Reazione famiglia convivenza
Buonasera, scrivo per un consiglio.
Ho 30 anni, sto per trasferirmi col mio fidanzato nella nostra nuova casa e sono felicissima, ci vogliamo molto bene.
Non ho capito, però, come la mia famiglia stia reagendo a questa cosa: mia madre all'inizio sembrava piuttosto contenta, ma a un certo punto, ha cominciato a sollevare una barriera tra me e lei: spesso mi risponde mettendo in mezzo il fatto che tanto "tra poco te ne vai, quindi sopporta".
Non capisco il perché: ho tentato di parlarci, ma fa finta di non capire e tronca il discorso dicendo che sono pazza e che non è vero.
Anzi, se faccio così è perché non sono contenta di fare questa scelta.
Quest'estate abbiamo avuto problemi con la nonna in casa che è stata male: io avevo da scrivere la tesi ed è stato un incubo, perché i miei avrebbero voluto che sacrificassi il mio tempo per stare dietro alla nonna e sono quasi arrivati a rinfacciarmi tutte le entrate e le uscite, accusandomi di scappare in biblioteca per non stare in casa (anche se lo facevo per lavorare, visto che avevo una scadenza di consegna per un lavoro enorme e questo mi ha messo addosso non poca ansia per molti mesi).
Il mese precedente alla consegna è stato terribile: entrare in casa mi metteva la nausea, sono anche dimagrita qualche chilo.
Ho passato settimane in cui, tra l'ansia per la tesi e la tensione in casa, ho avuto attacchi di pianto improvvisi in biblioteca e sono dovuta scappare in bagno.
Non ho avuto nessun ascolto dai miei: le sole volte che ho provato a parlargli delle mie difficoltà mi è stata attribuita tutta la responsabilità della situazione in casa, mi è stato detto (da mio padre) che sarei dovuta stare in casa a pulire, che sono una persona egoista e che avrei fatto meglio ad andarmene, visto che non capivo la situazione.
Mi sono sentita in colpa per mesi e sono stata malissimo.
Dopo la consegna della tesi, la situazione è migliorata: ho trovato lavoro, ho avuto più tempo per stare ancora più dietro alla nonna e le cose sembravano tornate pacifiche.
Ma coi miei, c'è sempre un motivo di attrito.
Non so cosa fare: sono arrivata a pensare che non sia giusto che io mi prenda colpe che in realtà non ho (e nemmeno ho capito perché ci sia questo "gusto" malato di attribuirmi responsabilità che non mi spettano).
è come se la tranquillità di mia madre dipendesse da quello che faccio o non faccio io.
E anche mio padre è d'accordo con lei (aggiungo: mio padre ha un negozio aperto da pochissimo, dove io, coi miei titoli, potrei lavorare solo come commessa: diciamo che mi piacerebbe fare qualcos'altro e che per me questa cosa rappresenta un ulteriore motivo di pesantezza) e non perde occasione di dirmi che penso solo a me stessa.
Ma alla fine l'unica che soffre di tutto questo, che non dorme la notte, che piange senza farsi vedere, sono io.
Ho 30 anni, sto per trasferirmi col mio fidanzato nella nostra nuova casa e sono felicissima, ci vogliamo molto bene.
Non ho capito, però, come la mia famiglia stia reagendo a questa cosa: mia madre all'inizio sembrava piuttosto contenta, ma a un certo punto, ha cominciato a sollevare una barriera tra me e lei: spesso mi risponde mettendo in mezzo il fatto che tanto "tra poco te ne vai, quindi sopporta".
Non capisco il perché: ho tentato di parlarci, ma fa finta di non capire e tronca il discorso dicendo che sono pazza e che non è vero.
Anzi, se faccio così è perché non sono contenta di fare questa scelta.
Quest'estate abbiamo avuto problemi con la nonna in casa che è stata male: io avevo da scrivere la tesi ed è stato un incubo, perché i miei avrebbero voluto che sacrificassi il mio tempo per stare dietro alla nonna e sono quasi arrivati a rinfacciarmi tutte le entrate e le uscite, accusandomi di scappare in biblioteca per non stare in casa (anche se lo facevo per lavorare, visto che avevo una scadenza di consegna per un lavoro enorme e questo mi ha messo addosso non poca ansia per molti mesi).
