La mia personalità" che la mononucleosi certo ha aggravato, mi ha mandato

Salve,
ho 21 anni; nei primi giorni di gennaio ho avuto una crisi ansiosa che, nei primi momenti mi ha fatto preoccupare, temere per la mia vita. Mi sono fatto molti controlli, specialmente elettrocardiogrammi... tutto a posto. Nello stesso periodo mi è stata diagnosticata una mononucleosi. Sono stato quasi un mese chiuso in casa, ho avuto ansia, e anche il mio umore ne ha risentito parecchio. guarito dalla mononucleosi ho passato ancora dei giorni "bui", caratterizzati da ansia e umore a terra (non avevo nemmeno una voglia, niente che mi facesse sorridere, avevo un forte senso di nausea, mangiavo pochissimo). Mi sono consultato col medico e mi ha detto che per lui è una fase transitoria in cui sto "strutturando la mia personalità" che la mononucleosi certo ha aggravato, mi ha mandato da uno psicologo per fare dei test di personalità. Egli mi ha sottoposto a due test, quello di roscharch e il minnesota test. Ho superato entrambi i test. Lo psicologo sembrava soddisfatto, dal minnesota risultava una lieve depressione, ma anche secondo lui si trattava di un periodo di transizione in cui probabilmente avevo bisogno di esprimere qualcosa che avevo dentro. Anche se rincuorato da ciò, ho insistito per continuare a fare delle sedute, per tranquillità personale. Dopo un po' di tempo ho preso una bella influenza che mi ha costretto per una settimana a casa. E di nuovo sono ripiombato in uno stato di disagio, in cui avevo pensieri suicidi. Adesso sono passate un paio di settimane dalla guarigione dall'influenza, ed effettivamente mi sento meglio. Il dottore mi ha detto che, a causa della mononucleosi, continuerò a sentire senso di stanchezza e debolezza, comunque faccio un po' di sport, senza esagerare, esco con gli amici, studio (faccio filosofia all'università, tra l'altro ho in mente di laurearmi a settembre); insomma comincio a riprendere i miei interessi ecc... Solo che ho ancora certi pensieri legati al suicidio. Sì, il mio umore è assai sereno (probabilmente dipende anche dal mio stato fisico), ma continuo ad avere certi pensieri, anche se meno intensamente. La mia ragazza mi ha citato un bel proverbio cinese: "non possiamo impedire agli uccelli dei cattivi pensieri di volare su di noi, ma possiamo impedire di fare il nido". Quello che forse è cambiato è il mio atteggiamento nei loro confronti: maggiore distacco. Vorrei sentire anche il vostro parere in merito. Cerco di trovare un senso alla vita, trovo mille motivi, mille risposte... eppure continuo a pormi questo genere di domande. E a forza di rimuginare ad un certo punto cado in uno stato di tristezza, melanconia... fate voi. A volte il pensiero di dover passare il resto della mia vita a pormi di queste questioni, trasforma il tempo in un lenta sostanza che scorre pesante. Sì, abbiamo una pulsione vitale, una sorta di attaccamento istintuale alla vita... ma perchè una persona dovrebbe preferire la vita? Perchè ci sono persone che si suicidano? Perchè alcune volte si perde la voglia di vivere?
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Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220
Caro Ragazzo, se lei continua a porsi domande il tal senso rischia di aggravere la situazione sempre di più. Se dopo la convalescenza ha smesso con lo psicologo forse sarebbe il caso di riprendere qualche seduta altrimenti dalla sua (così sembra) depressione esistenziale potrebbe dar vita ad un circolo vizioso da sfociare in altre forme psicopatolgiche come le ossesioni ecc.
Intanto dia un'occhiata a questo articolo che in virtù di quello che studia potrebbe trovarlo interessante e chissà utile

