Traumi infantili, incapacità genitoriale, scelta dello psicologo
Buonasera
Sono un ragazzo di 18 anni con una storia familiare molto travagliata.
Mia madre viene da Cuba, mio padre invece è italiano.
Entrambi hanno gravi problemi che hanno avuto delle conseguenze nella mia educazione.
Ho cinque fratelli.
Io sono il più giovane.
Dopo la nascita del maggiore mia madre è entrata in depressione post partum, e non si è più ripresa.
È sempre stata apatica, ma il periodo più duro è durato dalla mia nascita fino ai 14 anni.
Non cucinava, non voleva che avessi degli amici.
Divenni dipendente da internet perché era l'unico modo per avere amicizie oltre la scuola.
Mi ruppe tastiere, mouse, monitor.
L'estate era triste e silenziosa.
Mi sputava in faccia, mi chiamava bastardo, diceva che nessuno mi avrebbe voluto bene.
Ogni tanto queste frasi mi tornano in mente, come se fossero schegge di vetro conficcate nel mio cuore.
Anche durante il fidanzamento con mio padre aveva attacchi di rabbia, lo picchiava.
Gli provocò persino un trauma cranico.
Quando ero piccolo vedevo spesso degli occhi neri.
Mio padre non la picchiò mai.
A queste scene di violenza eravamo tutti abituati.
Da 4 anni so che è borderline.
Mio padre è l'insicurezza in persona.
Si vergogna di qualsiasi cosa.
Ha un negozio di mobili e quando chiedono lo sconto, accetta sempre, non avendo rispetto della sua stessa fatica.
Mi colpiva il modo in cui diceva, per esempio 2 e 40, anziché 240.
Come se non sentisse di meritarsi una retribuzione e volesse rimpicciolirla.
Mi usava come confidente.
Quando avevo 14 anni si lamentava con me di non aver avuto rapporti sessuali con mia madre per anni dopo la mia nascita.
Lo consolavo, gli davo consigli eccetera.
È ossessionato dal sesso, dal senso di vergogna.
Si imbarazza molto, eppure adora parlare di come la chiesa inculchi la vergogna, o di come si fosse vergognato quando guardò sotto la gonna di una ragazza, a 5 anni, e lo sgridarono e via dicendo.
Ripete sempre le stesse storie.
Spesso mente, sempre per vergogna.
È depresso, timido e asociale.
Infatti non credo abbia un solo amico, idem mia madre.
Neanche i miei fratelli ne hanno, e neanche io.
A sedici anni mi sono ritirato e ho lavorato come pizzaiolo per qualche settimana, poi basta.
Mi sento a disagio con le persone.
Mi sento paranoico, inibito e a tratti scoppio diventando aggressivo.
Mi ossessiono con paure sempre diverse, sono molto suggestionabile.
Alterno la letargia a brevi scatti di vitalità.
Sono seguito da uno psicologo ma sono poco soddisfatto, ho bisogno di un approccio diverso.
Il professionista che mi segue mi stimola a fare: cercare un lavoro, uscire con le persone, fare attività fisica.
Vuole che sia un po' meno filosofo e più uomo d'azione.
Penso di aver bisogno di fare i conti col passato: solo così potrei liberare la mia forza interiore.
Mi incuriosisce molto la figura di Jung e il suo concetto di ombra e archetipi.
Pensate che per un caso come il mio, un approccio junghiano potrebbe essere indicato?
Vi ringrazio anticipatamente.
Sono un ragazzo di 18 anni con una storia familiare molto travagliata.
Mia madre viene da Cuba, mio padre invece è italiano.
Entrambi hanno gravi problemi che hanno avuto delle conseguenze nella mia educazione.
Ho cinque fratelli.
Io sono il più giovane.
Dopo la nascita del maggiore mia madre è entrata in depressione post partum, e non si è più ripresa.
È sempre stata apatica, ma il periodo più duro è durato dalla mia nascita fino ai 14 anni.
Non cucinava, non voleva che avessi degli amici.
Divenni dipendente da internet perché era l'unico modo per avere amicizie oltre la scuola.
Mi ruppe tastiere, mouse, monitor.
L'estate era triste e silenziosa.
Mi sputava in faccia, mi chiamava bastardo, diceva che nessuno mi avrebbe voluto bene.
Ogni tanto queste frasi mi tornano in mente, come se fossero schegge di vetro conficcate nel mio cuore.
Anche durante il fidanzamento con mio padre aveva attacchi di rabbia, lo picchiava.
Gli provocò persino un trauma cranico.
Quando ero piccolo vedevo spesso degli occhi neri.
Mio padre non la picchiò mai.
A queste scene di violenza eravamo tutti abituati.
Da 4 anni so che è borderline.
Mio padre è l'insicurezza in persona.
Si vergogna di qualsiasi cosa.
Ha un negozio di mobili e quando chiedono lo sconto, accetta sempre, non avendo rispetto della sua stessa fatica.
Mi colpiva il modo in cui diceva, per esempio 2 e 40, anziché 240.
Come se non sentisse di meritarsi una retribuzione e volesse rimpicciolirla.
Mi usava come confidente.
Quando avevo 14 anni si lamentava con me di non aver avuto rapporti sessuali con mia madre per anni dopo la mia nascita.
Lo consolavo, gli davo consigli eccetera.
È ossessionato dal sesso, dal senso di vergogna.
Si imbarazza molto, eppure adora parlare di come la chiesa inculchi la vergogna, o di come si fosse vergognato quando guardò sotto la gonna di una ragazza, a 5 anni, e lo sgridarono e via dicendo.
Ripete sempre le stesse storie.
Spesso mente, sempre per vergogna.
È depresso, timido e asociale.
Infatti non credo abbia un solo amico, idem mia madre.
