Problemi psicologici e relazionali
Gentili dottori, scrivo per avere un punto di vista esterno su ciò che mi sta accadendo.
Sono una ragazza di 30 anni e sto portando a termine il mio percorso universitario.
Avevo una relazione da circa 3 anni e mezzo, terminata da circa un mesetto.
A fine ottobre il baratro: inizio a soffrire di attacchi di panico, senza alcun motivo scatenante.
So solo che passo il periodo successivo con un'alternanza di sintomi psicosomatici (rivelatisi tali dopo aver escluso patologie di tipo organico) e vere e proprie influenze senza febbre, come che il forte stress che stavo accumulando stesse mettendo a dura prova anche il mio sistema immunitario.
Provavo inoltre abulia, anedonia e forti crisi di tipo depressivo, ero stata colpita talmente nel profondo da questi eventi, che non mi interessava più di nulla e nessuno.
In tutto questo il mio ragazzo mi è sempre stato vicino, sopportata e supportata.
A inizio gennaio la svolta: fisicamente non stavo ancora molto bene, incontro un ragazzo che mi attira molto, ma con cui non c'è mai stato e non ci sarà niente.
Inizio a fantasticare su di lui, rafforzata dal fatto che stavo iniziando a vederlo spesso casualmente.
Dopo lo sbandamento iniziale, hanno iniziato a crescere in me fortissimi sensi di colpa sfociati in vere e proprie crisi d'ansia: stavo fantasticando su una persona che sicuramente per me non provava nulla, mi stavo illudendo a scapito della relazione che avevo con l'altra persona.
Le forti crisi d'ansia hanno iniziato purtroppo ad investire anche il mio ragazzo, ho iniziato a non provare davvero più nulla per lui, e ciò mi ha gettato nella disperazione più nera.
Anche solo sentirlo per messaggio mi infastidiva.
Alla fine ho deciso di lasciarlo perché così non si poteva andare avanti.
La situazione ad oggi è questa: con lui ci siamo presi un periodo di pausa in cui nemmeno ci sentiamo, complice anche il fatto che al momento si trova fuori città.
Io come mi sento?
Dalla mattina alla sera non faccio che crogiolarmi nei sensi di colpa, ho pensieri circolari, rumino e rimugino, penso e ripenso a come sarebbe potuta andare la relazione, a tutte le cose in cui ho sbagliato io e mi colpevolizzo.
Mi rendo conto che se i miei sentimenti si sono affievoliti così significa che già qualche problemino da prima c'era, ma non riesco a farmene una ragione.
Lui che credeva in me stessa più di quanto lo faccia io, che vedeva in me ciò che io non riesco a vedere, non riesco ad accettare il fatto che non provi proprio più nulla per lui.
Non faccio altro che pensare di essere una stupida, che la nostra storia si sarebbe potuta salvare se solo mi fossi impegnata di più anche in precedenza (ma dal canto mio mi rendo conto che forse non ero innamorata).
È come che io voglia controllare tutto ma so che non si può, così facendo non accade niente, divento finta come un manichino e una parte di me vola su un altro pianeta.
È forse sindrome da abbandono?
Sono molto preoccupata di non riuscire a realizzare delle relazioni vere.
Sono una ragazza di 30 anni e sto portando a termine il mio percorso universitario.
Avevo una relazione da circa 3 anni e mezzo, terminata da circa un mesetto.
A fine ottobre il baratro: inizio a soffrire di attacchi di panico, senza alcun motivo scatenante.
So solo che passo il periodo successivo con un'alternanza di sintomi psicosomatici (rivelatisi tali dopo aver escluso patologie di tipo organico) e vere e proprie influenze senza febbre, come che il forte stress che stavo accumulando stesse mettendo a dura prova anche il mio sistema immunitario.
Provavo inoltre abulia, anedonia e forti crisi di tipo depressivo, ero stata colpita talmente nel profondo da questi eventi, che non mi interessava più di nulla e nessuno.
In tutto questo il mio ragazzo mi è sempre stato vicino, sopportata e supportata.
A inizio gennaio la svolta: fisicamente non stavo ancora molto bene, incontro un ragazzo che mi attira molto, ma con cui non c'è mai stato e non ci sarà niente.
Inizio a fantasticare su di lui, rafforzata dal fatto che stavo iniziando a vederlo spesso casualmente.
Dopo lo sbandamento iniziale, hanno iniziato a crescere in me fortissimi sensi di colpa sfociati in vere e proprie crisi d'ansia: stavo fantasticando su una persona che sicuramente per me non provava nulla, mi stavo illudendo a scapito della relazione che avevo con l'altra persona.
