Come richiedere un aiuto psicologico senza supporto dei propri familiari
è da molto tempo che sento di soffrire di un disturbo d'ansia che trasformo in apatia e disinteresse per ciò che mi circonda, per evitare di stare male.
Sono un ragazzo di 25 anni e da quando ero bambino ho sempre percepito i miei lati caratteriali introversi che mi impedivano di aprirmi e integrarmi con i miei coetanei.
Ho sempre avuto la tendenza ad isolarmi, a stare in silenzio, a non divertirmi insieme agli altri.
Nonostante questo ho sempre sperato che qualcosa in me cambiasse e che crescendo ce l'avrei fatta a migliorarmi.
All'università mi sono dato da fare, nonostante abbia scelto un percorso senza una precisa passione, e ho conseguito ottimo risultati, senza per questo provare grande soddisfazione.
Ma nelle esperienze lavorative che ho maturato ho avvertito fin da subito fortemente i miei limiti, perchè se all'università sono sempre riuscito a "evitare" situazioni che mi facevano soffrire, negli ambienti lavorativi questo non è stato possibile, e l'ansia ha preso il sopravvento, con sintomi quali batticuore, sudorazione alle mani, voglia di evadere dal posto di lavoro, voglia di piangere e così via.
Ho viaggiato molto nel periodo dell'università, svolgendo erasmus e master all'estero, sempre spinto dalla voglia di evasione e cambiamento della mia vita, come se cercassi una "svolta".
Ho chiesto in passato un supporto psicologico diverse volte, senza mai approfondire la questione, fermandomi sempre ai primi incontri, principalmente perchè mi trovavo in posti da cui sarei andato via presto.
Attualmente ho iniziato, da poco, un nuovo lavoro in un'importante società, una grande conquista, tornando in un posto dal quale in passato ero scappato.
Ci sono tornato quasi per sfidare me stesso sperando di farcela, una sorta di rivincita, ma mi rendo conto che le sensazioni che provavo allora sono le stesse che provo oggi, e ne ho parlato con i miei genitori per cercare un aiuto.
Tuttavia, ascoltando una discussione tra i miei genitori senza che se ne accorgessero, mi sono visto "sbattere" la porta in faccia specialmente da uno dei miei genitori che non accetta che nella mia famiglia si parli di psicologi, sminuendo difatti la sofferenza che sto provando e aumentando il senso di colpa che provo per non essere in grado di reagire.
Non so come agire, come e a chi chiedere aiuto.
Sono un ragazzo di 25 anni e da quando ero bambino ho sempre percepito i miei lati caratteriali introversi che mi impedivano di aprirmi e integrarmi con i miei coetanei.
Ho sempre avuto la tendenza ad isolarmi, a stare in silenzio, a non divertirmi insieme agli altri.
Nonostante questo ho sempre sperato che qualcosa in me cambiasse e che crescendo ce l'avrei fatta a migliorarmi.
All'università mi sono dato da fare, nonostante abbia scelto un percorso senza una precisa passione, e ho conseguito ottimo risultati, senza per questo provare grande soddisfazione.
Ma nelle esperienze lavorative che ho maturato ho avvertito fin da subito fortemente i miei limiti, perchè se all'università sono sempre riuscito a "evitare" situazioni che mi facevano soffrire, negli ambienti lavorativi questo non è stato possibile, e l'ansia ha preso il sopravvento, con sintomi quali batticuore, sudorazione alle mani, voglia di evadere dal posto di lavoro, voglia di piangere e così via.
Ho viaggiato molto nel periodo dell'università, svolgendo erasmus e master all'estero, sempre spinto dalla voglia di evasione e cambiamento della mia vita, come se cercassi una "svolta".
Ho chiesto in passato un supporto psicologico diverse volte, senza mai approfondire la questione, fermandomi sempre ai primi incontri, principalmente perchè mi trovavo in posti da cui sarei andato via presto.
Attualmente ho iniziato, da poco, un nuovo lavoro in un'importante società, una grande conquista, tornando in un posto dal quale in passato ero scappato.
Ci sono tornato quasi per sfidare me stesso sperando di farcela, una sorta di rivincita, ma mi rendo conto che le sensazioni che provavo allora sono le stesse che provo oggi, e ne ho parlato con i miei genitori per cercare un aiuto.
