Come salvarmi da questa follia?
Un anno fa ho iniziato una relazione sentimentale con una donna molto più giovane di me nel bel mezzo di una relazione sentimentale stabile con un ragazzo che andava avanti da 6 anni.
Da allora ho iniziato con gli attacchi di panico, a non dormire la notte e a soffrire.
A distanza di un anno non ne sono ancora uscita.
Ho iniziato subito la psicoterapia.
La mia psicologa ha suggerito che la partner soffrisse di disturbo borderline della personalità, visto che nella sua vita ha vissuto gravissimi traumi in adolescenza, e mi fossi legata a lei per una sorta di desiderio di proteggerla.
E' stata la mia prima relazione omosessuale, e ho provato dei sentimenti fortissimi per lei.
Il senso di colpa per aver tradito il mio fidanzato, persona stupenda e molto intelligente, e allo stesso tempo per lei, innamoratissima di me, per la quale ho sconvolto la mia vita, mi hanno ridotta ad uno straccio, divisa tra due vite parallele, distrutta emotivamente e fisicamente.
Ho passato mesi a letto, imbottendomi di valeriana in estate e poi finalmente, parlando con il mio medico curante, una psichiatra, ho iniziato a novembre con EN e Entact.
La mia psicoterapeuta mi invitò a provare a mandare avanti la relazione con lei.
Ero ossessionata dall'idea di perderla (e lo sono in un certo senso ancora) e andai di nascosto dalla mia famiglia a trovarla al nord, dove si era trasferita.
Al ritorno sono crollata.
Questa quarantena mi sta tenendo forzatamente lontana da lei e lei sa che per me è meglio stare con lui, per la società, per la mia famiglia e mille altri motivi.
Sono emotivamente a pezzi, penso continuamente al suicidio, ma poi ritiro per paura di soffrire la mia famiglia.
Sono distrutta perchè non voglio che lei pensi di non essere amata.
Penso davvero di essere lesbica e stare con lei mi rende felice.
Il mio fidanzato ne uscirebbe devastato.
Ha saputo di questa relazione e mi ha perdonata mesi fa, ma adesso non accetterebbe mai neanche che parli con lei.
Lei soffre moltissimo perchè dice che vuole il mio bene, e per permettermi di averlo, rinuncerebbe a me, che per lei sono l'amore della sua vita.
Ho smesso di fare psicoterapia a novembre perchè sentivo che non mi serviva a niente, se non a rendermi sempre più ossessionata dal binomio tra queste due persone.
Non riesco a considerare l'idea di restare sola.
Nella mia storia ci sono genitori separati, mia madre via di casa quando avevo 19 anni perchè io e mio fratello chiedemmo l'affido a papà.
Lei era egoista e assente.
Mi ha denunciata per averla picchiata perchè voleva ottenere la casa, ma non avendo mai fatto niente ne sono uscita, ho studiato, mi sono realizzata lavorativamente, a differenza sua che era una fallita senza lavoro e che voleva solo rubare soldi ai miei nonni, delle brave persone.
Mio fratello, all'epoca pre-adolescente, anch'egli sua vittima.
Sono un caso perso?
Aiutatemi, non so come ritrovare la serenità.
Ho iniziato a provocarmi il vomito, tagliarmi, ubriacarmi per dormire.
Sono a pezzi.
Da allora ho iniziato con gli attacchi di panico, a non dormire la notte e a soffrire.
A distanza di un anno non ne sono ancora uscita.
Ho iniziato subito la psicoterapia.
La mia psicologa ha suggerito che la partner soffrisse di disturbo borderline della personalità, visto che nella sua vita ha vissuto gravissimi traumi in adolescenza, e mi fossi legata a lei per una sorta di desiderio di proteggerla.
E' stata la mia prima relazione omosessuale, e ho provato dei sentimenti fortissimi per lei.
Il senso di colpa per aver tradito il mio fidanzato, persona stupenda e molto intelligente, e allo stesso tempo per lei, innamoratissima di me, per la quale ho sconvolto la mia vita, mi hanno ridotta ad uno straccio, divisa tra due vite parallele, distrutta emotivamente e fisicamente.
