Sensi di colpa che mi tormentano, non vivo più
Buongiorno, ho 25 anni e sto terminando gli studi.
Lavoro come tata in una famiglia benestante, sono assunta da un anno con contratto regolare ma non ce la faccio più.
In questo periodo di emergenza ho sempre lavorato, perché loro il pomeriggio desiderano dedicare tempo a se stessi e fare ricerche al PC (sono entrambi momentaneamente a casa dal lavoro causa covid - 19) quindi dal primo pomeriggio fino alla sera tenevo io il bambino.
Avevo già in programma di licenziarmi, complice il fatto che avevo trovato un altro lavoro, ma adesso con l'emergenza non c'è più niente di sicuro e io mi sento terribilmente in colpa: chi sarebbe così ingenuo da lasciare un lavoro ben pagato proprio adesso?
Come sarà il mio futuro se lascio questo lavoro?
Cosa succederebbe se mi ritrovassi senza soldi?
Tutto questo mi fa sentire una fallita, ma purtroppo non mi trovo bene con queste persone e passare le giornate a casa con loro per me è diventato insopportabile.
Mi sveglio con l'ansia di andare a lavorare e mi viene continuamente una leggerissima febbre, a dire del mio medico, psicosomatica (compare la mattina e sparisce il pomeriggio e la sera quando finisco di lavorare).
Non so cosa fare, i sensi di colpa mi logorano, mi sento inutile e stupida a non saper affrontare questa cosa.
Ho smesso da 5 mesi di prendere antidepressivi per una forte depressione curata anche con il ricovero.
Ho paura di ricaderci ma allo stesso tempo mi sento in colpa a non saper affrontare questi ostacoli in modo sano.
Chiunque al posto mio continuerebbe a lavorare senza troppi problemi, io lo faccio ma sto male di continuo.
Cosa posso fare?
Mi viene da piangere, e sono sempre agitata a causa di questo bivio.
Rimango a fare questo lavoro e cerco di tenere duro, o lascio con la consapevolezza di sentirmi poi una fallita?
Perché avverto tutti questi sensi di colpa?
Grazie a chiunque mi darà una mano.
Ho già contattato anche la mia psicologa.
Lavoro come tata in una famiglia benestante, sono assunta da un anno con contratto regolare ma non ce la faccio più.
In questo periodo di emergenza ho sempre lavorato, perché loro il pomeriggio desiderano dedicare tempo a se stessi e fare ricerche al PC (sono entrambi momentaneamente a casa dal lavoro causa covid - 19) quindi dal primo pomeriggio fino alla sera tenevo io il bambino.
Avevo già in programma di licenziarmi, complice il fatto che avevo trovato un altro lavoro, ma adesso con l'emergenza non c'è più niente di sicuro e io mi sento terribilmente in colpa: chi sarebbe così ingenuo da lasciare un lavoro ben pagato proprio adesso?
Come sarà il mio futuro se lascio questo lavoro?
Cosa succederebbe se mi ritrovassi senza soldi?
Tutto questo mi fa sentire una fallita, ma purtroppo non mi trovo bene con queste persone e passare le giornate a casa con loro per me è diventato insopportabile.
Mi sveglio con l'ansia di andare a lavorare e mi viene continuamente una leggerissima febbre, a dire del mio medico, psicosomatica (compare la mattina e sparisce il pomeriggio e la sera quando finisco di lavorare).
Non so cosa fare, i sensi di colpa mi logorano, mi sento inutile e stupida a non saper affrontare questa cosa.
Ho smesso da 5 mesi di prendere antidepressivi per una forte depressione curata anche con il ricovero.
Ho paura di ricaderci ma allo stesso tempo mi sento in colpa a non saper affrontare questi ostacoli in modo sano.
Chiunque al posto mio continuerebbe a lavorare senza troppi problemi, io lo faccio ma sto male di continuo.
Cosa posso fare?
Mi viene da piangere, e sono sempre agitata a causa di questo bivio.
Rimango a fare questo lavoro e cerco di tenere duro, o lascio con la consapevolezza di sentirmi poi una fallita?
Perché avverto tutti questi sensi di colpa?
Grazie a chiunque mi darà una mano.
Ho già contattato anche la mia psicologa.
[#1]
Gentile utente,
ho letto tutte le sue comunicazioni e mi voglio complimentare con lei: grazie alle cure farmacologiche e psicologiche, alle sue capacità, alla forza di volontà, lei ha domato la malattia, ha recuperato la forma fisica e ripreso validamente gli studi. Brava. Dev'essere contenta di sé.
Vediamo ora il dilemma in cui si dibatte, che forse ingigantisce per effetto dell'abitudine a rimuginare che deriva dal suo vecchio disturbo.
