Il mio psicoterapeuta di coppia mi può urlare contro?

Buongiorno,
Premetto che so di non sapere quasi nulla sull'argomento, e proprio per questo avrei bisogno di un parere di qualcuno di esperto in materia.

Da 2 mesi con mio marito abbiamo intrapreso un percorso di terapia di coppia per alcuni problemi di comunicazione e di relazione, ma ho un dubbio sul terapeuta.

Se da una parte vedo qualche miglioramento nella comunicazione con mio marito, dall'altra ho un dubbio sul mio terapeuta.

Mi chiedo, è una cosa normale che, anche se io so di essere a volte una persona terribilmente esasperante e mio marito altrettanto, il terapeuta ad un certo punto della seduta alzi la voce fino proprio ad urlare?

Io vorrei potermi fidare completamente di questa persona, nelle cui mani sto mettendo una cosa per me molto importante, la mia relazione di coppia, ma questa cosa mi lascia perplessa e mi fa sorgere dei dubbi...
Quindi chiedo, è una cosa normale?
Succede spesso?
Sembra strano solo a me?

Perché nelle ultime 2 sedute, una volta si è rivolto a mio marito in modo veramente poco piacevole, e nell'ultimo incontro, dapprima ha alzato la voce, e poi ha proprio urlato alzandosi in piedi quasi con aria scocciata.

Questa cosa non mi mette a mio agio e non mi permette di esprimere liberamente quello che penso, probabilmente in parte anche per un mio problema nei confronti del giudizio delle persone.

Ma un terapeuta non dovrebbe comunque ascoltare senza dare giudizi morali e in ogni caso farmi sentire in un "ambiente protetto"?

Non sono nessuno per giudicare la professionalità di una persona che certamente ha studiato anni e sa un sacco di cose che io non so, e appunto per questo volevo soltanto un parere da chi ne sa più di me, proprio per il fatto che so benissimo di non sapere quasi nulla sull'argomento...
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Dr.ssa Eleonora Arduino Psicoterapeuta, Psicologo 62
Per prima cosa le chiederei se il suo terapeuta è psicoterapeuta abilitato con i titoli legali, e in che specializzazione. Non parliamo quindi di figure meno esperte come counselor e coach. Non esiti a chiedere o reperire informazioni, (all'ordine degli psicologi e dei medici esiste un elenco consultabile), siamo tenuti a rendere pubblici i nostri titoli. Fatto questo per sua tranquillità, non è detto che certe reazioni siano da evitare, il fatto che lei stessa sappia di essere esasperante le indica quanto può esserlo. Tuttavia mi sembra che lei abbia l'impressione che il terapeuta si allei con suo marito, e questo invece va chiarito. Diciamo che la cosa migliore sarebbe che il terapeuta le dicesse "guardi che mi fa sentire così... come mai? Cosa ne pensa?" anzichè "agire" . Lo ha fatto e lei non lo ha colto? Infine, provi a parlarne con lui.

Dr.ssa Eleonora Arduino
psicologa-psicoterapeuta

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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
l'indicazione costante a chi ci scrive per qualche perplessità sulla terapia che sta seguendo è questa: "ne parli col suo terapeuta".
Solo ad una lettura supeficiale questa risposta sembra un lavarsene le mani: è invece proprio l'indicazione ad aprirsi sempre di più con la persona a cui ci si è affidati, la quale si è preparata con anni di studio e di pratica a gestire le proprie emozioni, in primo luogo quelle nei confronti del paziente.
Certamente il terapeuta non esprime giudizi sulla persona; può farlo sui comportamenti, a seconda dell'orientamento, invitando il paziente stesso a valutare se un certo comportamento gli appare conveniente o meno allo scopo che si propone. Può mostrare di condividere l'eventuale dispiacere del paziente, manifestando la propria empatia. Può scherzare, con modi opportuni e dopo aver acquisito la certezza che il paziente capisce le sue intenzioni, al fine di smontare qualche sua idea irrazionale. Può simulare situazioni che il paziente trova problematiche chiedendogli di replicarle con lui in una sorta di recita esplicativo/liberatoria. Può, con le dovute cautele e senza toni di minaccia, segnalare al paziente che se continua a rifiutarsi di eseguire certi "compiti", prescritti in alcune terapie, questo può comportare il fallimento della terapia e la sua interruzione precoce.
Personalmente non ricordo occasioni in cui il terapeuta possa gridare o in qualunque modo spaventare il paziente; ma questo può essere un mio limite. Per quanto ci si aggiorni, esistono sempre nuove strategie.
Una cosa però devo ribadire: mutilare la comunicazione col paziente, in qualunque modo, inficia la terapia. Ho molto apprezzato le nuove prescrizioni della nostra professione, che prescrivono più che mai la trasparenza (sul metodo, sulla durata, sulla spesa prevista, in certa misura sulla diagnosi) perché aprono ancora di più la strada della comunicazione, vero canale del buon risultato terapeutico.
Lei scrive che l'attitudine del suo terapeuta a gridare "non mi mette a mio agio e non mi permette di esprimere liberamente quello che penso".
Dato quello che ho premesso, non posso dirle che questo: prenda il coraggio a due mani e chieda al terapeuta, dopo avergli segnalato l'effetto che ha su di lei, quale metodo sta seguendo con le sue grida.
Può darsi che il professionista glielo spieghi nel modo più convincente. In caso contrario, tenga conto che di psicologi ce ne sono tanti e che la terapia di coppia può essere risolutiva di grandi problemi.
Le faccio i migliori auguri. La invito a tenerci al corrente... veda mai dovessimo imparare qualche nuovo metodo!

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com