Inadeguatezza, insicurezza, sentirsi distratti e poco sveglio
Non mi riesce bene quasi nulla di pratico (tipo imparare nuovi mestieri) e tendo a sentirmi inferiore rispetto agli altri. Ho pochissima autostima e una forte consapevolezza di essere un peso per gli altri e di come gli altri mi vedono in ambito lavorativo o sociale. Oltretutto tendo a percepire le critiche e le impressioni negative che do con gaffe o altro in modo amplificato.
Tutto questo mi fa sentire poco adeguato a questa società e talvolta mi fa pensare che la mia vita sia stata un'intera perdita di tempo.
Non so bene se soffro di qualche deficit di attenzione o semplicemente col tempo mi sono rovinato, ma mi sento seriamente un peso morto.
Un altro classico è che quando dicono "fai questo" magari faccio tutt'altro e mi fanno una faccia perplessa o scocciata come per dire "questo è imbecille".
Ho fatto una vita abbastanza solitaria durante l'infanzia, ho preferito la "realtà" virtuale a magari uscire con amici perché spesso rimanevo deluso o venivo deriso e preso di mira.
Ora ho 29 anni e a parte conseguire una laurea triennale non sono riuscito a concludere nulla di concreto e tutti i lavori che ho provato mi hanno mandato via dopo pochi giorni o settimane.
Attualmente sto provando un lavoro manuale che ritengo troppo difficile per me e voglio tentare di resistere e non fare pasticci...
Purtroppo spesso la mia sbadataggine e poca manualità mi fa fare più danni che altro. E mi dicono spesso che devo essere più pronto di riflessi e reattivo e che devo fare le cose che mi vengono dette in modo più svelto. Inoltre, quando cose così si ripetono spesso, tendo a pensare di mollare perché mi sento "limitato" piuttosto che provare a trovare soluzioni concrete per risolvere i problemi.
Nonostante ciò, anche se la gente me lo dice con tutta la cattiveria possibile o ci ride sopra, non sento di essere come dicono e mi identifico con un'intelligenza nella media. Però ogni tanto tra sconforto e altro tendo a pensare che abbiano ragione e che io abbia qualche deficit o qualche ritardo.
Questo è tutto, vorrei consigli per uscire da questa situazione poiché non ce la faccio proprio più. Non dico di aver tentato il suicidio ma qualche volta ho pensato di farla finita ma la mia ragione non mi ha mai spinto a cedere a questi sentimenti di sconforto, tuttavia ciò non toglie che soffro molto questa cosa e vorrei parlarne o con un esperto o con qualcuno che è o è stato nella mia stessa situazione scomoda che sembra senza via di uscita.
Tutto questo mi fa sentire poco adeguato a questa società e talvolta mi fa pensare che la mia vita sia stata un'intera perdita di tempo.
Non so bene se soffro di qualche deficit di attenzione o semplicemente col tempo mi sono rovinato, ma mi sento seriamente un peso morto.
Un altro classico è che quando dicono "fai questo" magari faccio tutt'altro e mi fanno una faccia perplessa o scocciata come per dire "questo è imbecille".
Ho fatto una vita abbastanza solitaria durante l'infanzia, ho preferito la "realtà" virtuale a magari uscire con amici perché spesso rimanevo deluso o venivo deriso e preso di mira.
Ora ho 29 anni e a parte conseguire una laurea triennale non sono riuscito a concludere nulla di concreto e tutti i lavori che ho provato mi hanno mandato via dopo pochi giorni o settimane.
Attualmente sto provando un lavoro manuale che ritengo troppo difficile per me e voglio tentare di resistere e non fare pasticci...
Purtroppo spesso la mia sbadataggine e poca manualità mi fa fare più danni che altro. E mi dicono spesso che devo essere più pronto di riflessi e reattivo e che devo fare le cose che mi vengono dette in modo più svelto. Inoltre, quando cose così si ripetono spesso, tendo a pensare di mollare perché mi sento "limitato" piuttosto che provare a trovare soluzioni concrete per risolvere i problemi.
