Paura della paura
sale sono un ragazzo di 28 anni,
da 7 mesi pratico quotidianamente meditazione vipassana, con notevoli risultati postivi e tangibili nella quotidianetà: maggior tolleranza per le idee altrui, maggior tranquillità, più concentrato, minor avversione verso gli avvenimenti negativi... più sereno !
Circa 3 mesi fà ho partecipato ad un ritiro di 10 gg di vipassana molto intenso, dove sono emersi le mie paure e blocchi in maniera molto chiara: paura a lasciar andare. voler controllare gli avvenimenti, paura di affrontare il non conosciuto e quindi i cambiamenti.
Tutto questo a metà ritiro circa mi ha creato stati di ansia anche piuttosto forti, e una sensazione che definirei come "paura della paura", cioè paura che questi stati di ansia (dovuti al guardare in faccia i miei blocchi-paure) ritornassero.
Alla fine del corso tutto questo è sparito per lasciare il posto a una serenità diffusa e piacevole. Una gran pace nel cuore.
Però sento che questa esperienza mi ha lasciato quasi inconsciamente un leggero velo di paura, che possa riprovare queste sensazioni ansiose così forti. Anche se poi nella pratica quotidiana non le ho più riprovate, ma anzi noto un incremento di serenità anche di fronte a tensioni e dificoltà.
Volevo chiedere due cose:
1) cosa mi consigliate per cercare di affrontare quanto mi è successo ? e sopprattuto affrontare questi mie paure blocchi di non lasciar andare e de volere controllare gli avvenimenti e paura eccessiva del non conosciuto
2) volevo partecipare ad un'altro ritiro di 10 gg. E' bene attendere o farlo senza problemi ?
grazie mille per una vs. risposta
da 7 mesi pratico quotidianamente meditazione vipassana, con notevoli risultati postivi e tangibili nella quotidianetà: maggior tolleranza per le idee altrui, maggior tranquillità, più concentrato, minor avversione verso gli avvenimenti negativi... più sereno !
Circa 3 mesi fà ho partecipato ad un ritiro di 10 gg di vipassana molto intenso, dove sono emersi le mie paure e blocchi in maniera molto chiara: paura a lasciar andare. voler controllare gli avvenimenti, paura di affrontare il non conosciuto e quindi i cambiamenti.
Tutto questo a metà ritiro circa mi ha creato stati di ansia anche piuttosto forti, e una sensazione che definirei come "paura della paura", cioè paura che questi stati di ansia (dovuti al guardare in faccia i miei blocchi-paure) ritornassero.
Alla fine del corso tutto questo è sparito per lasciare il posto a una serenità diffusa e piacevole. Una gran pace nel cuore.
Però sento che questa esperienza mi ha lasciato quasi inconsciamente un leggero velo di paura, che possa riprovare queste sensazioni ansiose così forti. Anche se poi nella pratica quotidiana non le ho più riprovate, ma anzi noto un incremento di serenità anche di fronte a tensioni e dificoltà.
Volevo chiedere due cose:
1) cosa mi consigliate per cercare di affrontare quanto mi è successo ? e sopprattuto affrontare questi mie paure blocchi di non lasciar andare e de volere controllare gli avvenimenti e paura eccessiva del non conosciuto
2) volevo partecipare ad un'altro ritiro di 10 gg. E' bene attendere o farlo senza problemi ?
grazie mille per una vs. risposta
[#1]
caro ragazzo, non voglio entrare nel merito della tecnica e della sua filosofia di fondo, tuttavia quando si effettuano corsi in cui vi è una immersione nelle proprie dinamiche interiori, come appunto la meditazione e tecniche affini, se queste non sono seguite da esperti, si richia di perdere il controllo della situazione. Cosa accade se attravero questa ricerca della propria dimensione interiore ci si imbatte con l'emersione di qualche forma di psicopatologia e il conduttore del gruppo non ha la preparazione scientifica e tecnica per affrontarla?
Molte di queste discipline si trasformano in vere e proprie psicoterapie selvagge che creano più dei danni che quel benessere promesso. l'esperienza che riporta potrebbe esserne un esempio. (da chi è condotto il gruppo? che qualifiche ha?)
