Separazione recente
Buongiorno, mi sono separata da luglio ed ho una bimba di 9 anni.
Era già da un bel po' di tempo che meditavo la separazione seppur ne ero terrorizzata.
Posso affermare che il mio rapporto è andato in crisi 3 anni fa.
Io, infatti, vivevo in un'altra città e dopo innumerevoli sacrifici ho deciso di trasferirmi, con grande dolore, nel paesino del mio compagno per un periodo di tempo limitato 18 mesi, trascorsi i quali, lui avrebbe dovuto seguirmi nella mia città.
Ebbene, in realtà era un inganno perché lui non aveva intenzione alcuna di spostarsi.
E non lo ha neppure mai ammesso.
Ha iniziato ad accampare scuse su scuse, a dirmi molte bugie.
Io ho vissuto tutto come un grande tradimento e mi sentivo in trappola.
Così, ho iniziato a stare male e soffrire di ansia e depressione.
Sapevo che non mi faceva bene il rapporto ma la mia famiglia era talmente importante per me che non riuscivo a concepire di poter separarmi.
Poi, l'anno scorso ho iniziato a parlarne con alcuni vecchi amici, i quali, mi hanno convinta a fare il passo.
Quindi, sono tornata nella mia città.
Ora, però, non mi do pace.
Se l'ho fatto, è perché, principalmente, mi dicevano che una volta venuta via da quella a situazione sarei stata meglio, ma così non è, anzi.
Sto peggio.
Le liti con il mio ex compagno erano frequenti e la tensione era molto alta e lui utilizzava i miei problemi psicologici per darmi della pazza.
Tuttavia, grazie appunto al sostegno di persone esterne, ho tirato su un muro con lui, nell'ultimo anno, ignorandolo e riuscendo ad andare via.
Ora però, mi mangio le mani perché mi dico che forse, se non avessi permesso agli altri di intromettersi avre potuto fare qualcosa, non lo so.
È anche vero che se l'ho fatto, è perché mi sentivo denigrata e manipolata da lui, il quale mirava a tenermi lì buona.
Insomma, ho una gran confusione in testa e non sono in pace con me stessa.
Ho fatto tanti sacrifici per quella famiglia ed ora non ho più niente in mano.
E tutto è irrimediabilmente compromesso.
Era già da un bel po' di tempo che meditavo la separazione seppur ne ero terrorizzata.
Posso affermare che il mio rapporto è andato in crisi 3 anni fa.
Io, infatti, vivevo in un'altra città e dopo innumerevoli sacrifici ho deciso di trasferirmi, con grande dolore, nel paesino del mio compagno per un periodo di tempo limitato 18 mesi, trascorsi i quali, lui avrebbe dovuto seguirmi nella mia città.
Ebbene, in realtà era un inganno perché lui non aveva intenzione alcuna di spostarsi.
E non lo ha neppure mai ammesso.
Ha iniziato ad accampare scuse su scuse, a dirmi molte bugie.
Io ho vissuto tutto come un grande tradimento e mi sentivo in trappola.
Così, ho iniziato a stare male e soffrire di ansia e depressione.
Sapevo che non mi faceva bene il rapporto ma la mia famiglia era talmente importante per me che non riuscivo a concepire di poter separarmi.
Poi, l'anno scorso ho iniziato a parlarne con alcuni vecchi amici, i quali, mi hanno convinta a fare il passo.
Quindi, sono tornata nella mia città.
Ora, però, non mi do pace.
Se l'ho fatto, è perché, principalmente, mi dicevano che una volta venuta via da quella a situazione sarei stata meglio, ma così non è, anzi.
Sto peggio.
Le liti con il mio ex compagno erano frequenti e la tensione era molto alta e lui utilizzava i miei problemi psicologici per darmi della pazza.
Tuttavia, grazie appunto al sostegno di persone esterne, ho tirato su un muro con lui, nell'ultimo anno, ignorandolo e riuscendo ad andare via.
Ora però, mi mangio le mani perché mi dico che forse, se non avessi permesso agli altri di intromettersi avre potuto fare qualcosa, non lo so.
È anche vero che se l'ho fatto, è perché mi sentivo denigrata e manipolata da lui, il quale mirava a tenermi lì buona.
Insomma, ho una gran confusione in testa e non sono in pace con me stessa.
