Relazione e malattia, come dovrei comportarmi?
Buongiorno,
Vorrei avere un consiglio su come gestire questa situazione, che cercherò di riassumere:
Premessa: ho 26 anni e da due anni ho una relazione con un ragazzo di 37.
Qualche settimana fa il mio fidanzato (rapporto stabile, progetti concreti sul futuro) è risultato positivo al test sulla Corea di Huntington.
Si è già interfacciato con gli specialisti, che hanno individuato alcuni sintomi della malattia e prescritto una terapia farmacologica.
Lui è sprofondato in una crisi profonda, non vede un futuro per noi né per se stesso, mi ha lasciata senza mai volermi vedere, dicendo prima di volermi comunque accanto come amica, poi chiedendomi di non contattarlo perché associa me alla malattia.
I pareri che vorrei ricevere riguardano due aspetti:
1.
Immediatamente lui ha deciso che non mi avrebbe permesso di restare di con lui, per la malattia, perché sono ancora giovane, perché improvvisamente 11 anni di differenza sono divenuti troppi, e ha continuato a ribadirlo con forza.
Io, sbagliando probabilmente, ho continuato a insistere che per me la malattia non faceva differenze, che ero conscia delle rinunce e dei problemi che questa patologia comporta, ma che volevo restare con lui.
Ne abbiamo discusso a lungo, lui ne ha parlato con lo psicologo, ma la sua decisione non è cambiata.
Ho provato a non assillarlo, a confortarlo a distanza, come semplice amica, ma dopo pochi giorni appunto lui ha detto che la mia presenza gli fa più male che bene.
Da una parte lo capisco, dall’altra faccio fatica ad accettare la cosa, e una piccola parte di me è arrabbiata con lui (e me ne vergogno) perché si è chiuso totalmente e non ha pensato neanche un istante al mio dolore, anzi mi ha allontanata, trattandomi con freddezza, e nulla di ciò che ho detto l’ha minimamente scalfito.
Perciò che cosa dovrei fare?
Dimenticarlo?
Sparire e vedere se tra qualche tempo mi contatterà?
Sperare che ci ripensi?
E soprattutto, sono davvero fuori di testa e accecata dall’amore da non capire che è meglio così?
Comprendo la sua decisone di lasciarmi, di permettermi di avere una vita più normale, ma questa si scontra con la mia volontà, che non ha avuto alcuna rilevanza per lui.
Lo so bene che la malattia comporta molte rinunce, sofferenze, ma per me non sono tali, e anzi, la rinuncia più grande ora è subire tutte le sue decisioni senza poter fare nulla e sentirmi dire che non sopporta la mia presenza (a distanza, rappresentata da messaggi, da semplice ascolto, manifestazioni di affetto, tentativi di motivarlo a non lasciarsi andare).
Secondo aspetto: lui sta malissimo, continua a ripetere che non vede una via di uscita, che vuole morire, che quando arriveranno le grosse limitazioni ricorrerà a gesti drastici e perciò, a prescindere da ciò che c’è stato tra noi, vorrei davvero aiutarlo, ma appunto non so come, perché non ha bisogno di me, anzi al contrario.
E di nuovo, che cosa dovrei fare?
Mi sembra di abbandonarlo...
Scusate il lungo papiro, e grazie per le vostre risposte.
Vorrei avere un consiglio su come gestire questa situazione, che cercherò di riassumere:
Premessa: ho 26 anni e da due anni ho una relazione con un ragazzo di 37.
Qualche settimana fa il mio fidanzato (rapporto stabile, progetti concreti sul futuro) è risultato positivo al test sulla Corea di Huntington.
Si è già interfacciato con gli specialisti, che hanno individuato alcuni sintomi della malattia e prescritto una terapia farmacologica.
Lui è sprofondato in una crisi profonda, non vede un futuro per noi né per se stesso, mi ha lasciata senza mai volermi vedere, dicendo prima di volermi comunque accanto come amica, poi chiedendomi di non contattarlo perché associa me alla malattia.
I pareri che vorrei ricevere riguardano due aspetti:
1.