Nonostante ciò, anche se la gente me lo dice con tutta la cattiveria possibile o ci ride sopra, non sento di essere come dicono e mi identifico con un'intelligenza nella media. Però ogni tanto tra sconforto e altro tendo a pensare che abbiano ragione e che io abbia qualche deficit o qualche ritardo.
Questo è tutto, vorrei consigli per uscire da questa situazione poiché non ce la faccio proprio più. Non dico di aver tentato il suicidio ma qualche volta ho pensato di farla finita ma la mia ragione non mi ha mai spinto a cedere a questi sentimenti di sconforto, tuttavia ciò non toglie che soffro molto questa cosa e vorrei parlarne o con un esperto o con qualcuno che è o è stato nella mia stessa situazione scomoda che sembra senza via di uscita.
[#1]
Gentile Utente,
leggendo la sua richiesta sono rimasta colpita dalla sua capacità nel descrivere ciò che prova e ciò che sta vivendo.
Una narrazione così efficace,a mio avviso, evidenzia una sensibilità molto accentuata e una capacità di auto osservazione non comuni.
Purtroppo ho notato che le definizioni che si attribuisce sono tutte molto negative: " inferiore,un peso per gli altri,peso morto,limitato" e le esperienze che le hanno reso la vita così complicata sembrano andare tutte nella direzione della non comprensione, non rispetto, non accettazione da parte di coloro con i quali Lei ha avuto modo di rapportarsi.
Per quanto mi riguarda tendo a pensare che Lei abbia molte potenzialità inespresse e inesplorate e che il suo modo di osservare la realtà ,relativo a se stesso e a chi lo circonda, abbia bisogno di una serie di riletture e contestualizzazioni che le permettano di accettare ciò che è già accaduto senza esserne troppo devastato/condizionato.
Rivedere ciò che le è successo con delle chiavi di lettura appropriate le può consentire di non utilizzare una modalità di pensiero che metta ogni cosa sullo stesso piano e che la spinge a pensare che se qualcosa non ha funzionato nulla potrà mai più funzionare.
Una modalità di pensiero che orienta le sue azioni/decisioni connotandole negativamente, ancor prima di sperimentarle, facendo si che i suoi comportamenti siano coerenti con la interpretazione/lettura negativa, per poter confermare ciò che pensa.
Ci sono, per ognuno di noi, eventi che ci hanno fatto soffrire, che ci hanno fatto pensare, a volte, di non aver risposto con delle soluzioni ideali per gli standard socioeconomici e culturali con i quali veniamo bombardati ogni giorno.
Ci sono momenti della vita affettiva di ognuno di noi che ci possono aver reso più fragili rispetto a certe situazioni, che hanno, magari, modificato le nostre aspettative nelle relazioni interpersonali contemplando bisogni e motivazioni dei quali possiamo non essere consapevoli. Tuttavia, nonostante la difficoltà emotiva che ci hanno causato fanno parte della nostra storia e ci rendono protagonisti assoluti della nostra vita, e poterli 'integrare' nel nostro vissuto esistenziale può diventare una reale forza.
La invito a riflettere sulla opportunità di fare un percorso di consapevolezza che le possa garantire una qualità di vita caratterizzata anche dalla speranza e dalla fiducia.
La invito a riflettere quanto potrebbe essere utile accogliere la premessa esistenziale che ogni essere umano è unico, irripetibile, e che ha un valore incommensurabile.
E a come il concetto di autostima stia diventando , in questa società, una sorta di 'gabbia' interpretativa sulla quale si scrive troppo e in maniera semplicistica e generica, rinunciando alla personalizzazione dei significati che è la strada maestra per la comprensione di se stessi.
Chissà quante prescrizioni interne orientano le sue azioni, quanti devo (essere, fare, pensare, ottimizzare, migliorare ecc.) le condizionano la vita
Comprendere cosa davvero la spaventa, la inibisce, la rende titubante nelle relazioni, oltre alla apparente ansia di ben comparire, alla paura di non sentirsi all'altezza, al timore di non essere quello che dovrebbe essere, la potrebbe aiutare a stare meglio.