Ho fatto tanti sacrifici per quella famiglia ed ora non ho più niente in mano.
E tutto è irrimediabilmente compromesso.
[#1]
Gentile utente,
ho letto tutte le lettere che ci ha mandato e le risposte di tutti i miei colleghi, che sono certa l'abbiano aiutata, come l'ha aiutata lo specialista di cui parla nella sua penultima lettera (spero sia un/a psicologo/a esperta): "Mi sto già facendo seguire".
Dico questo perché è evidente che da un dolore senza rimedio, che sembrava accecare le sue facoltà di giudizio, lei sta passando ad alcune analisi della situazione. In quest'ultima lettera infatti scrive: "grazie al sostegno di persone esterne, ho tirato su un muro con lui, nell'ultimo anno, ignorandolo e riuscendo ad andare via. Ora però, mi mangio le mani perché mi dico che forse, se non avessi permesso agli altri di intromettersi avre potuto fare qualcosa, non lo so".
Pare che il suo problema sia proprio questo: una costante percezione di impotenza personale. Sceglie un partner dominatore, insultante, e non gli pone delle richieste precise, ma un muro e poi l'addio, come suggerito da persone non certo esperte in terapia di coppia.
Scappa dalla casa coniugale e va a rifugiarsi proprio presso quella famiglia d'origine che in genere è la matrice dei nostri comportamenti disfunzionali, infatti ritrova subito la dipendenza da una madre che, si spera con le migliori intenzioni, finisce però per esautorarla agli occhi di sua figlia.
Quest'ultima -molto probabilmente ferita dalla privazione improvvisa del padre, della casa, dell'ambiente noto, della scuola, degli amici, in pratica di tutta la sua realtà- si "vendica" attaccando lei, che non oppone fermezza e una interpretazione chiara di ciò che è stata e che sarà da ora in poi la vostra vita, e si appoggia a chi questa fermezza e chiarezza la manifesta invece con forza: la nonna.
Cara utente, io penso che sia venuto per lei il momento di cambiare certi atteggiamenti, certi pensieri, certe azioni ed emozioni che non le fanno bene, e questo può farlo solo una terapia psicologica, meglio se di orientamento cognitivo/comportamentale.
A suo tempo la terapia avrebbe potuto aiutarIa a scegliere un partner che non replicasse il peggio delle figure genitoriali, o a cambiare l'impostazione del vostro rapporto; a sostenere la sua autostima e la assertività di cui sembra mancare; a farle raggiungere accordi col suo compagno anziché assurde situazioni in aut-aut (o succuba, o sola); e oggi l'aiuterà a gestire il rapporto con genitori e parenti, con sua figlia, con gli amici che l'hanno consigliata da persone impreparate, ma ai quali nella sua debolezza lei ha dato credito.
Attraverso un sano supporto psicologico lei recupererà non solo benessere, ma una modalità di comportamento capace di spostare il perno della decisione dall'esterno all'interno; in altre parole, diventerà artefice della sua vita.
Le faccio infiniti auguri, ma sia consapevole che tutto passa, al momento, dall'affidarsi ad un bravo specialista.
ho letto tutte le lettere che ci ha mandato e le risposte di tutti i miei colleghi, che sono certa l'abbiano aiutata, come l'ha aiutata lo specialista di cui parla nella sua penultima lettera (spero sia un/a psicologo/a esperta): "Mi sto già facendo seguire".
Dico questo perché è evidente che da un dolore senza rimedio, che sembrava accecare le sue facoltà di giudizio, lei sta passando ad alcune analisi della situazione. In quest'ultima lettera infatti scrive: "grazie al sostegno di persone esterne, ho tirato su un muro con lui, nell'ultimo anno, ignorandolo e riuscendo ad andare via. Ora però, mi mangio le mani perché mi dico che forse, se non avessi permesso agli altri di intromettersi avre potuto fare qualcosa, non lo so".
Pare che il suo problema sia proprio questo: una costante percezione di impotenza personale. Sceglie un partner dominatore, insultante, e non gli pone delle richieste precise, ma un muro e poi l'addio, come suggerito da persone non certo esperte in terapia di coppia.
Scappa dalla casa coniugale e va a rifugiarsi proprio presso quella famiglia d'origine che in genere è la matrice dei nostri comportamenti disfunzionali, infatti ritrova subito la dipendenza da una madre che, si spera con le migliori intenzioni, finisce però per esautorarla agli occhi di sua figlia.