Immediatamente lui ha deciso che non mi avrebbe permesso di restare di con lui, per la malattia, perché sono ancora giovane, perché improvvisamente 11 anni di differenza sono divenuti troppi, e ha continuato a ribadirlo con forza.
Io, sbagliando probabilmente, ho continuato a insistere che per me la malattia non faceva differenze, che ero conscia delle rinunce e dei problemi che questa patologia comporta, ma che volevo restare con lui.
Ne abbiamo discusso a lungo, lui ne ha parlato con lo psicologo, ma la sua decisione non è cambiata.
Ho provato a non assillarlo, a confortarlo a distanza, come semplice amica, ma dopo pochi giorni appunto lui ha detto che la mia presenza gli fa più male che bene.
Da una parte lo capisco, dall’altra faccio fatica ad accettare la cosa, e una piccola parte di me è arrabbiata con lui (e me ne vergogno) perché si è chiuso totalmente e non ha pensato neanche un istante al mio dolore, anzi mi ha allontanata, trattandomi con freddezza, e nulla di ciò che ho detto l’ha minimamente scalfito.
Perciò che cosa dovrei fare?
Dimenticarlo?
Sparire e vedere se tra qualche tempo mi contatterà?
Sperare che ci ripensi?
E soprattutto, sono davvero fuori di testa e accecata dall’amore da non capire che è meglio così?
Comprendo la sua decisone di lasciarmi, di permettermi di avere una vita più normale, ma questa si scontra con la mia volontà, che non ha avuto alcuna rilevanza per lui.
Lo so bene che la malattia comporta molte rinunce, sofferenze, ma per me non sono tali, e anzi, la rinuncia più grande ora è subire tutte le sue decisioni senza poter fare nulla e sentirmi dire che non sopporta la mia presenza (a distanza, rappresentata da messaggi, da semplice ascolto, manifestazioni di affetto, tentativi di motivarlo a non lasciarsi andare).
Secondo aspetto: lui sta malissimo, continua a ripetere che non vede una via di uscita, che vuole morire, che quando arriveranno le grosse limitazioni ricorrerà a gesti drastici e perciò, a prescindere da ciò che c’è stato tra noi, vorrei davvero aiutarlo, ma appunto non so come, perché non ha bisogno di me, anzi al contrario.
E di nuovo, che cosa dovrei fare?
Mi sembra di abbandonarlo...
Scusate il lungo papiro, e grazie per le vostre risposte.
[#1]
Gentile utente,
un terremoto del 10 grado ha colpito il Suo ragazzo,
le sue certezze sono macerie,
i suoi progetti sono a terra in pezzi.
Una malattia degenerativa mette in dubbio il futuro,
le possibilità di vivere in autonomia,
di avere una vita simil-"normale".
In questa fase certo non si arriva certo a pensare al dolore dell'altro
che, a confronto del proprio,
è vissuto come una minuzia
oppure neppure ci si pensa.
Dei motivi per cui lui si è cosi rinchiuso in se stesso
ne avrà parlato col proprio Psicologo,
certamente.
E, chissà, forse anche della coppia.
La malattia dell'uno spesso diventa malattia della coppia, come potrà anche leggere qui, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti psico-sessuali:
https://www.medicitalia.it/news/psicologia/4800-la-malattia-fa-divorziare-la-coppia.html .
Lei dirà:
"ma io ci sono per lui!",
però lui avrà forse terrore o vergogna di un rapporto da paziente a infermiera.
La situazione è complessa,
Le suggerisco di chiedere un appuntamento presso una Psicologa competente in cronicità e di conseguenza esperta in dinamiche della coppia in tale situazione.
Se avrà altri dubbi,
li esprima tranquillamente qui.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
un terremoto del 10 grado ha colpito il Suo ragazzo,
le sue certezze sono macerie,
i suoi progetti sono a terra in pezzi.
Una malattia degenerativa mette in dubbio il futuro,
le possibilità di vivere in autonomia,
di avere una vita simil-"normale".