Il mese precedente alla consegna è stato terribile: entrare in casa mi metteva la nausea, sono anche dimagrita qualche chilo.
Ho passato settimane in cui, tra l'ansia per la tesi e la tensione in casa, ho avuto attacchi di pianto improvvisi in biblioteca e sono dovuta scappare in bagno.
Non ho avuto nessun ascolto dai miei: le sole volte che ho provato a parlargli delle mie difficoltà mi è stata attribuita tutta la responsabilità della situazione in casa, mi è stato detto (da mio padre) che sarei dovuta stare in casa a pulire, che sono una persona egoista e che avrei fatto meglio ad andarmene, visto che non capivo la situazione.
Mi sono sentita in colpa per mesi e sono stata malissimo.
Dopo la consegna della tesi, la situazione è migliorata: ho trovato lavoro, ho avuto più tempo per stare ancora più dietro alla nonna e le cose sembravano tornate pacifiche.
Ma coi miei, c'è sempre un motivo di attrito.
Non so cosa fare: sono arrivata a pensare che non sia giusto che io mi prenda colpe che in realtà non ho (e nemmeno ho capito perché ci sia questo "gusto" malato di attribuirmi responsabilità che non mi spettano).
è come se la tranquillità di mia madre dipendesse da quello che faccio o non faccio io.
E anche mio padre è d'accordo con lei (aggiungo: mio padre ha un negozio aperto da pochissimo, dove io, coi miei titoli, potrei lavorare solo come commessa: diciamo che mi piacerebbe fare qualcos'altro e che per me questa cosa rappresenta un ulteriore motivo di pesantezza) e non perde occasione di dirmi che penso solo a me stessa.
Ma alla fine l'unica che soffre di tutto questo, che non dorme la notte, che piange senza farsi vedere, sono io.
[#1]
Io direi che è un bene avere un fidanzato con cui ci si ama e si inizia una vita da adulti gioiosamente. Il resto... non sono problemi suoi. Farà quel che può per dare una mano, ma deve vivere la sua vita di donna e non più di solo figlia. Per i genitori il cambiamento può non essere facile, ma ognuno ha i suoi problemi interiori ed esteriori da risolvere, non lo si può fare al posto di un altro.
Dr.ssa Eleonora Arduino
psicologa-psicoterapeuta
[#2]
Gentile utente,
dopo aver letto tutte le email che ci ha scritto posso farle notare che la mia collega dottoressa Arduino enuncia con chiarezza una soluzione. In effetti lei sta per fare una cosa bella e chi le vuol bene dovrebbe esserne lieto; coi problemi dei genitori, talvolta restii a crescere, si può essere solidali e dare una mano fin dove si può, ma non è opportuno, né per noi né per loro, lasciarsene invischiare.
Ha dato una corretta interpretazione del suo stato anche il dottor Vellucci nella risposta precedente, segnalando: "La Sua mente è davvero veloce nel passare dalla consapevolezza di un bisogno al giudicarsi "egoista ed immatura", e ciò sta creando uno stallo importante, i cui echi sono il malessere che riferisce".
Il collega le ha suggerito il colloquio con uno psicologo. Questa proposta caldeggio anch’io, e le spiego perché.
Tenendomi a quello che ha scritto (ma perché nelle varie email ha spesso cambiato la sua età?) si può ipotizzare una chiusura ai suoi sentimenti e ai suoi bisogni da parte dei familiari.
Di fronte al suo previsto allontanamento, suo padre -che la invitava a ignorare le frasi malevole di sua madre, però non prendeva mai le sue difese- sembra incapace di capire che lei non è una parte di lui o un oggetto di cui possa disporre, ha invece propri interessi, affetti, progetti. Lui ha aperto un negozio senza chiedere il suo parere, immagino, ma adesso vuole solidarietà e aiuto per il suo nuovo gioco (è andato in pensione da poco, per caso?).
Ma soprattutto ci sarebbe molto da lavorare sul suo rapporto con sua madre, la sua chiusura al dialogo, le sue critiche distruttive e il suo mutismo affettivo, associati a quella che lei considera attitudine protettiva interpretando come tale la volontà di farle rinunciare ad una serie di esperienze normali, e adesso addirittura, a trent’anni, alla convivenza col partner.