Ho passato mesi a letto, imbottendomi di valeriana in estate e poi finalmente, parlando con il mio medico curante, una psichiatra, ho iniziato a novembre con EN e Entact.
La mia psicoterapeuta mi invitò a provare a mandare avanti la relazione con lei.
Ero ossessionata dall'idea di perderla (e lo sono in un certo senso ancora) e andai di nascosto dalla mia famiglia a trovarla al nord, dove si era trasferita.
Al ritorno sono crollata.
Questa quarantena mi sta tenendo forzatamente lontana da lei e lei sa che per me è meglio stare con lui, per la società, per la mia famiglia e mille altri motivi.
Sono emotivamente a pezzi, penso continuamente al suicidio, ma poi ritiro per paura di soffrire la mia famiglia.
Sono distrutta perchè non voglio che lei pensi di non essere amata.
Penso davvero di essere lesbica e stare con lei mi rende felice.
Il mio fidanzato ne uscirebbe devastato.
Ha saputo di questa relazione e mi ha perdonata mesi fa, ma adesso non accetterebbe mai neanche che parli con lei.
Lei soffre moltissimo perchè dice che vuole il mio bene, e per permettermi di averlo, rinuncerebbe a me, che per lei sono l'amore della sua vita.
Ho smesso di fare psicoterapia a novembre perchè sentivo che non mi serviva a niente, se non a rendermi sempre più ossessionata dal binomio tra queste due persone.
Non riesco a considerare l'idea di restare sola.
Nella mia storia ci sono genitori separati, mia madre via di casa quando avevo 19 anni perchè io e mio fratello chiedemmo l'affido a papà.
Lei era egoista e assente.
Mi ha denunciata per averla picchiata perchè voleva ottenere la casa, ma non avendo mai fatto niente ne sono uscita, ho studiato, mi sono realizzata lavorativamente, a differenza sua che era una fallita senza lavoro e che voleva solo rubare soldi ai miei nonni, delle brave persone.
Mio fratello, all'epoca pre-adolescente, anch'egli sua vittima.
Sono un caso perso?
Aiutatemi, non so come ritrovare la serenità.
Ho iniziato a provocarmi il vomito, tagliarmi, ubriacarmi per dormire.
Sono a pezzi.
[#1]
Gentile utente,
anche la situazione di quarantena Covid nei casi come il suo sembra l'ennesima limitazione ad una libertà di scelta già gravemente compromessa.
Mi dispiace che abbia interrotto la terapia, che poteva essere l'ancora idonea a farle trovare e soprattutto accettare un punto fermo nella tempesta che sta vivendo: "non mi serviva a niente, se non a rendermi sempre più ossessionata dal binomio tra queste due persone".
Certamente, per chi non ha ancora risolto la prima grande frattura, quella con la madre, questa seconda situazione è difficilissima da gestire, infatti tutta la sua narrazione è percorsa da elementi ritornanti: la paura di fare del male a persone alle quali ritiene suo dovere prestare affetto e cure; la paura di alterare il suo equilibrio sociale scegliendo una relazione omosessuale; infine la paura devastante espressa con le parole: "Non riesco a considerare l'idea di restare sola".
La bambina che è in lei e che non ha guarito la propria ferita teme ancora di essere punita con l'abbandono, se farà la "cattiva"?
A completare l'opera, lei come tanti si pone il problema di ESSERE omosessuale o eterosessuale. Enfatizzo il verbo essere perché è proprio quella la trappola, verbale/concettuale. Provi a pensare nella direzione di "provare" o "vivere" propensioni anche occasionali verso l'uno o l'altro genere, e non necessariamente di "essere" qualcosa, definizione che ci strappa a noi stessi e ci inchioda in una condizione rigida nella quale non ci riconosciamo.
La sua è una situazione complessa, e richiede molto tempo di una terapia altrettanto complessa, nella fiducia verso il curante.
Per i farmaci, ne vedrà l'opportunità nel tempo: sente che migliorano la sua situazione, o no? Le portano calma e chiarezza? Le parole: "Ho iniziato a provocarmi il vomito, tagliarmi, ubriacarmi per dormire. Sono a pezzi" direbbero il contrario, sempre se assume i farmaci da almeno un mese.