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/40-quando-le-nostre-convinzioni-ci-fanno-ammalare.html

cordialmente

Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks

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Utente
Utente
Però che tempismo... grazie mille! Quello che dice è assolutamente corretto...
In effetti cerco risposte a domande che probabilmente non ce l'hanno... sicuramente è anche l'ansia che mi porta a pormi queste domande... e forse non ho nemmeno bisogno delle possibili risposte, perchè, come ho detto, anche se trovo risposte, continuo a pormi domande del genere...Potrei arrivare a dedurre logicamente che sarebbe più ragionevole uccidersi, eppure non sono sereno. Non voglio, ma perché non voglio? Potrei rispondermi con “non voglio e basta”, ma allora potrebbe arrivare il momento in cui voglio e lo faccio... e io questo pensiero non lo sopporto, mi fa star male, perché non è quello che avevo in mente, non erano i miei progetti, non voglio essere un disperato. Certe volte penso ai miei interessi, a ciò che voglio coltivare... cioè, anche lì, ho voglia di perseguirli, però non so perché... di fronte alla morte tutto perde di importanza... guardate, mi sono fatto un sacco di masturbazioni mentali su questo, e non sono stato capace di esaurirle in queste poche righe, perché è un mare di pensieri che si affolla nella mia mente, pensieri anche confusi. A volte non riesco a definire bene il pensiero alla mia coscienza, sento solo l'affetto che reca con sé, disagio. Uno si dice... ma non ci pensare, perché crearsi problemi, quando ti puoi godere la vita... recentemente ho visto un video umoristico che recitava “sai che pensare può rendere tristi?” e comparivano le immagini di Schopenhauer, Leopardi e Nietzsche e la voce continuava “impara a regredire mentalmente per non essere triste” (o qualcosa del genere)... però che ci posso fare... se mi sono trovato a studiare filosofia ci sarà un motivo... Comunque cercherò di vivere più serenamente. Grazie per il tempismo della risposta!
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Utente
Utente
Le sedute dallo psicologo continuo a farle. Ho letto l'articolo che mi ha proposto e sì, l'ho trovato abbastanza interessante. È un po' più incentrato verso i problemi di relazione interpersonalefamigliare, mentre il mio problema ha una dimensione (forse) esistenziale, che riguarda il rapporto tra me e la mia vita. Comunque è possibile che sia chiuso ad altri modi di considerare l'esistenza, che un mio "mito" voglia trovare riscontro. Anche se quello a cui mi rivolgo (appunto l'esistenza) costituisce un limite per il pensiero umano. A volte penso che questi dubbi esistenziali siano uno "specchietto per le allodole", voglio dire... chi non se le è mai poste queste domande? È come se estendessi un disagio momentaneo ad una intera vita (non so se mi sono spiegato). Comunque è da poco che ho iniziato la psicoterapia (ho fatto meno di 10 sedute), lo psicologo mi fa parlare molto (mi ha fatto scrivere un'autobiografia, tenere un diario emozionale, raccontare dei sogni, parlare della mia famiglia ecc..), ma per ora non si pronuncia (ha ipotizzato che si tratti della mia parte aggressiva, di una pulsione di morte che è universale, ma che in ognuno è legata a fattori personali... un'ipotesi di lavoro)
Grazie dell'attenzione
Cordiali Saluti
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Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220
Continui pure con il suo terapeuta e non attenda che si pronunci su qualcosa, il suo lavoro non è costituito dalla ricerca di una diagnosi ma orientato verso la sua crescita personale ed una maggiore autoconsapevolezza, soprattutto se è di orientamento analitico così come sembra da quello che dice. Inoltre provi a ristrutturare il suo pensiero in positivo con l'idea che se non si ponesse i problemi che si pone forse non sarebbe mai un bravo filosofo. Lo ha detto lei stesso
... se mi sono trovato a studiare filosofia ci sarà un motivo...
e prenda questo suo momento come una crescita positiva.

cordialmente
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Utente
Utente
La ringrazio per il consulto, soprattutto per i tempi di risposta. Buon lavoro!
[#6]
Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187
Gentile Utente,
mi ha colpito questo passaggio "Solo che ho ancora certi pensieri legati al suicidio. Sì, il mio umore è assai sereno" che mi indica una certa confusione.

