Relazione con separato con figli: sono egoista a pretendere degli spazi di coppia?

Buonasera, non è la prima volta che scrivo su questo forum.
Riassumo brevemente la mia storia.
Sono una donna di 31 anni e da circa due anni ho una relazione con un uomo separato (da 8 anni) padre di due figli (19 e 12 anni).
Da circa 3 mesi conviviamo a casa mia.

Premetto che a fare da sfondo a questa storia c'è la presenza costante della ex-moglie (è stata lei a lasciarlo per il suo attuale partner) la quale opera una forte ingerenza nella nostra vita riuscendo, con mio grande rammarico, ad agire una forte influenza sul mio compagno.
Ogni avanzamento nel nostro rapporto è passato sistematicamente da una stretta che ho operato nei suoi confronti.
Da quando conviviamo ho notato che si è adagiato.
E' come se avesse raggiunto la sua situazione idilliaca.
A letto abbiamo una buona sintonia ma...prendo sempre io l'iniziativa.

Passiamo alla gestione dei figli.
Sono consapevole delle sue responsabilità genitoriali, i figli vengono prima di tutto e di fatto ho cercato di instaurare un buon rapporto con entrambi.
L'affido della prole con la ex è ovviamente congiunto quindi giorni alterni e 2 week-end al mese ciascuno.

Ora mi domando: è egoistico da parte mia "pretendere" che quando abbiamo la possibilità di stare da soli cioè quando i figli sono con la madre ciò avvenga??

Oppure il fatto che ora conviviamo fa venir meno il rispetto di quel sottile equilibrio che si era dapprima instaurato??

Sono una stronza se ci resto male quando alla promessa di un weekend solo per noi mi si prospetta invece un weekend insieme ai figli??
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
ho letto le sue email precedenti e il suggerimento delle mie colleghe di farsi consigliare direttamente da un/una psicoterapeuta. L’ha seguito? Temo di no, perché mi sembra di ravvisare in questo nuovo messaggio un’accresciuta condizione di stress.
Per capire la situazione vorrei riepilogare i fatti che ha esposto, perché lei possa analizzarli come dall’esterno.
Due anni fa, uscendo da una relazione infelice, lei ha cambiato regione (forse anche lavoro?) e ha conosciuto l'attuale compagno. Sull'onda del cieco entusiasmo che solitamente guida le relazioni "compensatorie" -quelle che nascono subito dopo una storia che ci ha depresso- non ha valutato alcuni aspetti del carattere e della situazione di lui, un uomo separato con due figli abituati a disporre totalmente del suo tempo e dei suoi spazi e con una ex moglie dalle pretese singolari, che lui non sa o non vuole bloccare.
Ancor prima di appurare il tipo di legame che unisce quest’uomo ai figli e all’ex moglie (dalla quale è almeno divorziato?) lei sceglie di vivere nella cittadina in cui loro risiedono e addirittura compra casa lì, "spinta forse dall'illusione di poter realizzare il mio idillio d'amore". Ingenua e affrettata decisione. C'è da chiedersi se con questo passo lei non abbia voluto, piuttosto, rendere stabile una storia d'amore che era appena agli inizi, anche a rischio di mostrarsi impositiva ad un uomo già oppresso da figure femminili dominanti. In effetti, subito gli impone una convivenza da lui non del tutto voluta.
I nodi vengono al pettine: figlia ed ex moglie considerano il suo partner una loro proprietà. Lei si sente estranea e mal vista nella nuova cittadina e a volte nella sua stessa casa, quando viene invasa dai figli di lui, che non vuole inimicarseli con regole ferme. Eppure è di due mesi fa la sua affermazione: "Vorrei che casa mia divenisse nostra e fosse il " nido" in cui trascorrere le nostre giornate sia soli che insieme ai suoi figli". Un’altra aspettativa poco realistica?
Con la convivenza, il suo partner perde la fulgida aura dell’amante e si mostra un po’ spento. "Non so più se riuscirò ad avere pazienza come mi chiede il mio compagno. Forse perché lo vedo incapace di prendere decisioni riguardo la nostra vita e succube della ex e della figlia".