Quest'ultima -molto probabilmente ferita dalla privazione improvvisa del padre, della casa, dell'ambiente noto, della scuola, degli amici, in pratica di tutta la sua realtà- si "vendica" attaccando lei, che non oppone fermezza e una interpretazione chiara di ciò che è stata e che sarà da ora in poi la vostra vita, e si appoggia a chi questa fermezza e chiarezza la manifesta invece con forza: la nonna.
Cara utente, io penso che sia venuto per lei il momento di cambiare certi atteggiamenti, certi pensieri, certe azioni ed emozioni che non le fanno bene, e questo può farlo solo una terapia psicologica, meglio se di orientamento cognitivo/comportamentale.
A suo tempo la terapia avrebbe potuto aiutarIa a scegliere un partner che non replicasse il peggio delle figure genitoriali, o a cambiare l'impostazione del vostro rapporto; a sostenere la sua autostima e la assertività di cui sembra mancare; a farle raggiungere accordi col suo compagno anziché assurde situazioni in aut-aut (o succuba, o sola); e oggi l'aiuterà a gestire il rapporto con genitori e parenti, con sua figlia, con gli amici che l'hanno consigliata da persone impreparate, ma ai quali nella sua debolezza lei ha dato credito.
Attraverso un sano supporto psicologico lei recupererà non solo benessere, ma una modalità di comportamento capace di spostare il perno della decisione dall'esterno all'interno; in altre parole, diventerà artefice della sua vita.
Le faccio infiniti auguri, ma sia consapevole che tutto passa, al momento, dall'affidarsi ad un bravo specialista.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Gentile dottoressa, la ringrazio per la risposta.
Tuttavia, per un quadro più completo devo aggiungere una cosa: io la terapia la facevo anche prima, ho iniziato nel 2016. Ho chiesto tantissime volte al mio ex compagno di essere sincero, di poterci trasferire così come previsto nei nostri accordi, di essere leale. Ho cercato varie soluzioni ma tutte le volte mi rispondeva "non posso" oppure "se non ci stai bene vai via e non rompere..". Questo giusto per chiarire che non è stato un colpo di testa il mio. In tutto ciò la piccola soffriva e stava male, il padre spesso le parlava male di me manipolandola e mettendomela contro. In più, raccontando i dettagli alla psicoterapeuta di ciò che avveniva in casa lei mi ha parlato di violenza psicologica e mi ha detto che l'unica soluzione era quella di andare via. Lei trova assurdo che io l'abbia fatto? Non c'era più fiducia, né rispetto. La piccola risentita molto dei forti conflitti ed ho pensato che il modo migliore fosse quello di farla crescere in un ambiente più sereno.
Tuttavia, per un quadro più completo devo aggiungere una cosa: io la terapia la facevo anche prima, ho iniziato nel 2016. Ho chiesto tantissime volte al mio ex compagno di essere sincero, di poterci trasferire così come previsto nei nostri accordi, di essere leale. Ho cercato varie soluzioni ma tutte le volte mi rispondeva "non posso" oppure "se non ci stai bene vai via e non rompere..". Questo giusto per chiarire che non è stato un colpo di testa il mio. In tutto ciò la piccola soffriva e stava male, il padre spesso le parlava male di me manipolandola e mettendomela contro. In più, raccontando i dettagli alla psicoterapeuta di ciò che avveniva in casa lei mi ha parlato di violenza psicologica e mi ha detto che l'unica soluzione era quella di andare via. Lei trova assurdo che io l'abbia fatto? Non c'era più fiducia, né rispetto. La piccola risentita molto dei forti conflitti ed ho pensato che il modo migliore fosse quello di farla crescere in un ambiente più sereno.
[#3]
Utente
Insomma con le dinamiche disfunzionali che si stavano protraendo nel tempo, rischiavo di compromettere il rapporto con la bimba. Non solo lui non ha mantenuto fede alle promesse ma mi metteva contro la bimba, denigrandomi costantemente. Come avrei potuto fidarmi e aggiustare il rapporto su basi differenti? Se la volontà di cambiare non partiva per prima da lui? Che avrei potuto fare più di così? Non lo so.. In quel momento credevo di averle provate tutte e che l'unica soluzione fosse lasciar andare
[#4]
Utente
Aggiungo un'ultima cosa: in terapia, la psicologa mi faceva scrivere dei quaderni con i miei pensieri. Lui se n'era impossessato e durante le liti mi diceva : vuoi che tutti leggano i tuoi appunti?