Personalmente le consiglierei di aspettare per il prossimo ritiro e di parlare con uno psicologo di ciò che le è accaduto.
cordialmente
Molte di queste discipline si trasformano in vere e proprie psicoterapie selvagge che creano più dei danni che quel benessere promesso. l'esperienza che riporta potrebbe esserne un esempio. (da chi è condotto il gruppo? che qualifiche ha?)
Personalmente le consiglierei di aspettare per il prossimo ritiro e di parlare con uno psicologo di ciò che le è accaduto.
cordialmente
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
[#2]
Gentile ragazzo, i ritiri di meditazione vipassana sono estenuanti e mettono a dura prova la capacità di resistenza dell'individuo. Fare questo tipo di pratiche immersive per una decina di giorni, senza essere controllati da conduttori preparati, può essere paragonato a prendere un bisturi e aprirsi la pancia da soli per vedere ciò che c'è dentro.
Se proprio le piace la meditazione, le suggerisco d'iniziare con qualcosa di più "soft". Quando avrà preso maggior confidenza potrà affrontare le maratone.
Ma la scelta migliore sarebbe parlare con uno psicologo del suo stato ansioso, prima di riprendere le sue pratiche.
Cordiali saluti
Se proprio le piace la meditazione, le suggerisco d'iniziare con qualcosa di più "soft". Quando avrà preso maggior confidenza potrà affrontare le maratone.
Ma la scelta migliore sarebbe parlare con uno psicologo del suo stato ansioso, prima di riprendere le sue pratiche.
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#3]
Utente
Grazie mille per le vs. risposte, ma vorrei chiedervi (senza alcuna polemica) delucidazioni al riguardo.
Credo che i propri problemi/difficoltà ci sono indipendentemente se uno li osserva o ne fugge.
Sono altrettanto convinto che se non ci armiamo di coraggio e osserviamo in faccia le nostre paure, prima o poi il vaso di Pandora, dove rileghiamo tutto ciò che non và, scoppia.
Sicuramente un ritiro di 10 gg è molto intenso ed estenuante(dimostrazione ne è ciò che mi ha fatto venire a galla), ma allo stesso tempo mi chiedo: non è altrettanto pericoloso ed stenuante vivere senza mai guardarsi dentro, senza capire davvero chi siamo... e così alla prima occasione di subbuglio interno (per dolori che la vita inevitabilmente prima o poi ci riserva. Uno su tutti la morte) cadere nelle paure incontrollate ?
Questi ritiri (totalmente laici e senza fini di lucro, quindi totalmente esclusi le realtà di santoni o cialtroni incompetenti) sono condotti da insegnanti che solitamente hanno più di 25 anni di esperienza e quindi con centinaia e centinai di studenti alle spalle. Riporto il sito: http://www.imcitalia.it/
Succesivamente al ritiro di 10 gg, ho fatto (sempre con loro) ritiri brevi da 3 gg, che non hanno evidenziato queste problematiche di ansia, ma anzi hanno allentato le tensioni verso paure e ansie che avevo, facendomi osservare con un pò di sano distacco ciò che in realtà erano queste mie paure: nient'altro che proiezioni mentali di avvenimenti passati.
Sicuramente 10 gg di meditazione conducono molto più in profondità interiori, che soli 3 gg.
Ma chiedo perchè, tutti e tutto nel nostro contesto sociale (direttamente o indirettamente), sconsigliano di guardare dentro se stessi ? Spaventando e prospettando di rovinarsi con le proprie mani ?... Non dovrebbe essere forse la cosa più importante conoscere se stessi ?
Riguardo al rapporto tra meditazione e ansia riporto il link di wikipedia su studi psicologici scientifici a riguardo
https://it.wikipedia.org/wiki/Meditazione#Ricerche_scientifiche
Grazie mille per il tempo e per le eventuali vs. risposte,
state aiutando con queste discussioni a fare chiarezza ad un ragazzo nel cammino della vita.
Sicuramente contatterò uno psicologo per affrontare il discorso di questo stato ansioso che è emerso.
Credo che i propri problemi/difficoltà ci sono indipendentemente se uno li osserva o ne fugge.