Sono certa che riuscirà ad affrontare le sue difficoltà trovando le 'SUE' soluzioni.
Un caro saluto.
Daniela Pellitteri
leggendo la sua richiesta sono rimasta colpita dalla sua capacità nel descrivere ciò che prova e ciò che sta vivendo.
Una narrazione così efficace,a mio avviso, evidenzia una sensibilità molto accentuata e una capacità di auto osservazione non comuni.
Purtroppo ho notato che le definizioni che si attribuisce sono tutte molto negative: " inferiore,un peso per gli altri,peso morto,limitato" e le esperienze che le hanno reso la vita così complicata sembrano andare tutte nella direzione della non comprensione, non rispetto, non accettazione da parte di coloro con i quali Lei ha avuto modo di rapportarsi.
Per quanto mi riguarda tendo a pensare che Lei abbia molte potenzialità inespresse e inesplorate e che il suo modo di osservare la realtà ,relativo a se stesso e a chi lo circonda, abbia bisogno di una serie di riletture e contestualizzazioni che le permettano di accettare ciò che è già accaduto senza esserne troppo devastato/condizionato.
Rivedere ciò che le è successo con delle chiavi di lettura appropriate le può consentire di non utilizzare una modalità di pensiero che metta ogni cosa sullo stesso piano e che la spinge a pensare che se qualcosa non ha funzionato nulla potrà mai più funzionare.
Una modalità di pensiero che orienta le sue azioni/decisioni connotandole negativamente, ancor prima di sperimentarle, facendo si che i suoi comportamenti siano coerenti con la interpretazione/lettura negativa, per poter confermare ciò che pensa.
Ci sono, per ognuno di noi, eventi che ci hanno fatto soffrire, che ci hanno fatto pensare, a volte, di non aver risposto con delle soluzioni ideali per gli standard socioeconomici e culturali con i quali veniamo bombardati ogni giorno.
Ci sono momenti della vita affettiva di ognuno di noi che ci possono aver reso più fragili rispetto a certe situazioni, che hanno, magari, modificato le nostre aspettative nelle relazioni interpersonali contemplando bisogni e motivazioni dei quali possiamo non essere consapevoli. Tuttavia, nonostante la difficoltà emotiva che ci hanno causato fanno parte della nostra storia e ci rendono protagonisti assoluti della nostra vita, e poterli 'integrare' nel nostro vissuto esistenziale può diventare una reale forza.
La invito a riflettere sulla opportunità di fare un percorso di consapevolezza che le possa garantire una qualità di vita caratterizzata anche dalla speranza e dalla fiducia.
La invito a riflettere quanto potrebbe essere utile accogliere la premessa esistenziale che ogni essere umano è unico, irripetibile, e che ha un valore incommensurabile.
E a come il concetto di autostima stia diventando , in questa società, una sorta di 'gabbia' interpretativa sulla quale si scrive troppo e in maniera semplicistica e generica, rinunciando alla personalizzazione dei significati che è la strada maestra per la comprensione di se stessi.
Chissà quante prescrizioni interne orientano le sue azioni, quanti devo (essere, fare, pensare, ottimizzare, migliorare ecc.) le condizionano la vita
Comprendere cosa davvero la spaventa, la inibisce, la rende titubante nelle relazioni, oltre alla apparente ansia di ben comparire, alla paura di non sentirsi all'altezza, al timore di non essere quello che dovrebbe essere, la potrebbe aiutare a stare meglio.
Sono certa che riuscirà ad affrontare le sue difficoltà trovando le 'SUE' soluzioni.
Un caro saluto.
