Fantasticare eccessivo e conflitto con mia mamma

Buonasera, sono una ragazza di 26 anni che vi scrive per ricevere un cosiglio.

A 12 anni ho iniziato a fantasticare in maniera eccessiva, arrivando anche a farlo per l'intera giornata, preferendo la fantasticheria alla vita reale (distinguendo comunque tra le 2).
Era diventata quindi una dipendenza, molto forte; per questo, a 16 anni ho incominciato ad andare da una psicologa, con un trattamento per 2 anni da cui però non ho tratto giovamento.
Con l'inizio dell'università, e la mia scarsa concentrazione, sotto avviso dei miei genitori sono entrata in analisi: avevo 3 sedute la settimana.
è quindi 6 anni che porto avanti un percorso psicoanalitico freudiano.

La situazione con le fantasie è migliorata, ho trovato giovamento, io stessa ho avuto una trasformazione (amici, esperienze...), ma inizio a nutrire dei dubbi sulla terapia, e da qui la necessità di un vostro parere: nell'ultimo periodo sono venute fuori emozioni molto forti, rabbia e tristezza, sensi di colpa, che mi attanagliano; li ho sempre avuti, ma forse mai con questa potenza li avevo sentiti (o lucidità).

Oggi ho avuto un litigio con mia mamma, in cui le ho detto che sentivo che mi faceva sentire in colpa per tutto, e che sentivo che non vi era amore da parte sua, che non vi era mai stato e che mi ero sempre sentita così.

E' tutto il pomeriggio che piango, che mi dispero, che sento che il fatto di aver avuto un rapporto sempre così sbagliato e iracondo con lei mi condizionerà a vita.
Insomma, in questo momento mi sembra che tutta la mia vita debba ruotare attorno a questo, che non avrò mai la forza per andare oltre e che non ho le capacità per affrontare nulla.
Insomma, mi sento uno schifo, affronto così qualsiasi litigio.

E mi sembra molto esagerato, e me ne rendo conto, ma emotivamente è come uno tsunami e soprattutto, è un'idea sempre latente in me, a cui però non do credito quando mi sento bene, ottimisticamente pensando che "c'è sempre una speranza" e certe sensazioni le potrò afforntare e vincere.


Chiedo allora: è la terapia che mi ha causato questo?
C'è rimedio?
L'analisi è lunga, e a volte non vedo un traguardo possibile.


Accetto qualsiasi consiglio.


Grazie mille.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 194
Gentile utente,
quando ho letto che aveva seguito un percorso terapeutico per due anni da cui però non ha "tratto giovamento", mi sono chiesta come mai il suo terapeuta non abbia interrotto molto prima, come ci impone il nostro codice deontologico.
Poi leggo che di seguito è andata in analisi freudiana, e ancora si trova a questo punto, dopo sei anni!
Cara utente, inutile rivangare i torti di una mamma che forse non le ha dato affetto e che le sue terapie non le hanno permesso di valutare idoneamente e accogliere in modo giusto nella sua realtà, ci dica piuttosto: ma lei vuole un po' di bene a sé stessa?
Giovane com'è, crede davvero che la terapia di un disturbo curabile debba trascinarsi in questo modo, per anni, senza altro risultato che la rabbia e lo scoraggiamento?
Io non so se lei ci nasconda una diagnosi severa, ma anche in questo caso, nessuno psichiatra le avrebbe consigliato l'analisi freudiana e per un numero di anni sproporzionato alla sua età e alla necessità di realizzare la sua esistenza.
Le allego i link di un'analisi delle varie terapie fatta dai miei colleghi di Medicitalia.

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html

Le faccio tanti auguri. Cominci a pensare davvero a sé stessa.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
Utente
Utente
Buongiorno dottoressa, grazie mille per la risposta.
La dipendenza dalle fantasie mi ha sempre fatto vergognare tantissimo, e mi sono sempre sentita molto sbagliata; per questo ho cercato aiuto!
Non sono mai stata da uno psichiatra e non ho mai ricevuto una "diagnosi" dalla mia analista, se non che forse a volte avrei bisogno di antidepressivi.

Mi sento un po' spaesata, mi considero ancora "rotta", con qualcosa da curare, fosse anche solo tutte le emozioni che provo nei confronti di mia mamma. Lei che terapia mi consiglierebbe nel caso?
Premetto che io ho intrapreso l'analisi perchè l'analista mi disse che vedeva un margine di miglioramento in me e che sarebbe però durata anni, e io le credetti. Come si fa a non credere a un medico che professa la sua professione?

La ringrazio per la disponibilità, sono parecchio confusa sul da farsi in questo momento.
[#3]
Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 194
Gentile utente,
la prima cosa è prendersi cura di sé stessa. Senza questo, nessun cambiamento e nessuna guarigione sono possibili, e otto anni complessivi di terapia senza marcati miglioramenti danno da pensare.
Lei scrive: "La dipendenza dalle fantasie mi ha sempre fatto vergognare tantissimo, e mi sono sempre sentita molto sbagliata"; e di seguito "Mi sento un po' spaesata, mi considero ancora "rotta", con qualcosa da curare, fosse anche solo tutte le emozioni che provo nei confronti di mia mamma".
Lei non ci ha scritto se le sue attività di studio, di lavoro e di relazione sono state compromesse da questi sintomi, ma senza una diagnosi a me risulta poco comprensibile il fatto che l'analista abbia visto per lei solo "un margine di miglioramento", aggiungendo "che sarebbe però durata anni" e parlando, senza una prescrizione precisa, di antidepressivi.
I farmaci, gli antidepressivi come tutti gli altri, o sono necessari, e allora la prescrizione segue la diagnosi, o non lo sono, e allora non se ne parla affatto.
Fa parte del prendersi cura di sé stessa anche l'appurare che la persona a cui ci si affida sia quello che dice di essere: un medico deve essere iscritto all'albo dei medici, uno psicologo a quello degli psicologi, e tutti e due devono poi essere iscritti, sui rispettivi albi facilmente consultabili in rete, come psicoterapeuti.
Sempre in rete lei trova il Codice Deontologico degli psicologi (a proposito, come mai si è affidata ad un medico anziché ad uno psicologo?) nel quale si indica il dovere, da parte del curante, di comunicare al paziente il periodo entro il quale dovranno vedersi i miglioramenti (periodo di mesi, non di anni) e si prescrive l'obbligo di inviare ad altri colleghi il paziente che risulti refrattario al nostro intervento.
Legga con attenzione i due articoli che le ho linkato. Noi siamo qui per ogni ulteriore chiarimento.
Auguri.