Sono altrettanto convinto che se non ci armiamo di coraggio e osserviamo in faccia le nostre paure, prima o poi il vaso di Pandora, dove rileghiamo tutto ciò che non và, scoppia.
Sicuramente un ritiro di 10 gg è molto intenso ed estenuante(dimostrazione ne è ciò che mi ha fatto venire a galla), ma allo stesso tempo mi chiedo: non è altrettanto pericoloso ed stenuante vivere senza mai guardarsi dentro, senza capire davvero chi siamo... e così alla prima occasione di subbuglio interno (per dolori che la vita inevitabilmente prima o poi ci riserva. Uno su tutti la morte) cadere nelle paure incontrollate ?
Questi ritiri (totalmente laici e senza fini di lucro, quindi totalmente esclusi le realtà di santoni o cialtroni incompetenti) sono condotti da insegnanti che solitamente hanno più di 25 anni di esperienza e quindi con centinaia e centinai di studenti alle spalle. Riporto il sito: http://www.imcitalia.it/
Succesivamente al ritiro di 10 gg, ho fatto (sempre con loro) ritiri brevi da 3 gg, che non hanno evidenziato queste problematiche di ansia, ma anzi hanno allentato le tensioni verso paure e ansie che avevo, facendomi osservare con un pò di sano distacco ciò che in realtà erano queste mie paure: nient'altro che proiezioni mentali di avvenimenti passati.
Sicuramente 10 gg di meditazione conducono molto più in profondità interiori, che soli 3 gg.
Ma chiedo perchè, tutti e tutto nel nostro contesto sociale (direttamente o indirettamente), sconsigliano di guardare dentro se stessi ? Spaventando e prospettando di rovinarsi con le proprie mani ?... Non dovrebbe essere forse la cosa più importante conoscere se stessi ?
Riguardo al rapporto tra meditazione e ansia riporto il link di wikipedia su studi psicologici scientifici a riguardo
https://it.wikipedia.org/wiki/Meditazione#Ricerche_scientifiche
Grazie mille per il tempo e per le eventuali vs. risposte,
state aiutando con queste discussioni a fare chiarezza ad un ragazzo nel cammino della vita.
Sicuramente contatterò uno psicologo per affrontare il discorso di questo stato ansioso che è emerso.
[#4]
Caro ragazzo, nessuno ha messo in dubbio l'efficacia della meditazione per quel che concerne la riduzione dell'ansia, indipendentemente dall'orientamento filosofico di fondo quest'ultima altro non è che una forma di rilassamento che stimola reazioni psicofisiologiche universali. Il significato trascendentale è solo l'applicazione di un determinato modello culturale. In ogni stato alterato della coscienza indotto da tecniche di vario tipo la reazione fisiologica è universale ma l'aspetto psicologico dipende soprattutto dall'aspettativa personale e culturale che si ha sulla reazione. Ciò che io ed il collega le abbiamo evidenziato è che certe tecniche devono essere eseguite da persone con una certa preparazione la quale è data, si dall'esperienza, ma anche e soprattutto da uno studio adeguato. Il guardarsi dento non è nocivo o sbagliato, altrimenti nemmeno gli interventi di psicoanalisi dovremmo consigliare, ma il problema che questo guardarsi dentro deve essere accomapagnato da uno specialista in materia.(psicologo-psicoterapeuta) Se ciò non accade si rischia di imbattersi in conflitti che non si è in grado di affrontare ed elaborare. Anzi, noi consigliamo esattamente l'opposto di quello che ha immaginato lei. L'invito a rivolgersi ad uno psicologo implica a volte un approfondimento di alcune dinamiche interiori, con l'unica differenza che questo processo è seguito da uno specialista in grado di affrontare eventuali conflitti, paure o disagi che possono emergere.
cordialmente
cordialmente
[#5]
Gentile ragazzo
Il senso della mia risposta è che quando si "va in guerra", è inutile farlo da kamikaze. Prima ci si prepara a proteggere innanzitutto noi stessi, e poi si agisce.
