Genitori disabili che rifiutano aiuto esterno
Vi chiedo un aiuto perché sono veramente disperata.
I miei genitori sono anziani e per tutta una serie di malattie croniche invalidanti, non sono autosufficienti.
Il problema è che mi occupo io di quasi tutto, ma da sola non ce la faccio.
Siamo anni in questa situazione e il loro non é un problema economico, perché potrebbero permettersi una persona tutti i giorni almeno per qualche ora al giorno.
Ma non la vogliono.
L'unico aiuto che abbiamo é una ragazza che viene una volta la settimana per due ore per delle pulizie, ovviamente non sufficienti.
E il succo é che essendosi occupati di me quando ero piccola ora dovrei essere io a occuparmi di loro.
Ma io lo trovo profondamente ingiusto.
Perché sto facendo una vita veramente triste e isolata, ho 36 anni, sono giovane e non faccio altro che fare la Cenerentola e girare da un medico all'altro per i loro problemi di salute. Vorrei solo un aiuto.
Ho un fratello che se ne è completamente tirato fuori e che naturalmente sostiene che i miei hanno le possibilità economiche per potersi pagare un aiuto.
Abbiamo provato a parlare ai miei genitori di questo, diverse volte, ma ovviamente loro sostengono che tanto ci sono io.
Ho anche provato a coinvolgere amici dei miei genitori, parenti, perché tutti si sono resi conto della situazione di disagio in cui viviamo ed è abbastanza chiaro che faccio pena a tutti.
Nessun risultato.
I miei fanno le vittime, piangono, dicono sì sì, ma fondamentalmente la situazione non cambia.
I miei hanno sviluppato una vera e propria dipendenza da me e il problema è che pretendono, pretendono assistenza anche quando sono io a stare male.
Io mi ritrovo senza lavoro, anche se vorrei ritornare a lavorare, (perché anche se lo trovassi dovrei lasciarlo, come è già successo, perché fisicamente non riuscirei ad occuparmi del lavoro e di loro), senza amici, sola come un cane, depressa e profondamente esausta.
Non so che fare.
Sto pensando di andare via di casa e malgrado tutto lasciarli al loro destino, perché purtroppo inizio a non avere più speranze e sto facendo veramente brutti pensieri.
Vorrei andare in terapia e ho proposto che ci andassero anche loro per affrontare meglio i problemi e i disagi dovuti alle malattie (ovviamente inutilmente), ma a me cosa potrebbero dire in terapia non puoi andare avanti così, hai bisogno di un aiuto?
Questo lo so già... oltretutto ho trascurato particolarmente la mia salute perché sto sviluppando un rifiuto verso medici e ospedali e ho il terrore di prendere ennesimi impegni, perché sono stanchissima.
É vero che non si possono abbandonare i genitori?
Loro sono assolutamente capaci di intendere e volere e economicamente indipendenti.
Grazie.
I miei genitori sono anziani e per tutta una serie di malattie croniche invalidanti, non sono autosufficienti.
Il problema è che mi occupo io di quasi tutto, ma da sola non ce la faccio.
Siamo anni in questa situazione e il loro non é un problema economico, perché potrebbero permettersi una persona tutti i giorni almeno per qualche ora al giorno.
Ma non la vogliono.
L'unico aiuto che abbiamo é una ragazza che viene una volta la settimana per due ore per delle pulizie, ovviamente non sufficienti.
E il succo é che essendosi occupati di me quando ero piccola ora dovrei essere io a occuparmi di loro.
Ma io lo trovo profondamente ingiusto.
Perché sto facendo una vita veramente triste e isolata, ho 36 anni, sono giovane e non faccio altro che fare la Cenerentola e girare da un medico all'altro per i loro problemi di salute. Vorrei solo un aiuto.
Ho un fratello che se ne è completamente tirato fuori e che naturalmente sostiene che i miei hanno le possibilità economiche per potersi pagare un aiuto.