Oppure diceva davanti a mia figlia : se n'è accorta anche tua figlia di quello che sei, ti ride in faccia anche lei. O, io parlavo alla bimba , e lui diceva "lasciala parlare tanto è un avvocato e non capisce nulla". Prima di andare via, a settembre gli comunica che ero stanca e gli dissi che o avrebbe preso una casa come eravamo d'accordo o che me ne sarei andata. Spesso diceva anche che mi stava registrando. Io non mi sentivo sicura in casa mia. E mi sentivo di subire violenza. A me insomma, non pareva rimediabile se non eliminando questi atteggiamenti che lui, per sua natura, mai avrebbe eliminato posto che glielo chiedi innumerevoli volte.
Oppure diceva davanti a mia figlia : se n'è accorta anche tua figlia di quello che sei, ti ride in faccia anche lei. O, io parlavo alla bimba , e lui diceva "lasciala parlare tanto è un avvocato e non capisce nulla". Prima di andare via, a settembre gli comunica che ero stanca e gli dissi che o avrebbe preso una casa come eravamo d'accordo o che me ne sarei andata. Spesso diceva anche che mi stava registrando. Io non mi sentivo sicura in casa mia. E mi sentivo di subire violenza. A me insomma, non pareva rimediabile se non eliminando questi atteggiamenti che lui, per sua natura, mai avrebbe eliminato posto che glielo chiedi innumerevoli volte.
[#5]
Gentile utente,
tutto quello che ha scritto non fa che confermare ciò che le ho detto nella prima risposta: deve rinforzare autostima e assertività. Infatti adesso soffre e forse rimpiange un uomo manipolatore e crudele, una sorta di aguzzino? La cosa più notevole è che lei ripeta che gli chiedeva di cambiare città! Questa era tutta la soluzione, concordata con la sua terapeuta?
In genere, quando una terapia produce poco o nessun effetto, le ragioni si riducono a tre: 1) il paziente non è davvero disposto al cambiamento; 2) il metodo terapeutico (per esempio psicoanalisi anziché terapia cognitivo-comportamentale) non è adatto a quel paziente in quel momento della sua vita; 3) non si è creata una relazione idonea tra paziente e terapeuta.
La prego di rileggere CON ATTENZIONE la mia precedente risposta. Nella sua replica, lei sembra credere (in armonia con la sua attitudine difensiva) che io stia criticando le sue scelte. Rileggendo, vedrà che non è così.
Prendiamo il caso più spinoso: la bambina. Il fatto che io affermi che probabilmente ha sofferto dello "strappo" non vuol dire che questo non fosse il giusto rimedio ad un male maggiore; ma rimane, appunto, un male, che se non viene opportunamente accompagnato da una narrazione dotata di senso lascia la piccola incapace di darsi spiegazioni, in grado solo di rispondere al proprio dolore con l'aggressività.
Cara utente, il terapeuta che la segue adesso è la stessa persona di prima? Lei probabilmente è in una delle tre situazioni di imperfetta aderenza alla terapia di cui scrivevo sopra, se sente il bisogno, non una sola volta, ma diverse volte nei mesi, di avere supporti esterni, qui il nostro, e forse anche altri fuori?
Le faccio ancora tanti auguri e la invito a reagire, ma non a tutela della sua pericolosa confort-zone, bensì per conquistare, CON L'AIUTO DI UNO SPECIALISTA CUI AFFIDARSI DAVVERO, una modalità di gestione della vita e una assertività a lei più favorevoli.
Saluti.
tutto quello che ha scritto non fa che confermare ciò che le ho detto nella prima risposta: deve rinforzare autostima e assertività. Infatti adesso soffre e forse rimpiange un uomo manipolatore e crudele, una sorta di aguzzino? La cosa più notevole è che lei ripeta che gli chiedeva di cambiare città! Questa era tutta la soluzione, concordata con la sua terapeuta?
In genere, quando una terapia produce poco o nessun effetto, le ragioni si riducono a tre: 1) il paziente non è davvero disposto al cambiamento; 2) il metodo terapeutico (per esempio psicoanalisi anziché terapia cognitivo-comportamentale) non è adatto a quel paziente in quel momento della sua vita; 3) non si è creata una relazione idonea tra paziente e terapeuta.
