Non riesco a perdonare il mio compagno dopo il parto
Salve, scrivo perché mi sembra di trovarmi in un limbo da cui non riesco ad uscire.
Ho una bambina di 5 mesi che ho avuto con il mio compagno con il quale sto da quasi due anni.
Sapevo che fosse un tipo possessivo e legato alla famiglia ma con la gravidanza tutto questo si è accentuato, aggiungendo poi litigi molto aggressivi verbalmente contornati anche da belle parolacce.
Ho trascorso 9 mesi accanto a sua madre (che abita a 200m da lui) tra controlli per un precedente tumore, un intervento e visite varie, fino più o meno all ottavo mese di gravidanza.
Già avevo avuto dei problemi con il mio compagno a causa dell invadenza dei suoi, che pretendevano di decidere tutto su di me e sulla bambina.
Fino a che lui, non sapendo mediare, mi chiede in malo modo di non essere me stessa, di non mostrare alla sua famiglia i miei malumori da donna incinta perché non sia mai sua madre o suo padre si fossero offesi! Da precisare che lui è figlio unico e sua madre ha riversato tutto il suo amore su di lui a causa dei problemi coniugali con il marito, anche lui possessivo e spesso fuori controllo.
Un amore ossessivo che non le ha fatto provare da subito un affetto per la bambina per paura che il suo figlioletto 41enne si allontanasse da lei.
Lui di conseguenza porta il peso del matrimonio dei suoi ma non credo ne sia consapevole.
Io non l ho mai trovato dalla mia parte, non mi ha mai difesa quando i suoi si lamentavano di me nonostante fossi incinta, e dopo il parto ho dovuto subire la loro invadenza diventata ossessiva per me ad un certo punto, erano a casa sempre ed io non potevo neanche dire che non volevo che la bambina ("di pochi giorni) venisse presa in braccio troppo spesso.
Mia suocera ad un certo punto cominciava anche ad entrare in casa aprendo con le sue chiavi se non arrivavo in tempo alla porta.
Il succo è che lui ha sempre messo davanti i suoi genitori, neanche sua figlia, ed io non riesco a perdonarlo per tutto quello che mi hanno fatto.
Me ne sono andata da mia madre, ho provato a ritornare da lui ma aveva ricominciato a fare pressioni per vedere i genitori, senza pensare a quello che volevo io.
Ora fa promesse ma io non credo più in lui, credo di non avere più stima.
E non riesco a capire se io abbia più amore nei suoi confronti... Sono tornata in quella casa e non li sembrava più casa mia, ma solo un luogo in cui ho sofferto, quando penso ai miei suoceri ho una sensazione di disagio e mi vengono ansia e tachicardia.
Sbaglio a pensare che per essere genitori bisogna essere felici entrambi?
O dovrei sacrificarmi per mia figlia?
Io non riesco proprio più a vedere in lui quello che vedevo prima.
Ho una bambina di 5 mesi che ho avuto con il mio compagno con il quale sto da quasi due anni.
Sapevo che fosse un tipo possessivo e legato alla famiglia ma con la gravidanza tutto questo si è accentuato, aggiungendo poi litigi molto aggressivi verbalmente contornati anche da belle parolacce.
Ho trascorso 9 mesi accanto a sua madre (che abita a 200m da lui) tra controlli per un precedente tumore, un intervento e visite varie, fino più o meno all ottavo mese di gravidanza.
Già avevo avuto dei problemi con il mio compagno a causa dell invadenza dei suoi, che pretendevano di decidere tutto su di me e sulla bambina.
Fino a che lui, non sapendo mediare, mi chiede in malo modo di non essere me stessa, di non mostrare alla sua famiglia i miei malumori da donna incinta perché non sia mai sua madre o suo padre si fossero offesi! Da precisare che lui è figlio unico e sua madre ha riversato tutto il suo amore su di lui a causa dei problemi coniugali con il marito, anche lui possessivo e spesso fuori controllo.
Un amore ossessivo che non le ha fatto provare da subito un affetto per la bambina per paura che il suo figlioletto 41enne si allontanasse da lei.
Lui di conseguenza porta il peso del matrimonio dei suoi ma non credo ne sia consapevole.