Io le consiglio vivamente di rivolgersi ad uno psicoterapeuta di esperienza, portando con sé la sua lettera. A mio avviso sarebbe opportuno ripartire dal suo sentire profondo, cercare di accettarlo, dipanandone via via i grovigli, e intanto esercitare una robusta, affettuosa tutela verso sé stessa.
Auguri.
anche la situazione di quarantena Covid nei casi come il suo sembra l'ennesima limitazione ad una libertà di scelta già gravemente compromessa.
Mi dispiace che abbia interrotto la terapia, che poteva essere l'ancora idonea a farle trovare e soprattutto accettare un punto fermo nella tempesta che sta vivendo: "non mi serviva a niente, se non a rendermi sempre più ossessionata dal binomio tra queste due persone".
Certamente, per chi non ha ancora risolto la prima grande frattura, quella con la madre, questa seconda situazione è difficilissima da gestire, infatti tutta la sua narrazione è percorsa da elementi ritornanti: la paura di fare del male a persone alle quali ritiene suo dovere prestare affetto e cure; la paura di alterare il suo equilibrio sociale scegliendo una relazione omosessuale; infine la paura devastante espressa con le parole: "Non riesco a considerare l'idea di restare sola".
La bambina che è in lei e che non ha guarito la propria ferita teme ancora di essere punita con l'abbandono, se farà la "cattiva"?
A completare l'opera, lei come tanti si pone il problema di ESSERE omosessuale o eterosessuale. Enfatizzo il verbo essere perché è proprio quella la trappola, verbale/concettuale. Provi a pensare nella direzione di "provare" o "vivere" propensioni anche occasionali verso l'uno o l'altro genere, e non necessariamente di "essere" qualcosa, definizione che ci strappa a noi stessi e ci inchioda in una condizione rigida nella quale non ci riconosciamo.
La sua è una situazione complessa, e richiede molto tempo di una terapia altrettanto complessa, nella fiducia verso il curante.
Per i farmaci, ne vedrà l'opportunità nel tempo: sente che migliorano la sua situazione, o no? Le portano calma e chiarezza? Le parole: "Ho iniziato a provocarmi il vomito, tagliarmi, ubriacarmi per dormire. Sono a pezzi" direbbero il contrario, sempre se assume i farmaci da almeno un mese.
Io le consiglio vivamente di rivolgersi ad uno psicoterapeuta di esperienza, portando con sé la sua lettera. A mio avviso sarebbe opportuno ripartire dal suo sentire profondo, cercare di accettarlo, dipanandone via via i grovigli, e intanto esercitare una robusta, affettuosa tutela verso sé stessa.
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Gent.ma dott.ssa Potenza,
grazie per la tempestiva risposta.
La terapia l'ho interrotta a novembre per motivi economici. Sono una precaria che guadagna 500 euro al mese a 30 anni e spenderne 50 a settimana solo in terapia mi è impossibile.
Vivo con i nonni, che si occupano di tutto, e mi sento una fallita ad essere ritornata a casa questo settembre dopo che l'attività presso cui lavoravo (che mi permetteva di vivere da sola fuori dalla mia regione) ha chiuso i battenti.
Inoltre durante il nostro ultimo incontro, la mia psicologa, che già da mesi mi sconsigliava velatamente questa relazione con la ragazza - che chiameremo Anna - in quanto temeva che mi avrebbe portata nel suo baratro con sé.
Il mio incontro di psicoterapia, infatti, si fondò soprattutto sul parlare di lei, dei suoi problemi (terminati grazie al mio intervento), del tunnel dal quale volevo tirarla fuori, reputandola degna di qualcosa in più di ciò che aveva.
Probabilmente, mi ha detto la psicologa, i nostri vissuti simili sono andati a creare un incastro diabolico dal quale non si può uscire.
Ci tengo a precisare che io ho sempre fatto scelte "rette" nella vita: da prendermi cura di mio fratello e fargli da seconda mamma, a curarmi della casa, delle bollette, dei miei studi. Mio padre non ci ha fatto mancare niente economicamente, ma oltre a quello, son stata sempre vittima delle sue critiche.
Ho avuto gravi problemi di obesità, che ora sto risolvendo (da 2 -3 anni).
