Incapacità di andare avanti nella vita
Gentili dottori, vi scrivo perché in questo momento provo molta angoscia riguardo la mia vita.
Sono tornata da poco da un anno all'estero e sono sprofondata nell'apatia, mi sembra di star perdendo le skills acquisite fuori.
Nella mia vita ho sempre fatto fatica ad aprirmi alle persone.
Ho studiato in una città diversa da quella d'origine e lì ho avuto poche amicizie ma vere, sono in contatto con molti di loro.
Nella mia città d'origine non ho mai avuto molti amici.
Dopo l'università, tornata casa, mi ero creata una nuova rete di contatti, mi sono mai davvero aperta con nessuno di loro non ma da quando sono tornata dall'estero non ho voluto vedere quasi nessuno.
Ho rifiutato inviti e ora sono diventati tutti molto più freddi nei miei confronti e hanno ragione, in un modo nell'altro si sono sempre fatti sentire mentre ero fuori.
Io rispondevo a monosillabi, perché ero convinta che in fondo a nessuno interessasse veramente di me.
Ora che sono tornata mi rendo conto che è un pensiero irrazionale e che mi sto facendo terra bruciata intorno.
La città dov'ero era una metropoli molto bella, cosmopolita e piena di cose da fare.
Mi ero talmente abituata ad ascoltare ogni giorno una musica diversa, a mangiare un cibo diverso e a conoscere sempre gente nuova e incredibile che è come se mi fossi dimenticata della mia vita precedente e di tutte le persone che frequentavo prima, probabilmente perché non avevo mai davvero legato con nessuno di loro.
Eppure anche la mia città d'origine, seppur di provincia, è un posto interessante ed ero sempre la prima a dirlo anche mentre ero all'estero.
Ma è come se non mi interessasse più nulla.
Durante l'anno all'estero ho avuto molti vissuti d'ansia, ho passato alcuni giorni rinchiusa in casa o quando uscivo dovevo correre a casa perché mi sentivo come "persa", facevo anche fatica a crearmi amicizie.
Ho fumato marijuana per superare l'ansia, ma a volte la peggiorava.
Dopo i primi mesi mi sono immersa nel modo di vivere la città e ho conosciuto davvero un'infinità di persone e tutti mi prendevano per una del posto.
Non provavo più nostalgia dell'Italia e non frequentavo italiani, anzi mi infastidivano.
In quel periodo ho fatto uso di cocaina, molte delle persone che conoscevo la usavano.
Nelle ultime settimane vomitavo ogni volta che la prendevo, ma continuavo a prenderla.
Mi vergogno molto di questo.
Sono dipendente dai social, perdo un sacco di tempo a vedere chi mi mette like e chi no e divento triste quando vedo che qualcuno smette di seguirmi, pubblico sempre tante cose e a volte mi rendo conto che posso essere fastidiosa.
Non sono una persona intelligente e seria e non meritavo quel lavoro all'estero.
Mi riconosco un po' nella protagonista del libro La campana di vetro di Sylvia Plath, con la differenza che lei aveva 19 anni e viveva negli anni 60.
Come lei avevo anche io tante curiosità e aspirazion e non riuscivo a scegiere, ora vorrei solo dormire, ma non posso continuare cosi.
Sono tornata da poco da un anno all'estero e sono sprofondata nell'apatia, mi sembra di star perdendo le skills acquisite fuori.
Nella mia vita ho sempre fatto fatica ad aprirmi alle persone.
Ho studiato in una città diversa da quella d'origine e lì ho avuto poche amicizie ma vere, sono in contatto con molti di loro.
Nella mia città d'origine non ho mai avuto molti amici.
Dopo l'università, tornata casa, mi ero creata una nuova rete di contatti, mi sono mai davvero aperta con nessuno di loro non ma da quando sono tornata dall'estero non ho voluto vedere quasi nessuno.
Ho rifiutato inviti e ora sono diventati tutti molto più freddi nei miei confronti e hanno ragione, in un modo nell'altro si sono sempre fatti sentire mentre ero fuori.
Io rispondevo a monosillabi, perché ero convinta che in fondo a nessuno interessasse veramente di me.
Ora che sono tornata mi rendo conto che è un pensiero irrazionale e che mi sto facendo terra bruciata intorno.
La città dov'ero era una metropoli molto bella, cosmopolita e piena di cose da fare.
Mi ero talmente abituata ad ascoltare ogni giorno una musica diversa, a mangiare un cibo diverso e a conoscere sempre gente nuova e incredibile che è come se mi fossi dimenticata della mia vita precedente e di tutte le persone che frequentavo prima, probabilmente perché non avevo mai davvero legato con nessuno di loro.
