Paura del lavoro

Buongiorno,
sono un ragazzo si 28 anni e da circa un anno sto affrontando un periodo non facile.
Di base sono sempre stata una persona molto ansiosa e con il crescere invece di migliorare sembra peggiorare.
Ho perso mia madre per tumore 7 anni fa e la malattia è iniziata proprio nel periodo iniziale di quando iniziai l'università.
E' stato un brutto colpo e nei due anni di malattia nonostante avessi provato a continuare gli studi non era facile.
Con la sua morte poi ho abbandonato definitivamente con la volontà di cercare lavoro per non pesare su mio padre.
Non è stato facile sia per il periodo storico difficile sia perché in un certo senso mi spaventava lavorare.
Nel 2016, dopo qualche lavoretto qua e la, finalmente trovai un lavoro fisso.
Non era però un lavoro che mi entusiasmava parecchio e quindi cercavo sempre altro finché nel febbraio 2019 trovai un altro lavoro che all'apparenza era quello che cercavo.
Dopo poche settimane mi sono accorto che non faceva proprio per me e dopo un solo mese ho abbandonato rimandando disoccupato.
Fu l'errore più grande della mia vita perché oggi, dopo un anno, sono ancora qua a cercare lavoro.
Nell'anno ho fatto vari colloquio ma mai nessuno alla fine è andato bene e non ne capisco il motivo dato che nei vecchi lavori ero sempre apprezzato.
Negli ultimi sei mesi però la mia ansia peggiora sempre di più e ho sensazioni contrapposte: da un lato voglio trovare lavoro perché stare a casa mi sta 'uccidendo' psicologicamente e dall'altra ho però una sorta di paura e ansia verso il lavoro.
Prima di mandare CV quando vedo un annuncio ci metto giorni continuando a rimandare finché, spesso, diventa poi troppo tardi.
Quando mando i CV vivo nell'ansia finché qualcuno mi risponde.
Spesso mi auguro che nessuno si faccia sentire spegnendo il telefono per evitare chiamate.
Il problema è che non so più come uscirne: non capisco perché questa paura peggiora sempre di più.
Le volte che ho appuntamento per il colloquio i giorni prima è sempre un ansia perenne (tachicardia, extrasistole, sudore).
Più passa il tempo e più mi rassegno.
Non sto bene ne fisicamente (sono ingrassato 15 chili) ne psicologicamente.
Mi spaventa il giudizio altrui ed evito contatto con persone che chiedono sempre "come va con la ricerca del lavoro?
".
Non so mai cosa rispondere e mi sento un fallito.
Vivo chiuso in casa da solo e vedo solo la mia ragazza la sera che torna al lavoro che ancora mi sopporta e supporta.
Ma dentro di me mi sento finito e completamente vuoto.
Non so più come affrontare la vita e come uscire da questa situazione essendo però consapevole che l'unica colpa di tutto ciò è solo mia.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
ho visto che ci ha consultato molte volte e leggo tutto prima di rispondere, comprese le risposte dei miei colleghi che da varie angolature le hanno sempre consigliato il massimo di apertura e la massima collaborazione con la sua curante al fine di superare una buona volta gli effetti del lutto e del perfezionismo, una miscela pericolosa, che ha paralizzato la sua volontà.
Riprendo quanto ci scrive, dandole la mia visione.
Il suo slancio vitale, alla fine della scuola superiore e poi nel momento dell'ingresso all'università, ha subito una battuta d'arresto con la lunga malattia e poi la morte di sua madre, quando già l'ingresso nel mondo adulto evidenziava le ansie da prestazione per cui non riusciva a dare esami, e lei illusoriamente cercava di salvarsi con la menzogna: non comunicava a casa la verità, in un intreccio perverso di desiderio di proteggere i suoi e di eccessivo senso di colpa.
A quel punto, nella difficoltà di gestire il peso emotivo degli eventi, forse nell'incapacità di pesare su suo padre e di cercare in lui un appoggio, è cominciata la discesa.
Lei rinuncia all'università e cerca un lavoro stringendo coraggiosamente i denti, perché "in un certo senso mi spaventava lavorare". Forse a questo punto portava già due pesi: la perdita della mamma e la rinuncia mal digerita all'università, vissuta come incapacità personale e "colpa". Finalmente trova un lavoro e ci rimane due anni, puntanto ad un'occupazione migliore... che infatti trova, ma lascia dopo appena un mese, un anno fa. Come mai?
A me sembra che da quel momento si acceleri la caduta. Infatti a questo punto vanno male i colloqui di lavoro, lei resiste a mandare in giro il CV e addirittura chiude il telefono perché eventuali offerte non possano raggiungerla.
Sarà perché sono un'inguaribile ottimista, sarà perché in cinquant'anni di professione ho visto che sono proprio le crisi a rimettere in movimento certe situazioni di stallo che parevano inamovibili... A me sembra che proprio ora che diventa insostenibile il suo conflitto tra la volontà di non fare nulla per non essere ancora ferito, e il suo terrore dell'inerzia paralizzante di fronte alla vita che fugge, lei finalmente può uscirne.
Come? Rinunciando alle eccessive pretese su sé stesso e al timore delle aspettative che attribuisce agli altri; smettendo di ritenere che tutto è sempre e solo colpa sua, punto di vista che aiuta, se ci si sente in grado di gestire la situazione, ma che paralizza, se ci si percepisce come uno sventurato Atlante che nel tentativo di accogliere il mondo intero sulle spalle ne viene schiacciato.
Scelga un terapeuta che la aiuti nella gestione quotidiana, un passo per volta, dirimendo uno per uno i suoi paralizzanti conflitti. Decida col suo aiuto se le conviene lavorare subito o prendere prima una laurea triennale. Per farle un esempio di come si possano risolvere molte cose, se non si affronta tutto nel modo più difficile, le dirò questo: ha avuto tanta paura degli esami orali, quando ormai tante univerità li fanno scritti, come si usa da sempre all'estero, o addirittura a crocette, come si fa, per esempio, nel triennio di Psicologia di alcune università statali. Può perfino iscriversi ad un'università a distanza e intanto lavorare. Se fosse mio paziente io le consiglierei di fare ogni passo senza raccontarlo a nessuno finché non è compiuto. Riapra la porta alla speranza!
Le faccio i migliori auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
Gentile Dr.ssa Potenza,
La ringrazio per il tempo che si è presa nel rispondermi in modo cosi accurato. Seguirò sicuramente tutti i Suoi consigli cercando di uscire da questa situazione e proverò a mettercela tutta.
La ringrazio perché le Sue parole mi hanno già dato una spinta e motivazione che non "trovavo" ormai da un anno.

Grazie ancora,
Un caro saluto.

Mattia
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Lieta di esserle stata utile. Sono certa che ce la farà!