In questa fase certo non si arriva certo a pensare al dolore dell'altro
che, a confronto del proprio,
è vissuto come una minuzia
oppure neppure ci si pensa.
Dei motivi per cui lui si è cosi rinchiuso in se stesso
ne avrà parlato col proprio Psicologo,
certamente.
E, chissà, forse anche della coppia.
La malattia dell'uno spesso diventa malattia della coppia, come potrà anche leggere qui, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti psico-sessuali:
https://www.medicitalia.it/news/psicologia/4800-la-malattia-fa-divorziare-la-coppia.html .
Lei dirà:
"ma io ci sono per lui!",
però lui avrà forse terrore o vergogna di un rapporto da paziente a infermiera.
La situazione è complessa,
Le suggerisco di chiedere un appuntamento presso una Psicologa competente in cronicità e di conseguenza esperta in dinamiche della coppia in tale situazione.
Se avrà altri dubbi,
li esprima tranquillamente qui.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Ex utente
Grazie per la sua risposta dottoressa.
Certo, infatti capisco perfettamente che lui non stia pensando a me, non è troppo confortante, ma so che non lo fa con il proposito di ferirmi.
E concordo, lui ha sempre ben specificato che era proprio il fatto che sarei potuta presto diventare più una badante che una compagna a spingerlo a troncare, nonché le varie interferenze che i farmaci avrebbero potuto provocare fin da subito.. e immagino che abbia deciso così anche per proteggersi da un mio possibile futuro rifiuto della situazione, che è troppo complessa per permetterci di agire lucidamente.
Mi ha detto che ha parlato della relazione durante i suoi colloqui con lo psicologo, il quale ha trovato condivisibile la sua scelta, precisando che comunque sono cose personali e che non ne avrebbe fatto oggetto di terapia... e riguardo a questo, crede che sia corretta una valutazione simile?
Non so, la cosa mi ha colta completamente impreparata e molto probabilmente non ho reagito sempre in modo appropriato e coerente, e mi sento tremendamente in colpa, oltre che impotente.
Comunque immagino sia giusto ora rispettare la sua volontà di no-contact, e magari riprovare più avanti?
Non fare nulla insomma o dovrei quasi impormi?
Perché purtroppo lui non può contare sulla sua famiglia, dal momento è figlio unico, che zii e cugini vivono lontano e che sua madre è in cura per la medesima patologia, da quasi sei anni ormai.
Anche riguardo questo, lui era stato molto corretto e me ne aveva subito parlato, dicendomi chiaramente che c’era una possibilità di averla ereditata... sul momento mi aveva dato da pensare, quindi l’avevo messo in conto e, ingenuamente forse, l’avevo presto accantonata.. ma ora pare che sia stato tutto improvviso, che nessuno dei medici che seguivano la madre l’aveva mai avvertito dell’alta probabilità ecc. non lo so, è tutto quasi paradossale.
Certo, infatti capisco perfettamente che lui non stia pensando a me, non è troppo confortante, ma so che non lo fa con il proposito di ferirmi.
E concordo, lui ha sempre ben specificato che era proprio il fatto che sarei potuta presto diventare più una badante che una compagna a spingerlo a troncare, nonché le varie interferenze che i farmaci avrebbero potuto provocare fin da subito.. e immagino che abbia deciso così anche per proteggersi da un mio possibile futuro rifiuto della situazione, che è troppo complessa per permetterci di agire lucidamente.
Mi ha detto che ha parlato della relazione durante i suoi colloqui con lo psicologo, il quale ha trovato condivisibile la sua scelta, precisando che comunque sono cose personali e che non ne avrebbe fatto oggetto di terapia... e riguardo a questo, crede che sia corretta una valutazione simile?
Non so, la cosa mi ha colta completamente impreparata e molto probabilmente non ho reagito sempre in modo appropriato e coerente, e mi sento tremendamente in colpa, oltre che impotente.
Comunque immagino sia giusto ora rispettare la sua volontà di no-contact, e magari riprovare più avanti?
Non fare nulla insomma o dovrei quasi impormi?
