Come capire se stare con fidanzato o con amante?
Buona sera,
vi scrivo perché sto passando un periodo di forte crisi verso me stessa.
Sono fidanzata da 2 anni ed il primo anno è stato molto, troppo travagliato.
Liti continue, stupide ed infantili, di lui (avevo 25 anni e lui 21, ora ne ho 27 ed inizialmente sentivo tantissimo la differenza d’età).
Dopo vari mesi sono iniziati gli insulti oltre alla lite pesante, insulti direi quotidiani, fai schifo, sei infantile, tu non hai bisogno di un uomo perché non sei una donna e tantissimi altri, eppure, quando non si litigava era il ragazzo più dolce e mi sentivo amata.
Dopo esattamente un anno, da che mi sentivo super innamorata a che qualcosa in me era cambiato.
Lo vedevo un bambino, non mi sentivo capita anche a livello caratteriale, non mi reputo una ragazza stupida ma dopo vario tempo iniziai a sentirmi come mi descriveva lui.
A luglio 2019 mi infatuo di un mio collega (anche lui fidanzato, convivente da poco e più grande di me di 4 anni).
Il mio fidanzato era al corrente del mio sentimento che era cambiato per i suoi atteggiamenti ma non sapeva del mio collega.
A settembre, dopo una vacanza andata malissimo, decido convintissima di lasciarlo.
Mi sentivo libera finalmente di baciare il mio collega perché, quando stavo con il mio ragazzo non volevo avere quel tipo di contatto (anche se so benissimo che si tratta ugualmente di mancanza di rispetto il sentirsi e vedersi con un’altra persona).
Ci baciamo, tutto bene per un mese ma ad ottobre inizio a sentire la mancanza del mio ex e ci riprendo contatto fino a tornarci assieme.
Lui è cambiato davvero, lo vedo più maturo (anche perché ha 23 anni quindi in teoria man mano si dovrebbe crescere con l’età), litighiamo pochissimo e riusciamo a venirci molto di più incontro.
Però io provo qualcosa per il mio collega, siamo andati avanti in tutti questi mesi (senza baciarci, ma non perché non ho il desiderio ma perché mi sento già abbastanza in colpa così).
A dicembre il mio collega mi dice che stava pensando davvero di lasciare la ragazza ed io presa dalla paura mi son tirata indietro dicendogli che io non avrei lasciato il mio.
Da mesi ormai, presa dai sensi di colpa ogni due settimane dico al mio collega che non dobbiamo sentirci/vederci ma poi quando ci vediamo non riusciamo a stare lontani.
Non ho mai avuto una sensazione del genere con qualcuno, quando siamo insieme ho la voglia di toccarlo sempre, sfiorarlo... Se dovessi guardare in avanti credo che il mio ragazzo possa essere l’uomo adatto per una famiglia.
Una cosa che non mi ha mai fatto mancare sono le attenzioni e mi fa sentire fin troppo amata.
Però non so se sto facendo la cosa giusta, mi chiedo se forse mi sto accontentando.
Magari sarebbe giusto stare con il mio collega perché proviamo cose forti e a volte mi sembra che col mio ragazzo sia come se fosse il mio migliore amico, abbiamo una confidenza e complicità incredibile... Non so cosa fare, i sensi di colpa mi distruggono, vorrei riuscire a scegliere...
Mi scuso per la lunghezza
vi scrivo perché sto passando un periodo di forte crisi verso me stessa.
Sono fidanzata da 2 anni ed il primo anno è stato molto, troppo travagliato.
Liti continue, stupide ed infantili, di lui (avevo 25 anni e lui 21, ora ne ho 27 ed inizialmente sentivo tantissimo la differenza d’età).
Dopo vari mesi sono iniziati gli insulti oltre alla lite pesante, insulti direi quotidiani, fai schifo, sei infantile, tu non hai bisogno di un uomo perché non sei una donna e tantissimi altri, eppure, quando non si litigava era il ragazzo più dolce e mi sentivo amata.
Dopo esattamente un anno, da che mi sentivo super innamorata a che qualcosa in me era cambiato.
Lo vedevo un bambino, non mi sentivo capita anche a livello caratteriale, non mi reputo una ragazza stupida ma dopo vario tempo iniziai a sentirmi come mi descriveva lui.