Daniela Pellitteri
Dr.ssa Daniela Pellitteri
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Utente
La ringrazio per la risposta e penso proprio che abbia fatto centro. Tendo troppo ad essere dipendente dal feedback altrui, ad esempio anche quando devo fare cose per cui gli altri non chiedono il permesso tendo a farlo perché nel mio io ritengo giusto così. Per esempio "posso andare in bagno?" al mio datore di lavoro, quando spesso ha ribadito che non devo farmi problemi ad andare. O che prima di usare un qualsiasi macchinario con cui ho poca confidenza ho bisogno di varie spiegazioni affinché io mi senta pronto ad usarlo e nonostante ciò chiedo anche il feedback di come lo sto usando e a fine giornata tendo a chiedere come sono andato. So bene che questi comportamenti oltre a delineare molta insicurezza e paura di fare danni potrebbero risultare infantili, quasi scolastici... un po' come quando insegnano ai bambini ad alzare la mano a scuola per chiedere cose. Un'altra cosa che mi è venuta in mente è che spesso non so rispondere a tono e con prontezza alle battute o alle critiche o prese in giro e passo per fesso o poco sveglio.
Parlando invece dell'ambiente familiare diciamo che grossomodo ho una famiglia normale. Però essendo il fratello maggiore non mi sento rispettato come tale e sia un fratello di 27 anni (2 anni meno di me) che uno di 19 anni non sembrano vedermi affatto come modello, anzi sembra quasi non mi considerino più di tanto; quello di 27 anni è più o meno l'ideale di figlio che hanno sempre voluto, scaltro, sveglio, pieno di amici, con un lavoro fisso e in grado di fare e riparare quasi tutte le cose manuali... nonostante ciò è un po' prepotente e mi ha sempre chiamato "rincoglionito" in passato... ora non lo fa ma facendo leva sui miei punti deboli cerca sempre il modo di "estorcermi" soldi o di truffarmi e soprattutto mi cerca quando ha un tipo di interesse o bisogno (chiedermi prestiti), mentre mi considera poco o saluta a stento quando purtroppo non ne ha bisogno... non lo fa solo con me ma anche con i miei genitori o con i suoi amici, nonostante ciò è sempre rispettato e ben visto: questo è ciò che in Italia viene definito un "furbo" e che in genere ha sempre il modo di fare sentire il prossimo un imbecille o addirittura glielo dice o fa pensare direttamente di essere tale mentre fa vedere quanto lui è sveglio; l'altro fratello umanamente è molto più sensibile e tendo ad andarci più d'accordo, tuttavia col passare del tempo sembra quasi snobbarmi e farmi sentire un po' "poco maturo" o "poco furbo", nonostante non lo faccia con cattiveria noto questo suo distanziarmi e non prendermi molto in considerazione o non vedermi con rispetto.
Per quanto riguarda i miei genitori posso dire che mia madre è iperprotettiva, ma allo stesso tempo estremamente critica nei miei confronti e mi vede come uno che ha problemi o non è come gli altri e troppo spesso mi paragona al fratello "più furbo" o ad altri miei coetanei con lavoro fisso, che guidano la macchina e che sanno fare molte cose che secondo lei un cittadino maschio dovrebbe sapere fare per essere definito tale. Invece mio padre è a tratti menefreghista di ciò che gli sta a torno e tende ad essere più un osservatore passivo, ma quando interviene tende ad essere brusco e critico. Per lui il mondo è pieno di avvoltoi pronti a fregarti e tende a cercare il negativo in tutte le persone. È molto sicuro di sé ed autoritario, sa fare ogni tipo di lavoro e cosa pratica e dice spesso che nella vita ha fatto di tutto e che a 13 anni già andava a lavorare e a 20 già si era costituito una famiglia con lavoro fisso. Inoltre a volte sembra quasi non voler ammettere quando ci sono determinati problemi, ad esempio quando dice a mia madre "ma lui sa guidare" quando in realtà è evidente che sono molto insicuro e non sentendomi sicuro non guido o quando dice "non gli serve lo psicologo, sono tutte cazzate". O insomma, sembra quasi fingere vada tutto bene e che sia tutto nella norma. Il suo modo di rapportarsi con me e le mie difficoltà è diametralmente opposto a quello di mia madre: da una parte lei è troppo apprensiva e critica nei miei confronti, facendomi sentire un babbeo, dall'altra mio padre è molto meno oppressivo e pedante e sembra dirmi che vada tutto bene per farmi sentire meno complessato. Quindi mentre mia madre mi fa sentire sempre più anormale lui si sforza a farmi sentire normale, ma a modo suo. Nonostante ciò so che entrambi mi vogliono bene e che vorrebbero che io "impari ad andare con le mie gambe" (come un qualsiasi genitore).