La prego di rileggere CON ATTENZIONE la mia precedente risposta. Nella sua replica, lei sembra credere (in armonia con la sua attitudine difensiva) che io stia criticando le sue scelte. Rileggendo, vedrà che non è così.
Prendiamo il caso più spinoso: la bambina. Il fatto che io affermi che probabilmente ha sofferto dello "strappo" non vuol dire che questo non fosse il giusto rimedio ad un male maggiore; ma rimane, appunto, un male, che se non viene opportunamente accompagnato da una narrazione dotata di senso lascia la piccola incapace di darsi spiegazioni, in grado solo di rispondere al proprio dolore con l'aggressività.
Cara utente, il terapeuta che la segue adesso è la stessa persona di prima? Lei probabilmente è in una delle tre situazioni di imperfetta aderenza alla terapia di cui scrivevo sopra, se sente il bisogno, non una sola volta, ma diverse volte nei mesi, di avere supporti esterni, qui il nostro, e forse anche altri fuori?
Le faccio ancora tanti auguri e la invito a reagire, ma non a tutela della sua pericolosa confort-zone, bensì per conquistare, CON L'AIUTO DI UNO SPECIALISTA CUI AFFIDARSI DAVVERO, una modalità di gestione della vita e una assertività a lei più favorevoli.
Saluti.
[#6]
Utente
Gentile Dottoressa, la ringrazio nuovamente per la sua risposta.
In realtà, io ho compreso benissimo che il suo intervento non era mirato a criticare la mia scelta bensì a darmi strumenti di riflessione con le sue considerazioni con le quali, peraltro, concordo pienamente.
Concordo altresì, con il fatto che il trasferimento non potesse di certo essere la soluzione per il mio rapporto disfunzionale. In realtà, la mia ex terapeuta (diversa da quella attuale) mi ripeteva che lui per me era come la bottiglia di vino, e che assieme eravamo "due disgraziati".
Con l'attuale, in effetti, non mi sento compresa fino in fondo nel senso che non fa che ripetere che in una situazione di violenza l'unica via è quella di allontanarsi. Mi ha detto, altresì, che donne che subiscono certe cose arrivano devastate nell'autostima (già bassa di partenza).
La cosa di cui non mi capacito è del perché io non sia in pace con me stessa.
Quanto allo strappo della piccola, sono perfettamente d'accordo con lei, senza alcun minimo dubbio.
La ringrazio moltissimo per il suo tempo.
In realtà, io ho compreso benissimo che il suo intervento non era mirato a criticare la mia scelta bensì a darmi strumenti di riflessione con le sue considerazioni con le quali, peraltro, concordo pienamente.
Concordo altresì, con il fatto che il trasferimento non potesse di certo essere la soluzione per il mio rapporto disfunzionale. In realtà, la mia ex terapeuta (diversa da quella attuale) mi ripeteva che lui per me era come la bottiglia di vino, e che assieme eravamo "due disgraziati".
Con l'attuale, in effetti, non mi sento compresa fino in fondo nel senso che non fa che ripetere che in una situazione di violenza l'unica via è quella di allontanarsi. Mi ha detto, altresì, che donne che subiscono certe cose arrivano devastate nell'autostima (già bassa di partenza).
La cosa di cui non mi capacito è del perché io non sia in pace con me stessa.
Quanto allo strappo della piccola, sono perfettamente d'accordo con lei, senza alcun minimo dubbio.
La ringrazio moltissimo per il suo tempo.
[#7]
Utente
Una cosa credo abbia reso impossibile recuperare qualcosa. L'idea di essere vittima di un bluff, l'idea di buttare via il mio tempo con un mentitore seriale. Troppe volte, ho cercato di fargli capire che mentendo non poteva funzionare, che una vita non si può costruire sulla menzogna ma ogni mio grido è rimasto vano. Io avevo scommesso su di lui dandogli fiducia e lui mi ha tradita. In che modo avrei potuto costruire qualcosa di sincero ed empatico? Volevo sottrarmi dalla falsità. Ed il mio dolore deriva anche dall'aver fatto soffrire la mia bimba per tutta questa situazione, per averla derubata della sua realtà. Ma più che il posto è la totale mancanza di lealtà, io mi ero affidata a lui e lui mi ha ripagato tradendomi in modo vile.