Io non l ho mai trovato dalla mia parte, non mi ha mai difesa quando i suoi si lamentavano di me nonostante fossi incinta, e dopo il parto ho dovuto subire la loro invadenza diventata ossessiva per me ad un certo punto, erano a casa sempre ed io non potevo neanche dire che non volevo che la bambina ("di pochi giorni) venisse presa in braccio troppo spesso.
Mia suocera ad un certo punto cominciava anche ad entrare in casa aprendo con le sue chiavi se non arrivavo in tempo alla porta.
Il succo è che lui ha sempre messo davanti i suoi genitori, neanche sua figlia, ed io non riesco a perdonarlo per tutto quello che mi hanno fatto.
Me ne sono andata da mia madre, ho provato a ritornare da lui ma aveva ricominciato a fare pressioni per vedere i genitori, senza pensare a quello che volevo io.
Ora fa promesse ma io non credo più in lui, credo di non avere più stima.
E non riesco a capire se io abbia più amore nei suoi confronti... Sono tornata in quella casa e non li sembrava più casa mia, ma solo un luogo in cui ho sofferto, quando penso ai miei suoceri ho una sensazione di disagio e mi vengono ansia e tachicardia.
Sbaglio a pensare che per essere genitori bisogna essere felici entrambi?
O dovrei sacrificarmi per mia figlia?
Io non riesco proprio più a vedere in lui quello che vedevo prima.
[#1]
Gentile utente,
partiamo dalla sua domanda: "dovrei sacrificarmi per mia figlia?".
Lei pensa che sua figlia sarebbe più felice nella casa del papà, in questo momento? Crede che la scontentezza di lei mamma non sarebbe un ostacolo ad una crescita serena?
Sembra che il suo compagno abbia bisogno di avere vicina la famiglia d'origine, e questo è comprensibile nel periodo che segue immediatamente l'esperienza della paternità - come quella della maternità. C'è anche da considerare la malattia della madre, che ha creato certamente ansie, facendo sbilanciare il carico delle attenzioni e degli affetti da quella parte.
Dall'altra parte, però, c'era lei, con la gravidanza, il parto, il dopo-parto e l'allevamento di una piccolina.
Molte donne, anche circondate di premure e affetto, sentono vacillare il loro equilibrio emotivo in questa fase della vita, per cui richiedono al partner un supplemento di pazienza e comprensione. Le stesse doti a maggior ragione ci si attenderebbe dai parenti, non direttamente coinvolti nel cambiamento ormonale ed esistenziale.
Nel caso di sua suocera, purtroppo, c'è stata la malattia ad alterare la "saggezza" adulta; e a quel che lei dice, non solo questa.
Ora forse il suo compagno comincia a intravedere il proprio ruolo, e le chiede di tornare, ma a questo punto lei non si riconosce più innamorata e non ha più riserve di pazienza.
Io le suggerirei di non forzare i tempi in nessuna direzione.
Se ha la fortuna di poter rimanere con la bimba presso la sua famiglia d'origine, senza insofferenze e attriti, rimanga lì, ma non ipotechi in alcun modo il futuro, anzi incontri serenamente il suo compagno per costruite insieme l'affetto per la vostra bambina.
In questa fase di ripristino della serenità, non recriminate sui torti di lui, su quelli di lei stessa e delle famiglie d'origine.
Non è il momento di ragionare e persuadere, ma quello di lasciarsi vivere, aspettando che la tempesta degli ormoni e quella degli errori che hanno generato malessere si dissolva, prima di fare progetti.
Lo stato di limbo di cui parla all'inizio della sua lettera può servire a curare le ferite, a cercare di capire se l'amore verso il suo compagno può tornare, a valutare quali cose le sono risultate insopportabili, quali vanno corrette, quali possono essere accettate.
Infiniti auguri.
partiamo dalla sua domanda: "dovrei sacrificarmi per mia figlia?".
Lei pensa che sua figlia sarebbe più felice nella casa del papà, in questo momento? Crede che la scontentezza di lei mamma non sarebbe un ostacolo ad una crescita serena?