Eppure anche la mia città d'origine, seppur di provincia, è un posto interessante ed ero sempre la prima a dirlo anche mentre ero all'estero.
Ma è come se non mi interessasse più nulla.
Durante l'anno all'estero ho avuto molti vissuti d'ansia, ho passato alcuni giorni rinchiusa in casa o quando uscivo dovevo correre a casa perché mi sentivo come "persa", facevo anche fatica a crearmi amicizie.
Ho fumato marijuana per superare l'ansia, ma a volte la peggiorava.
Dopo i primi mesi mi sono immersa nel modo di vivere la città e ho conosciuto davvero un'infinità di persone e tutti mi prendevano per una del posto.
Non provavo più nostalgia dell'Italia e non frequentavo italiani, anzi mi infastidivano.
In quel periodo ho fatto uso di cocaina, molte delle persone che conoscevo la usavano.
Nelle ultime settimane vomitavo ogni volta che la prendevo, ma continuavo a prenderla.
Mi vergogno molto di questo.
Sono dipendente dai social, perdo un sacco di tempo a vedere chi mi mette like e chi no e divento triste quando vedo che qualcuno smette di seguirmi, pubblico sempre tante cose e a volte mi rendo conto che posso essere fastidiosa.
Non sono una persona intelligente e seria e non meritavo quel lavoro all'estero.
Mi riconosco un po' nella protagonista del libro La campana di vetro di Sylvia Plath, con la differenza che lei aveva 19 anni e viveva negli anni 60.
Come lei avevo anche io tante curiosità e aspirazion e non riuscivo a scegiere, ora vorrei solo dormire, ma non posso continuare cosi.
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Gentile signorina
Sperare di risolvere problemi interiori con sostanze che arrivano dall’esterno è utopico. Oltretutto le rendono più difficile il percorso di riabilitazione.
Non so dove sia stata all’estero, ma città dove abita lei, è vero, é bellissima e può essere che lei non abbia mai avuto modo di gustarne tutte le possibilità. La sua é a rinuncia alla vita per non aver vissuto come avrebbe voluto, tranne in brevi periodi. Il filosofo Kierkegaard ha definito l’angoscia come la vertigine della libertà . Sta a lei scegliere la libertà di stare bene. Cerchi un/una collega che possa sostenerla in questo viaggio alla scoperta di se stessa e vedrà che già dopo poche sedute noterà la differenza.
Molti auguri e non si dimentichi di se stessa
Sperare di risolvere problemi interiori con sostanze che arrivano dall’esterno è utopico. Oltretutto le rendono più difficile il percorso di riabilitazione.
Non so dove sia stata all’estero, ma città dove abita lei, è vero, é bellissima e può essere che lei non abbia mai avuto modo di gustarne tutte le possibilità. La sua é a rinuncia alla vita per non aver vissuto come avrebbe voluto, tranne in brevi periodi. Il filosofo Kierkegaard ha definito l’angoscia come la vertigine della libertà . Sta a lei scegliere la libertà di stare bene. Cerchi un/una collega che possa sostenerla in questo viaggio alla scoperta di se stessa e vedrà che già dopo poche sedute noterà la differenza.
Molti auguri e non si dimentichi di se stessa
Paola Dei: Psicologo Psicoterapeuta
Didatta Associato FISIG Perfezionata in criminologia
Docente in Psicologia dell’Arte (IGKGH-DGKGTH-CH)
[#2]
Utente
Grazie dottoressa, ma ho volte ho paura che sia troppo tardi per tutto. Vedo i miei amici che hanno ormai intrapreso un percorso, mia madre che invecchia e io mi sento incastrata in un’adolescenza perenne e sono così svogliata che non ho nemmeno voglia di pettinarmi. Ho pensato spesso di voler morire mentre ero così lontano.
[#3]
Gentile signorina
Lei é giovanissima e già con tante esperienze che, se usate bene, possono essere una risorsa per comprendere meglio molte altre cose della vita. La svogliatezza può essere dovuta a tanti fattori, non ultimo uno stress accumulato, ma qui non voglio banalizzare, né fare diagnosi. Quello che mi preme di dirle é invece di incominciare a fare qualcosa per se stessa. Piccole cose come pulire la sua stanza, o un cassetto di un suo armadio, comprare una piccola cosa per se stessa che le piace, fare una passeggiata in una strada dove non è mai stata, chiedere aiuto, incominciare a dirsi che può farcela e cercare tutto ciò che la fa stare bene. Cammini, si cucini cose che le piacciono, si proponga di fare delle cose durante il giorno, alterni il riposo con attività di vario tipo. Si iscriva a un corso di scrittura, di arte, di teatro. In questo modo potrá scoprire la gioia delle piccole cose e allontanare i pensieri, scoprendo anche la bellezza del fare. Questa è una impresa eccezionale. E poi é fondamentale che trovi un/una collega che la aiuti a trovare o ri-trovare le voglia di vivere che non ha adesso, momento in cui non riesce a vedere neppure il rosso, il giallo, il verde che le offre la natura.
