Ho perso il controllo della mia vita
Salve, sono una ragazza di 19 anni e da diversi anni (circa 4/5) convivo con diverse problematiche che mi sono portata dietro fino ad oggi e che mi hanno spinto a cercare aiuto qui.
Inizio raccontandovi un po' della mia storia.
Nel 2013 purtroppo ho perso mia madre a causa di un tumore e l'anno seguente mia sorella (al tempo 20enne) è rimasta incinta ed è andata via di casa.
Sono così rimasta a vivere sola con mio padre e da li è cominciato uno dei tanti problemi: non riuscivo (e non riesco tutt'ora) a gestire la casa, all'inizio per i primi mesi mia nonna veniva ad aiutarmi ma poi a causa della sua età non ha più potuto farlo e io mi sono ritrovata in questa situazione in cui non riesco a mantenere la casa pulita, non ho mai voglia di fare niente e quando riesco a fare qualcosa non è comunque abbastanza perché in brevissimo tempo la sitazione torna a essere quella di prima.
Questa "non voglia" si estende a praticamente tutti gli aspetti della mia vita: ho abbandonato la scuola, non lavoro e non ho mai lavorato, molte volte non mangio perché non ho voglia di cucinare, l'unica cosa che mi dava un minimo di sollievo (disegnare) non me ne da più e perciò lo faccio raramente.
Passo le giornate a non fare niente e fumare erba con il mio ragazzo, a volte esco ma se lo faccio bevo e rovino la serata a tutti, ho difficoltà a socializzare e sono autolesionista da quando avevo 11/12 anni.
A inizio del 2018 mi sono rivolta ad una psicologa che mi ha mandata al servizio di Neuropsichiatria infantile, li mi è stata fatta una diagnosi di disturbo depressivo maggiore e mi è stata proposta una terapia farmacologica, ma dato che faccio uso di sostanze (marijuana, alcol, occasionalmente altro) sono stata mandata al serD per "disintossicarmi" e iniziare la terapia.
Vado ancora al serD, non ho mai smesso di usare sostanze e non ho mai iniziato la terapia farmacologica, sono due anni che vado e non mi è stata confermata la diagnosi nè fatta un'altra.
Non so neanche perché continuo ad andarci dato che non mi stanno fornendo nessun aiuto, non credo che io e la psicologa ci capiamo, io ho delle grandi difficoltà a parlarle di molte cose e in più gli appuntamenti sono sempre a caso, mai continui, a volte non ho un appuntamento per mesi.
Non ce la faccio più, sto diventando sempre più egocentrica, mi sento una bambina, mi sento molto sola, vorrei fare qualcosa ma mi sento impotente, come se vivessi dentro una bolla di vetro, posso vedere gli altri che fanno cose, vanno avanti con le loro vite e io invece sono ferma, bloccata dentro questa cazzo di bolla da cui non posso uscire.
Ho cercato di spiegare la mia situazione nel modo più superficiale e breve possibile a causa dei caratteri limitati ma spero possa bastare per fornirvi un quadro generale.
Aspetto con ansia dei vostri consigli.
Vi ringrazio in anticipo.
Inizio raccontandovi un po' della mia storia.
Nel 2013 purtroppo ho perso mia madre a causa di un tumore e l'anno seguente mia sorella (al tempo 20enne) è rimasta incinta ed è andata via di casa.
Sono così rimasta a vivere sola con mio padre e da li è cominciato uno dei tanti problemi: non riuscivo (e non riesco tutt'ora) a gestire la casa, all'inizio per i primi mesi mia nonna veniva ad aiutarmi ma poi a causa della sua età non ha più potuto farlo e io mi sono ritrovata in questa situazione in cui non riesco a mantenere la casa pulita, non ho mai voglia di fare niente e quando riesco a fare qualcosa non è comunque abbastanza perché in brevissimo tempo la sitazione torna a essere quella di prima.
Questa "non voglia" si estende a praticamente tutti gli aspetti della mia vita: ho abbandonato la scuola, non lavoro e non ho mai lavorato, molte volte non mangio perché non ho voglia di cucinare, l'unica cosa che mi dava un minimo di sollievo (disegnare) non me ne da più e perciò lo faccio raramente.
Passo le giornate a non fare niente e fumare erba con il mio ragazzo, a volte esco ma se lo faccio bevo e rovino la serata a tutti, ho difficoltà a socializzare e sono autolesionista da quando avevo 11/12 anni.
A inizio del 2018 mi sono rivolta ad una psicologa che mi ha mandata al servizio di Neuropsichiatria infantile, li mi è stata fatta una diagnosi di disturbo depressivo maggiore e mi è stata proposta una terapia farmacologica, ma dato che faccio uso di sostanze (marijuana, alcol, occasionalmente altro) sono stata mandata al serD per "disintossicarmi" e iniziare la terapia.
Vado ancora al serD, non ho mai smesso di usare sostanze e non ho mai iniziato la terapia farmacologica, sono due anni che vado e non mi è stata confermata la diagnosi nè fatta un'altra.
Non so neanche perché continuo ad andarci dato che non mi stanno fornendo nessun aiuto, non credo che io e la psicologa ci capiamo, io ho delle grandi difficoltà a parlarle di molte cose e in più gli appuntamenti sono sempre a caso, mai continui, a volte non ho un appuntamento per mesi.
Non ce la faccio più, sto diventando sempre più egocentrica, mi sento una bambina, mi sento molto sola, vorrei fare qualcosa ma mi sento impotente, come se vivessi dentro una bolla di vetro, posso vedere gli altri che fanno cose, vanno avanti con le loro vite e io invece sono ferma, bloccata dentro questa cazzo di bolla da cui non posso uscire.