Del resto, forse ha un motivo per essere meno brillante: la storia d'amore che doveva compensarlo dell’abbandono della moglie si è trasformata in un impegno gravato di rimproveri da tutte le parti, malumori e aggressività. Abituato a subire e a dire sempre di sì a tutti, lui non può fare altro che chiudersi nel guscio del rassegnato pantofolaio.
Infine lei chiede: "è egoistico da parte mia "pretendere" che quando abbiamo la possibilità di stare da soli cioè quando i figli sono con la madre ciò avvenga?"; e poi: "Sono una stronza se ci resto male quando alla promessa di un weekend solo per noi mi si prospetta invece un weekend insieme ai figli??".
Se ho capito bene, lei si chiede se una volta adempiuto il compito genitoriale di vedere per un week-end i suoi figli, il suo compagno non debba, nel week-end successivo, dedicarsi in esclusiva al nuovo nucleo familiare costituito con lei.
Questa è una grande illusione, o meglio ancora un equivoco, dei nuovi partner senza figli che instaurano relazioni con persone che invece i figli li hanno. Come ripeto incessantemente ai miei clienti in questa situazione, gli accordi stabiliti con l’altro coniuge definiscono il diritto minimo di frequentare i propri figli, non il dovere massimo. In altre parole, per il genitore non affidatario i contatti col figlio sono cercati e desiderabili, non sopportati come gravosi doveri.
Paradossalmente, il genitore separato non affidatario cerca il contatto con i propri figli molto più che se vivesse in casa con loro. Ha paura di non vederli crescere, di perdere il loro affetto, di non rassicurarli adeguatamente circa il proprio. Quando questa situazione viene compresa dal nuovo partner, si verificano situazioni apparentemente paradossali: per farle un esempio, una seconda moglie è partita per il viaggio di nozze portando anche i due figli adolescenti del marito, e per non isolarla dai fratellastri anche la figlioletta avuta da lui. Una comitiva, in pratica.
Ora, questi sono gli affetti prioritari dell’uomo di cui si è innamorata. Lei stessa ha detto di non averci riflettuto abbastanza. Uscita da una relazione infelice, ha creduto che un colpo di bacchetta magica l’avesse trasportata nell’eden. Così non è stato.
Persone e situazioni vanno vagliate, i rapporti vanno costruiti e mantenuti nel loro ambito: la relazione effimera con un amante non è la frequentazione stabile di un coniuge. Per scegliere e costruire è poi necessario conoscere sé stessi, al fine di non tornare a ripetere sempre gli stessi errori. Non a caso, le mie colleghe le hanno suggerito di intraprendere un percorso psicoterapeutico, ed è quello che le suggerisco anch’io.
Auguri. Ci tenga al corrente.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
Gentile Dr.ssa Potenza, grazie per il suo consulto. La sua analisi è stata puntuale. Sicuramente la voglia di stabilità mi ha portato a fare scelte che mi rendo conto avrei dovuto ponderare meglio. Tra tutte il prender casa nella città del mio compagno non ha fatto altro che assecondare le sue esigenze sacrificando le mie. Una cosa che non ho percepito come tale, invece, è la costrizione alla quale l'avrei sottoposto vivendo insieme. Questo passo è maturato,infatti, in un periodo prolungato di mia assenza da casa durante il quale lui vi si è stabilito anche insieme a figli. Questi ultimi (che abitano ad un paio di km da noi)frequentano quotidianamente il padre e in egual misura la madre, la quale non è il genitore affidatario ma colei che è rimasta a vivere nella casa familiare che il mio compagno ( esclusivo proprietario),nonostante il giudice gliela avesse assegnata , ha deciso di lasciarle
Ignorando le sue iniziali insistenze a vendere tutto. Tengo a precisare ciò, perché per me è importante si comprenda che non ho a che fare con un uomo che deve fare i salti mortali per far conciliare i suoi impegni.. per questo spesso mostro delle forti rigidità quando si delineano situazioni come quella sopra descritta, per la quale tra l'altro lui si è scusato prima ancora che manifestassi il mio disappunto. Piuttosto l'aspetto sul quale realmente premo è il suo divorzio, in quanto non riesco a sopportare l'idea che di fronte alle legge io valga meno di una donna che ad oggi dice di odiarlo e di pentirsi di averlo scelto come padre dei suoi figli e che farà di tutto per rovinargli la vita.. Su questo punto lui mi rassicura ma di fatto, non so per la paura di quali improbabili ritorsioni da parte della ex ,ancora non procede....Ecco forse ciò che mi mette più in crisi è l'esistenza di questo cordone ombelicale che dopo 8 anni non è ancora stato reciso.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
grazie dei chiarimenti, che però non risolvono, anzi accentuano la sostanza spinosa del problema.