Sembra che il suo compagno abbia bisogno di avere vicina la famiglia d'origine, e questo è comprensibile nel periodo che segue immediatamente l'esperienza della paternità - come quella della maternità. C'è anche da considerare la malattia della madre, che ha creato certamente ansie, facendo sbilanciare il carico delle attenzioni e degli affetti da quella parte.
Dall'altra parte, però, c'era lei, con la gravidanza, il parto, il dopo-parto e l'allevamento di una piccolina.
Molte donne, anche circondate di premure e affetto, sentono vacillare il loro equilibrio emotivo in questa fase della vita, per cui richiedono al partner un supplemento di pazienza e comprensione. Le stesse doti a maggior ragione ci si attenderebbe dai parenti, non direttamente coinvolti nel cambiamento ormonale ed esistenziale.
Nel caso di sua suocera, purtroppo, c'è stata la malattia ad alterare la "saggezza" adulta; e a quel che lei dice, non solo questa.
Ora forse il suo compagno comincia a intravedere il proprio ruolo, e le chiede di tornare, ma a questo punto lei non si riconosce più innamorata e non ha più riserve di pazienza.
Io le suggerirei di non forzare i tempi in nessuna direzione.
Se ha la fortuna di poter rimanere con la bimba presso la sua famiglia d'origine, senza insofferenze e attriti, rimanga lì, ma non ipotechi in alcun modo il futuro, anzi incontri serenamente il suo compagno per costruite insieme l'affetto per la vostra bambina.
In questa fase di ripristino della serenità, non recriminate sui torti di lui, su quelli di lei stessa e delle famiglie d'origine.
Non è il momento di ragionare e persuadere, ma quello di lasciarsi vivere, aspettando che la tempesta degli ormoni e quella degli errori che hanno generato malessere si dissolva, prima di fare progetti.
Lo stato di limbo di cui parla all'inizio della sua lettera può servire a curare le ferite, a cercare di capire se l'amore verso il suo compagno può tornare, a valutare quali cose le sono risultate insopportabili, quali vanno corrette, quali possono essere accettate.
Infiniti auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
La ringrazio di vero cuore, la sua risposta mi fa davvero sentire meglio. Io in questo momento non credo che la bambina stia meglio nella casa paterna perché io sarei piena di ansie e nervosismo, allatto solo al seno e non vorrei che il mio malessere si riversasse su di lei.. Dall'altro però mi dispiace che il suo papà non possa vivere quei momenti unici di questi mesi, ogni giorno è un piccolo progresso e lui lo sta perdendo. Ma oltre a questo c'è il fatto che per stare con il mio compagno ho dovuto adattarmi e cambiare anche un po' di cose di me stessa.. Cominciando dall abbigliamento per finire alle sue idee un po' maschiliste e retrograde... Allora la mia rabbia è cresciuta di piu perché mi dico.. "possibile che nonostante tutto quello che abbia fatto per lui e per loro, non riesca mai a mettermi al primo posto?"i risponde che i suoi genitori ci sono da 40 anni e io solo da due.. Ma scusatemi questa non è una lotta, e se lo fosse sarebbe impari, non ne capisco proprio il senso. Lui vive ossessionato da questo rapporto con i genitori, e alcune delle sue storie precedenti sono finite proprio per i commentini subdoli della madre.. Inoltre a settembre lui ha avuto un brutto episodio di trombosi con embolia polmonare, ma fortunatamente dopo un mese è riuscito a ritornare a lavoro e a riprendere un po' la sua vita. In quel periodo ho capito che lui aveva più bisogno di essere un figlio e non un padre, ma mi metteva da parte, preferiva farsi aiutare da sua madre (che in realtà non lo aiutava ma si lamentava delle sue di malattie, che non ha più ma purtroppo è una persona che parla solo di malattie e di morti), chiamandola in continuazione anche se io ero in casa. So che scrivo tanto ma proprio non riesco a trovare una soluzione..
[#3]
Gentile utente,
al fondo della sua, e forse della vostra sofferenza, ci sono due modi diversi di vedere la vita. E' importante trovare una strada per riuscire tuttavia a capirsi, per il bene vostro e della bambina.