Questa ragazza mi ha fatta sentire speciale, mi ha corteggiata, mi ha preso mentalmente, mi ha fatto scoprire una nuova sessualità che prima non conoscevo.
Sessualmente ero poco costante, poco attratta dal partner ormai. C'erano anche determinate cose che mi rifiutavo di fare per disgusto del membro maschile. Con lei è stato tutto diverso. L'ho sempre adorata e da quel punto di vista, pur essendo una ragazz(ina) normalissima, ha risvegliato in me qualcosa di molto, ma molto assopito.
Ripeto, il mio fidanzato è un bravo ragazzo. In gamba (anche lui più giovane di me), con un lavoro stabile, in procinto di laurearsi, pacato, gentile, preciso, cauto, accurato nelle cose che fa, meccanico.
Lei è un turbinio. Menefreghista nei confronti del suo futuro, cerca di migliorarsi solo per me, sensibile a ciò che la circonda, scrive poesie, canzoni, è altruista, permalosa.
E' come se andassero a compensare l'uno le mancanze dell'altro. Ma lei mi prende di più, è inutile.
Se dovessi pensare di portarla in famiglia, mi vergognerei:
1. perchè è donna
2. perchè è 11 anni più giovane di me (maggiorenne)
3. perchè avrei mandato all'aria una relazione che come next step prevedeva solo la convivenza/il matrimonio per una "bambina" ai loro occhi. Mi vedrebbero come una pervertita.
Mi sono sentita tale per tanto tempo.
Come una narcisista esaurita incapace di scegliere tra i due.
Quando ho chiesto una pausa a lui, per viverla a pieno con lei (su suggerimento della doc) ho vissuto momenti di panico unici. Era come se si risvegliasse una parte razionale in me e mi dicesse "Che stai facendo? Torna in te!", ma appena lei mi cercava, o appena guardavo il telefono, avevo bisogno di sentirla.
Continuo a farlo di nascosto. Sto togliendo linfa vitale sia a me che a lei, esausta di questo mio tira e molla. Fino a prima dell'isolamento, la vedevo ogni tanto. Passavamo giornate da favola, tra bugie e lontane dalla realtà. Però pensavamo a chissà come sarebbe stata un po' di normalità assieme. Ci capiamo molto, pur essendo tanto diverse.
Non so cosa decidere. Cosa fare.
Non so se questo "amore" per lei sia vero o una conseguenza dell'amore non ricevuto da mia madre.
Non so come uscirne. Ci provo da un anno. Mento a tutti e una come me non ce la fa più. Non voglio far soffrire più nessuno, me inclusa.
grazie per la tempestiva risposta.
La terapia l'ho interrotta a novembre per motivi economici. Sono una precaria che guadagna 500 euro al mese a 30 anni e spenderne 50 a settimana solo in terapia mi è impossibile.
Vivo con i nonni, che si occupano di tutto, e mi sento una fallita ad essere ritornata a casa questo settembre dopo che l'attività presso cui lavoravo (che mi permetteva di vivere da sola fuori dalla mia regione) ha chiuso i battenti.
Inoltre durante il nostro ultimo incontro, la mia psicologa, che già da mesi mi sconsigliava velatamente questa relazione con la ragazza - che chiameremo Anna - in quanto temeva che mi avrebbe portata nel suo baratro con sé.
Il mio incontro di psicoterapia, infatti, si fondò soprattutto sul parlare di lei, dei suoi problemi (terminati grazie al mio intervento), del tunnel dal quale volevo tirarla fuori, reputandola degna di qualcosa in più di ciò che aveva.
Probabilmente, mi ha detto la psicologa, i nostri vissuti simili sono andati a creare un incastro diabolico dal quale non si può uscire.
Ci tengo a precisare che io ho sempre fatto scelte "rette" nella vita: da prendermi cura di mio fratello e fargli da seconda mamma, a curarmi della casa, delle bollette, dei miei studi. Mio padre non ci ha fatto mancare niente economicamente, ma oltre a quello, son stata sempre vittima delle sue critiche.
Ho avuto gravi problemi di obesità, che ora sto risolvendo (da 2 -3 anni).