A tutto questo si associa, come ha colto subito il mio collega, il fatto che lei preferisce considerare non loro due, ma sé stessa colpevole, carente, immatura. Infatti scrive: "Ma allo stesso tempo mi sento anche egoista nei confronti dei miei, scappando dai problemi. Io non sto bene, ma non riesco a capire se il problema sono davvero io o è la situazione che sto vivendo: sono esagerata? sono una persona egoista e immatura? perché è così che i miei mi definiscono. ma io credo di non poter ignorare quello che sento ed è una cosa che, in questo momento, rende spesso impossibili le mie giornate".
Quest’attitudine autopunitiva è ben nota agli psicologi, oggetto di numerosi studi e sorgente di grandi malesseri che si trascinano nelle ulteriori relazioni adulte, spesso guastandole.
Per amore di sé stessa e del suo partner, spezzi questa spirale perversa e affronti nell’unico modo, ossia con l’aiuto di uno psicologo, la lettura critica della realtà, con l’inevitabile, proficuo cambiamento della sua visione.
Intanto, mentre si prepara alla sua nuova vita, può essere utile fare uno sforzo di comprensione verso una madre che non è preparata ad uscire dal suo ruolo dominante e a "perdere" la figlia che conquista lo status di adulta; altrettanto verso un padre che ha appena iniziato un'attività e vorrebbe l'approvazione e l'aiuto di tutti.
Provi a pensare che non lei, ma loro due, si mostrano infantili, e non li aiuterà certo continuando a fare la parte della loro bambina.
Può tentare di contrapporre alle loro lamentele acide, parole tenere e sorrisi, pensando che lei va verso la realizzazione della sua vita, la felicità di un amore corrisposto e il successo professionale, mentre loro, se anche hanno avuto queste cose, se le sono lasciate alle spalle e stanno per vivere non una conquista, ma una perdita; forse sperimentano anche un bilancio poco positivo della loro vita.
Da qui lei potrebbe, con la mamma, impostare un dialogo lenitivo dicendole che avrà sempre bisogno di lei, dei suoi consigli e del suo affetto. Il papà ugualmente andrebbe incoraggiato per la sua iniziativa e invitato a pensare che ce la farà benissimo senza dover sacrificare l'altra sua conquista: la laurea di sua figlia.
In altre parole, parli con loro come parlerebbe a due bambini, spiazzando la loro abituale durezza.
Cominci a pensare che il difetto della vostra comunicazione alterata non nasce da lei, ma da loro, e non peggiori il suo stato d’animo riempiendosi di sensi di colpa col contrapporre aggressività ad aggressività.
Se loro saranno aggressivi, faccia notare con calma che frasi come quelle che ha riferito: sei un’egoista e un’immatura, non denotano affetto e benevolenza.
Poi, se è il caso, interrompa il dialogo... come del resto ha sempre fatto sua madre.
Lo so che non è facile. Ecco perché è così importante aprire gli occhi con l'aiuto di uno psicologo e farsi supportare da lui nel cammino di cambiamento.
Auguri. Ci faccia sapere come va.
dopo aver letto tutte le email che ci ha scritto posso farle notare che la mia collega dottoressa Arduino enuncia con chiarezza una soluzione. In effetti lei sta per fare una cosa bella e chi le vuol bene dovrebbe esserne lieto; coi problemi dei genitori, talvolta restii a crescere, si può essere solidali e dare una mano fin dove si può, ma non è opportuno, né per noi né per loro, lasciarsene invischiare.
Ha dato una corretta interpretazione del suo stato anche il dottor Vellucci nella risposta precedente, segnalando: "La Sua mente è davvero veloce nel passare dalla consapevolezza di un bisogno al giudicarsi "egoista ed immatura", e ciò sta creando uno stallo importante, i cui echi sono il malessere che riferisce".
Il collega le ha suggerito il colloquio con uno psicologo. Questa proposta caldeggio anch’io, e le spiego perché.
Tenendomi a quello che ha scritto (ma perché nelle varie email ha spesso cambiato la sua età?) si può ipotizzare una chiusura ai suoi sentimenti e ai suoi bisogni da parte dei familiari.
Di fronte al suo previsto allontanamento, suo padre -che la invitava a ignorare le frasi malevole di sua madre, però non prendeva mai le sue difese- sembra incapace di capire che lei non è una parte di lui o un oggetto di cui possa disporre, ha invece propri interessi, affetti, progetti. Lui ha aperto un negozio senza chiedere il suo parere, immagino, ma adesso vuole solidarietà e aiuto per il suo nuovo gioco (è andato in pensione da poco, per caso?).