Perché purtroppo lui non può contare sulla sua famiglia, dal momento è figlio unico, che zii e cugini vivono lontano e che sua madre è in cura per la medesima patologia, da quasi sei anni ormai.
Anche riguardo questo, lui era stato molto corretto e me ne aveva subito parlato, dicendomi chiaramente che c’era una possibilità di averla ereditata... sul momento mi aveva dato da pensare, quindi l’avevo messo in conto e, ingenuamente forse, l’avevo presto accantonata.. ma ora pare che sia stato tutto improvviso, che nessuno dei medici che seguivano la madre l’aveva mai avvertito dell’alta probabilità ecc. non lo so, è tutto quasi paradossale.
[#3]
Mi dispiace moltissimo, mi creda,
sia per Lei che ancor più per lui.
Sono eventi che stravolgono completamente la vita e la prospettiva sull'intera esistenza.
Riguardo alla posizione dello Psicoterapeuta riguardo alle riflessioni sulla coppia:
"..sono cose personali e che non ne avrebbe fatto oggetto di terapia... e riguardo a questo, crede che sia corretta una valutazione simile?..",
sì, ritengo sia corretta.
Saluti cari.
Dott. Brunialti
sia per Lei che ancor più per lui.
Sono eventi che stravolgono completamente la vita e la prospettiva sull'intera esistenza.
Riguardo alla posizione dello Psicoterapeuta riguardo alle riflessioni sulla coppia:
"..sono cose personali e che non ne avrebbe fatto oggetto di terapia... e riguardo a questo, crede che sia corretta una valutazione simile?..",
sì, ritengo sia corretta.
Saluti cari.
Dott. Brunialti
[#5]
Se Le siamo stati di aiuto
- sia pure non risolutivo considerata la situazione pesante -
ne sono veramente contenta.
Quando avrà tempo legga l'articolo precedentemente linkato, vi troverà ulteriori indicazioni soprattutti nell'ultimo paragrafo.
Un'analisi dettagliata ed approfondita sugli stati d'animo e le difficoltà/risorse in situazioni simili alla Vostra
- sia dal punto di vista dell'ammalato che dell'altra persona della coppia -
le troverà in rete digitando "Brunialti La malattia cronica nella vita della persona" .
Se ritiene,
ci tenga al corrente.
Vivissimi e cari auguri.
Dott. Brunialti
- sia pure non risolutivo considerata la situazione pesante -
ne sono veramente contenta.
Quando avrà tempo legga l'articolo precedentemente linkato, vi troverà ulteriori indicazioni soprattutti nell'ultimo paragrafo.
Un'analisi dettagliata ed approfondita sugli stati d'animo e le difficoltà/risorse in situazioni simili alla Vostra
- sia dal punto di vista dell'ammalato che dell'altra persona della coppia -
le troverà in rete digitando "Brunialti La malattia cronica nella vita della persona" .
Se ritiene,
ci tenga al corrente.
Vivissimi e cari auguri.
Dott. Brunialti
[#6]
Ex utente
Assolutamente, la soluzione, per dirla così, non è certo a immediata portata, ci vorrà tempo e strumenti che io da sola non posso avere.
Grazie per gli articoli segnalati, li ho letti attentamente e ritrovo tutto quello che sta accendendo, oltre che un aiuto per comprenderlo meglio.
Spero davvero che tra qualche mese possa tornare su questa pagina a raccontare che, dopo tante difficoltà, le strategie e i percorsi messi in atto ci abbiano restituito un nuovo equilibrio che ora è perduto.
Grazie davvero per la sua disponibilità, le auguro una buona giornata.
Grazie per gli articoli segnalati, li ho letti attentamente e ritrovo tutto quello che sta accendendo, oltre che un aiuto per comprenderlo meglio.
Spero davvero che tra qualche mese possa tornare su questa pagina a raccontare che, dopo tante difficoltà, le strategie e i percorsi messi in atto ci abbiano restituito un nuovo equilibrio che ora è perduto.
Grazie davvero per la sua disponibilità, le auguro una buona giornata.
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 3.5k visite dal 10/01/2020.
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