Ho cercato di spiegare la mia situazione nel modo più superficiale e breve possibile a causa dei caratteri limitati ma spero possa bastare per fornirvi un quadro generale.
Aspetto con ansia dei vostri consigli.
Vi ringrazio in anticipo.
[#1]
Gentile ragazza,
Lei "aspetta con ansia i nostri consigli",
ma in realtà sa già cosa fare visto che la diagnosi che è stata posta è di "depressione maggiore:
- prendere seriamente il percorso al SerD
- comunicare in maniera trasparente con la Psicologa, che può darsi si senta presa per il naso in questa situazione tutta "finta".
Non c'è possibilità di aiutare il pz. che non si assume le proprie responsabilità
anche svelando le difficoltà o incapacità che incontra.
Lo Psy da solo non fa nulla, cioè non fa miracoli.
Occorre creare tra pz. e curante quell'alleanza terapeutica che deriva dall'avere un obiettivo comune,
anzichè dalla immediata simpatia personale.
Il nostro "consiglio" è dunque quello di utilizzare al meglio gli strumenti che già si trova a disposizione nella realtà concreta,
nella consapevolezza che l'abbinamento che Le è stato consigliato *di persona*
- ossia terapia farmacologica (dopo la disintossicazione) + psicoterapia -
risulta essere quello vincente:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/6285-depressione-psicoterapia-e-piu-efficace-dei-soli-farmaci-nel-lungo-periodo.html .
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Lei "aspetta con ansia i nostri consigli",
ma in realtà sa già cosa fare visto che la diagnosi che è stata posta è di "depressione maggiore:
- prendere seriamente il percorso al SerD
- comunicare in maniera trasparente con la Psicologa, che può darsi si senta presa per il naso in questa situazione tutta "finta".
Non c'è possibilità di aiutare il pz. che non si assume le proprie responsabilità
anche svelando le difficoltà o incapacità che incontra.
Lo Psy da solo non fa nulla, cioè non fa miracoli.
Occorre creare tra pz. e curante quell'alleanza terapeutica che deriva dall'avere un obiettivo comune,
anzichè dalla immediata simpatia personale.
Il nostro "consiglio" è dunque quello di utilizzare al meglio gli strumenti che già si trova a disposizione nella realtà concreta,
nella consapevolezza che l'abbinamento che Le è stato consigliato *di persona*
- ossia terapia farmacologica (dopo la disintossicazione) + psicoterapia -
risulta essere quello vincente:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/6285-depressione-psicoterapia-e-piu-efficace-dei-soli-farmaci-nel-lungo-periodo.html .
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Ex utente
La ringrazio per la sua risposta.
In questi giorni ho riflettuto e credo che in parte abbia ragione.
Sinceramente quando ho ricevuto la sua risposta ero quasi arrabbiata per ciò che aveva scritto, non sapevo che dire, mi ha lasciato senza parole ed è per questo motivo che ho aspettato un po' prima di risponerle. Devo però ammettere che mi ha aiutato a vedere le cose da un'altra prospettiva (che, pur non condividendo a pieno, accetto e rispetto) e a farmi ragionare su me stessa.
Non credo che il cambio di approccio con la psicologa avverrà nell' immediato ma voglio impegnarmi per farlo avvenire, perché per troppo tempo ho ignorato il fatto che fosse una persona anche lei e che anch'io avessi delle responsabilità.
La ringrazio nuovamente e la saluto
In questi giorni ho riflettuto e credo che in parte abbia ragione.
Sinceramente quando ho ricevuto la sua risposta ero quasi arrabbiata per ciò che aveva scritto, non sapevo che dire, mi ha lasciato senza parole ed è per questo motivo che ho aspettato un po' prima di risponerle. Devo però ammettere che mi ha aiutato a vedere le cose da un'altra prospettiva (che, pur non condividendo a pieno, accetto e rispetto) e a farmi ragionare su me stessa.
Non credo che il cambio di approccio con la psicologa avverrà nell' immediato ma voglio impegnarmi per farlo avvenire, perché per troppo tempo ho ignorato il fatto che fosse una persona anche lei e che anch'io avessi delle responsabilità.
La ringrazio nuovamente e la saluto
[#3]
Gentile utente,
Gentile ragazza,
La ringrazio della franchezza e sincerità della Sua risposta;
ho pensato che Lei possiede un buon modo per mettersi in relazione con le persone (e pure con gli Specialisti):
quello di "lasciarsi interpellare" da quanto Le viene proposto, anche se sul momento La fa arrabbiare.
Del resto tutte le proposte di un differente punto di vista suscitano delle resistenze iniziali,
ma se lo si è chiesto (il punto di vista altrui) significa che se ne ha bisogno, che il proprio non basta.
Le auguro di cuore di poter dare sèguito alle Sue riflessioni,
con la pazienza e la costanza di cui ogni cambiamento abbisognano.
Saluti cari.
Dott. Brunialti
Gentile ragazza,
La ringrazio della franchezza e sincerità della Sua risposta;
ho pensato che Lei possiede un buon modo per mettersi in relazione con le persone (e pure con gli Specialisti):
quello di "lasciarsi interpellare" da quanto Le viene proposto, anche se sul momento La fa arrabbiare.
Del resto tutte le proposte di un differente punto di vista suscitano delle resistenze iniziali,
ma se lo si è chiesto (il punto di vista altrui) significa che se ne ha bisogno, che il proprio non basta.
Le auguro di cuore di poter dare sèguito alle Sue riflessioni,
con la pazienza e la costanza di cui ogni cambiamento abbisognano.
Saluti cari.
Dott. Brunialti
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 4.2k visite dal 05/01/2020.
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