Ma soprattutto ci sarebbe molto da lavorare sul suo rapporto con sua madre, la sua chiusura al dialogo, le sue critiche distruttive e il suo mutismo affettivo, associati a quella che lei considera attitudine protettiva interpretando come tale la volontà di farle rinunciare ad una serie di esperienze normali, e adesso addirittura, a trent’anni, alla convivenza col partner.
A tutto questo si associa, come ha colto subito il mio collega, il fatto che lei preferisce considerare non loro due, ma sé stessa colpevole, carente, immatura. Infatti scrive: "Ma allo stesso tempo mi sento anche egoista nei confronti dei miei, scappando dai problemi. Io non sto bene, ma non riesco a capire se il problema sono davvero io o è la situazione che sto vivendo: sono esagerata? sono una persona egoista e immatura? perché è così che i miei mi definiscono. ma io credo di non poter ignorare quello che sento ed è una cosa che, in questo momento, rende spesso impossibili le mie giornate".
Quest’attitudine autopunitiva è ben nota agli psicologi, oggetto di numerosi studi e sorgente di grandi malesseri che si trascinano nelle ulteriori relazioni adulte, spesso guastandole.
Per amore di sé stessa e del suo partner, spezzi questa spirale perversa e affronti nell’unico modo, ossia con l’aiuto di uno psicologo, la lettura critica della realtà, con l’inevitabile, proficuo cambiamento della sua visione.
Intanto, mentre si prepara alla sua nuova vita, può essere utile fare uno sforzo di comprensione verso una madre che non è preparata ad uscire dal suo ruolo dominante e a "perdere" la figlia che conquista lo status di adulta; altrettanto verso un padre che ha appena iniziato un'attività e vorrebbe l'approvazione e l'aiuto di tutti.
Provi a pensare che non lei, ma loro due, si mostrano infantili, e non li aiuterà certo continuando a fare la parte della loro bambina.
Può tentare di contrapporre alle loro lamentele acide, parole tenere e sorrisi, pensando che lei va verso la realizzazione della sua vita, la felicità di un amore corrisposto e il successo professionale, mentre loro, se anche hanno avuto queste cose, se le sono lasciate alle spalle e stanno per vivere non una conquista, ma una perdita; forse sperimentano anche un bilancio poco positivo della loro vita.
Da qui lei potrebbe, con la mamma, impostare un dialogo lenitivo dicendole che avrà sempre bisogno di lei, dei suoi consigli e del suo affetto. Il papà ugualmente andrebbe incoraggiato per la sua iniziativa e invitato a pensare che ce la farà benissimo senza dover sacrificare l'altra sua conquista: la laurea di sua figlia.
In altre parole, parli con loro come parlerebbe a due bambini, spiazzando la loro abituale durezza.
Cominci a pensare che il difetto della vostra comunicazione alterata non nasce da lei, ma da loro, e non peggiori il suo stato d’animo riempiendosi di sensi di colpa col contrapporre aggressività ad aggressività.
Se loro saranno aggressivi, faccia notare con calma che frasi come quelle che ha riferito: sei un’egoista e un’immatura, non denotano affetto e benevolenza.
Poi, se è il caso, interrompa il dialogo... come del resto ha sempre fatto sua madre.
Lo so che non è facile. Ecco perché è così importante aprire gli occhi con l'aiuto di uno psicologo e farsi supportare da lui nel cammino di cambiamento.
Auguri. Ci faccia sapere come va.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#3]
Ex utente
Gentili dottoresse, grazie molte per le vostre risposte, che mi hanno anche fatto piangere. Mi sono ritrovata molto in quello che avete scritto. Seguirò i vostri preziosi consigli e se mi sarà possibile comincerò a pensare anche a un aiuto esterno.
Per fortuna, poi, che ho anche un compagno meraviglioso che ha saputo smuovermi nel senso che anche voi avete suggerito.
Io sono felicissima in questo momento: forse per la prima volta sto cominciando a capire davvero che cosa voglio.
Grazie davvero
Per fortuna, poi, che ho anche un compagno meraviglioso che ha saputo smuovermi nel senso che anche voi avete suggerito.