Vorrei solo superare tutto ciò e creare si fondamenta solide, il futuro mio e di mia figlia.
Vorrei solo superare tutto ciò e creare si fondamenta solide, il futuro mio e di mia figlia.
[#9]
Gentile utente,
io credo che non sia la vicinanza a questo o a quello che possa nuocere (tranne in caso di convivenza), ma il modo di gestire questi legami. Ovviamente, l'opportunità di intrattenere, in questa fase, rapporti stretti con persone che inducono in lei comportamenti regressivi va discussa col curante.
Ci sono due elementi che lei non chiarisce. Il primo è: quando è nata la bambina, lei è andata subito a convivere col suo partner, o no? Il secondo è: come sta reagendo il suo ex all'allontanamento, suo e della figlia?
io credo che non sia la vicinanza a questo o a quello che possa nuocere (tranne in caso di convivenza), ma il modo di gestire questi legami. Ovviamente, l'opportunità di intrattenere, in questa fase, rapporti stretti con persone che inducono in lei comportamenti regressivi va discussa col curante.
Ci sono due elementi che lei non chiarisce. Il primo è: quando è nata la bambina, lei è andata subito a convivere col suo partner, o no? Il secondo è: come sta reagendo il suo ex all'allontanamento, suo e della figlia?
[#10]
Utente
I primi 4 anni di vita della bimba ho vissuto a casa dei miei, infatti facevo ancora l'università. Però, mi spostavo praticamente ogni weekend, ogni festa è per i 3 mesi estivi. Lui, non veniva quasi mai. Appena laureata la prof con cui feci la tesi, un mito per me, mi propose di fare il tirocinio da lei. Tuttavia, lui mi chiese di trasferirmi nel paesino in cui viveva solo per il tempo del tirocinio (sapeva che io mi sentivo stretta ed infelice nel paese) promettendo di seguirmi lui:"aiutami adesso e sarai ricompensata". Testuali parole. Mi disse anche di tenermi in contatto con la prof che poi trascorsi quei mesi avrei potuto lavorare da lei. Tutto un bluff. Tutto finto. Quando ho capito che erano solo grandi bugie le sue, mi è crollato il mondo addosso e ho iniziato a stare male e fare terapia. Lui, usava il mio malessere per farmi sentire pazza e fuori luogo. Così ho trascorso due anni sentendomi in trappola e anzi credevo di essere pazza. Tutto cambiò quando nell'estate del 2018 passai gli scritti per l'abilitazione alla professione di avvocato. Ero certa di non essere in grado di studiare tanto ero mal ridotta. Invece avvenne un miracolo : non solo studiavo e molto bene, ma mi sentivo Viva, felice, avevo ritrovato la gioia di vivere che pensavo aver perso per sempre. Per sempre. Lì mi è scattata in modo prepotente l'idea che di lì dovevo andare via e che per la mia salute lui andava tenuto lontano.
[#11]
Utente
Però, dovevo trascorrere un altro anno con lui per non cambiare scuola alla piccola in corso d'anno scolastico.
Di qui, la mia idea di coinvolgere i miei amici, con i quali, peraltro, mi sono con fidata sui miei problemi psicologici e che mi hanno fatto capire che dopo quello che mi aveva fatto lui era normale io fossi infelice e che non ero certo pazza! Anzi! Quindi, ho iniziato a chiedere conforto a loro e la mia famiglia, anche per evitare che il rapporto esclusivo con lui mi danneggiasse e per avere relazioni e contatti con altre persone attraverso cui recuperare l'autostima e la sicurezza in me.
Di qui, la mia idea di coinvolgere i miei amici, con i quali, peraltro, mi sono con fidata sui miei problemi psicologici e che mi hanno fatto capire che dopo quello che mi aveva fatto lui era normale io fossi infelice e che non ero certo pazza! Anzi! Quindi, ho iniziato a chiedere conforto a loro e la mia famiglia, anche per evitare che il rapporto esclusivo con lui mi danneggiasse e per avere relazioni e contatti con altre persone attraverso cui recuperare l'autostima e la sicurezza in me.
[#12]
Utente
Dopo la separazione, lui è quasi sparito nel senso che è venuto una volta a trovare la bimba e poi, a fronte delle sue richieste, inventava scuse. Lei, adesso è molto arrabbiata e lui è venuto in tutto 3 volte, dopo mie continue richieste.