A quel che ci scrive, la madre del suo compagno sembrerebbe egocentrica e invadente, e lui è cresciuto in un rapporto malato con lei e anche col padre, che infatti imita nei toni maschilisti, nella mancanza di rispetto e di complicità con la propria compagna.
Tuttavia, lei ne è stata attratta al punto da andarci a vivere e farci una figlia. Dice di essere perfino cambiata per adattarsi alle sue idee.
Dunque, lui è radicato in una serie di idee, abitudini e comportamenti che gli hanno precluso un rapporto con altre compagne: "alcune delle sue storie precedenti sono finite proprio per i commentini subdoli della madre". E non solo per questo, immagino, ma perché altre donne forse lo hanno trovato insopportabile.
D'altra parte, lei probabilmente non ha messo subito in chiaro che non era disposta a subire modi arroganti e parolacce, non ha saputo spiegare quali fossero i confini della sua privacy, e nemmeno cosa si aspettava in termini di affetto, comprensione e alleanza da lui.
Cara utente, c'è da pensare che lei conosca poco sé stessa, e che si sia illusa, in un primo tempo del fatto che quest'uomo fosse diverso, poi che potesse cambiare senza richieste precise, anzi dandogli segnali contrari: se mi adatto alle pretese di qualcuno gli sto dando ragione, e non mi posso aspettare che divenga più rispettoso e più empatico.
Temo che anche il suo rammarico per tutto quello che non state condividendo della crescita della bambina, sia in fondo riferito ad un partner ideale, diverso, mentre l'uomo che ha avuto accanto è come un adolescente concentrato su sé stesso.
Nella mia precedente le consigliavo di continuare a vederlo senza forzature e senza recriminazioni, studiando la possibilità di un rapporto affettuoso tra voi, malgrado la fine della storia d'amore.
Dopo i suoi chiarimenti, la invito ancora di più a riflettere con calma, senza chiedere ciò che non esiste. Nel vostro caso l'aiuto di un terapeuta di coppia sarebbe utile per imparare a parlarsi e a crescere insieme, o per lasciarsi senza rancori.
Immagino che il suo compagno non sia però disposto a mettere in discussione le sue idee e quelle dalla sua famiglia. Proporgli la terapia di coppia sarebbe allora uno strumento per capire e far capire quanto lui ci tenga al vostro rapporto, e quanto tutti e due siate disposti a cambiare.
Tanti auguri.
al fondo della sua, e forse della vostra sofferenza, ci sono due modi diversi di vedere la vita. E' importante trovare una strada per riuscire tuttavia a capirsi, per il bene vostro e della bambina.
A quel che ci scrive, la madre del suo compagno sembrerebbe egocentrica e invadente, e lui è cresciuto in un rapporto malato con lei e anche col padre, che infatti imita nei toni maschilisti, nella mancanza di rispetto e di complicità con la propria compagna.
Tuttavia, lei ne è stata attratta al punto da andarci a vivere e farci una figlia. Dice di essere perfino cambiata per adattarsi alle sue idee.
Dunque, lui è radicato in una serie di idee, abitudini e comportamenti che gli hanno precluso un rapporto con altre compagne: "alcune delle sue storie precedenti sono finite proprio per i commentini subdoli della madre". E non solo per questo, immagino, ma perché altre donne forse lo hanno trovato insopportabile.
D'altra parte, lei probabilmente non ha messo subito in chiaro che non era disposta a subire modi arroganti e parolacce, non ha saputo spiegare quali fossero i confini della sua privacy, e nemmeno cosa si aspettava in termini di affetto, comprensione e alleanza da lui.
Cara utente, c'è da pensare che lei conosca poco sé stessa, e che si sia illusa, in un primo tempo del fatto che quest'uomo fosse diverso, poi che potesse cambiare senza richieste precise, anzi dandogli segnali contrari: se mi adatto alle pretese di qualcuno gli sto dando ragione, e non mi posso aspettare che divenga più rispettoso e più empatico.
Temo che anche il suo rammarico per tutto quello che non state condividendo della crescita della bambina, sia in fondo riferito ad un partner ideale, diverso, mentre l'uomo che ha avuto accanto è come un adolescente concentrato su sé stesso.