A luglio 2019 mi infatuo di un mio collega (anche lui fidanzato, convivente da poco e più grande di me di 4 anni).
Il mio fidanzato era al corrente del mio sentimento che era cambiato per i suoi atteggiamenti ma non sapeva del mio collega.
A settembre, dopo una vacanza andata malissimo, decido convintissima di lasciarlo.
Mi sentivo libera finalmente di baciare il mio collega perché, quando stavo con il mio ragazzo non volevo avere quel tipo di contatto (anche se so benissimo che si tratta ugualmente di mancanza di rispetto il sentirsi e vedersi con un’altra persona).
Ci baciamo, tutto bene per un mese ma ad ottobre inizio a sentire la mancanza del mio ex e ci riprendo contatto fino a tornarci assieme.
Lui è cambiato davvero, lo vedo più maturo (anche perché ha 23 anni quindi in teoria man mano si dovrebbe crescere con l’età), litighiamo pochissimo e riusciamo a venirci molto di più incontro.
Però io provo qualcosa per il mio collega, siamo andati avanti in tutti questi mesi (senza baciarci, ma non perché non ho il desiderio ma perché mi sento già abbastanza in colpa così).
A dicembre il mio collega mi dice che stava pensando davvero di lasciare la ragazza ed io presa dalla paura mi son tirata indietro dicendogli che io non avrei lasciato il mio.
Da mesi ormai, presa dai sensi di colpa ogni due settimane dico al mio collega che non dobbiamo sentirci/vederci ma poi quando ci vediamo non riusciamo a stare lontani.
Non ho mai avuto una sensazione del genere con qualcuno, quando siamo insieme ho la voglia di toccarlo sempre, sfiorarlo... Se dovessi guardare in avanti credo che il mio ragazzo possa essere l’uomo adatto per una famiglia.
Una cosa che non mi ha mai fatto mancare sono le attenzioni e mi fa sentire fin troppo amata.
Però non so se sto facendo la cosa giusta, mi chiedo se forse mi sto accontentando.
Magari sarebbe giusto stare con il mio collega perché proviamo cose forti e a volte mi sembra che col mio ragazzo sia come se fosse il mio migliore amico, abbiamo una confidenza e complicità incredibile... Non so cosa fare, i sensi di colpa mi distruggono, vorrei riuscire a scegliere...
Mi scuso per la lunghezza
[#1]
Gentile utente,
un tempo i quesiti come il suo finivano nella cosiddetta "posta del cuore" delle riviste femminili, e chi rispondeva dava anche consigli. Nel suo caso immagino che il consiglio sarebbe stato: "Lasciali tutti e due, non sei davvero innamorata di nessuno".
Gli psicologi invece non danno consigli; semmai analizzano la situazione, sullo sfondo di altre simili, e aiutano chi la sta vivendo a guardarla da un punto di vista differente, più realistico, meno ispirato a pregiudizi, timori, ansie.
Nel suo caso mi è venuto in mente quel consiglio dell'antica Posta del Cuore forse perché avverto, nel suo desiderio spasmodico di tenere tutte e due queste vicende in piedi, il timore che l'uno o l'altro dei due uomini sia la grande occasione, quello che s'incontra una sola volta nella vita. Questa idea offusca la consapevolezza, pur presente in lei, che forse si sta accontentando, ossia che vuole acchiappare quello che c'è senza aspettare di provare dei veri, profondi sentimenti per una persona stimata, oltre che amata.
Vediamo i fatti attraverso le sue parole. Col primo ragazzo "liti continue, stupide ed infantili, di lui". Ma le liti possono essere da una parte sola? Faceva i capricci, il giovane fidanzato? E poi "insulti oltre alla lite pesante, insulti direi quotidiani fai schifo, sei infantile, tu non hai bisogno di un uomo perché non sei una donna".
E lei, in tutto questo, non ha avvertito uno scatto di orgoglio, un bisogno di autotutela?
Lei crede di no, perché "quando non si litigava era il ragazzo più dolce e mi sentivo amata". Questo le bastava?