Abbiamo provato a parlare ai miei genitori di questo, diverse volte, ma ovviamente loro sostengono che tanto ci sono io.
Ho anche provato a coinvolgere amici dei miei genitori, parenti, perché tutti si sono resi conto della situazione di disagio in cui viviamo ed è abbastanza chiaro che faccio pena a tutti.
Nessun risultato.
I miei fanno le vittime, piangono, dicono sì sì, ma fondamentalmente la situazione non cambia.
I miei hanno sviluppato una vera e propria dipendenza da me e il problema è che pretendono, pretendono assistenza anche quando sono io a stare male.
Io mi ritrovo senza lavoro, anche se vorrei ritornare a lavorare, (perché anche se lo trovassi dovrei lasciarlo, come è già successo, perché fisicamente non riuscirei ad occuparmi del lavoro e di loro), senza amici, sola come un cane, depressa e profondamente esausta.
Non so che fare.
Sto pensando di andare via di casa e malgrado tutto lasciarli al loro destino, perché purtroppo inizio a non avere più speranze e sto facendo veramente brutti pensieri.
Vorrei andare in terapia e ho proposto che ci andassero anche loro per affrontare meglio i problemi e i disagi dovuti alle malattie (ovviamente inutilmente), ma a me cosa potrebbero dire in terapia non puoi andare avanti così, hai bisogno di un aiuto?
Questo lo so già... oltretutto ho trascurato particolarmente la mia salute perché sto sviluppando un rifiuto verso medici e ospedali e ho il terrore di prendere ennesimi impegni, perché sono stanchissima.
É vero che non si possono abbandonare i genitori?
Loro sono assolutamente capaci di intendere e volere e economicamente indipendenti.
Grazie.
[#1]
Cara utente,
quello che ci ha scritto fa pensare che lei sia arrivata finalmente a capire di dover prendere in mano la sua vita e la sua salute, le quali al momento sembrano a rischio.
Lei scrive: "I miei hanno sviluppato una vera e propria dipendenza da me e il problema è che pretendono, pretendono assistenza anche quando sono io a stare male".
Non hanno sviluppato "una dipendenza", bensì una tirannia, e il fatto che la esercitino tutti e due insieme è doppiamente gravoso per lei, perché in questo modo loro due rinforzano l'uno con l'altro l'assurda pretesa di essere nel loro buon diritto, e lei si convince che è giusto lasciarsi schiavizzare.
Nemmeno l'esempio e le parole di suo fratello la stanno aiutando. Sembra che lei voglia soltanto invocare una pietà improduttiva: "Ho anche provato a coinvolgere amici dei miei genitori, parenti, perché tutti si sono resi conto della situazione di disagio in cui viviamo ed è abbastanza chiaro che faccio pena a tutti. Nessun risultato".
Che cosa si aspettava? Che venissero a casa sua ad eseguire quei lavori che spettano alla domestica, all'infermiera o alla badante e che i suoi genitori buttano invece sulle sue spalle? Si aspettava che corressero dai suoi a rimproverarli, a convincerli che stanno agendo da aguzzini? Voleva che si improvvisassero psicologi o sacerdoti, e facessero ai suoi una psicoterapia o una predica sui doveri morali?
Le sembrerò dura, ma ho visto casi simili al suo trasformarsi in tragedia, ed è già abbastanza tragico vivere la condizione di figlia nella rinuncia, nella fatica e nel malessere anziché nell'affetto generoso dei genitori.
Inoltre un comportamento infantile, caparbio, disumano come quello in cui si trova invischiata vede purtroppo le colpe da tutte e due le parti: l'egoismo dei genitori (che se guarda al passato ci sarà stato anche prima, già quando erano giovani e sani) poggia sul vittimismo del figlio, sul suo sentimento di insufficienza e di colpa, su un suo senso del dovere malato.
Lei avrà certamente visto altri anziani che non gravano sui figli, avrà visto tra loro rapporti più sereni e affettuosi di quelli che la legano ai suoi genitori.
