Sono strano?
Ciao, sono un ragazzo di 18 anni.
Attualmente sono seguito da una psicologa.
Mi trovo molto bene, ora che ho superato con lei uno scoglio nei confronti della terapia.
Il problema che vorrei sottoporre alla vostra attenzione è il seguente: non riesco a dire quel che provo e penso.
Solo con due persone riesco a esprimere me stesso: mio padre e mio fratello, personalità accomunate da una forte introversione.
Non esprimono mai giudizi su quel che dico, perciò mi sento libero di poter anche sbagliare.
Quando faccio qualche gaffes non mi pesa e non le vedo negativamente, al contrario sono per me uno spunto per dare sfoggio di autoironia.
Perché so che non faranno commenti sul mio errore, e mi fanno sentire al sicuro.
Quando parlo con altre persone invece divento formale al punto tale da sembrare un altro.
È come se ci fosse un duo in contrasto nella mia persona quando mi trovo tra le mura domestiche e quando sono nel mondo esterno.
Fuori casa le mie opinioni diventano ambigue e mai del tutto sincere, e per una mancanza di contenuto si genera la necessità di aggrapparsi alla forma.
Come faccio anche ora: è quasi come se agissi seguendo lo schema padre-fratello.
Do ragione a tutti tranne che a me stesso, e sono arcistufo di essere sempre gentile - più che gentile, mi sembra di emanare un'energia dolciastra, da eterno perdente che si bea della sua sconfitta tanto quanto della vittoria altrui, da uomo più servile che servizievole - quando non ho assolutamente voglia.
Sono molto isolato e ho grosse difficoltà a relazionarmi con le persone.
È un retaggio infantile che mi trascino a fatica e vorrei lasciarlo andare, ma non so come.
Io, credo mi manchino i mezzi, non la forza di volontà.
In più mi dà molta noia non avere un briciolo di mordente.
Mi sembra di essere strano, non nel senso negativo ma descrittivo del termine.
Strano per come mi pongo, nel mio modo particolare di parlare, nella mia apatia nei confronti del mondo.
Spesso sento di avere comportamenti totalmente disinteressati o casuali.
Non programmo nulla, vivo alla giornata, faccio costantemente affidamento sulla fortuna per poi trovarmi in situazioni spiacevoli che riesco a superare solo grazie al medesimo disinteresse che mi ci ha condotto.
Come se fossi distaccato dalla realtà e non m'importasse nulla di quel che succede.
Allo stesso tempo, quando mi sento mortificato nelle interazioni sociali, me la prendo a morte e attribuisco a delle sciocchezze un valore inestimabile. Rimugino e ovviamente non lascio trapelare nulla per giorni finchè non scoppio.
Come se, in tasca, avessi delle banconote e sbagliassi sempre il taglio al momento di pagare, e le cassiere non mi dessero il resto quando eccedo e urlassero quando sono in difetto.
Attualmente sono seguito da una psicologa.
Mi trovo molto bene, ora che ho superato con lei uno scoglio nei confronti della terapia.
Il problema che vorrei sottoporre alla vostra attenzione è il seguente: non riesco a dire quel che provo e penso.
Solo con due persone riesco a esprimere me stesso: mio padre e mio fratello, personalità accomunate da una forte introversione.
Non esprimono mai giudizi su quel che dico, perciò mi sento libero di poter anche sbagliare.
Quando faccio qualche gaffes non mi pesa e non le vedo negativamente, al contrario sono per me uno spunto per dare sfoggio di autoironia.
Perché so che non faranno commenti sul mio errore, e mi fanno sentire al sicuro.
Quando parlo con altre persone invece divento formale al punto tale da sembrare un altro.
È come se ci fosse un duo in contrasto nella mia persona quando mi trovo tra le mura domestiche e quando sono nel mondo esterno.
Fuori casa le mie opinioni diventano ambigue e mai del tutto sincere, e per una mancanza di contenuto si genera la necessità di aggrapparsi alla forma.
Come faccio anche ora: è quasi come se agissi seguendo lo schema padre-fratello.
Do ragione a tutti tranne che a me stesso, e sono arcistufo di essere sempre gentile - più che gentile, mi sembra di emanare un'energia dolciastra, da eterno perdente che si bea della sua sconfitta tanto quanto della vittoria altrui, da uomo più servile che servizievole - quando non ho assolutamente voglia.
Sono molto isolato e ho grosse difficoltà a relazionarmi con le persone.
È un retaggio infantile che mi trascino a fatica e vorrei lasciarlo andare, ma non so come.
Io, credo mi manchino i mezzi, non la forza di volontà.
In più mi dà molta noia non avere un briciolo di mordente.
Mi sembra di essere strano, non nel senso negativo ma descrittivo del termine.
Strano per come mi pongo, nel mio modo particolare di parlare, nella mia apatia nei confronti del mondo.
Spesso sento di avere comportamenti totalmente disinteressati o casuali.
Non programmo nulla, vivo alla giornata, faccio costantemente affidamento sulla fortuna per poi trovarmi in situazioni spiacevoli che riesco a superare solo grazie al medesimo disinteresse che mi ci ha condotto.
Come se fossi distaccato dalla realtà e non m'importasse nulla di quel che succede.
Allo stesso tempo, quando mi sento mortificato nelle interazioni sociali, me la prendo a morte e attribuisco a delle sciocchezze un valore inestimabile. Rimugino e ovviamente non lascio trapelare nulla per giorni finchè non scoppio.
Come se, in tasca, avessi delle banconote e sbagliassi sempre il taglio al momento di pagare, e le cassiere non mi dessero il resto quando eccedo e urlassero quando sono in difetto.
[#1]
Gentile utente,
proprio perchè ora è seguito da una Psicologa
Le consiglio di non scrivere anche a noi:
La distrae dal suo investimento nella terapia
e dalla relazione in carne ed ossa, nella quale peraltro dice di trovarsi "molto bene".
Quanto ha scritto qui lo ha comunicato alla Sua Psicologa (è anche Psicoterapeuta?)? E' molto importante che lei ne sia al corrente.
Cordiali saluti.
Dott. Brunialti
proprio perchè ora è seguito da una Psicologa
Le consiglio di non scrivere anche a noi:
La distrae dal suo investimento nella terapia
e dalla relazione in carne ed ossa, nella quale peraltro dice di trovarsi "molto bene".
Quanto ha scritto qui lo ha comunicato alla Sua Psicologa (è anche Psicoterapeuta?)? E' molto importante che lei ne sia al corrente.
Cordiali saluti.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 2.3k visite dal 02/06/2020.
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