Psicoterapia inutile?
Buonasera, vi scrivo in una giornata particolarmente difficile e confusa, ma sento di aver bisogno di un parere nuovo.
Mi è molto difficile concentrarmi sulle cose essenziali, quindi farò del mio meglio.
Sono in terapia da 3 anni, orientamento psicodinamico.
Soffro di ansia e (soprattutto) di depressione.
Non ho mai assunto farmaci.
Non riesco a dirlo a cuor leggero, ma sento che questa terapia non sta portando nessun risultato.
In qualche modo non riesco mai a fidarmi completamente della mia terapeuta, a sentire che dall'altra parte qualcuno c'è in maniera costante, nonostante tutti gli sforzi di lei nel farmelo sentire, nonostante il fatto che ne parliamo praticamente tutte le volte.
Ogni volta che lei deve andare in ferie, oppure nei rarissimi casi in cui una seduta salta senza preavviso, o anche ad esempio quando esco dallo studio e torno a casa, sento che tutta la nostra relazione svanisce.
Lei poi mi dice spesso che proietto su di lei molte caratteristiche dei miei oggetti interiori, in particolare che dentro di me ho un forte "oggetto persecutore" (frutto delle mie esperienze con i miei genitori, mio padre in particolare).
Tutto questo è vero, ma al contempo sentirmi dire queste cose mi impedisce di fidarmi del mio sentire, e di conseguenza anche di prendere una decisione cobcreta rispetto a questo perforso.
Fino a che punto il mio giudizio è "invalidato" da questo proiettare?
Per me è in generale molto difficile prendere atro delle cose della mia vita che non vanno, e soprattutto lasciare andare le persone.
È normale tutto questo?
È normale che io spesso provi un odio profondo nei suoi confronti?
È tutto transfert, oppure può essere che alla radice io abbia deciso che questa persona non fa per me?
Mi ricordo bene quanto all'inizio continuassi a svalutarla dentro di me: ho sempre avuto la sensazione che sia meno intelligente di me (la maggior parte delle volte so già dove vuole andare a parare con le cose che mi dice), più banale, poco colta (ogni volta che citavo un libro o un film, anche famosi, lei puntualmente non li conosceva).
Oltretutto all'inizio sentivo da parte sua una sorta di antipatia nei miei confronti e nel mio modo di pormi, nonché un minimizzare i miei problemi perché, a detta sua, alla fase di "andare a fondo" dovevamo arrivarci (il primo anno e mezzo abbiamo fatto sedute vis a vis, per poi passare al lettino).
Decisi di tapparmi il naso e resistere, mi dissi che erano mie proiezioni e che in ogni caso non era richiesto che lei avesse una cultura sterminata per potermi aiutare.
Nel tempo ci siamo rapportati in modo molto diverso, abbiamo vissuto anche dei momenti di viconanza, eppure ancora quella fiducia profonda non c'è, e i sintomi non migliorano.
3 anni cominciano a essere troppi per me senza provare nessun tipo di sollievo.
Mi scuso se questo testo è molto lungo e molto confuso.
Sono poco lucido in questo momento, ma sarò felice di specificare altri aspetti qua sotto.
Vi ringrazio del vostro tempo
Mi è molto difficile concentrarmi sulle cose essenziali, quindi farò del mio meglio.
Sono in terapia da 3 anni, orientamento psicodinamico.
Soffro di ansia e (soprattutto) di depressione.
Non ho mai assunto farmaci.
Non riesco a dirlo a cuor leggero, ma sento che questa terapia non sta portando nessun risultato.
In qualche modo non riesco mai a fidarmi completamente della mia terapeuta, a sentire che dall'altra parte qualcuno c'è in maniera costante, nonostante tutti gli sforzi di lei nel farmelo sentire, nonostante il fatto che ne parliamo praticamente tutte le volte.
Ogni volta che lei deve andare in ferie, oppure nei rarissimi casi in cui una seduta salta senza preavviso, o anche ad esempio quando esco dallo studio e torno a casa, sento che tutta la nostra relazione svanisce.
Lei poi mi dice spesso che proietto su di lei molte caratteristiche dei miei oggetti interiori, in particolare che dentro di me ho un forte "oggetto persecutore" (frutto delle mie esperienze con i miei genitori, mio padre in particolare).