A questo punto lei oscilla tra dare un taglio netto e trovare un alleato in uno psicologo, ma si scoraggia da sola dicendosi: "a me cosa potrebbero dire in terapia, non puoi andare avanti così, hai bisogno di un aiuto?"
In terapia potrebbero studiare assieme a lei, cara utente, i passi per uscire da questa trappola, e contemporaneamente valutare i sottili lacci psicologici che in famiglia avete costruito e che le impediscono di intravedere e attuare soluzioni.
Le ricordo qualcuno di questi lacci, li ha scritti lei: "il succo é che essendosi occupati di me quando ero piccola ora dovrei essere io a occuparmi di loro".
Davvero? Le cure che una madre e un padre offrono con gioia ad un piccolino che non ha nessuna autosufficienza, sarebbero lo strumento per tiranneggiarlo da anziani, per togliergli ogni felicità e ogni autonomia?
Ed ecco le parole che ha detto anche suo fratello: "i miei hanno le possibilità economiche per potersi pagare un aiuto. Abbiamo provato a parlare ai miei genitori di questo, diverse volte, ma ovviamente loro sostengono che tanto ci sono io".
Sostengono che tanto c'è lei? Ma quale genitore che voglia bene a un figlio lo condanna a una continua fatica, peggio ancora, ad un ruolo di domestica che non è quello a cui aspira e non è quello per il quale l'hanno allevato?
Lei finora ha vissuto, con gli errori dei suoi, un rapporto fusionale, credendo che l'affetto sia sottomissione e complicità oltre ogni limite. Ne è prova quello che ripete nelle lettere precedenti: quando i medici dicono a sua madre che deve dimagrire, lei oppone che non si può muovere, e prende la loro prescrizione come un'offesa, dimenticando che per un anziano il dimagrimento passa essenzialmente attraverso la dieta, non il moto.
Vede bene, cara utente, che qualunque giustificazione ponga davanti a sé stessa, non sono soltanto i suoi genitori ad aver costruito la trappola: ha partecipato anche lei.
La prossima volta che verrà la domestica la informi direttamente che avrà bisogno della sua presenza tutti i giorni. Intanto cerchi una badante che dorma in casa e che sappia occuparsi di anziani; ce n'è di bravissime, e i suoi genitori hanno la fortuna di avere lei che può scegliere, e se sarà così generosa da rimanere in casa con loro, potrà anche controllare il suo lavoro.
Dia poche spiegazioni, sia prima che dopo: saranno i fatti a parlare per lei; saranno la serenità, la salute, il lavoro e le amicizie recuperate.
Ci faccia sapere che ha cominciato a cambiare, con o senza l'aiuto di uno psicologo (al consultorio, al Centro di Salute Mentale o alle ASL sono gratuiti) prima che sia troppo tardi.
Auguri di cuore. Ci faccia sapere.
quello che ci ha scritto fa pensare che lei sia arrivata finalmente a capire di dover prendere in mano la sua vita e la sua salute, le quali al momento sembrano a rischio.
Lei scrive: "I miei hanno sviluppato una vera e propria dipendenza da me e il problema è che pretendono, pretendono assistenza anche quando sono io a stare male".
Non hanno sviluppato "una dipendenza", bensì una tirannia, e il fatto che la esercitino tutti e due insieme è doppiamente gravoso per lei, perché in questo modo loro due rinforzano l'uno con l'altro l'assurda pretesa di essere nel loro buon diritto, e lei si convince che è giusto lasciarsi schiavizzare.
Nemmeno l'esempio e le parole di suo fratello la stanno aiutando. Sembra che lei voglia soltanto invocare una pietà improduttiva: "Ho anche provato a coinvolgere amici dei miei genitori, parenti, perché tutti si sono resi conto della situazione di disagio in cui viviamo ed è abbastanza chiaro che faccio pena a tutti. Nessun risultato".