Non è sufficiente che una certa pratica, laica o meno, sia stata inventata da molti anni per dir qualcosa sulla sua efficienza o la sua sicurezza. In particolare, per quanto riguarda le pratiche meditative tradizionali, è raro che vengano insegnate da personale con un'adeguata preparazione di tipo psicologico e ciò non è cosa da poco. Perché quello dello sicurezza personale è un concetto relativamente recente, se guardiamo alla storia, dato che in passato contava molto di meno. Se le spiegassi, ad esempio, nel Giappone medioevale come si forzavano gli allievi di karate ad esercitarsi nel fare la spaccata frontale, le farebbe male solo a leggerlo.
Vorrei anche farle presente il titolo di un recente saggio postumo di P. Watzlawick, "Guardarsi dentro rende ciechi". È un altro falso mito, quello che per risolvere i propri problemi personali sia obbligatorio guardarsi dentro.
Cordiali saluti
Il senso della mia risposta è che quando si "va in guerra", è inutile farlo da kamikaze. Prima ci si prepara a proteggere innanzitutto noi stessi, e poi si agisce.
Non è sufficiente che una certa pratica, laica o meno, sia stata inventata da molti anni per dir qualcosa sulla sua efficienza o la sua sicurezza. In particolare, per quanto riguarda le pratiche meditative tradizionali, è raro che vengano insegnate da personale con un'adeguata preparazione di tipo psicologico e ciò non è cosa da poco. Perché quello dello sicurezza personale è un concetto relativamente recente, se guardiamo alla storia, dato che in passato contava molto di meno. Se le spiegassi, ad esempio, nel Giappone medioevale come si forzavano gli allievi di karate ad esercitarsi nel fare la spaccata frontale, le farebbe male solo a leggerlo.
Vorrei anche farle presente il titolo di un recente saggio postumo di P. Watzlawick, "Guardarsi dentro rende ciechi". È un altro falso mito, quello che per risolvere i propri problemi personali sia obbligatorio guardarsi dentro.
Cordiali saluti
[#6]
"non è altrettanto pericoloso ed stenuante vivere senza mai guardarsi dentro, senza capire davvero chi siamo... "
Gentile signore,
mi sento di aggiungere solo una cosa a quanto già detto dai miei colleghi.
E' importante guardarsi dentro, ma è altrettanto importante farlo rispettando i propri tempi. Non sempre si è pronti ad affrontare certe "profondità" quindi è essenziale, per il proprio star bene, ascoltarsi anche in superficie.
Un caro saluto,
Gentile signore,
mi sento di aggiungere solo una cosa a quanto già detto dai miei colleghi.
E' importante guardarsi dentro, ma è altrettanto importante farlo rispettando i propri tempi. Non sempre si è pronti ad affrontare certe "profondità" quindi è essenziale, per il proprio star bene, ascoltarsi anche in superficie.
Un caro saluto,
Dott.ssa Giselle Ferretti Psicologa Psicoterapeuta
www.giselleferretti.it
https://www.facebook.com/giselleferrettipsicologa?ref=hl
[#7]
Utente
Grazie per le vostre risposte,
sicuramente continuerò questo cammino di consapevolezza interiore con maggior gradualità, magari facendo ritiri di 3-4 gg per poi pian piano (quando mi sentirò sicuro di essere pronto farne di più lunghi)
E sicuramente contatterò uno psicologo per spiegare lo stato ansioso provato.
PS: La spinta che mi ha portato a intraprendere questo cammino è la voglia (necessità) di capire più a fondo, il signficato di questo viaggio che chiamiamo "vita", di provarlo con esperienza di prima mano.
Capire, al di là della comprensione intellettuale, che il senso della vita è la vita stessa
sicuramente continuerò questo cammino di consapevolezza interiore con maggior gradualità, magari facendo ritiri di 3-4 gg per poi pian piano (quando mi sentirò sicuro di essere pronto farne di più lunghi)
E sicuramente contatterò uno psicologo per spiegare lo stato ansioso provato.
PS: La spinta che mi ha portato a intraprendere questo cammino è la voglia (necessità) di capire più a fondo, il signficato di questo viaggio che chiamiamo "vita", di provarlo con esperienza di prima mano.
Capire, al di là della comprensione intellettuale, che il senso della vita è la vita stessa
Questo consulto ha ricevuto 8 risposte e 3.1k visite dal 23/03/2009.
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Approfondimento su Ansia
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