No, per la verità. Infatti riferisce che il suo sentimento per questo ragazzo si è spento, e lei si è infatuata di un collega. Reazione abbastanza naturale, dopo i maltrattamenti, cercare un affetto compensatorio, tanto più che lei vive questo secondo rapporto come un flirt adolescenziale, senza altri contatti che di parole e sfioramenti.
Gratificante per il suo ego ferito, ma non del tutto appagante come prospettiva di un futuro, e la cosa è comprensibile: un uomo che appena andato a convivere con la sua ragazza s'inventa un flirt con una collega per tenersi un angolo segreto da ragazzino, quale credibilità può offrire per una relazione solida?
Allora lei cerca di nuovo il primo e lo trova "maturato" in un mese (non piuttosto spaventato dalla lezione?). A questo punto anche il collega d'ufficio vuole troncare la storia con la convivente e fare sul serio con lei.
Finché dura quest'altalena, non dubito che ognuno dei due cercherà di vincere la gara. E dopo?
Lei dovrebbe tornare all'unico punto fermo, ossia sé stessa. Valuti bene cosa la spinge a queste relazioni imperfette, nessuna del tutto gratificante.
Uno psicologo avrebbe tecniche idonee ad aiutarla, ma anche da sola, per ora, può sondare sé stessa, e tornare a scriverci.
Coraggio.
un tempo i quesiti come il suo finivano nella cosiddetta "posta del cuore" delle riviste femminili, e chi rispondeva dava anche consigli. Nel suo caso immagino che il consiglio sarebbe stato: "Lasciali tutti e due, non sei davvero innamorata di nessuno".
Gli psicologi invece non danno consigli; semmai analizzano la situazione, sullo sfondo di altre simili, e aiutano chi la sta vivendo a guardarla da un punto di vista differente, più realistico, meno ispirato a pregiudizi, timori, ansie.
Nel suo caso mi è venuto in mente quel consiglio dell'antica Posta del Cuore forse perché avverto, nel suo desiderio spasmodico di tenere tutte e due queste vicende in piedi, il timore che l'uno o l'altro dei due uomini sia la grande occasione, quello che s'incontra una sola volta nella vita. Questa idea offusca la consapevolezza, pur presente in lei, che forse si sta accontentando, ossia che vuole acchiappare quello che c'è senza aspettare di provare dei veri, profondi sentimenti per una persona stimata, oltre che amata.
Vediamo i fatti attraverso le sue parole. Col primo ragazzo "liti continue, stupide ed infantili, di lui". Ma le liti possono essere da una parte sola? Faceva i capricci, il giovane fidanzato? E poi "insulti oltre alla lite pesante, insulti direi quotidiani fai schifo, sei infantile, tu non hai bisogno di un uomo perché non sei una donna".
E lei, in tutto questo, non ha avvertito uno scatto di orgoglio, un bisogno di autotutela?
Lei crede di no, perché "quando non si litigava era il ragazzo più dolce e mi sentivo amata". Questo le bastava?
No, per la verità. Infatti riferisce che il suo sentimento per questo ragazzo si è spento, e lei si è infatuata di un collega. Reazione abbastanza naturale, dopo i maltrattamenti, cercare un affetto compensatorio, tanto più che lei vive questo secondo rapporto come un flirt adolescenziale, senza altri contatti che di parole e sfioramenti.
Gratificante per il suo ego ferito, ma non del tutto appagante come prospettiva di un futuro, e la cosa è comprensibile: un uomo che appena andato a convivere con la sua ragazza s'inventa un flirt con una collega per tenersi un angolo segreto da ragazzino, quale credibilità può offrire per una relazione solida?
Allora lei cerca di nuovo il primo e lo trova "maturato" in un mese (non piuttosto spaventato dalla lezione?). A questo punto anche il collega d'ufficio vuole troncare la storia con la convivente e fare sul serio con lei.
Finché dura quest'altalena, non dubito che ognuno dei due cercherà di vincere la gara. E dopo?
Lei dovrebbe tornare all'unico punto fermo, ossia sé stessa. Valuti bene cosa la spinge a queste relazioni imperfette, nessuna del tutto gratificante.
Uno psicologo avrebbe tecniche idonee ad aiutarla, ma anche da sola, per ora, può sondare sé stessa, e tornare a scriverci.
Coraggio.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 5.9k visite dal 18/04/2020.
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