Nella mia precedente le consigliavo di continuare a vederlo senza forzature e senza recriminazioni, studiando la possibilità di un rapporto affettuoso tra voi, malgrado la fine della storia d'amore.
Dopo i suoi chiarimenti, la invito ancora di più a riflettere con calma, senza chiedere ciò che non esiste. Nel vostro caso l'aiuto di un terapeuta di coppia sarebbe utile per imparare a parlarsi e a crescere insieme, o per lasciarsi senza rancori.
Immagino che il suo compagno non sia però disposto a mettere in discussione le sue idee e quelle dalla sua famiglia. Proporgli la terapia di coppia sarebbe allora uno strumento per capire e far capire quanto lui ci tenga al vostro rapporto, e quanto tutti e due siate disposti a cambiare.
Tanti auguri.
[#4]
Utente
Cara Dottoressa, la ringrazio ancora una volta. Purtroppo ho davanti a me un uomo che non ascolta, più volte gli ho chiesto di non raccontare i particolari della nostra storia o della nostra intimità alla madre, così come di evitare di usare quelle brutte espressioni con me, e le risposte erano sempre le stesse: "Io questo sono, se ti sta bene altrimenti li c è la porta", e quindi speravo che parlandone ogni volta sarebbe cambiato qualcosa, ma lui rafforzava sempre di più la sua posizione. Io mi rendo conto di conoscere ciò che non sopporto e nonostante tutto mi sono innamorata di lui, forse non mi voglio bene abbastanza e finisco sempre per sottomettermi chissà... La situazione comunque si è aggravata proprio con la gravidanza, dando priorità al fatto che i genitori sarebbero stati nonni e non a quello che io sarei diventata mamma.. Ho provato a spiegargli i miei disagi più di una volta ma come le ho detto precedentemente, non ascolta e non si mette mai nei panni degli altri. Io credo che quando si sta con una persona sia normale che ognuno rispetti la famiglia dell altro, ma le giuro che io ho provato una sensazione di oppressione, quest obbligo di fingere perché non sia mai si fossero offesi! Ma per cosa poi? Chi è che non ha comprensione per una donna incinta? Mah...
Ho provato a suggerire una terapia di coppia ma lui sostiene che io sia depressa se non pazza...Dice in giro che io vorrei che lui odiasse i suoi genitori pur di non ammettere i suoi errori... Come lei mi aveva consigliato, gli ho proposto di sfruttare il tempo per vedere la bambina per creare magari un rapporto pacifico tra di noi e chi lo sa che magari con il tempo le cose si sarebbero sistemate.. Ma purtroppo, per lui, o torno a casa, oppure niente.. Ed io senza un minimo di comprensione da parte sua proprio non posso... L idea di ritrovarmi in quell incubo mi fa rabbrividire.. O forse semplicemente non riesco ad accettare che è finita nonostante sia io a non riuscire a tornare indietro.. Spero di capirci qualcosa un giorno :D La saluto e la ringrazio ancora.
Con affetto,
Claudia.
Ho provato a suggerire una terapia di coppia ma lui sostiene che io sia depressa se non pazza...Dice in giro che io vorrei che lui odiasse i suoi genitori pur di non ammettere i suoi errori... Come lei mi aveva consigliato, gli ho proposto di sfruttare il tempo per vedere la bambina per creare magari un rapporto pacifico tra di noi e chi lo sa che magari con il tempo le cose si sarebbero sistemate.. Ma purtroppo, per lui, o torno a casa, oppure niente.. Ed io senza un minimo di comprensione da parte sua proprio non posso... L idea di ritrovarmi in quell incubo mi fa rabbrividire.. O forse semplicemente non riesco ad accettare che è finita nonostante sia io a non riuscire a tornare indietro.. Spero di capirci qualcosa un giorno :D La saluto e la ringrazio ancora.
Con affetto,
Claudia.
[#5]
Cara utente,
nella sua lettera ci sono tre punti fondamentali che la prego di valutare:
1) "Io questo sono, se ti sta bene altrimenti li c è la porta", e quindi speravo che parlandone ogni volta sarebbe cambiato qualcosa, ma lui rafforzava sempre di più la sua posizione.