Io sono felicissima in questo momento: forse per la prima volta sto cominciando a capire davvero che cosa voglio.
Grazie davvero
[#4]
Ex utente
Gentili dottoresse, scrivo per aggiornamenti sulla situazione. Ho cominciato la convivenza e sta andando molto bene, sono contentissima! Siamo appena usciti dalla fase del lockdown assoluto e questi mesi, specialmente qui al nord, sono stati molto difficili e pesanti per tutti. Sono tornata a casa dai miei la mattina del primo giorno: se all'inizio sembrava tutto tranquillo (ero molto contenta di poterli rivedere), piano piano non sembrava più così. Devo trovare l'orario giusto per non disturbare (anche se è ancora casa mia e ho le chiavi), come se fossi un'estranea, per non parlare del fatto che mia sorella ha avuto un accesso di rabbia, vietandomi del tutto di entrare in camera per poter prendere vestiti leggeri e materiale di lavoro. Non solo: ha violentemente svuotato il mio armadio in un'altra stanza, mandandomi poi la foto del mucchio delle mie cose, per poi bloccarmi subito dopo su whatsapp: tutto perché le ho chiesto "troppe volte" di indicarmi un momento in cui lei potesse essere disponibile a farmi prendere queste cose, in modo da non disturbare la frequenza delle sue lezioni. Mia madre, ovviamente, giustifica questo comportamento: anzi, mi invita a ricordare tutte le volte che anche con me ci sono state discussioni, senza contare che in questi mesi, tra lavoro online e nonna invalida, non sono stati per niente facili. Io capisco perfettamente la difficoltà della situazione e mi sento ancora più in colpa di quando me ne sono andata: mia sorella mi sta facendo pagare la sua sofferenza in questo modo che mi pare un po' infantile, ma che mi ferisce tantissimo e mi dispiace immensamente. Mi manca, vorrei parlare con lei come facevo prima e avere la stessa complicità, ma non vuole più parlarmi né vedermi: è come se mi mancasse un pezzo. Non so che fare: ogni volta che entro in contatto coi miei, ne esco come se fossi quella che deve farsi perdonare qualcosa. Ma cosa? Il fatto di avere anche io un lavoro e una vita? Vorrei che fossero felici per me, ma non capisco se lo sono: che cosa avrei dovuto fare perché questo accadesse? Rinunciare alla mia indipendenza e votare completamente la mia vita a loro e ai bisogni della famiglia? Per questo mi hanno spesso definita, come vi ho già detto, egoista e immatura. Può darsi, io infatti non riesco a placare i miei sensi di colpa e vorrei cercare di uscire da questo vortice malsano di dolore. Grazie
[#5]
Gentile utente,
provo molta solidarietà per lei. Qualcosa si è spezzato, nel funzionamento della sua famiglia.
Sembrano, dalle sue parole, bambini dal corpo di adulti, malevoli e incapaci di desiderare il bene delle persone che hanno attorno, come di capire il male che infliggono, fino al sadismo.
Devo dire che molti atteggiamenti di questo tipo li sto avvertendo da quando è scoppiata la pandemia. Stiamo diventando animaletti sofferenti e infelici, che però dalla loro tana azzannano chiunque tenti di violarla.
Mentre le dico questo, sento il suo affetto che brancola verso di loro e viene respinto, ferito. Suo padre che dice? Ha poi risolto i problemi di lavoro?
Se lei è religiosa, preghi. C'è nel rivolgersi al Cielo, in molte religioni, una specie di abbraccio, una certezza del nostro diritto a ricevere e a scambiare amore.
Se non è religiosa si affidi ad una visione universale di tipo filosofico: l'amore che lei offre e che vorrebbe per sé troverà una strada per raggiungerla. Forse non saranno oggi quelle persone a darglielo, ma altre, purché lei sappia accettarlo, riconoscerlo, ricambiarlo.
So che è poca cosa il mio aiuto, quando si riceve una ferita da chi ci si è abituati ad amare; ma forse proprio la sua serenità potrà recuperare i suoi ad una dimensione adulta e generosa.
Glielo auguro di cuore.
provo molta solidarietà per lei. Qualcosa si è spezzato, nel funzionamento della sua famiglia.
Sembrano, dalle sue parole, bambini dal corpo di adulti, malevoli e incapaci di desiderare il bene delle persone che hanno attorno, come di capire il male che infliggono, fino al sadismo.