Questa ragazza mi ha fatta sentire speciale, mi ha corteggiata, mi ha preso mentalmente, mi ha fatto scoprire una nuova sessualità che prima non conoscevo.
Sessualmente ero poco costante, poco attratta dal partner ormai. C'erano anche determinate cose che mi rifiutavo di fare per disgusto del membro maschile. Con lei è stato tutto diverso. L'ho sempre adorata e da quel punto di vista, pur essendo una ragazz(ina) normalissima, ha risvegliato in me qualcosa di molto, ma molto assopito.
Ripeto, il mio fidanzato è un bravo ragazzo. In gamba (anche lui più giovane di me), con un lavoro stabile, in procinto di laurearsi, pacato, gentile, preciso, cauto, accurato nelle cose che fa, meccanico.
Lei è un turbinio. Menefreghista nei confronti del suo futuro, cerca di migliorarsi solo per me, sensibile a ciò che la circonda, scrive poesie, canzoni, è altruista, permalosa.
E' come se andassero a compensare l'uno le mancanze dell'altro. Ma lei mi prende di più, è inutile.
Se dovessi pensare di portarla in famiglia, mi vergognerei:
1. perchè è donna
2. perchè è 11 anni più giovane di me (maggiorenne)
3. perchè avrei mandato all'aria una relazione che come next step prevedeva solo la convivenza/il matrimonio per una "bambina" ai loro occhi. Mi vedrebbero come una pervertita.
Mi sono sentita tale per tanto tempo.
Come una narcisista esaurita incapace di scegliere tra i due.
Quando ho chiesto una pausa a lui, per viverla a pieno con lei (su suggerimento della doc) ho vissuto momenti di panico unici. Era come se si risvegliasse una parte razionale in me e mi dicesse "Che stai facendo? Torna in te!", ma appena lei mi cercava, o appena guardavo il telefono, avevo bisogno di sentirla.
Continuo a farlo di nascosto. Sto togliendo linfa vitale sia a me che a lei, esausta di questo mio tira e molla. Fino a prima dell'isolamento, la vedevo ogni tanto. Passavamo giornate da favola, tra bugie e lontane dalla realtà. Però pensavamo a chissà come sarebbe stata un po' di normalità assieme. Ci capiamo molto, pur essendo tanto diverse.
Non so cosa decidere. Cosa fare.
Non so se questo "amore" per lei sia vero o una conseguenza dell'amore non ricevuto da mia madre.
Non so come uscirne. Ci provo da un anno. Mento a tutti e una come me non ce la fa più. Non voglio far soffrire più nessuno, me inclusa.
[#3]
Cara utente,
come le ho già detto le sarebbe utilissimo un terapeuta. Le ASL, il Consultorio, il CSM erogano a prezzi minimi questo servizio, o addirittura gratis.
Vista la sua capacità di esprimere fatti e sentimenti per scritto le potrei anche consigliare degli esercizi autonomi di Scrittura Espressiva o delle sedute di gruppo, sia di questa terapia sia di altre.
Con la sua psicologa era solo il problema economico a scoraggiarla? Si può a volte accordarsi per rimandare il pagamento anche di mesi, ma ogni professionista sceglie come crede meglio.
Non sono propensa a dirle di tentare da sola, per la carica di dolore che accompagna il suo appello, per il fatto che è sotto farmaci e tuttavia scrive: "Ho iniziato a provocarmi il vomito, tagliarmi, ubriacarmi per dormire"...
Vorrei darle almeno una parola d'incoraggiamento, ma è difficile, senza conoscerla. Lei si sente straziata dalle difficoltà del presentare a casa la sua compagna... ma io ho delle pazienti legatissime alla propria famiglia che non credono opportuno presentare i propri partner, talvolta dei due sessi, per un fatto di privacy, propria e altrui. Adotti anche lei un'ottica di riserbo, e non la consideri falsità.
Auguri.
come le ho già detto le sarebbe utilissimo un terapeuta. Le ASL, il Consultorio, il CSM erogano a prezzi minimi questo servizio, o addirittura gratis.
Vista la sua capacità di esprimere fatti e sentimenti per scritto le potrei anche consigliare degli esercizi autonomi di Scrittura Espressiva o delle sedute di gruppo, sia di questa terapia sia di altre.
