Perché mi sento così diversa?
Buongiorno dottori, ho bisogno di un aiuto.
Ho 27 anni. Sin da piccola mia madre mi chiamava la bella addormentata nel bosco oppure mia nonna mi diceva l’acqua ti bagna il vento ti asciuga
Negli anni mi hanno detto varie volte di essere senza emozioni, di vivere nel mio mondo, di non provare interesse per gli altri, questo si è trasformato negli anni in egoista, insensibile, mi hanno chiamato anche st*****.
Quando ero piccola non giocavo con gli altri bambini, ma mi mettevo sotto gli alberi da sola, a parlare con amici immaginari
Sono sempre stata diversa.
I contatti fisici mi mettono estremamente a disagio.
L’unica persona che riesco ad abbracciare o toccare senza sforzo è il mio ragazzo.
Nemmeno mia madre o mia sorella.
Non sono mai riuscita ad avere degli amici, e se ce l’ho fatta non è durata molto.
Quando sono con le altre persone recito continuamente, parlo come loro, faccio finta di interessarmi a quello che dicono, mi sforzo di stringere la mano alle persone, di sorridere, di abbracciarli se devo, eppure non mi riesce.
Raramente le persone mi affascinano.
Per esempio sul lavoro mi dicono che ho il corvo addosso.
Che non mi accorgo di essere a volte maleducata.
Di dimenticarmi di salutare.
Io ce la metto tutta ma fingere in continuazione è stremante.
Lo è così tanto che se sono a casa tranquilla e mi chiama qualcuno, non rispondo.
È come se per parlare al telefono dovessi prepararmi prima.
Non mi viene naturale.
Non sento la necessità di sentire le persone care, i convenevoli sono una forzatura.
Io provo dei sentimenti, ma è come se le cose importanti per gli altri, non lo fossero per me.
Anche le cose che mi fanno arrabbiare sono inconcepibili per gli altri
Ad esempio mi fa molto arrabbiare quando sto scrivendo un messaggio e il mio ragazzo mi interrompe.
Oppure quando qualcuno arriva in anticipo a un appuntamento.
Se passo troppo tempo con altre persone, ho bisogno almeno di un’ora in silenzio da sola, sennò mi prendono degli scatti di ira e a volte me la prendo ahimè con il mio convivente, che magari amorevolmente mi ha solo chiesto come è andata la giornata.
Ma non capisce il mio bisogno fisico di non sentire niente e nessuno dopo aver lavorato a contatto con le persone tutto il giorno.
E io non riesco a spiegare, perché non mi riesce?
Perché mi sento di vivere dentro alla mia testa e non fuori, nel mondo con le altre persone?
Perché fare le cose che fanno gli altri a me non mi riesce naturalmente?
Sento un’inadeguatezza costante, mi sento impaziente perché so che per quanto mi sforzi, non è sufficiente.
Tutto questo stress continuo mi impedisce di stare ferma.
Se non ho qualcosa con cui giocare tra le mani, un accendino, una matita, mi tiro le pellicine dalle dita, dalle labbra, oppure mi attorciglio i capelli, muovo i piedi, le gambe non stanno mai ferme.
Aiutatemi per favore, perché se non c’è una spiegazione, una diagnosi, anche solo un sospetto, continuerò a essere la mia maschera che non è fatta neanche tanto bene.
Ho 27 anni. Sin da piccola mia madre mi chiamava la bella addormentata nel bosco oppure mia nonna mi diceva l’acqua ti bagna il vento ti asciuga
Negli anni mi hanno detto varie volte di essere senza emozioni, di vivere nel mio mondo, di non provare interesse per gli altri, questo si è trasformato negli anni in egoista, insensibile, mi hanno chiamato anche st*****.
Quando ero piccola non giocavo con gli altri bambini, ma mi mettevo sotto gli alberi da sola, a parlare con amici immaginari
Sono sempre stata diversa.
I contatti fisici mi mettono estremamente a disagio.
L’unica persona che riesco ad abbracciare o toccare senza sforzo è il mio ragazzo.
Nemmeno mia madre o mia sorella.
Non sono mai riuscita ad avere degli amici, e se ce l’ho fatta non è durata molto.
Quando sono con le altre persone recito continuamente, parlo come loro, faccio finta di interessarmi a quello che dicono, mi sforzo di stringere la mano alle persone, di sorridere, di abbracciarli se devo, eppure non mi riesce.
Raramente le persone mi affascinano.
Per esempio sul lavoro mi dicono che ho il corvo addosso.
Che non mi accorgo di essere a volte maleducata.
Di dimenticarmi di salutare.
Io ce la metto tutta ma fingere in continuazione è stremante.
Lo è così tanto che se sono a casa tranquilla e mi chiama qualcuno, non rispondo.
È come se per parlare al telefono dovessi prepararmi prima.
Non mi viene naturale.
Non sento la necessità di sentire le persone care, i convenevoli sono una forzatura.
Io provo dei sentimenti, ma è come se le cose importanti per gli altri, non lo fossero per me.
Anche le cose che mi fanno arrabbiare sono inconcepibili per gli altri
Ad esempio mi fa molto arrabbiare quando sto scrivendo un messaggio e il mio ragazzo mi interrompe.
Oppure quando qualcuno arriva in anticipo a un appuntamento.
Se passo troppo tempo con altre persone, ho bisogno almeno di un’ora in silenzio da sola, sennò mi prendono degli scatti di ira e a volte me la prendo ahimè con il mio convivente, che magari amorevolmente mi ha solo chiesto come è andata la giornata.
Ma non capisce il mio bisogno fisico di non sentire niente e nessuno dopo aver lavorato a contatto con le persone tutto il giorno.