Solo che, ora, non ho in mano nulla di nulla.
Seppur gli altri mi abbiano dato manforte, io ho portato avanti con grande forza e tenacia il mio progetto di andarmene che mi rendeva serena e felice.
Ora, invece, affrontare tutto è molto più dura di quanto credessi.
Vorrei tornare ad essere in contatto con il mio vero sè, ed essere LIBERA, finalmente!
Solo che, ora, non ho in mano nulla di nulla.
Seppur gli altri mi abbiano dato manforte, io ho portato avanti con grande forza e tenacia il mio progetto di andarmene che mi rendeva serena e felice.
Ora, invece, affrontare tutto è molto più dura di quanto credessi.
Vorrei tornare ad essere in contatto con il mio vero sè, ed essere LIBERA, finalmente!
[#14]
Cara utente,
per acquisire l'assertività ci sono corsi specifici, di gruppo, condotti da psicologi.
Avviene però che frequentando uno di questi corsi alcune persone acquisiscano le nuove modalità di comportamento proposte quasi senza problemi, altre resistano a oltranza accampando fantasiose motivazioni per sottrarsi all'autoanalisi e al cambiamento, altre ancora scoprano con dolore quali ostacoli, negli anni, hanno impedito loro di affermare le proprie idee, la propria volontà, etc., divenendo blocchi nevrotici inconsci.
In pratica, incontrano i motivi di tante loro difficoltà, che fin lì non riconoscevano, e in questi casi le sedute di gruppo non bastano, sono fuorvianti, occorre uno spazio individuale di terapia.
A volte invece si inizia proprio con la terapia individuale -come potrebbe essere il suo caso- e ci si inserisce più tardi in un gruppo dedicato all'assertività o ad altri settori specifici, con lo stesso terapeuta o con altri.
A me sembra che nel suo caso ci sia molto da lavorare sulla dipendenza da figure forti e vessatorie, prima di parlare di assertività: lei ha scelto un partner maltrattante, gli è stata vicina per dieci anni, e in parte desidera ricominciare la tortura...
Ripeto, si affidi al suo terapeuta, discuta con lui -o lei- le sue esigenze, altrimenti rischia di aggirare sempre il nucleo del suo malessere.
Tanti auguri.
per acquisire l'assertività ci sono corsi specifici, di gruppo, condotti da psicologi.
Avviene però che frequentando uno di questi corsi alcune persone acquisiscano le nuove modalità di comportamento proposte quasi senza problemi, altre resistano a oltranza accampando fantasiose motivazioni per sottrarsi all'autoanalisi e al cambiamento, altre ancora scoprano con dolore quali ostacoli, negli anni, hanno impedito loro di affermare le proprie idee, la propria volontà, etc., divenendo blocchi nevrotici inconsci.
In pratica, incontrano i motivi di tante loro difficoltà, che fin lì non riconoscevano, e in questi casi le sedute di gruppo non bastano, sono fuorvianti, occorre uno spazio individuale di terapia.
A volte invece si inizia proprio con la terapia individuale -come potrebbe essere il suo caso- e ci si inserisce più tardi in un gruppo dedicato all'assertività o ad altri settori specifici, con lo stesso terapeuta o con altri.
A me sembra che nel suo caso ci sia molto da lavorare sulla dipendenza da figure forti e vessatorie, prima di parlare di assertività: lei ha scelto un partner maltrattante, gli è stata vicina per dieci anni, e in parte desidera ricominciare la tortura...
Ripeto, si affidi al suo terapeuta, discuta con lui -o lei- le sue esigenze, altrimenti rischia di aggirare sempre il nucleo del suo malessere.
Tanti auguri.
[#15]
Utente
Beh che il partner con cui stavo era maltrattante è assolutamente vero ma la cosa strana è che il nostro rapporto è degenerato negli anni perché agli inizi non era assolutamente così. Riconosco, comunque, probabilmente sin da subito, un legame di dipendenza piuttosto che legame maturo.
Lei che indirizzo terapeutico consiglierebbe?
Grazie di tutto
Lei che indirizzo terapeutico consiglierebbe?
Grazie di tutto
Questo consulto ha ricevuto 16 risposte e 2.2k visite dal 30/12/2019.
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