Con la sua psicologa era solo il problema economico a scoraggiarla? Si può a volte accordarsi per rimandare il pagamento anche di mesi, ma ogni professionista sceglie come crede meglio.
Non sono propensa a dirle di tentare da sola, per la carica di dolore che accompagna il suo appello, per il fatto che è sotto farmaci e tuttavia scrive: "Ho iniziato a provocarmi il vomito, tagliarmi, ubriacarmi per dormire"...
Vorrei darle almeno una parola d'incoraggiamento, ma è difficile, senza conoscerla. Lei si sente straziata dalle difficoltà del presentare a casa la sua compagna... ma io ho delle pazienti legatissime alla propria famiglia che non credono opportuno presentare i propri partner, talvolta dei due sessi, per un fatto di privacy, propria e altrui. Adotti anche lei un'ottica di riserbo, e non la consideri falsità.
Auguri.
[#4]
Utente
La ringrazio dottoressa. Non conoscevo gli esercizi di Scrittura Espressiva. Le sarei grata se mi spiegasse di cosa si tratta.
Proverò la prossima settimana a rivolgermi alla mia ASL e continuerò a guardare online.
Purtroppo passo da momenti di grande lucidità, come per esempio quando lavoro, a momenti di buio.
Sento anche grande indifferenza attorno a me. Sono riuscita a farmi del male di nascosto, senza che nessuno sospettasse di nulla.
Mi fa sentire meglio, meno in colpa verso Anna.
Proverò la prossima settimana a rivolgermi alla mia ASL e continuerò a guardare online.
Purtroppo passo da momenti di grande lucidità, come per esempio quando lavoro, a momenti di buio.
Sento anche grande indifferenza attorno a me. Sono riuscita a farmi del male di nascosto, senza che nessuno sospettasse di nulla.
Mi fa sentire meglio, meno in colpa verso Anna.
[#5]
Gentile utente,
ad altri ho consigliato degli esercizi da fare in autonomia, ma lei comprende che le situazioni non sono tutte uguali, e quello che per una persona è un esercizio per conoscere meglio sé stessa, per un'altra è la pericolosa via per far emergere una sofferenza mentale.
Credo sia stata già fatta l'ipotesi che lei non sia più innamorata del suo partner, o addirittura non lo sia mai stata. L'obbligo a mantenere in piedi una relazione in cui la parte razionale è in contrasto stridente con quella emotiva può causare gravi malesseri, documentati anche in passato dalla letteratura (le famose "isterie" femminili).
Credo che a lei sia noto il significato psichiatrico del male fisico che infligge a sé stessa, tanto più se associato a sensi di colpa del tutto immotivati.
"Anna", maggiorenne e forse non gravata dai disturbi che ipotizza, si prenderà cura di sé stessa, tanto più che è lontana e ha molte risorse.
Lei, per contro, sta scendendo una china pericolosa. Se vorrà descrivere i suoi comportamenti al medico di famiglia vedrà che le fornirà subito la prescrizione di una serie di colloqui psicoterapici.
Le devo ripetere quello che ho già scritto: al momento deve esercitare una robusta, affettuosa tutela verso sé stessa.
Ci pensi, e telefoni o scriva un'email al medico di famiglia; ha detto che è psichiatra.
Ancora auguri.
ad altri ho consigliato degli esercizi da fare in autonomia, ma lei comprende che le situazioni non sono tutte uguali, e quello che per una persona è un esercizio per conoscere meglio sé stessa, per un'altra è la pericolosa via per far emergere una sofferenza mentale.
Credo sia stata già fatta l'ipotesi che lei non sia più innamorata del suo partner, o addirittura non lo sia mai stata. L'obbligo a mantenere in piedi una relazione in cui la parte razionale è in contrasto stridente con quella emotiva può causare gravi malesseri, documentati anche in passato dalla letteratura (le famose "isterie" femminili).
Credo che a lei sia noto il significato psichiatrico del male fisico che infligge a sé stessa, tanto più se associato a sensi di colpa del tutto immotivati.
"Anna", maggiorenne e forse non gravata dai disturbi che ipotizza, si prenderà cura di sé stessa, tanto più che è lontana e ha molte risorse.