Le forti crisi d'ansia hanno iniziato purtroppo ad investire anche il mio ragazzo, ho iniziato a non provare davvero più nulla per lui, e ciò mi ha gettato nella disperazione più nera.
Anche solo sentirlo per messaggio mi infastidiva.
Alla fine ho deciso di lasciarlo perché così non si poteva andare avanti.
La situazione ad oggi è questa: con lui ci siamo presi un periodo di pausa in cui nemmeno ci sentiamo, complice anche il fatto che al momento si trova fuori città.
Io come mi sento?
Dalla mattina alla sera non faccio che crogiolarmi nei sensi di colpa, ho pensieri circolari, rumino e rimugino, penso e ripenso a come sarebbe potuta andare la relazione, a tutte le cose in cui ho sbagliato io e mi colpevolizzo.
Mi rendo conto che se i miei sentimenti si sono affievoliti così significa che già qualche problemino da prima c'era, ma non riesco a farmene una ragione.
Lui che credeva in me stessa più di quanto lo faccia io, che vedeva in me ciò che io non riesco a vedere, non riesco ad accettare il fatto che non provi proprio più nulla per lui.
Non faccio altro che pensare di essere una stupida, che la nostra storia si sarebbe potuta salvare se solo mi fossi impegnata di più anche in precedenza (ma dal canto mio mi rendo conto che forse non ero innamorata).
È come che io voglia controllare tutto ma so che non si può, così facendo non accade niente, divento finta come un manichino e una parte di me vola su un altro pianeta.
È forse sindrome da abbandono?
Sono molto preoccupata di non riuscire a realizzare delle relazioni vere.
[#1]
Gentile ragazza,
mi sembra che lei non riesca a capire se stessa e il suo comportamento. Ciò non è così infrequente. Gran parte dei nostri comportamenti infatti, soprattutto nella sfera relazionale, sono dettati dal nostro inconscio che ha una sua logica che può essere diversa da quella che ci appare come più razionale.
E' compito dello psicologo psicoterapeuta scoprire la logica e i bisogni sottesi a determinati comportamenti che possono apparire disfunzionali e ricercare, assieme al cliente/paziente, un migliore adattamento, modi migliori di interagire e di soddisfare bisogni fondamentali, nel rispetto di se stessi e degli altri.
Questa non è la sede per approfondire, ma le faccio notare che lei dice di aver preso l'iniziativa di lasciare il suo ragazzo e ciò sembrerebbe essere in contraddizione con una "sindrome da abbandono".
Cordiali saluti
mi sembra che lei non riesca a capire se stessa e il suo comportamento. Ciò non è così infrequente. Gran parte dei nostri comportamenti infatti, soprattutto nella sfera relazionale, sono dettati dal nostro inconscio che ha una sua logica che può essere diversa da quella che ci appare come più razionale.
E' compito dello psicologo psicoterapeuta scoprire la logica e i bisogni sottesi a determinati comportamenti che possono apparire disfunzionali e ricercare, assieme al cliente/paziente, un migliore adattamento, modi migliori di interagire e di soddisfare bisogni fondamentali, nel rispetto di se stessi e degli altri.
Questa non è la sede per approfondire, ma le faccio notare che lei dice di aver preso l'iniziativa di lasciare il suo ragazzo e ciò sembrerebbe essere in contraddizione con una "sindrome da abbandono".
Cordiali saluti
Valentina Sciubba Psicologa
www.valentinasciubba.it Terapia on line
Terapia Breve Strategica e della Gestalt
Disturbi psicologici e mente-corpo
[#2]
Utente
Gentile dottoressa Sciubba, la ringrazio per la risposta. Ha ragione, non si può trattare di sindrome da abbandono in questo caso. Ho deciso di iniziare un percorso con una psicologa/psicoterapeuta ( indirizzo psicodinamico, spero che sia l'indirizzo più adatto, nel caso in cui ce ne debba essere uno specifico ) per aiutarmi ad elaborare al meglio.
[#4]
Utente
Bene il mio dubbio era proprio quello di dover scegliere l'orientamento in base al problema. Ma ovviamente non è semplice per chi non è del settore, sono solo alla seconda seduta ma per il momento credo si stia creando un buon feeling e ciò credo sia importante per un buon rapporto terapeuta/pz.
La saluto cordialmente.
La saluto cordialmente.
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 708 visite dal 24/02/2020.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.