Devo dire che molti atteggiamenti di questo tipo li sto avvertendo da quando è scoppiata la pandemia. Stiamo diventando animaletti sofferenti e infelici, che però dalla loro tana azzannano chiunque tenti di violarla.
Mentre le dico questo, sento il suo affetto che brancola verso di loro e viene respinto, ferito. Suo padre che dice? Ha poi risolto i problemi di lavoro?
Se lei è religiosa, preghi. C'è nel rivolgersi al Cielo, in molte religioni, una specie di abbraccio, una certezza del nostro diritto a ricevere e a scambiare amore.
Se non è religiosa si affidi ad una visione universale di tipo filosofico: l'amore che lei offre e che vorrebbe per sé troverà una strada per raggiungerla. Forse non saranno oggi quelle persone a darglielo, ma altre, purché lei sappia accettarlo, riconoscerlo, ricambiarlo.
So che è poca cosa il mio aiuto, quando si riceve una ferita da chi ci si è abituati ad amare; ma forse proprio la sua serenità potrà recuperare i suoi ad una dimensione adulta e generosa.
Glielo auguro di cuore.
[#6]
Ex utente
Gentile dottoressa,
la ringrazio tanto per le sue parole confortanti.
È un momento tristissimo e difficile per tutti. Spero tanto che le cose si sistemino e che il tempo possa portare alla lucidità.
Probabilmente tutto questo è dovuto al difficile periodo passato anche prima della pandemia e ne stiamo pagando ancora le conseguenze.
La saluto cordialmente e la ringrazio ancora
la ringrazio tanto per le sue parole confortanti.
È un momento tristissimo e difficile per tutti. Spero tanto che le cose si sistemino e che il tempo possa portare alla lucidità.
Probabilmente tutto questo è dovuto al difficile periodo passato anche prima della pandemia e ne stiamo pagando ancora le conseguenze.
La saluto cordialmente e la ringrazio ancora
[#8]
Ex utente
La ringrazio, proverò davvero a seguire il suo consiglio.
Nonostante sia passata una settimana, la situazione non è cambiata: mia sorella non mi parla, non posso scriverle messaggi, c'è molto distacco.
Coi miei c'è una sorta di pace effimera: quando provo a chiedere spiegazioni, vengo allontanata con la scusa della stanchezza e del mal di testa.
Mia madre continua a giustificare mia sorella: alle mie preoccupazioni riguardo alla situazione, si è messa quasi a ridere in modo un po' provocatorio, rispondendomi che forse ho disturbato "troppo" lo studio di mia sorella scrivendole durante la quarantena... E giustificando tutto dicendo che io "me ne sono andata via di casa molto male", rinfacciandomi ancora ciò che è successo durante le discussioni e dicendomi che io non volevo mai aiutarli con la nonna (che non è vero: spesso non ho potuto perché avevo da lavorare, ma anche io, anche se non allo stesso modo di mia madre, ho fatto la mia parte in questo). Nonostante siano passati mesi, siamo ancora a questi livelli.
Qualcosa nei rapporti si è rotto perché io mi sono rifiutata di vivere nella totale abnegazione per la famiglia: ho voluto portare avanti il mio lavoro di ricerca, ho voluto portare avanti il rapporto col mio fidanzato. Loro non hanno mai capito quanto fosse difficile per me affrontare questa situazione perché per loro le mie difficoltà personali non avevano valore di fronte alle difficoltà familiari. Tanto che sono anche arrivati a dirmi che io non potevo avere la pretesa di vivere una vita a parte rispetto a loro... a 30 anni! A me tutto questo sembra un'assurdità e ancora più assurdo mi sembra che siano tutti d'accordo su questo punto: per questo mi sto logorando nei sensi di colpa. Mi scusi per l'ulteriore sfogo
Nonostante sia passata una settimana, la situazione non è cambiata: mia sorella non mi parla, non posso scriverle messaggi, c'è molto distacco.
Coi miei c'è una sorta di pace effimera: quando provo a chiedere spiegazioni, vengo allontanata con la scusa della stanchezza e del mal di testa.