Entrambi mi dicono "ti devi svegliare", "svegliati" oppure "non rincoglionirti davanti al computer o videogiochi" e quando lo dicono ciò mi ferisce, però so che lo fanno a fin di bene.
Inoltre, non so quanto possa servire scriverlo, ma sono molto affezionato al mio gatto e tendo ad essere apprensivo e protettivo.
Parlando invece dell'ambiente familiare diciamo che grossomodo ho una famiglia normale. Però essendo il fratello maggiore non mi sento rispettato come tale e sia un fratello di 27 anni (2 anni meno di me) che uno di 19 anni non sembrano vedermi affatto come modello, anzi sembra quasi non mi considerino più di tanto; quello di 27 anni è più o meno l'ideale di figlio che hanno sempre voluto, scaltro, sveglio, pieno di amici, con un lavoro fisso e in grado di fare e riparare quasi tutte le cose manuali... nonostante ciò è un po' prepotente e mi ha sempre chiamato "rincoglionito" in passato... ora non lo fa ma facendo leva sui miei punti deboli cerca sempre il modo di "estorcermi" soldi o di truffarmi e soprattutto mi cerca quando ha un tipo di interesse o bisogno (chiedermi prestiti), mentre mi considera poco o saluta a stento quando purtroppo non ne ha bisogno... non lo fa solo con me ma anche con i miei genitori o con i suoi amici, nonostante ciò è sempre rispettato e ben visto: questo è ciò che in Italia viene definito un "furbo" e che in genere ha sempre il modo di fare sentire il prossimo un imbecille o addirittura glielo dice o fa pensare direttamente di essere tale mentre fa vedere quanto lui è sveglio; l'altro fratello umanamente è molto più sensibile e tendo ad andarci più d'accordo, tuttavia col passare del tempo sembra quasi snobbarmi e farmi sentire un po' "poco maturo" o "poco furbo", nonostante non lo faccia con cattiveria noto questo suo distanziarmi e non prendermi molto in considerazione o non vedermi con rispetto.
Per quanto riguarda i miei genitori posso dire che mia madre è iperprotettiva, ma allo stesso tempo estremamente critica nei miei confronti e mi vede come uno che ha problemi o non è come gli altri e troppo spesso mi paragona al fratello "più furbo" o ad altri miei coetanei con lavoro fisso, che guidano la macchina e che sanno fare molte cose che secondo lei un cittadino maschio dovrebbe sapere fare per essere definito tale. Invece mio padre è a tratti menefreghista di ciò che gli sta a torno e tende ad essere più un osservatore passivo, ma quando interviene tende ad essere brusco e critico. Per lui il mondo è pieno di avvoltoi pronti a fregarti e tende a cercare il negativo in tutte le persone. È molto sicuro di sé ed autoritario, sa fare ogni tipo di lavoro e cosa pratica e dice spesso che nella vita ha fatto di tutto e che a 13 anni già andava a lavorare e a 20 già si era costituito una famiglia con lavoro fisso. Inoltre a volte sembra quasi non voler ammettere quando ci sono determinati problemi, ad esempio quando dice a mia madre "ma lui sa guidare" quando in realtà è evidente che sono molto insicuro e non sentendomi sicuro non guido o quando dice "non gli serve lo psicologo, sono tutte cazzate". O insomma, sembra quasi fingere vada tutto bene e che sia tutto nella norma. Il suo modo di rapportarsi con me e le mie difficoltà è diametralmente opposto a quello di mia madre: da una parte lei è troppo apprensiva e critica nei miei confronti, facendomi sentire un babbeo, dall'altra mio padre è molto meno oppressivo e pedante e sembra dirmi che vada tutto bene per farmi sentire meno complessato. Quindi mentre mia madre mi fa sentire sempre più anormale lui si sforza a farmi sentire normale, ma a modo suo. Nonostante ciò so che entrambi mi vogliono bene e che vorrebbero che io "impari ad andare con le mie gambe" (come un qualsiasi genitore).