E io non riesco a spiegare, perché non mi riesce?
Perché mi sento di vivere dentro alla mia testa e non fuori, nel mondo con le altre persone?
Perché fare le cose che fanno gli altri a me non mi riesce naturalmente?
Sento un’inadeguatezza costante, mi sento impaziente perché so che per quanto mi sforzi, non è sufficiente.
Tutto questo stress continuo mi impedisce di stare ferma.
Se non ho qualcosa con cui giocare tra le mani, un accendino, una matita, mi tiro le pellicine dalle dita, dalle labbra, oppure mi attorciglio i capelli, muovo i piedi, le gambe non stanno mai ferme.
Aiutatemi per favore, perché se non c’è una spiegazione, una diagnosi, anche solo un sospetto, continuerò a essere la mia maschera che non è fatta neanche tanto bene.
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Gentile utente, comprendo il suo sentimento di smarrimento e ambivalenza che descrive rispetto a ciò che sente e a ciò che mostra nelle relazioni con gli altri.
Mi hanno colpito le parole che ha usato per descrivere la sua infanzia. "Negli anni mi hanno detto varie volte di essere senza emozioni, di vivere nel mio mondo, di non provare interesse per gli altri" "Quando ero piccola non giocavo con gli altri bambini, ma mi mettevo sotto gli alberi da sola, a parlare con amici immaginari"
Spesso accade che quando si ha un'indole innata di tipo introversa, se mal compresa dall'ambiente in cui si cresce (famiglia, scuola e coetanei), può portare il bambino e poi l'adolescente ad avere sentimenti di inadeguatezza o peggio ancora, disagio psicologico come fobia sociale o difficoltà relazionali di vario tipo.
Purtroppo per il senso comune e non solo, l'introverso è considerato come un "orso": solitario, asociale, timido e distaccato mentre l'estroverso che è aperto, cordiale, affettuoso, espansivo ecc. è connotato da aggettivi socialmente desiderabili.
Tuttavia questo tipo di qualificazione " introversione" e "estroversione" tiene conto solo del comportamento apparente: chiuso o aperto sotto il profilo della comunicazione con il mondo esterno e con gli altri ma non del mondo interno ugualmente importante. Premessa indispensabile per comprendere questo discorso è che la coscienza di ognuno di noi si muove nell'interfaccia di due mondi, quello interno (che nel caso degli introversi è prevalente ed è caratterizzato da una maggiore ricchezza emotiva, percettiva e critica) e quello esterno (prevalente invece per gli estroversi, che gli permette di adattarsi meglio ai codici normativi). Non a caso i grandi pensatori del passato erano degli introversi. Queste diverse predisposizioni portano a sviluppare differenti tratti comportamentali che possono influire sullo sviluppo affettivo e sociale dell'individuo.
Mi rendo conto che la mia risposta non è esaustiva ma ha l'obbiettivo di guardare da un altro punto di vista il disagio psicologico che lei sta provando.
Le suggerisco di iniziare un percorso psicoterapeutico, volto alla conoscenza di sé che ha l'obbiettivo di armonizzare il suo mondo interno con quello esterno per portare avanti il suo progetto di vita e non certo per aderire a codici normativi che vanno contro la sua indole.
Cordiali saluti
Dott.ssa Antonella Maffettone
Mi hanno colpito le parole che ha usato per descrivere la sua infanzia. "Negli anni mi hanno detto varie volte di essere senza emozioni, di vivere nel mio mondo, di non provare interesse per gli altri" "Quando ero piccola non giocavo con gli altri bambini, ma mi mettevo sotto gli alberi da sola, a parlare con amici immaginari"
Spesso accade che quando si ha un'indole innata di tipo introversa, se mal compresa dall'ambiente in cui si cresce (famiglia, scuola e coetanei), può portare il bambino e poi l'adolescente ad avere sentimenti di inadeguatezza o peggio ancora, disagio psicologico come fobia sociale o difficoltà relazionali di vario tipo.
Purtroppo per il senso comune e non solo, l'introverso è considerato come un "orso": solitario, asociale, timido e distaccato mentre l'estroverso che è aperto, cordiale, affettuoso, espansivo ecc. è connotato da aggettivi socialmente desiderabili.
Tuttavia questo tipo di qualificazione " introversione" e "estroversione" tiene conto solo del comportamento apparente: chiuso o aperto sotto il profilo della comunicazione con il mondo esterno e con gli altri ma non del mondo interno ugualmente importante. Premessa indispensabile per comprendere questo discorso è che la coscienza di ognuno di noi si muove nell'interfaccia di due mondi, quello interno (che nel caso degli introversi è prevalente ed è caratterizzato da una maggiore ricchezza emotiva, percettiva e critica) e quello esterno (prevalente invece per gli estroversi, che gli permette di adattarsi meglio ai codici normativi). Non a caso i grandi pensatori del passato erano degli introversi. Queste diverse predisposizioni portano a sviluppare differenti tratti comportamentali che possono influire sullo sviluppo affettivo e sociale dell'individuo.
Mi rendo conto che la mia risposta non è esaustiva ma ha l'obbiettivo di guardare da un altro punto di vista il disagio psicologico che lei sta provando.
Le suggerisco di iniziare un percorso psicoterapeutico, volto alla conoscenza di sé che ha l'obbiettivo di armonizzare il suo mondo interno con quello esterno per portare avanti il suo progetto di vita e non certo per aderire a codici normativi che vanno contro la sua indole.
Cordiali saluti
Dott.ssa Antonella Maffettone
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Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 2.3k visite dal 18/04/2020.
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