Come accettare una malattia cronica?
Buongiorno.
So che un consulto veloce online non potrà certamente sostituire una consulenza di persona ma volevo chiedere un consiglio.
Sono una ragazza di 27 anni e mi è stata di recente diagnosticata una malattia cronica (sclerosi multipla) e non riesco ad accettarlo.
Un giorno mi sono svegliata e non riuscivo a percepire niente nelle gambe.
Ora sto più o meno bene fisicamente ma la diagnosi che è seguita è stato un duro colpo.
È da settimane che piango e mi dispero, mi sento andare nel panico per ogni stranezza che succede nel mio corpo.
Come fare a superare e ad accettare più serenamente la cosa?
Indicativamente cosa posso fare per stare meglio?
Mi sento davvero ridicola, vorrei essere più forte ma purtroppo la situazione è questa al momento.
So che un consulto veloce online non potrà certamente sostituire una consulenza di persona ma volevo chiedere un consiglio.
Sono una ragazza di 27 anni e mi è stata di recente diagnosticata una malattia cronica (sclerosi multipla) e non riesco ad accettarlo.
Un giorno mi sono svegliata e non riuscivo a percepire niente nelle gambe.
Ora sto più o meno bene fisicamente ma la diagnosi che è seguita è stato un duro colpo.
È da settimane che piango e mi dispero, mi sento andare nel panico per ogni stranezza che succede nel mio corpo.
Come fare a superare e ad accettare più serenamente la cosa?
Indicativamente cosa posso fare per stare meglio?
Mi sento davvero ridicola, vorrei essere più forte ma purtroppo la situazione è questa al momento.
[#1]
Gentile ragazza,
dispiace veramente molto per quanto Le sta accadendo. Non è facile accettare!
Quale specialista ha effettuato la diagnosi? Ha avuto la conferma da un secondo medico?
Quanti giorni fa lo ha saputo?
Ricevere la diagnosi di "malattia cronica" signidica essere sconvolti da un terremoto.
La vita personale, relazionale, affettiva cambia. E dunque la Sua esigenza di essere "più forte" non è giustificata.
La fase di accettazione della diagnosi è caratterizzata da moltissimi sentimenti,
tra i quali la fanno da padroni la rabbia e la tristezza, che si alternano.
"..Come fare a superare e ad accettare più serenamente la cosa?" ci chiede.
Dipende da come è fatta la nostra psiche, il nostro "dentro".
In generale, come rispondiamo noi umani alla diagnosi di malattia cronica?
- Anzitutto dipende dalla struttura della personalità: la personalità solida o la personalità ossessiva, oppure le personalità a sfondo depressivo rispondono in maniere molto differenti;
- ancora: si risponde a questo terremoto psichico in relazione alla capacità e qualità di *adattamento* che la persona aveva prima della malattia, e in particolare verso il proprio corpo;
- un importante elemento che favorisce il riadattamento alla nuova e difficile situazione è il contesto familiare e sociale, cioè gli scenari su cui il malato si muove.
Questi sono gli elementi generali (un articolo completo potrà trovarlo in rete digitando "Brunialti - La malattia cronica nella vita della persona").
Se ora vuole aggiungere dell'altro al Suo breve Consulto, potremo capire meglio.
Saluti cari.
Dott. Brunialti
dispiace veramente molto per quanto Le sta accadendo. Non è facile accettare!
Quale specialista ha effettuato la diagnosi? Ha avuto la conferma da un secondo medico?
Quanti giorni fa lo ha saputo?
Ricevere la diagnosi di "malattia cronica" signidica essere sconvolti da un terremoto.
La vita personale, relazionale, affettiva cambia. E dunque la Sua esigenza di essere "più forte" non è giustificata.
La fase di accettazione della diagnosi è caratterizzata da moltissimi sentimenti,
tra i quali la fanno da padroni la rabbia e la tristezza, che si alternano.
"..Come fare a superare e ad accettare più serenamente la cosa?" ci chiede.