Lei, per contro, sta scendendo una china pericolosa. Se vorrà descrivere i suoi comportamenti al medico di famiglia vedrà che le fornirà subito la prescrizione di una serie di colloqui psicoterapici.
Le devo ripetere quello che ho già scritto: al momento deve esercitare una robusta, affettuosa tutela verso sé stessa.
Ci pensi, e telefoni o scriva un'email al medico di famiglia; ha detto che è psichiatra.
Ancora auguri.
[#6]
Utente
Grazie. Ho chiamato il mio medico di famiglia per chiedere appuntamento e la settimana prossima mi farà sapere.
Ogni tanto sto facendo yoga per cercare di rilassarmi. Oppure studio.
E' normale sentirsi molto più depressi di sera?
Forse perchè "Anna" dorme molto al mattino e so che in un certo senso sono libera e giustificata nel non risponderle (perchè sto lavorando, perchè aiuto nelle faccende in casa).
Del mio partner sono stata molto innamorata, avevamo progettato tutta una vita assieme. E' parte integrante della mia famiglia e penso che amino quasi più lui di me. Lui ha vissuto un grave lutto l'anno in cui si è trasferito per avvicinarsi a me e abbiamo cercato di dargli tutto quello che poteva mancargli a livello affettivo come una famiglia.
Forse proprio per questo, quando ho iniziato ad allontanarmi da lui, l'ho fatto giustificandomi con me stessa (e con Anna) dicendo che lo sentivo più come un cugino o un fratello che come un partner. La complicità è venuta a mancare e sono iniziate le bugie e man mano siamo arrivati ad oggi. Lui mi vuole bene, dice di essere ancora innamorato di me, ma io sento che qualcosa si è rotto e che ci siano altri motivi che lo spingono ad accettarmi nonostante tutto ciò che gli ho fatto passare. Accettare che la propria ragazza sia stata con un'altra donna non deve essere assolutamente facile per lui.
Con una parte della sua famiglia si è totalmente chiuso il dialogo. Io mi vergogno come un ladro e penso che sia irreparabile questo rapporto (con loro).
Con lui non lo so. Non riesco a guardarlo in faccia senza pensare a ciò che gli ho fatto. Non riesco a perdonarmi neanche questo. Accanto a lui che è così in gamba mi sento una fallita.
Nel mio lavoro sono brava e molto richiesta. Riesco a scindere le due cose. Ma comunque la mia sfera personale è una sfera di cristallo caduta a terra e rotta in mille pezzi. E non so come fare a ricostruire l'amore verso me stessa e, di conseguenza, verso la persona "giusta" che voglio al mio fianco. Non so chi sia questa persona. Non so se me la merito e/o perchè. Ho provato un grandissimo desiderio di solitudine per tanto tempo e lo provo tutt'ora.
Poi, però, mi sento abbandonata.
E' un continuo vedere le due facce della medaglia, un costante binomio. Mi sento come se mi avessero aperto la testa in due e dovessi ragionare e vivere e provare sentimenti per due persone diverse, con vissuti diversi e che hanno fatto scelte diverse. Come se si trattasse di due "me", una che non interferisce con l'altra.
Abbiamo provato a fare incontrare queste parti nelle vecchie sedute di psicoterapia. E la parte razionale sgridava quella emotiva che si è lasciata andare, noncurante degli altri, incapace di reagire o di rispondere, in lacrime.
Non solo non mi perdono, ma sono ossessionata dall'idea che forse dovrei ascoltare di più quella parte emotiva, o forse la avrei dovuta ascoltare in passato e non comportarmi da copione, da mammina e da buon esempio per tutti.
Nel periodo in cui vivevo fuori, che ho passato con Anna, mi son sentita di nuovo adolescente. Era bellissimo. Adesso mi sento un uccello rinchiuso in gabbia. Eppure, come dice Anna, dovrei guardarmi attorno e ritenermi fortunata: non mi manca niente.
Ma a me mancano i pomeriggi con lei a guardare il cielo, e a sentire Lucio Dalla.
Non torneranno mai più quei momenti, ormai è tutto frantumato. Io sono una carogna che ha pensato a queste frivolezze senza fermarsi quando era giusto. E ora sto pagando le conseguenze.