Un proverbio cinese recita: Ciò che il bruco chiama la fine del mondo, il resto del mondo lo chiama farfalla.
Lei é giovanissima e già con tante esperienze che, se usate bene, possono essere una risorsa per comprendere meglio molte altre cose della vita. La svogliatezza può essere dovuta a tanti fattori, non ultimo uno stress accumulato, ma qui non voglio banalizzare, né fare diagnosi. Quello che mi preme di dirle é invece di incominciare a fare qualcosa per se stessa. Piccole cose come pulire la sua stanza, o un cassetto di un suo armadio, comprare una piccola cosa per se stessa che le piace, fare una passeggiata in una strada dove non è mai stata, chiedere aiuto, incominciare a dirsi che può farcela e cercare tutto ciò che la fa stare bene. Cammini, si cucini cose che le piacciono, si proponga di fare delle cose durante il giorno, alterni il riposo con attività di vario tipo. Si iscriva a un corso di scrittura, di arte, di teatro. In questo modo potrá scoprire la gioia delle piccole cose e allontanare i pensieri, scoprendo anche la bellezza del fare. Questa è una impresa eccezionale. E poi é fondamentale che trovi un/una collega che la aiuti a trovare o ri-trovare le voglia di vivere che non ha adesso, momento in cui non riesce a vedere neppure il rosso, il giallo, il verde che le offre la natura.
Un proverbio cinese recita: Ciò che il bruco chiama la fine del mondo, il resto del mondo lo chiama farfalla.
[#4]
Utente
La ringrazio dottoressa, le sue parole mi sono già state d'aiuto, anche se la sensazione di aver fatto mille passi indietro e di aver sprecato tutte le opportunità che ho avuto per essere veramente me stessa (e sono state tante). Sono tornata qui anche perché pensavo che mi faceva bene stare accanto alla mia famiglia, invece è soltanto soffocante. Ho perso interesse nelle cose che mi sono sempre piaciute e sto riprendendo la mia vita seguendo lo stesso percorso che hanno fatto mia madre e mia sorella. Non ho soldi per andare da uno psicologo, quando ero all'estero li ho gestiti male.
[#5]
Signorina buonasera
Essere riuscita ad entrare nella parte ombra della sua anima significa già avere un grande bagaglio. Una ricchezza di sfumature che, seppur dolorose, la rendono umana e vera. Non è mai veramente adulto chi non é passato da momenti bui e dolorosi che certe volte assumono le sembianze di una notte infinita.
Jung diceva che la depressione é come una signora in nero e quando appare non bisogna scacciarla ma ascoltare ciò che ha da dirci. A lei sta dicendo che deve fare qualcosa per se stessa senza stancarsi. Piccole cose quotidiane, come fare una passeggiata, iscriversi ad un corso di teatro, fare due o tre colloqui con un/una collega presso un consultorio dove non debba spendere.
É grazie a questi momenti densi di confusione, di turbamento, che lei ha potuto comprendere la fragile sostanza di cui siamo fatti che però ha anche una parte luminosa, che splende dentro e intorno a lei e che lei sarà in grado di vedere solo quando sarà disponibile ad accoglierla.
La notte non dura per sempre e i caldi raggi della primavera sono lì pronti a riscaldarla, se lei lo consentirà.
Essere riuscita ad entrare nella parte ombra della sua anima significa già avere un grande bagaglio. Una ricchezza di sfumature che, seppur dolorose, la rendono umana e vera. Non è mai veramente adulto chi non é passato da momenti bui e dolorosi che certe volte assumono le sembianze di una notte infinita.
Jung diceva che la depressione é come una signora in nero e quando appare non bisogna scacciarla ma ascoltare ciò che ha da dirci. A lei sta dicendo che deve fare qualcosa per se stessa senza stancarsi. Piccole cose quotidiane, come fare una passeggiata, iscriversi ad un corso di teatro, fare due o tre colloqui con un/una collega presso un consultorio dove non debba spendere.
É grazie a questi momenti densi di confusione, di turbamento, che lei ha potuto comprendere la fragile sostanza di cui siamo fatti che però ha anche una parte luminosa, che splende dentro e intorno a lei e che lei sarà in grado di vedere solo quando sarà disponibile ad accoglierla.
La notte non dura per sempre e i caldi raggi della primavera sono lì pronti a riscaldarla, se lei lo consentirà.
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 3.2k visite dal 29/01/2020.
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