Dunque il suo partner le dice brutalmente che preferisce mandarla via anziché cambiare, e lei invece di mollarlo subito ne deduce che "parlandone ogni volta sarebbe cambiato qualcosa". In che modo? Sentendosi sempre più umiliata e depressa e rendendo lui sempre più aggressivo?
2) "gli ho proposto di sfruttare il tempo per vedere la bambina per creare magari un rapporto pacifico tra di noi e chi lo sa che magari con il tempo le cose si sarebbero sistemate.. Ma purtroppo, per lui, o torno a casa, oppure niente".
Anche qui, lui dice: non si discute, decido solo io, comando io, dei tuoi sentimenti non mi importa niente.
La maggior parte delle donne avrebbe capito che il partner la sta rifiutando, e non solo: la sta moralmente calpestando.
Lei invece che cosa pensa? Eccolo:
3) "forse semplicemente non riesco ad accettare che è finita nonostante sia io a non riuscire a tornare indietro".
A questo punto forse riesce pure a sentirsi in colpa, e davvero può ingannare sé stessa fino a credere che LEI se ne è andata, LEI non riesce a tornare indietro.
Provi a leggere il libro "Donne che amano troppo", che dimostra i paradossi dei sentimenti femminili e il fatto che le donne meno padrone della propria vita si attribuiscono tutte le colpe allo scopo inconscio di sentirsi, anziché vittime inermi, artefici del proprio destino, praticamente onnipotenti.
Cara utente, lei adesso ha una bambina, e proprio questo deve aver spostato l'ago della bilancia verso valori più sani. E' sua figlia che ha bisogno della sua protezione e del suo amore, non il suo compagno.
Non agisca come lui, che non ascolta nulla, ma rifletta sulle mie parole, e vada da un bravo psicologo che la sappia supportare in questo momento di passaggio, da persona passiva ad artefice del suo destino.
Mi tenga al corrente, con simpatia.
nella sua lettera ci sono tre punti fondamentali che la prego di valutare:
1) "Io questo sono, se ti sta bene altrimenti li c è la porta", e quindi speravo che parlandone ogni volta sarebbe cambiato qualcosa, ma lui rafforzava sempre di più la sua posizione.
Dunque il suo partner le dice brutalmente che preferisce mandarla via anziché cambiare, e lei invece di mollarlo subito ne deduce che "parlandone ogni volta sarebbe cambiato qualcosa". In che modo? Sentendosi sempre più umiliata e depressa e rendendo lui sempre più aggressivo?
2) "gli ho proposto di sfruttare il tempo per vedere la bambina per creare magari un rapporto pacifico tra di noi e chi lo sa che magari con il tempo le cose si sarebbero sistemate.. Ma purtroppo, per lui, o torno a casa, oppure niente".
Anche qui, lui dice: non si discute, decido solo io, comando io, dei tuoi sentimenti non mi importa niente.
La maggior parte delle donne avrebbe capito che il partner la sta rifiutando, e non solo: la sta moralmente calpestando.
Lei invece che cosa pensa? Eccolo:
3) "forse semplicemente non riesco ad accettare che è finita nonostante sia io a non riuscire a tornare indietro".
A questo punto forse riesce pure a sentirsi in colpa, e davvero può ingannare sé stessa fino a credere che LEI se ne è andata, LEI non riesce a tornare indietro.
Provi a leggere il libro "Donne che amano troppo", che dimostra i paradossi dei sentimenti femminili e il fatto che le donne meno padrone della propria vita si attribuiscono tutte le colpe allo scopo inconscio di sentirsi, anziché vittime inermi, artefici del proprio destino, praticamente onnipotenti.
Cara utente, lei adesso ha una bambina, e proprio questo deve aver spostato l'ago della bilancia verso valori più sani. E' sua figlia che ha bisogno della sua protezione e del suo amore, non il suo compagno.
Non agisca come lui, che non ascolta nulla, ma rifletta sulle mie parole, e vada da un bravo psicologo che la sappia supportare in questo momento di passaggio, da persona passiva ad artefice del suo destino.
Mi tenga al corrente, con simpatia.
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 9.5k visite dal 16/01/2020.
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