Scusate per il lungo post che sembra quasi più un delirio mattutino.
Buona giornata e grazie ancora per stare ad ascoltarmi.
Ogni tanto sto facendo yoga per cercare di rilassarmi. Oppure studio.
E' normale sentirsi molto più depressi di sera?
Forse perchè "Anna" dorme molto al mattino e so che in un certo senso sono libera e giustificata nel non risponderle (perchè sto lavorando, perchè aiuto nelle faccende in casa).
Del mio partner sono stata molto innamorata, avevamo progettato tutta una vita assieme. E' parte integrante della mia famiglia e penso che amino quasi più lui di me. Lui ha vissuto un grave lutto l'anno in cui si è trasferito per avvicinarsi a me e abbiamo cercato di dargli tutto quello che poteva mancargli a livello affettivo come una famiglia.
Forse proprio per questo, quando ho iniziato ad allontanarmi da lui, l'ho fatto giustificandomi con me stessa (e con Anna) dicendo che lo sentivo più come un cugino o un fratello che come un partner. La complicità è venuta a mancare e sono iniziate le bugie e man mano siamo arrivati ad oggi. Lui mi vuole bene, dice di essere ancora innamorato di me, ma io sento che qualcosa si è rotto e che ci siano altri motivi che lo spingono ad accettarmi nonostante tutto ciò che gli ho fatto passare. Accettare che la propria ragazza sia stata con un'altra donna non deve essere assolutamente facile per lui.
Con una parte della sua famiglia si è totalmente chiuso il dialogo. Io mi vergogno come un ladro e penso che sia irreparabile questo rapporto (con loro).
Con lui non lo so. Non riesco a guardarlo in faccia senza pensare a ciò che gli ho fatto. Non riesco a perdonarmi neanche questo. Accanto a lui che è così in gamba mi sento una fallita.
Nel mio lavoro sono brava e molto richiesta. Riesco a scindere le due cose. Ma comunque la mia sfera personale è una sfera di cristallo caduta a terra e rotta in mille pezzi. E non so come fare a ricostruire l'amore verso me stessa e, di conseguenza, verso la persona "giusta" che voglio al mio fianco. Non so chi sia questa persona. Non so se me la merito e/o perchè. Ho provato un grandissimo desiderio di solitudine per tanto tempo e lo provo tutt'ora.
Poi, però, mi sento abbandonata.
E' un continuo vedere le due facce della medaglia, un costante binomio. Mi sento come se mi avessero aperto la testa in due e dovessi ragionare e vivere e provare sentimenti per due persone diverse, con vissuti diversi e che hanno fatto scelte diverse. Come se si trattasse di due "me", una che non interferisce con l'altra.
Abbiamo provato a fare incontrare queste parti nelle vecchie sedute di psicoterapia. E la parte razionale sgridava quella emotiva che si è lasciata andare, noncurante degli altri, incapace di reagire o di rispondere, in lacrime.
Non solo non mi perdono, ma sono ossessionata dall'idea che forse dovrei ascoltare di più quella parte emotiva, o forse la avrei dovuta ascoltare in passato e non comportarmi da copione, da mammina e da buon esempio per tutti.
Nel periodo in cui vivevo fuori, che ho passato con Anna, mi son sentita di nuovo adolescente. Era bellissimo. Adesso mi sento un uccello rinchiuso in gabbia. Eppure, come dice Anna, dovrei guardarmi attorno e ritenermi fortunata: non mi manca niente.
Ma a me mancano i pomeriggi con lei a guardare il cielo, e a sentire Lucio Dalla.
Non torneranno mai più quei momenti, ormai è tutto frantumato. Io sono una carogna che ha pensato a queste frivolezze senza fermarsi quando era giusto. E ora sto pagando le conseguenze.
Scusate per il lungo post che sembra quasi più un delirio mattutino.
Buona giornata e grazie ancora per stare ad ascoltarmi.
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 1.9k visite dal 28/04/2020.
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Approfondimento su Disturbi di personalità
I disturbi di personalità si verificano in caso di alterazioni di pensiero e di comportamento nei tratti della persona: classificazione e caratteristiche dei vari disturbi.