Che cosa si aspettava? Che venissero a casa sua ad eseguire quei lavori che spettano alla domestica, all'infermiera o alla badante e che i suoi genitori buttano invece sulle sue spalle? Si aspettava che corressero dai suoi a rimproverarli, a convincerli che stanno agendo da aguzzini? Voleva che si improvvisassero psicologi o sacerdoti, e facessero ai suoi una psicoterapia o una predica sui doveri morali?
Le sembrerò dura, ma ho visto casi simili al suo trasformarsi in tragedia, ed è già abbastanza tragico vivere la condizione di figlia nella rinuncia, nella fatica e nel malessere anziché nell'affetto generoso dei genitori.
Inoltre un comportamento infantile, caparbio, disumano come quello in cui si trova invischiata vede purtroppo le colpe da tutte e due le parti: l'egoismo dei genitori (che se guarda al passato ci sarà stato anche prima, già quando erano giovani e sani) poggia sul vittimismo del figlio, sul suo sentimento di insufficienza e di colpa, su un suo senso del dovere malato.
Lei avrà certamente visto altri anziani che non gravano sui figli, avrà visto tra loro rapporti più sereni e affettuosi di quelli che la legano ai suoi genitori.
A questo punto lei oscilla tra dare un taglio netto e trovare un alleato in uno psicologo, ma si scoraggia da sola dicendosi: "a me cosa potrebbero dire in terapia, non puoi andare avanti così, hai bisogno di un aiuto?"
In terapia potrebbero studiare assieme a lei, cara utente, i passi per uscire da questa trappola, e contemporaneamente valutare i sottili lacci psicologici che in famiglia avete costruito e che le impediscono di intravedere e attuare soluzioni.
Le ricordo qualcuno di questi lacci, li ha scritti lei: "il succo é che essendosi occupati di me quando ero piccola ora dovrei essere io a occuparmi di loro".
Davvero? Le cure che una madre e un padre offrono con gioia ad un piccolino che non ha nessuna autosufficienza, sarebbero lo strumento per tiranneggiarlo da anziani, per togliergli ogni felicità e ogni autonomia?
Ed ecco le parole che ha detto anche suo fratello: "i miei hanno le possibilità economiche per potersi pagare un aiuto. Abbiamo provato a parlare ai miei genitori di questo, diverse volte, ma ovviamente loro sostengono che tanto ci sono io".
Sostengono che tanto c'è lei? Ma quale genitore che voglia bene a un figlio lo condanna a una continua fatica, peggio ancora, ad un ruolo di domestica che non è quello a cui aspira e non è quello per il quale l'hanno allevato?
Lei finora ha vissuto, con gli errori dei suoi, un rapporto fusionale, credendo che l'affetto sia sottomissione e complicità oltre ogni limite. Ne è prova quello che ripete nelle lettere precedenti: quando i medici dicono a sua madre che deve dimagrire, lei oppone che non si può muovere, e prende la loro prescrizione come un'offesa, dimenticando che per un anziano il dimagrimento passa essenzialmente attraverso la dieta, non il moto.
Vede bene, cara utente, che qualunque giustificazione ponga davanti a sé stessa, non sono soltanto i suoi genitori ad aver costruito la trappola: ha partecipato anche lei.
La prossima volta che verrà la domestica la informi direttamente che avrà bisogno della sua presenza tutti i giorni. Intanto cerchi una badante che dorma in casa e che sappia occuparsi di anziani; ce n'è di bravissime, e i suoi genitori hanno la fortuna di avere lei che può scegliere, e se sarà così generosa da rimanere in casa con loro, potrà anche controllare il suo lavoro.
Dia poche spiegazioni, sia prima che dopo: saranno i fatti a parlare per lei; saranno la serenità, la salute, il lavoro e le amicizie recuperate.
Ci faccia sapere che ha cominciato a cambiare, con o senza l'aiuto di uno psicologo (al consultorio, al Centro di Salute Mentale o alle ASL sono gratuiti) prima che sia troppo tardi.
Auguri di cuore. Ci faccia sapere.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 5.6k visite dal 04/02/2020.
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