Col suo continuo cedere a tutte le richieste dei figli e della moglie (ancora tale, visto che manca il divorzio) il suo compagno mette tutti in una situazione difficile.
La cosiddetta "paura di [...] improbabili ritorsioni da parte della ex" sembra davvero un cordone ombelicale... o il segno di un grande amore che spera ancora nel ravvedimento della moglie, adultera ma dominatrice.
Ci sono casi in cui è possibile ai nuovi partner prendere contatto con gli antichi e parlarsi con sincerità. Non sono frequenti, ma sono circostanze auree, in cui si apprendono aspetti del proprio compagno su cui riflettere a fondo, prima di creare una nuova famiglia.
Per fortuna non sono frequenti nemmeno le ostilità implacabili di cui lei sembra essere uno dei due poli: assieme all'amore per il suo compagno sembra le sia stato assegnato anche l'astio contro la moglie di lui, e questo, dopo una separazione risalente a otto anni fa, è abbastanza insolito.
Lei dirà che la signora in questione non fa altro che alimentarlo, ma a questo punto c'è da chiedersi: 1) perché la moglie fa questo?; 2) perché lei se ne lascia coinvolgere?
Quando lei ha iniziato la relazione col suo partner, sentendolo parlare di una separazione avvenuta parecchi anni prima, avrà pensato che tutti questi sentimenti spiacevoli fossero ormai sopiti. Non posso credere che il suo arrivo nella vita e nel paese del partner li abbiano ridestati... a meno che non fossero per nulla sopiti, oppure lei non abbia, più o meno consapevolmente, assunto il ruolo della rivale vittoriosa o qualche altro atteggiamento competitivo.
In altre circostanze le suggerirei di provare una terapia di coppia. Nel suo caso, insisto per una terapia individuale.
Auguri.
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Utente
Utente
Gentile Dr.ssa la ringrazio nuovamente del suo riscontro. Per quanto riguarda la ex moglie, il mio "astio" è cominciato quando questa mi ha contattato messaggisticamente appellandomi in modi che evito per contegno di riportare. Ovviamente ho lasciato cadere la provocazione pur essendo rimasta molto turbata. Da lì una continua escalation. A detta del mio compagno lei mal tollera che i figli abbiano instaurato un rapporto con me e che il più piccolo si sia fortemente legato. A ciò si aggiunge che questa donna non è riuscita a ricreare la stessa situazione con il proprio compagno. Inoltre rimprovera all'ex marito il fatto che mentre lei non si sia rifatta una vita lui si, abbandonando a detta sua la "famiglia" (?). Per quanto poco ne possa capire di psicologia l'idea che mi sono fatta è che si sia sentita spodestata dal ruolo di unica donna nella vita dell'ex marito. C'è da dire che per i primi 3 anni il mio compagno ha cercato disperatamente un riavvicinamento. Ciò significava che lui accoglieva di buon grado qualsiasi " direttiva"da lei imposta anche riguardo la gestione dei figli. Per sei anni hanno trascorso insieme festività e condiviso ricorrenze familiari creando forse qualche ambiguità..abitudini che con il mio arrivo sono state modificate ( cambiamenti che i figli hanno accolto senza particolari problemi). Mi rendo conto di mostrarmi debole quando mi faccio coinvolgere emotivamente dai tentativi di "assedio" al nostro rapporto da parte di questa figura; ma il fatto di aver a che fare con un persona evidentemente poco stabile e affatto razionale mi crea uno stato d'ansia, anche perché non mi sento tutelata adeguatamente dal mio partner.
