
Leggendola mi sono ricordata un'abitudine in uso fino ai primi del Novecento: il bambino entro i tre anni, ossia nell'età di sua figlia, portava un bavaglino con la scritta: "NON MI BACIATE".
Come mai? Per evitargli germi e microbi, di cui nell'Ottocento si sapeva molto poco? Molte malattie e morti precoci erano dovute proprio a questa smania degli estranei di afferrare il bambino e sbaciucchiarlo...
Io credo, osservando da anni il comportamento degli adulti verso i bambini, che la scritta volesse evitare al piccolo l'esperienza sgradevole di essere afferrato, stretto, sollevato, violato nella sua autonomia, da persone ignote che attratte dal suo aspetto piacevole non si rendono conto di non essere ugualmente piacevoli per lui.
Un vecchio zio coi baffi ispidi e l'alito cattivo che afferra senza preavviso una creatura tanto più piccola la spaventa. Perfino se fosse una giovane e bella cugina sarebbe opportuno che desse al bambino il tempo di accostarsi a lei per gradi, di propria volontà.
Al bambino si dicono -e si fanno- cose che per lui sono motivo di paura: "E' da baciare", ma anche "E' da mangiare" o "E' da mordere". E giù morsi più o meno scherzosi, tanto è uno di famiglia!
Ma il bambino cosa ne sa dei rami più remoti della famiglia?
E soprattutto, l'adulto sensibile dovrebbe sempre aver presente che il bambino non sa nulla di metafore e modi di dire. Per lui "Ora ti mordo", seguito dal morsetto sulla guancia, è una minaccia reale, dalla quale per la sua statura e le sue forze non può difendersi. Si aspetta che lo difendano i genitori... ma ecco che davanti a lontani parenti, questi si sottraggono al loro compito. Perché? si chiede il povero bambino, spaventato e senza più difese.
Lei, gentile utente, spiega così questo comportamento genitoriale: "a volte capita che mi arrabbi con lei dicendole che deve smetterla perché non c'è motivo di reagire in quel modo".
Non c'è motivo? E cosa ne sa, la piccola, che quegli sconosciuti sono parenti, e quindi possono farle violenza? Agli altri motivi di sgomento, la poverina vede aggiungersi anche la sua ira...
Eppure lei stessa dice che con amici e familiari conosciuti non c'è alcun problema, e nemmeno con quegli estranei che tengono le debite distanze ("la ignorano", lei scrive).
Il problema nasce con quei parenti poco o nulla conosciuti dalla bambina, che "tendono ad essere troppo "espansivi" nonostante lo scarso grado di confidenza". Poco delicati, direi. Farebbero la stessa cosa col mastino di un lontano parente?
Provi, signora, ad immaginare questa situazione: arrivano dall'estero delle persone che lei non ha mai visto, e siccome sono parenti la afferrano, la sbaciucchiano, le si stringono addosso e le annunciano che si fermeranno una settimana a casa sua.
Per sua figlia la situazione è peggiore, perché lei, adulta, potrebbe reagire, ma la bambina non ne ha la forza, ed è dolorosamente consapevole della propria fragilità.
Non ci vuole molto ad avvertire con decisione questi parenti che la bambina è già consapevole di chi conosce e chi no, quindi le nuove "amicizie" vanno fatte per gradi, altrimenti si corre il rischio di fissare in lei un'immagine sgradevole di quella certa persona.
Quanto detto dovrebbe già aiutarla. Un colloquio con uno specialista dell'infanzia le sarebbe utile per uscire da questo problema che come rettamente intuisce è più suo che della bambina.
Ci tenga al corrente, e auguri per la prossima nascita!
al di fuori di certe sue idee ed emozioni che qui non c'è modo di analizzare in dettaglio ("mi urtano fortemente anche i commenti dei parenti che trovo giudicanti"; "faccio molta fatica ad accettare queste sue reazioni"), lei mi sembra una mamma attenta e consapevole; sono certa quindi che risolverà bene la questione del fratellino e anche quella che ci pone qui. Rispondo alle domande: "mi chiedo come io possa controllare le mie emozioni in questo frangente e se le sue siano reazioni tipiche o meno".