Dunque, lei ha un lavoro che è ben pagato ma non le piace. Non armonizza coi suoi datori di lavoro, problema ingigantito dal loro rimanere a casa nell'attuale emergenza; ma non si è nemmeno affezionata al bambino, a quanto pare.
Da domani, visto il nuovo decreto, le cose potrebbero migliorare perché i genitori forse torneranno al lavoro, ma se lei non ha legato nemmeno col bambino il problema rimane.
Senza richiamare una per una le frasi della sua lettera, è evidente che le sue paure del futuro, di rimanere senza soldi, di sentirsi "fallita" e in colpa all'idea di lasciare il lavoro, sono del tutto esagerate.
Lei sta per conseguire una laurea e troverà di meglio. Come per tutti, l'esperienza le insegnerà quali campi scegliere e quali scartare.
Un sano senso di responsabilità può suggerirle, nel presentare le dimissioni, di garantire ancora quindici giorni di presenza, per permettere a questi genitori di trovare una sostituta.
Per il resto non abbia remore. A lei non fa bene questo lavoro, e ancora meno fa bene al bambino trovarsi in compagnia di una tata che non è lieta di intrattenersi con lui.
Coraggio. Ci tenga al corrente.
ho letto tutte le sue comunicazioni e mi voglio complimentare con lei: grazie alle cure farmacologiche e psicologiche, alle sue capacità, alla forza di volontà, lei ha domato la malattia, ha recuperato la forma fisica e ripreso validamente gli studi. Brava. Dev'essere contenta di sé.
Vediamo ora il dilemma in cui si dibatte, che forse ingigantisce per effetto dell'abitudine a rimuginare che deriva dal suo vecchio disturbo.
Dunque, lei ha un lavoro che è ben pagato ma non le piace. Non armonizza coi suoi datori di lavoro, problema ingigantito dal loro rimanere a casa nell'attuale emergenza; ma non si è nemmeno affezionata al bambino, a quanto pare.
Da domani, visto il nuovo decreto, le cose potrebbero migliorare perché i genitori forse torneranno al lavoro, ma se lei non ha legato nemmeno col bambino il problema rimane.
Senza richiamare una per una le frasi della sua lettera, è evidente che le sue paure del futuro, di rimanere senza soldi, di sentirsi "fallita" e in colpa all'idea di lasciare il lavoro, sono del tutto esagerate.
Lei sta per conseguire una laurea e troverà di meglio. Come per tutti, l'esperienza le insegnerà quali campi scegliere e quali scartare.
Un sano senso di responsabilità può suggerirle, nel presentare le dimissioni, di garantire ancora quindici giorni di presenza, per permettere a questi genitori di trovare una sostituta.
Per il resto non abbia remore. A lei non fa bene questo lavoro, e ancora meno fa bene al bambino trovarsi in compagnia di una tata che non è lieta di intrattenersi con lui.
Coraggio. Ci tenga al corrente.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Grazie Dott.ssa Anna Potenza per aver risposto al mio consulto. Purtroppo in questi anni di terapia non ho ancora imparato a gestire i sensi di colpa che mi accompagnano da sempre, anche da bambina per quel che ricordo. Ho cercato in tutti i modi di vivere questo lavoro in modo sereno e il non esserci riuscita mi fa sentire così. Al bambino ovviamente non attribuisco alcuna colpa di tutto questo , gli voglio bene e giocare con lui mi fa decisamente passare il tempo più in fretta, è proprio la presenza dei genitori e del loro comportamento a farmi risultare davvero pesante la permanenza lì...faró tesoro dei suoi consigli, la ringrazio di nuovo.
[#3]
Gentile utente,
parli al suo terapeuta di questo ritornante senso di colpa, che a me sembra piuttosto un continuo attacco a sé stessa.
Provi a guardare in rete il sito della compassionatemind.it , una terapia cognitivo-comportamentale che aiuta, anche con soggiorni residenziali di tre/quattro giorni, ad essere indulgenti con sé stessi e con gli altri.
Fare centro su di sé e sui propri bisogni e desideri è l'unico modo per poter realizzare qualcosa e anche per dare qualcosa agli altri.
In ogni caso, lei adesso deve pensare alla sua laurea. Ha già il titolo della tesi?
Ci tenga al corrente; auguri.
parli al suo terapeuta di questo ritornante senso di colpa, che a me sembra piuttosto un continuo attacco a sé stessa.
Provi a guardare in rete il sito della compassionatemind.it , una terapia cognitivo-comportamentale che aiuta, anche con soggiorni residenziali di tre/quattro giorni, ad essere indulgenti con sé stessi e con gli altri.
Fare centro su di sé e sui propri bisogni e desideri è l'unico modo per poter realizzare qualcosa e anche per dare qualcosa agli altri.
In ogni caso, lei adesso deve pensare alla sua laurea. Ha già il titolo della tesi?
Ci tenga al corrente; auguri.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 6.3k visite dal 03/05/2020.
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