Neanche i miei fratelli ne hanno, e neanche io.
A sedici anni mi sono ritirato e ho lavorato come pizzaiolo per qualche settimana, poi basta.
Mi sento a disagio con le persone.
Mi sento paranoico, inibito e a tratti scoppio diventando aggressivo.
Mi ossessiono con paure sempre diverse, sono molto suggestionabile.
Alterno la letargia a brevi scatti di vitalità.
Sono seguito da uno psicologo ma sono poco soddisfatto, ho bisogno di un approccio diverso.
Il professionista che mi segue mi stimola a fare: cercare un lavoro, uscire con le persone, fare attività fisica.
Vuole che sia un po' meno filosofo e più uomo d'azione.
Penso di aver bisogno di fare i conti col passato: solo così potrei liberare la mia forza interiore.
Mi incuriosisce molto la figura di Jung e il suo concetto di ombra e archetipi.
Pensate che per un caso come il mio, un approccio junghiano potrebbe essere indicato?
Vi ringrazio anticipatamente.
[#1]
Gentile utente,
una soria davvero travagliata,
a cui però ha deciso di mettere mano affinchè il Suo presente e il Suo futuro siano meno segnati da quanto vissuto.
E dunque qui sta l'importanza della psicoterapia, e il desiderio che essa dia il meglio possibile.
Lei chiede un parere sul percorso che sta compiendo;
il Suo Psicologo:
"Vuole che sia un po' meno filosofo e più uomo d'azione."
Ma lei di sè dice:
"Penso di aver bisogno di fare i conti col passato: solo così potrei liberare la mia forza interiore."
Occorre non mettere in contrapposizione le due cose,
dato che spesso abbiamo bisogno dell'una e dell'altra.
Il solo "fare i conti col passato" non porta automaticamente (secondo l'approccio che io seguo e pratico) a cambiare,
per assurdo in certe situazioni può diventare un alibi:
si parla, si comprende, si scava, si approfondisce, per anni ...
ma il quotidiano rimane al palo,
non muta.
Poi ci si cruccia che la psicoterapia non ha dato i frutti sperati.
E dunque se il Suo Psy (che deve essere anche Psicoterapeuta, visto che cura...) insiste sui comportamenti,
lo farà - immagino - a ragion veduta:
si cambia cambiando, non unicamente parlando.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
una soria davvero travagliata,
a cui però ha deciso di mettere mano affinchè il Suo presente e il Suo futuro siano meno segnati da quanto vissuto.
E dunque qui sta l'importanza della psicoterapia, e il desiderio che essa dia il meglio possibile.
Lei chiede un parere sul percorso che sta compiendo;
il Suo Psicologo:
"Vuole che sia un po' meno filosofo e più uomo d'azione."
Ma lei di sè dice:
"Penso di aver bisogno di fare i conti col passato: solo così potrei liberare la mia forza interiore."
Occorre non mettere in contrapposizione le due cose,
dato che spesso abbiamo bisogno dell'una e dell'altra.
Il solo "fare i conti col passato" non porta automaticamente (secondo l'approccio che io seguo e pratico) a cambiare,
per assurdo in certe situazioni può diventare un alibi:
si parla, si comprende, si scava, si approfondisce, per anni ...
ma il quotidiano rimane al palo,
non muta.
Poi ci si cruccia che la psicoterapia non ha dato i frutti sperati.
E dunque se il Suo Psy (che deve essere anche Psicoterapeuta, visto che cura...) insiste sui comportamenti,
lo farà - immagino - a ragion veduta:
si cambia cambiando, non unicamente parlando.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Utente
Gentile dottoressa, intanto grazie per la risposta.
Lo psicologo mi ha detto che ho un'intelligenza leggermente sopra la media ma dei tempi di elaborazione molto lenta.
Prima di decidere, valuto le opzioni a mia disposizione in una battaglia mentale che può durare giorni. Smonto, rimonto, trovo il pelo nell'uovo. È come se volessi sempre avere i piedi in due scarpe.
Spesso mi sembra di impiegare secoli per giungere a conclusioni ovvie, infatti in parte dubito delle sue parole... nonostante mi abbia detto che non mi mentirebbe mai, mi viene il dubbio che, per fini terapeutici, potrebbe anche mentirmi per suggestionarmi e rendermi un po' più sicuro. Anche perché, se fossi stato meno intelligente della media, me l'avrebbe detto?
Ho perso molta agilità mentale in questi mesi di isolamento, ma soprattutto reggo pochissimo la frustrazione del non riuscire a far qualcosa di così naturale, cioè star bene con gli altri e me stesso.
Gli dirò della mia idea di cambiare psicologo, anche se ho paura di come potrebbe reagire
Lo psicologo mi ha detto che ho un'intelligenza leggermente sopra la media ma dei tempi di elaborazione molto lenta.
Prima di decidere, valuto le opzioni a mia disposizione in una battaglia mentale che può durare giorni. Smonto, rimonto, trovo il pelo nell'uovo. È come se volessi sempre avere i piedi in due scarpe.
Spesso mi sembra di impiegare secoli per giungere a conclusioni ovvie, infatti in parte dubito delle sue parole... nonostante mi abbia detto che non mi mentirebbe mai, mi viene il dubbio che, per fini terapeutici, potrebbe anche mentirmi per suggestionarmi e rendermi un po' più sicuro. Anche perché, se fossi stato meno intelligente della media, me l'avrebbe detto?
Ho perso molta agilità mentale in questi mesi di isolamento, ma soprattutto reggo pochissimo la frustrazione del non riuscire a far qualcosa di così naturale, cioè star bene con gli altri e me stesso.
Gli dirò della mia idea di cambiare psicologo, anche se ho paura di come potrebbe reagire
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 796 visite dal 24/05/2020.
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