Dsa adulti. Dopo 13 anni di studi a 19 anni, capisco perché ero scema

Mi sono sempre sentita inadeguata a livello scolastico.
Sono dell’anno 2000 quindi nel 2006 già era abbastanza conosciuto i disturbi specifici dell’apprendimento tanto che molti miei compagni di classe gli era stata diagnosticata (a parer mio solo per usufruire dei soldi statali per i supporti) mentre io ero quella più svogliata a parer loro.

Difficoltà di lettura.

Difficoltà con le doppie.

Difficoltà a memorizzare vocaboli, ma niente che a parer mio da bimba non si potesse migliorare, perché in fondo sono problemi che possono avere tutti.


Il problema più grosso era la matematica che, non riuscendo a memorizzare le tabelline e con successive interrogazioni accompagnate da pianti isterici, la maestra se ne esce dicendo o sei stupida, oppure non fai nulla a casa... in quel momento qualcosa mi si è rotto dentro e la mia voglia di studiare è andata sempre scemando.


Non ho più voglia e per saltare le lezioni vado in bagno fingendo il mal di pancia e a vomitare mettendomi le dita in gola.
Tutto va avanti per settimane fino a quando mi scoprono.


Cambio scuola; 4 elementare.
Ancora non so bene né leggere, né scrivere.
Non so le tabelline.
Sono indietro.
Probabilmente incompetenza dei professori
Ma io piangevo.
Scuole elementari anziché avere voti altissimi come tutti io ero appena sufficiente

Scuole medie, idem...
Ancora non so le tabelline, ancora non so scrivere bene.
Nessuno capisce che ho un problema, sono semplicemente svogliata.


Arriva la scelta del superiore: LICEO CLASSICO.
Scandalo, sgomento dei professori.
TU NON PUOI FARE IL CLASSICO.

Invece sì.


2 anni di classico compiuti in maniera discreta (media del 7.5).
Ma desidero troppo diventare medico e quindi mi sposto all’indirizzo scientifico perché ancora non so benissimo le tabelline e ho difficoltà con le equazione e tutto ciò che ne segue.

Diplomata con 71 (voto a dir poco basso a mio dire rispetto all’impegno messo, tutto ovviamente al solito seguito da pianti isterici).


Test di medicina.
18.3. Non sono entrata in graduatoria.
Troppe domande e poco tempo a mio dire, ma gli altri sostengono che il tempo era giusto... a quel punto arriva l’illuminazione.
Incontro una ragazza discalculica con la quale, parlando, mi riconosco.


Iscritta all’università in un corso a numero aperto, con l’idea di provare di nuovo i test il prossimo anno, faccio i test.
RISULTO DISLESSICA E DISCALCULICA.
QI 110.
sto meglio finalmente.
Non mi sento più scema

La mia domanda è: com’è possibile non accorgersene (Sopratutto da parte di professori)?
E io, ormai, che lo stato non supporta gli adulti, come mi devo comportare?
Non so che fare... mi sento poco autonoma.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

mi dispiace che Lei abbia vissuto queste difficoltà, ma è anche vero che è riuscita a completare il percorso di studi fino a conseguire la maturità scientifica e che ora vuole iscriversi a Medicina. Mi pare un ottimo traguardo.

Lei domanda: "La mia domanda è: com’è possibile non accorgersene (Sopratutto da parte di professori)?"

Gli insegnanti non sono nè medici nè psicologi e quindi non possono porre diagnosi; purtroppo la cosa più istintiva, facile da dire e deresponsabilizzante è etichettare una persona come "svogliata", anzichè rimettersi in discussione e ipotizzare che il proprio metodo di insegnamento non sia efficace e che evidentemente una ragazzina va in bagno a vomitare perchè non sta bene in quel contesto e sforzarsi di capire quale sia il problema.


La scuola, purtroppo, è carente anche di risorse per poter avere al proprio interno figure professionali che possano dare una mano agli insegnanti.


In ogni caso, adesso che Lei è una persona adulta può prendere le distanze da tutto ciò, comprendendo che non è mica stupida, ma che ha avuto delle difficoltà che sono comuni a tanti bambini. Tra l'altro, per un bambino non è così semplice imparare a leggere o a fare calcoli, perchè è vero che dopo un po' di tempo scattano quegli automatismi che ci consentono di fare calcoli anche con cifre diverse (es. faccio lo stesso passaggio mentale se devo calcolare 100-20 e 10-2), ma per una bambino non è così immediato.


Colpevolizzare un bimbo è sbagliato, anche perchè non sappiamo se tali automatismi sono partiti oppure no e di solito non lo si può comprendere in prima elementare!


Che cosa fare adesso? Esattamente come ci sono test per le persone adulte utili a porre diagnosi, ci sono anche metodologie che Le consentiranno di apprendere strategie per fronteggiare la problematica. Ha pensato di rivolgersi a chi Le ha disgnosticato il problema per avere indicazioni in merito?


Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Utente
Utente
Nel mio territorio, non sapendo da adulta dov’è andare, sono andata nel reperto di neuropsichiatria infantile a chiedere informazione su come comportarmi o su qualche recapito telefonico, ma mi è stato detto è difficile che si diagnostici a un adulto , con mio sgomento ovviamente perché alla fine cambia ben poco avere 17 anni (età nella quale a suo dire si può diagnosticare) e averne 19.
La mia università diagnosticava gratuitamente a studenti immatricolati, però senza validità a livello nazionale; quindi ora non so bene come comportarmi, perché quello che ha fatto lei è solo diagnosticarlo e dice che non può fare altro.
Questo però mi agevola agli esami solo se io sapessi come comportarmi anche nello studio a casa.

PROPOSTE E SUGGERIMENTI PER L’INTERVENTO
In merito alle abilità di lettura si consiglia di intraprendere un percorso di intervento finalizzato all’incremento dell’automatizzazione dei processi di lettura, allo scopo di migliorare la velocità d’accesso al codice ortografico. Per quanto concerne le abilità di calcolo, si suggerisce di intraprendere un percorso di intervento finalizzato alla riduzione dei tempi di emissione della risposta, incrementando l’Autonomia

Questo è quello che mi è stata o scritto nella diagnosi.