I pensieri legati alla morte ed al suicidio spesso compaiono a seguito di un abbassamento del tono dell'umore: quando questo viene riportato in asse, ovvero a livelli accettabili, tali pensieri scompaiono. Per questo motivo le consiglio una consulenza psichiatrica. L'associazione tra farmacoterapia e psicoterapia permette di ottenere i migliori risultati, ed i tempi si accorciano notevolmente.

Provi a leggersi anche questi due articoli, uno sulla depressione https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/

ed uno sulla paura della morte https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/208-la-paura-della-morte.html

Come vede le ho dato una risposta "tecnica": a volte si può anche scegliere di lasciare temporaneamente da parte la filosofia
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Gentile ragazzo
Mi permetterà di scherzare un po' sulla sua situazione, e dirle che era quasi scontato che un futuro filosofo come lei si facesse tante domande, fino a fregarsi da solo!

Nelle sue parole mi pare ci sia già l'analisi del problema: lei si sta ponendo domande alle quali non può esistere una risposta razionale. E quindi ogni risposta che riuscirà a trovare sarà anch'essa insoddisfacente, creando ulteriori domande, e facendola sprofondare sempre più in un circolo vizioso senza fine.

Il buon vecchio Wittgenstein, in questo, avrebbe già dovuto correre in suo soccorso: "Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere". Come ha fatto a sfuggirle, proprio a lei che studia filosofia?

Potrei sbagliarmi, ma credo che nel suo caso i pensieri di suicidio non siano legati tanto a uno stato depressivo, quanto piuttosto all'inevitabile conclusione a cui si arriva interrogandosi troppo sui problemi esistenziali: ossia che la vita è irrazionale.

Il significato che ciascuno di noi dà alla propria vita è arbitrario, non assoluto. Alcuni accettano significati che altri hanno scelto per loro, altri, dotati di maggior capacità di discernimento, sono costretti a sceglierselo da soli. Ma in ogni caso il razionale prende sempre vita dall'irrazionale.

Continui pure con la sua attuale terapia, se ne sta ricavando benefici. Tuttavia, sappia che la terapia breve strategica dispone di protocolli specifici per il trattamento dei disturbi da dubbio patologico - ma, ripeto, non è possibile dire se questo sia davvero il suo caso.

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#8]
Utente
Utente
Ho ben presente la proposizione con cui Wittgenstein conclude il suo Tractatus... tuttavia non credo sia da interpretare come una sorta di "dogma", cioè "la logica non può rispondere a questo ordine di domande, quindi non te le porre nemmeno, non hanno assolutamente senso". Non hanno senso nel linguaggio della logica, ma devono trovare una risposta in altri ordini di "linguaggio"... ad esempio quello delle emozioni. Diciamo che non sono questioni di pertinenza logica, la quale ha il compito di descrivere nel modo più efficace il mondo (quindi le questioni metafisiche sono tagliate fuori). Ma Ludwig sapeva bene che non esistiamo solo come esseri pensanti (di cartesiana memoria) e che esistono altre realtà che il linguaggio non può esprimere (di qui i "limiti del linguaggio"). D'altronde sono ben noti studi sulla componente mistica del pensiero wittgensteiniano (il tentativo di definire i limiti del linguaggio getta luce su una miriade di questioni che si trovano al di fuori di tali limiti e che il linguaggio logico non può definire)... non mi odi per questo, non sono "il perfettino", sono più simpatico di solito... comunque ha ragione quando dice che sto ponendomi domande che non hanno risposte razionali, la risposta a certi turbamenti dell'anima può derivare dalla mia sensibilità, più che dalla ragione. Credo che dietro a queste domande, il problema sia legato ad un momento di "umore nero" che deve "ricolorarsi"... vedo che in questi giorni sto riprendendo tono, mangio regolarmente, faccio attività fisica (sono uscito da poco più di un mese da una bella mononucleosi)... speriamo che continui a ristabilirsi il mio umore!
Continuo a fare sedute con lo psicologo, secondo il quale non necessito di cure farmacologiche.
Grazie mille delle risposte
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