Dipende da come è fatta la nostra psiche, il nostro "dentro".
In generale, come rispondiamo noi umani alla diagnosi di malattia cronica?
- Anzitutto dipende dalla struttura della personalità: la personalità solida o la personalità ossessiva, oppure le personalità a sfondo depressivo rispondono in maniere molto differenti;
- ancora: si risponde a questo terremoto psichico in relazione alla capacità e qualità di *adattamento* che la persona aveva prima della malattia, e in particolare verso il proprio corpo;
- un importante elemento che favorisce il riadattamento alla nuova e difficile situazione è il contesto familiare e sociale, cioè gli scenari su cui il malato si muove.
Questi sono gli elementi generali (un articolo completo potrà trovarlo in rete digitando "Brunialti - La malattia cronica nella vita della persona").
Se ora vuole aggiungere dell'altro al Suo breve Consulto, potremo capire meglio.
Saluti cari.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Ex utente
La ringrazio per la risposta esaustiva. Non mi sono dilungata troppo per non tediarvi perché purtroppo una parte di me si sente estremamente in colpa nel sentirsi così e ne provo vergogna. Vorrei essere più forte e propositiva. La diagnosi è avvenuta il 26 aprile in un centro specializzato nella malattia, in più sono andata a cercare su internet (lo so non avrei dovuto ma non ho potuto fare altrimenti) i criteri diagnostici ufficiali (anche in inglese per esserne certa) per diagnosticare questa malattia e coincidevano purtroppo con quanto mi è successo e con i risultati degli esami. Onestamente mi ritengo una persona fragile, in passato sono già stata in terapia per insicurezze legate al mio corpo. Non soffrivo di anoressia ma ho fatto fatica ad accettarmi. Crescendo e diventando adulta credo che le mie risorse psicologiche siano aumentate notevolmente (anche se di base rimango una persona fragile), solo che dentro di me ancora ho quest'idea di perfezione che con questa diagnosi non potrò mai raggiungere. Sarà tanto se starò più o meno in salute.
Dal punto di vista sociale ho due genitori molto presenti (fin troppo) che comunque ringrazio per il loro supporto. Vivo da sola. Al momento non ho un compagno, ho concluso una relazione dopo 6 anni circa un anno fa e la mia rete sociale è abbastanza superficiale, legata al lavoro e ad attività ricreative (palestra più un associazione di volontariato) a cui però non ho raccontato l'accaduto perché me ne vergogno immensamente. Inoltre non li sto vedendo perché è da 2 mesi che lavoro da casa (smartworking).
Provo molto disagio ad aprirmi su questa situazione quindi non so cosa fare. Le emozioni principali che provo sono: vergogna, panico, incertezza. Spero quanto ho scritto sia sufficiente per dare un quadro più completo. Mi sono sforzata molto per parlarne, anche solo rileggere quanto ho scritto mi fa venire il panico.
La ringrazio per aver suggerito l'articolo, lo leggerò sicuramente.
Dal punto di vista sociale ho due genitori molto presenti (fin troppo) che comunque ringrazio per il loro supporto. Vivo da sola. Al momento non ho un compagno, ho concluso una relazione dopo 6 anni circa un anno fa e la mia rete sociale è abbastanza superficiale, legata al lavoro e ad attività ricreative (palestra più un associazione di volontariato) a cui però non ho raccontato l'accaduto perché me ne vergogno immensamente. Inoltre non li sto vedendo perché è da 2 mesi che lavoro da casa (smartworking).
Provo molto disagio ad aprirmi su questa situazione quindi non so cosa fare. Le emozioni principali che provo sono: vergogna, panico, incertezza. Spero quanto ho scritto sia sufficiente per dare un quadro più completo. Mi sono sforzata molto per parlarne, anche solo rileggere quanto ho scritto mi fa venire il panico.
La ringrazio per aver suggerito l'articolo, lo leggerò sicuramente.
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 5.3k visite dal 12/05/2020.
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