Scusi se mi sono dilungata nuovamente. Non voglio approfittare della sua disponibilità. Sono consapevole che questo spazio virtuale non può sostituire l'efficacia di una terapia ma sto dando sfogo a questa mia urgenza spesso repressa di tirar tutto fuori.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
non deve scusarsi: mettere per scritto fatti ed emozioni aiuta a gestirli meglio.
Gli insulti di quella signora a lei e il fatto che (cito le sue parole) "rimprovera all'ex marito che mentre lei non si sia rifatta una vita lui si, abbandonando a detta sua la "famiglia"" continua a crearmi delle perplessità, come se il suo partner non le avesse detto tutta la verità, sostenendo che la moglie lo ha lasciato per stare con un altro.
Concretamente, quest'altro esiste e i due vivono insieme? E' a sua volta sposato? Quali sono allora i motivi di recriminazione della signora?
Lei scrive: "per i primi 3 anni il mio compagno ha cercato disperatamente un riavvicinamento".
Questo fa pensare che non ci fosse un nuovo convivente stabile. Le è mai venuto il sospetto che la signora accusi -credendoci- il marito di essere l'unico vero responsabile della separazione, anche se per esasperazione l'iniziativa l'ha presa lei?
Ci rifletta, e ci tenga al corrente.
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Utente
Utente
Questa donna ha un relazione con lo stesso uomo da 9 anni o più dato che era una frequentazione extraconiugale. Il suo compagno, anch'esso separato,vive a 50 metri da lei..erano amici di famiglia..cioè i loro rispettivi nuclei si frequentavano avendo figli coetanei. Da quello che ho appreso, 8 anni fa questa donna ha abbandonato il tetto coniugale per trasferirsi dal suo nuovo amore..Ma per volere di lui la cosa è naufragata e lei è tornata a vivere da separata in casa con l'ex marito. Con l'ufficializzazione della separazione lei è rimasta in casa. Il mio compagno mi racconta di liti furiose che hanno caratterizzato da sempre il loro rapporto. La ex , inoccupata per lunghi periodi, pretendeva un tenore di vita più alto e mal tollerava la gestione più monigerata che il marito faceva delle risorse familiari. Forse è un caso ma il nuovo compagno è molto ricco...
Tornando all'attualità è di poche ore fa la sua disposizione di non permettere al mio compagno di vedere i figli fuori casa loro (la loro uscita è funzionale a raggiungere il nostro domicilio) . Quindi se vuole deve trasferirsi li per tutto questo periodo a meno che non firmi una malleva in cui dichiara che se i figli si ammalassero malauguratamente, la colpa è sua. Al di là dell'idiozia della proposta che è ovvio provenire da una mente che-a questo punto non mi perito di dirlo-è altrettanto idiota, questo è un ulteriore tentativo di provocare dissidi nel nostro rapporto di coppia o forse di screditare di fronte ai figli il padre. La cosa mi provoca una profonda agitazione. E non so che posizione assumere riguardo alla vicenda.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
di fronte alla vicenda in realtà non possono permanere dubbi: in un'emergenza come quella che stiamo attraversando si segue la legge e la prudenza.
Non ci sono impegni o firme su pezzi di carta che possano negare la realtà: di casa non si esce, meno che mai per il puro piacere di incontrarsi, che si realizza benissimo coi numerosi mezzi, dal telefono a skype a tutti gli altri strumenti di comunicazione oggi a nostra disposizione.
Se il suo compagno vuole tornare a vivere con moglie e figli lasciando lei da sola, ha fatto una scelta. Non accusi la moglie per questo. Ovvio che i ragazzi non devono uscire di casa, ma nemmeno il padre deve farlo.
Tutti abbiamo figli, nipoti, parenti e amici che vorremmo incontrare di persona, ma in questo momento cedere a tale desiderio sarebbe un'imprudenza che metterebbe a rischio noi e loro.
Lasci che il suo uomo scelga con chi trascorrere la quarantena, e dalla sua scelta si regoli per il suo futuro.
Stia bene.