Mia madre continua a giustificare mia sorella: alle mie preoccupazioni riguardo alla situazione, si è messa quasi a ridere in modo un po' provocatorio, rispondendomi che forse ho disturbato "troppo" lo studio di mia sorella scrivendole durante la quarantena... E giustificando tutto dicendo che io "me ne sono andata via di casa molto male", rinfacciandomi ancora ciò che è successo durante le discussioni e dicendomi che io non volevo mai aiutarli con la nonna (che non è vero: spesso non ho potuto perché avevo da lavorare, ma anche io, anche se non allo stesso modo di mia madre, ho fatto la mia parte in questo). Nonostante siano passati mesi, siamo ancora a questi livelli.
Qualcosa nei rapporti si è rotto perché io mi sono rifiutata di vivere nella totale abnegazione per la famiglia: ho voluto portare avanti il mio lavoro di ricerca, ho voluto portare avanti il rapporto col mio fidanzato. Loro non hanno mai capito quanto fosse difficile per me affrontare questa situazione perché per loro le mie difficoltà personali non avevano valore di fronte alle difficoltà familiari. Tanto che sono anche arrivati a dirmi che io non potevo avere la pretesa di vivere una vita a parte rispetto a loro... a 30 anni! A me tutto questo sembra un'assurdità e ancora più assurdo mi sembra che siano tutti d'accordo su questo punto: per questo mi sto logorando nei sensi di colpa. Mi scusi per l'ulteriore sfogo
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Gentile utente,
il supporto di un terapeuta a questo punto a me sembra molto utile, perché l'aiuterebbe a valutare i fatti e soprattutto a stabilire i comportamenti idonei per il futuro.
Ovviamente da qui sappiamo troppo poco, ma in base alle cose che dice io la inviterei a chiedere a sua madre se considerando le sue "colpe" le sta offrendo un affetto ridotto, o addirittura sta negandole ogni scambio affettivo.
Non cada nella trappola di parlarle come se si rivolgesse a loro tutti insieme, e non permetta che sua madre parli al plurale, come se rappresentasse tutta la famiglia.
Proprio da queste pretese invischianti nascono gli equivoci; invece è opportuno che ciascuno si assuma le proprie responsabilità, prenda le proprie decisioni e faccia le proprie scelte affettive.
Il fatto che lei, addolorata per il comportamento di sua sorella, ne parli con sua madre e ne ricavi solo un'ulteriore ferita, è il perfetto esempio di quanto le dico.
Per i rapporti futuri con ciascun membro della sua famiglia, a questo punto non è importante che lei sia stata o meno presente nell'accudimento della nonna, e nemmeno che i suoi le abbiano riconosciuto o meno il diritto di studiare e di costruire la sua nuova famiglia.
Rivangare il passato è come riesumare cadaveri. Non vale a costruire l'oggi e il domani.
Chiarisca con ciascuno dei suoi quale atteggiamento vuole avere con lei da qui in poi, e scelga di conseguenza.
Ancora auguri.
il supporto di un terapeuta a questo punto a me sembra molto utile, perché l'aiuterebbe a valutare i fatti e soprattutto a stabilire i comportamenti idonei per il futuro.
Ovviamente da qui sappiamo troppo poco, ma in base alle cose che dice io la inviterei a chiedere a sua madre se considerando le sue "colpe" le sta offrendo un affetto ridotto, o addirittura sta negandole ogni scambio affettivo.
Non cada nella trappola di parlarle come se si rivolgesse a loro tutti insieme, e non permetta che sua madre parli al plurale, come se rappresentasse tutta la famiglia.
Proprio da queste pretese invischianti nascono gli equivoci; invece è opportuno che ciascuno si assuma le proprie responsabilità, prenda le proprie decisioni e faccia le proprie scelte affettive.
Il fatto che lei, addolorata per il comportamento di sua sorella, ne parli con sua madre e ne ricavi solo un'ulteriore ferita, è il perfetto esempio di quanto le dico.
Per i rapporti futuri con ciascun membro della sua famiglia, a questo punto non è importante che lei sia stata o meno presente nell'accudimento della nonna, e nemmeno che i suoi le abbiano riconosciuto o meno il diritto di studiare e di costruire la sua nuova famiglia.
Rivangare il passato è come riesumare cadaveri. Non vale a costruire l'oggi e il domani.
Chiarisca con ciascuno dei suoi quale atteggiamento vuole avere con lei da qui in poi, e scelga di conseguenza.
Ancora auguri.
Questo consulto ha ricevuto 9 risposte e 3.1k visite dal 30/12/2019.
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