Leggendola mi sono ricordata un'abitudine in uso fino ai primi del Novecento: il bambino entro i tre anni, ossia nell'età di sua figlia, portava un bavaglino con la scritta: "NON MI BACIATE".
Come mai? Per evitargli germi e microbi, di cui nell'Ottocento si sapeva molto poco? Molte malattie e morti precoci erano dovute proprio a questa smania degli estranei di afferrare il bambino e sbaciucchiarlo...
Io credo, osservando da anni il comportamento degli adulti verso i bambini, che la scritta volesse evitare al piccolo l'esperienza sgradevole di essere afferrato, stretto, sollevato, violato nella sua autonomia, da persone ignote che attratte dal suo aspetto piacevole non si rendono conto di non essere ugualmente piacevoli per lui.
Un vecchio zio coi baffi ispidi e l'alito cattivo che afferra senza preavviso una creatura tanto più piccola la spaventa. Perfino se fosse una giovane e bella cugina sarebbe opportuno che desse al bambino il tempo di accostarsi a lei per gradi, di propria volontà.
Al bambino si dicono -e si fanno- cose che per lui sono motivo di paura: "E' da baciare", ma anche "E' da mangiare" o "E' da mordere". E giù morsi più o meno scherzosi, tanto è uno di famiglia!
Ma il bambino cosa ne sa dei rami più remoti della famiglia?
E soprattutto, l'adulto sensibile dovrebbe sempre aver presente che il bambino non sa nulla di metafore e modi di dire. Per lui "Ora ti mordo", seguito dal morsetto sulla guancia, è una minaccia reale, dalla quale per la sua statura e le sue forze non può difendersi. Si aspetta che lo difendano i genitori... ma ecco che davanti a lontani parenti, questi si sottraggono al loro compito. Perché? si chiede il povero bambino, spaventato e senza più difese.
Lei, gentile utente, spiega così questo comportamento genitoriale: "a volte capita che mi arrabbi con lei dicendole che deve smetterla perché non c'è motivo di reagire in quel modo".
Non c'è motivo? E cosa ne sa, la piccola, che quegli sconosciuti sono parenti, e quindi possono farle violenza? Agli altri motivi di sgomento, la poverina vede aggiungersi anche la sua ira...
Eppure lei stessa dice che con amici e familiari conosciuti non c'è alcun problema, e nemmeno con quegli estranei che tengono le debite distanze ("la ignorano", lei scrive).
Il problema nasce con quei parenti poco o nulla conosciuti dalla bambina, che "tendono ad essere troppo "espansivi" nonostante lo scarso grado di confidenza". Poco delicati, direi. Farebbero la stessa cosa col mastino di un lontano parente?
Provi, signora, ad immaginare questa situazione: arrivano dall'estero delle persone che lei non ha mai visto, e siccome sono parenti la afferrano, la sbaciucchiano, le si stringono addosso e le annunciano che si fermeranno una settimana a casa sua.
Per sua figlia la situazione è peggiore, perché lei, adulta, potrebbe reagire, ma la bambina non ne ha la forza, ed è dolorosamente consapevole della propria fragilità.
Non ci vuole molto ad avvertire con decisione questi parenti che la bambina è già consapevole di chi conosce e chi no, quindi le nuove "amicizie" vanno fatte per gradi, altrimenti si corre il rischio di fissare in lei un'immagine sgradevole di quella certa persona.
Quanto detto dovrebbe già aiutarla. Un colloquio con uno specialista dell'infanzia le sarebbe utile per uscire da questo problema che come rettamente intuisce è più suo che della bambina.
Ci tenga al corrente, e auguri per la prossima nascita!
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 1.8k visite dal 23/06/2020.
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