Entrambi mi dicono "ti devi svegliare", "svegliati" oppure "non rincoglionirti davanti al computer o videogiochi" e quando lo dicono ciò mi ferisce, però so che lo fanno a fin di bene.
Inoltre, non so quanto possa servire scriverlo, ma sono molto affezionato al mio gatto e tendo ad essere apprensivo e protettivo.
[#3]
Utente
Niente, continuano a dire che sono lento, moscio, non arzillo, non scattante... dicono potrebbe essere perché sovrappeso, ma sinceramente non credo, sono sempre stato lento, anche quando ero magro.
Sinceramente una vita così non ce la faccio a sopportarla. Tutti a dire ",ti devi svegliare", ma nessuno mi dice come fare davvero ad uscire da questa pessima situazione. Tantovale ammazzarsi. Il suicidio sembra l'unica via.
Sinceramente una vita così non ce la faccio a sopportarla. Tutti a dire ",ti devi svegliare", ma nessuno mi dice come fare davvero ad uscire da questa pessima situazione. Tantovale ammazzarsi. Il suicidio sembra l'unica via.
[#4]
Utente
Oltretutto continuano a ripetermi che sono lento nei movimenti e alcuni anche nel parlato, mentre altri dicono che nel parlato sono normale...
Riguardo ai movimenti lo dicono soprattutto in ambito lavorativo e a volte anche in palestra a. Da piccolo nei dettati a scuola rimanevo spesso indietro e dovevano aspettarmi. Oltre che magari lentezza di risposta nei riflessi e lo stare sempre assente e sovrappensiero e svogliato penso c'entri anche un po' la pigrizia e poca fiducia in me stesso e nelle mie capacità e la convinzione di essere lento e non all'altezza delle cose.
Tuttavia nei videogiochi penso di non essere lento e anche i riflessi mi sembrano buoni.
In generale nella vita sono sempre stato mediocre e criticato perché troppo lento e poco concentrato. L'unica cosa in cui avevo successo ai tempi dell'università era lo studio della lingua giapponese dove l'insegnante mi diceva addirittura che ero di molto sopra la media. Tuttavia nello studio in generale ero lento nella lettura e svogliato quindi dopo essere finito 7 anni fuori corso e aver preso la laurea triennale con 97/110 lo studio l'ho un po' lasciato perdere cercando di trovare lavoro, ma con scarsi risultati. Ora faccio
Riguardo ai movimenti lo dicono soprattutto in ambito lavorativo e a volte anche in palestra a. Da piccolo nei dettati a scuola rimanevo spesso indietro e dovevano aspettarmi. Oltre che magari lentezza di risposta nei riflessi e lo stare sempre assente e sovrappensiero e svogliato penso c'entri anche un po' la pigrizia e poca fiducia in me stesso e nelle mie capacità e la convinzione di essere lento e non all'altezza delle cose.
Tuttavia nei videogiochi penso di non essere lento e anche i riflessi mi sembrano buoni.
In generale nella vita sono sempre stato mediocre e criticato perché troppo lento e poco concentrato. L'unica cosa in cui avevo successo ai tempi dell'università era lo studio della lingua giapponese dove l'insegnante mi diceva addirittura che ero di molto sopra la media. Tuttavia nello studio in generale ero lento nella lettura e svogliato quindi dopo essere finito 7 anni fuori corso e aver preso la laurea triennale con 97/110 lo studio l'ho un po' lasciato perdere cercando di trovare lavoro, ma con scarsi risultati. Ora faccio
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