Ma solo io soffro così tanto a non uscire?
Con queste nuove restrizioni da coronavirus sono come tutti bloccata a casa, con i miei, con il martellamento della TV e i miei che vanno in ansia per tutto, con la paura delle multe e di farsi arrestare... Ma io in casa così mi sento in prigione, niente bar, niente camminate, niente acquisti se voglio fare dei lavori, e questo stupidissimo hashtag che tutti condividono.
Se ci fossimo organizzati con mascherine e guanti fin dall'inizio non saremmo a questo punto... Non è che la prendo alla leggera, è come se mi mancasse l'aria a non poter uscire, mi arrabbio poi talmente tanto con quelli attorno, mi sento così male.. Come si fa a restare in questa situazione per un mese?
Io mi butto dalla finestra o.
O
Se ci fossimo organizzati con mascherine e guanti fin dall'inizio non saremmo a questo punto... Non è che la prendo alla leggera, è come se mi mancasse l'aria a non poter uscire, mi arrabbio poi talmente tanto con quelli attorno, mi sento così male.. Come si fa a restare in questa situazione per un mese?
Io mi butto dalla finestra o.
O
[#1]
Gentile utente,
ci scrive:
"..Non so se sia un qualcosa che rifletta una paura di perdita di indipendenza
oppure un sentimento di rifiuto..",
eppure è una citazione dal consulto di un anno fa, titolato
"Odio non decidere cosa mangiare"
che si riferiva a tutt'altro problema:
il NON poter scegliere il cibo mangiando con altri.
Lei dirà:
cosa c'entra?
Leggendo entrambi i Suoi interventi
se ne ricava l'immagine di una giovane adulta che fa fatica ad accettare i limiti:
del menu,
dello stare in casa...,
tanto che "mi arrabbio poi talmente tanto con quelli attorno, mi sento così male.. "
Ma apprendere che la realtà non è "tutto e subito" (come il bambino under 6) è uno dei compiti evolutivi più importanti dell'adulto.
Per cui alla Sua domanda del titolo:
"Ma solo io soffro così tanto a non uscire?"
rispondo:
Lei forse soffre soggettivamente di più,
ma ciò La invita a fare un lavoro serio sull'accettazione del limite quando esso non è spostabile;
è quello che noi adulti iniziamo a fare, fin dall'infanzia, con il bambino che strilla (singhiozzando senza lacrime) e batte i piedi.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
ci scrive:
"..Non so se sia un qualcosa che rifletta una paura di perdita di indipendenza
oppure un sentimento di rifiuto..",
eppure è una citazione dal consulto di un anno fa, titolato
"Odio non decidere cosa mangiare"
che si riferiva a tutt'altro problema:
il NON poter scegliere il cibo mangiando con altri.
Lei dirà:
cosa c'entra?
Leggendo entrambi i Suoi interventi
se ne ricava l'immagine di una giovane adulta che fa fatica ad accettare i limiti:
del menu,
dello stare in casa...,
tanto che "mi arrabbio poi talmente tanto con quelli attorno, mi sento così male.. "
Ma apprendere che la realtà non è "tutto e subito" (come il bambino under 6) è uno dei compiti evolutivi più importanti dell'adulto.
Per cui alla Sua domanda del titolo:
"Ma solo io soffro così tanto a non uscire?"