Tuttavia, ascoltando una discussione tra i miei genitori senza che se ne accorgessero, mi sono visto "sbattere" la porta in faccia specialmente da uno dei miei genitori che non accetta che nella mia famiglia si parli di psicologi, sminuendo difatti la sofferenza che sto provando e aumentando il senso di colpa che provo per non essere in grado di reagire.
Non so come agire, come e a chi chiedere aiuto.
[#1]
Gentile ragazzo,
Lei ha 25 anni, è ampiamente maggiorenne;
ha un reddito fisso derivante dal Suo lavoro;
e quindi ha tutte le possibilità di scelta aperte
e in modo autonomo.
E dunque, "Come richiedere un aiuto psicologico senza supporto dei propri familiari"?
1. - Può chiedere un appuntamento al Consultorio pubblico (gratuito, ma con tempi forse dilatati e un numero prestabilito di sedute).
2. - Può rivolgersi al uno Psicologo psicoterapeuta del privato (cioè a pagamento) telefonando e chiedendo se egli si occupa della tematica di Suo interesse.
In genere le prime due-tre sedute (già terapeutiche) servono a mettere a fuoco la problematica che si affronterà insieme
e dunque a concordare un obiettivo raggiungibile
in un numero approssimativo di sedute (10? 20?).
E' essenziale essere decisi a non interrompere:
la psicoterapia non è una magia,
bensì un percorso di cambiamento che abbisogna di tempo ed impegno da parte di entrambi.
Riguardo ai Suoi genitori.
Le persone di altre generazioni non sempre condividono i progressi che nel tempo si raggiungono:
non usano il computer,
non fanno acquisti online,
non accettano la psicologia,
ecc.
I figli studiano, si laureano (v. Lei), aprono la mente a tutto quanto di utile l'oggi offre.
Non si può pretendere di cambiare la mentalità dei propri genitori,
ma loro non possono pretendere che i figli rimangano ancorati al loro modo di pensare.
Agire in autonomia non rappresenta per il figlio un tradimento della loro linea educativa, ma una scelta di vita.
Agire in autonomia significa anche fare delle scelte
senza sentirsi in dovere di dire loro tutto (a 25 anni!),
senza che loro siano d'accordo su tutto.
Cosa ne pensa?
Per comprendere meglio quale indirizzo scegliere,
può leggere:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html .
Dott. Brunialti
Lei ha 25 anni, è ampiamente maggiorenne;
ha un reddito fisso derivante dal Suo lavoro;
e quindi ha tutte le possibilità di scelta aperte
e in modo autonomo.
E dunque, "Come richiedere un aiuto psicologico senza supporto dei propri familiari"?
1. - Può chiedere un appuntamento al Consultorio pubblico (gratuito, ma con tempi forse dilatati e un numero prestabilito di sedute).
2. - Può rivolgersi al uno Psicologo psicoterapeuta del privato (cioè a pagamento) telefonando e chiedendo se egli si occupa della tematica di Suo interesse.
In genere le prime due-tre sedute (già terapeutiche) servono a mettere a fuoco la problematica che si affronterà insieme
e dunque a concordare un obiettivo raggiungibile
in un numero approssimativo di sedute (10? 20?).
E' essenziale essere decisi a non interrompere:
la psicoterapia non è una magia,
bensì un percorso di cambiamento che abbisogna di tempo ed impegno da parte di entrambi.
Riguardo ai Suoi genitori.
Le persone di altre generazioni non sempre condividono i progressi che nel tempo si raggiungono:
non usano il computer,
non fanno acquisti online,
non accettano la psicologia,
ecc.
I figli studiano, si laureano (v. Lei), aprono la mente a tutto quanto di utile l'oggi offre.
Non si può pretendere di cambiare la mentalità dei propri genitori,
ma loro non possono pretendere che i figli rimangano ancorati al loro modo di pensare.
Agire in autonomia non rappresenta per il figlio un tradimento della loro linea educativa, ma una scelta di vita.
Agire in autonomia significa anche fare delle scelte
senza sentirsi in dovere di dire loro tutto (a 25 anni!),
senza che loro siano d'accordo su tutto.
Cosa ne pensa?
Per comprendere meglio quale indirizzo scegliere,
può leggere:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html .
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 750 visite dal 26/12/2019.
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