Sto conducendo una vita che mi è estranea
Da qualche mese a questa parte, inizio a risentire particolarmente del peso di una vita che ho sempre percepito come estranea alla mia persona.
Per essere più precisi, non mi sono mai percepito come una persona tenace e particolarmente sicura di me.
Da piccolo, naturalmente, era mia madre a gestire tutti gli aspetti inerenti la mia vita, e devo dire che ho sempre avuto un attaccamento forte - per non dire un po' morboso - nei suoi confronti.
Da che ne ho memoria, ho vissuto i miei desideri, le mie aspirazioni, la mia sessualità, con un profondo senso di colpa.
Ho cominciato a provare tale sensazione di inadeguatezza in seconda elementare, quando iniziavo a provocare i miei compagni di classe con proposte di natura sessuale.
Naturalmente loro ne rimanevano apparentemente, sconvolti, e puntualmente riferivano ai loro genitori.
Provai pure, con un mio compagno di classe, quello che molto spesso viene definito il "gioco del dottore".
Anche in questo caso i miei genitori, involontariamente, mi fecero sentire fortemente colpevole perché, come rimarcò mia madre all'epoca: "i bambini non devono pensare al sesso, ma a giocare".
Anche nella scelta della scuola superiore mia madre mi indirizzò verso quella che lei credeva migliore per uno studente della mia età (essendo stata lei un'insegnante, mi fidavo del suo giudizio perché espresso con le migliori intenzioni, col risultato tuttavia di squalificarmi in partenza).
A causa tuttavia della mia arrendevolezza, nel secondo quadrimestre del quinto anno decisi di studiare superficialmente, e nonostante fossi stato ammesso alla maturità con una buona media, me la cavai con un esame finale dal risultato deludente.
Pensai quantomeno che avrei potuto studiare altro all'università, ma anche in questo caso mia madre ebbe da ridire: "non si trova lavoro, non concluderai nulla".
Sempre detto con le migliori intenzioni, ma tant'è, mi sentii di nuovo una nullità.
Cominciai allora un percorso di studi diverso, interessante, ma per il quale nutrivo scarso desiderio.
Proprio a causa di queste insoddisfazioni accumulate, ho iniziato la mia vita sessuale compulsiva: prostituzione, rapporti sessuali uno dopo l'altro, cinema a luci rosse.
Tutto ciò mi serviva a dimenticare, col risultato opposto: rimarcava ancora di più il mio disgusto per me stesso.
Dopo un periodo trascorso all'estero - sono tornato pochi mesi fa - mi sono iscritto a una magistrale che nemmeno mi convince.
Tuttavia, il ritorno a casa ha comportato per me un periodo di down non indifferente.
Mi nascondevo da tutto e da tutti, mi vergonavo e mi vergogno di me stesso.
Solo lo specialista presso cui mi reco sta toccando le corde giuste, e adesso vorrei tanto perseguire il mio sogno, ma ho davvero paura.
E' normale?
Grazie mille in anticipo.
Per essere più precisi, non mi sono mai percepito come una persona tenace e particolarmente sicura di me.
Da piccolo, naturalmente, era mia madre a gestire tutti gli aspetti inerenti la mia vita, e devo dire che ho sempre avuto un attaccamento forte - per non dire un po' morboso - nei suoi confronti.
Da che ne ho memoria, ho vissuto i miei desideri, le mie aspirazioni, la mia sessualità, con un profondo senso di colpa.
Ho cominciato a provare tale sensazione di inadeguatezza in seconda elementare, quando iniziavo a provocare i miei compagni di classe con proposte di natura sessuale.
Naturalmente loro ne rimanevano apparentemente, sconvolti, e puntualmente riferivano ai loro genitori.
Provai pure, con un mio compagno di classe, quello che molto spesso viene definito il "gioco del dottore".
Anche in questo caso i miei genitori, involontariamente, mi fecero sentire fortemente colpevole perché, come rimarcò mia madre all'epoca: "i bambini non devono pensare al sesso, ma a giocare".
Anche nella scelta della scuola superiore mia madre mi indirizzò verso quella che lei credeva migliore per uno studente della mia età (essendo stata lei un'insegnante, mi fidavo del suo giudizio perché espresso con le migliori intenzioni, col risultato tuttavia di squalificarmi in partenza).
A causa tuttavia della mia arrendevolezza, nel secondo quadrimestre del quinto anno decisi di studiare superficialmente, e nonostante fossi stato ammesso alla maturità con una buona media, me la cavai con un esame finale dal risultato deludente.
Pensai quantomeno che avrei potuto studiare altro all'università, ma anche in questo caso mia madre ebbe da ridire: "non si trova lavoro, non concluderai nulla".
Sempre detto con le migliori intenzioni, ma tant'è, mi sentii di nuovo una nullità.
Cominciai allora un percorso di studi diverso, interessante, ma per il quale nutrivo scarso desiderio.
Proprio a causa di queste insoddisfazioni accumulate, ho iniziato la mia vita sessuale compulsiva: prostituzione, rapporti sessuali uno dopo l'altro, cinema a luci rosse.
Tutto ciò mi serviva a dimenticare, col risultato opposto: rimarcava ancora di più il mio disgusto per me stesso.
Dopo un periodo trascorso all'estero - sono tornato pochi mesi fa - mi sono iscritto a una magistrale che nemmeno mi convince.
Tuttavia, il ritorno a casa ha comportato per me un periodo di down non indifferente.
Mi nascondevo da tutto e da tutti, mi vergonavo e mi vergogno di me stesso.
Solo lo specialista presso cui mi reco sta toccando le corde giuste, e adesso vorrei tanto perseguire il mio sogno, ma ho davvero paura.
E' normale?
Grazie mille in anticipo.
[#1]
Gentile utente,
meraviglia sempre che una persona già seguìta vis-à-vis da un/a Collega
senta la necessità di scrivere anche a noi, qui, online, che le persone non le conosciamo.
Talvolta è il segnale di una mancanza di fiducia profonda
o nei confronto del/la Professionista o del percorso in atto,
talaltra il bisogno di continuare a raccontarsi in maniera quasi compulsiva tra una seduta e l'altra ...
Il Suo consulto non contiene domande
se non una finale di cui Lei ha già la risposta.
Ribadiamo che cercare altri e differenti "ascoltatori" toglie energie al percorso psicologico che si sta facendo.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
meraviglia sempre che una persona già seguìta vis-à-vis da un/a Collega
senta la necessità di scrivere anche a noi, qui, online, che le persone non le conosciamo.
Talvolta è il segnale di una mancanza di fiducia profonda
o nei confronto del/la Professionista o del percorso in atto,
talaltra il bisogno di continuare a raccontarsi in maniera quasi compulsiva tra una seduta e l'altra ...
Il Suo consulto non contiene domande
se non una finale di cui Lei ha già la risposta.
Ribadiamo che cercare altri e differenti "ascoltatori" toglie energie al percorso psicologico che si sta facendo.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 1.3k visite dal 09/06/2020.
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