rispondo:
Lei forse soffre soggettivamente di più,
ma ciò La invita a fare un lavoro serio sull'accettazione del limite quando esso non è spostabile;
è quello che noi adulti iniziamo a fare, fin dall'infanzia, con il bambino che strilla (singhiozzando senza lacrime) e batte i piedi.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Utente
In futuro farò altre domande allora che riguardano il mio passato, così potrà leggermi meglio e dedurre che i miei malesseri derivino da uno stesso pattern e che altre implicazioni di pensiero, interessi e studi sicuramente non ci siano. Annissimi fa mi domandavo perché per passare l'esame della patente dovessi attenermi a delle regole che nessuno seguiva (tutte e due le mani sul volante ore 10:10, per esempio, quando in realtà nessuno lo fa) o sul perché certi altri comportamenti sono considerati normali, mentre altri no. Vede, se mi dice che un comportamento è necessario perché abbiamo un sistema sanitario al collasso e che è solo per quello che dobbiamo stare a casa, lo capirei, sarebbe onesto e diretto da parte della parte politica, sarebbe anche maturo, ma istituire degli obblighi che a livello pratico nuociono solo all'economia e alla vita delle persone io non lo trovo molto logico, anche perché il tutto è stato fatto troppo tardi. Lo sa che in Corea hanno diminuito i casi facendo una migliore comunicazione e obbligando a mascherine e guanti e senza bloccare il paese? Lo sa poi che la Cina è un regime dove le libertà personali non esistono? Nessuno in Italia si è posto la domanda se sia la cosa migliore da fare in uno stato democratico. Io non lo trovo logico. Come non trovo logica l'accettazione del cibo "così giusto per". Per fortuna, se lo vuole sapere, parlarne con chi capisce ed è open minded e non ti appiccica un post it con un nome sopra è la cosa migliore : i pasti vengono visti come momenti di condivisione del momento, e come ringraziamento per il cibo stesso. Direi che più che problemi di accettazione dei limiti ho problemi con la banalizzazione della vita e quello che non accetto è che altri banalizzino la mia. Sa, lo stage dei 6 anni penso di averlo passato e accettato da un po' : per una laurea ci vogliono tot anni e tot impegno, per un lavoro idem e per crescere nello stesso ambito anche così come una relazione ha bisogno del suo tempo. Mi sembra di vedere talmente tanti colori, che l'avere a che fare con delle menti che vedono solo in bianco e nero, è proprio demoralizzante.
[#3]
Gentile utente,
Non saprei cosa dirLe riguardo alla Sua risposta "ad ampio spettro";
ogni Specialista risponde dal punto di vista della propria specialità
e Lei - scrivendo a noi Psy - ha chiesto ed autorizzato la "lettura psy" di quanto ci racconta: questo è il nostro specifico. Chiaramente ci sono molti altri angoli di visuale per uno stesso evento narrato, ma che non sono i nostri specifici.
Può succedere che una risposta ricevuta non piaccia,
tenga conto in ogni caso delle Sue modalità comunicative;
la frase
.. "Come si fa a restare in questa situazione per un mese?
Io mi butto dalla finestra"...
ha delle caratteristiche ben particolari,
- o di reale grave malessere
- o di drammatizzazione dello stesso;
la comunicazione scritta, proprio a causa dell'assenza della parte visiva e dunque della mimica, si basa sulle parole che noi Specialisti troviamo scritte qui. Talvolta le parole risultano fuorvianti anche per chi le scrive, nel momeno in cui se le trova restituite.
Dott. Brunialti
Non saprei cosa dirLe riguardo alla Sua risposta "ad ampio spettro";
ogni Specialista risponde dal punto di vista della propria specialità
e Lei - scrivendo a noi Psy - ha chiesto ed autorizzato la "lettura psy" di quanto ci racconta: questo è il nostro specifico. Chiaramente ci sono molti altri angoli di visuale per uno stesso evento narrato, ma che non sono i nostri specifici.
Può succedere che una risposta ricevuta non piaccia,
tenga conto in ogni caso delle Sue modalità comunicative;
la frase
.. "Come si fa a restare in questa situazione per un mese?
Io mi butto dalla finestra"...
ha delle caratteristiche ben particolari,
- o di reale grave malessere
- o di drammatizzazione dello stesso;
la comunicazione scritta, proprio a causa dell'assenza della parte visiva e dunque della mimica, si basa sulle parole che noi Specialisti troviamo scritte qui. Talvolta le parole risultano fuorvianti anche per chi le scrive, nel momeno in cui se le trova restituite.
Dott. Brunialti
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 2.9k visite dal 12/03/2020.
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