Tutto questo è vero, ma al contempo sentirmi dire queste cose mi impedisce di fidarmi del mio sentire, e di conseguenza anche di prendere una decisione cobcreta rispetto a questo perforso.
Fino a che punto il mio giudizio è "invalidato" da questo proiettare?
Per me è in generale molto difficile prendere atro delle cose della mia vita che non vanno, e soprattutto lasciare andare le persone.
È normale tutto questo?
È normale che io spesso provi un odio profondo nei suoi confronti?
È tutto transfert, oppure può essere che alla radice io abbia deciso che questa persona non fa per me?
Mi ricordo bene quanto all'inizio continuassi a svalutarla dentro di me: ho sempre avuto la sensazione che sia meno intelligente di me (la maggior parte delle volte so già dove vuole andare a parare con le cose che mi dice), più banale, poco colta (ogni volta che citavo un libro o un film, anche famosi, lei puntualmente non li conosceva).
Oltretutto all'inizio sentivo da parte sua una sorta di antipatia nei miei confronti e nel mio modo di pormi, nonché un minimizzare i miei problemi perché, a detta sua, alla fase di "andare a fondo" dovevamo arrivarci (il primo anno e mezzo abbiamo fatto sedute vis a vis, per poi passare al lettino).
Decisi di tapparmi il naso e resistere, mi dissi che erano mie proiezioni e che in ogni caso non era richiesto che lei avesse una cultura sterminata per potermi aiutare.
Nel tempo ci siamo rapportati in modo molto diverso, abbiamo vissuto anche dei momenti di viconanza, eppure ancora quella fiducia profonda non c'è, e i sintomi non migliorano.
3 anni cominciano a essere troppi per me senza provare nessun tipo di sollievo.
Mi scuso se questo testo è molto lungo e molto confuso.
Sono poco lucido in questo momento, ma sarò felice di specificare altri aspetti qua sotto.
Vi ringrazio del vostro tempo
[#1]
Gentile utente,
non si riesce a capire
SE la Sua mancanza di fiducia verso la Sua Psicoterapeuta è parte della Sua patologia,
oppure SE riguarda questa singola relazione.
Avete fatto bene a parlarne tra Voi.
Mi chiedo anche se Lei ci metta tutto l'impegno possibile nel favorire il proprio cambiamento,
se si attenga alle prescrizioni ove ve ne siano,
se faccia i conti con una Sua eventuale idealizzazione di quella "fiducia profonda" che forse non Le appartiene.
Sono ipotesi che raccolgo dalla mia esperienza clinica più che dal Suo Consulto che,
presentando soprattutto il Suo punto di vista,
non mi fornisce sufficienti elementi:
cosa peraltro sempre difficilissima online.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
non si riesce a capire
SE la Sua mancanza di fiducia verso la Sua Psicoterapeuta è parte della Sua patologia,
oppure SE riguarda questa singola relazione.
Avete fatto bene a parlarne tra Voi.
Mi chiedo anche se Lei ci metta tutto l'impegno possibile nel favorire il proprio cambiamento,
se si attenga alle prescrizioni ove ve ne siano,
se faccia i conti con una Sua eventuale idealizzazione di quella "fiducia profonda" che forse non Le appartiene.
Sono ipotesi che raccolgo dalla mia esperienza clinica più che dal Suo Consulto che,
presentando soprattutto il Suo punto di vista,
non mi fornisce sufficienti elementi:
cosa peraltro sempre difficilissima online.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Utente
Gentile Dottoressa,
La ringrazio innanzitutto per avermi risposto così in fretta.
Mi rendo perfettamente conto che questo è un punto di vista unilaterale (peraltro influenzato dal mio pessimo umore di oggi). Comunque cerco di risponderle.
La mancanza di fiducia è sicuramente parte della mia patologia. Faccio estrema fatica a mostrarmi per quello che sono, a sentire di potermelo permettere senza rischiare qualcosa. Come ho accennato di sfuggita, ho vissuto delle esperienze piuttosto traumatiche con i miei genitori, tanti anni di abbandono e di forti abusi psicologici. Ma al di là di questo, quelle esperienze continuano a informare il modo che ho di pormi con gli altri, anche solo per la paura che le cose si ripetano.
Quello che a volte mi chiedo è fino a che punto siano queste esperienze a condizionare questa relazione, o se non ci sia anche qualcosa che non funziona alla radice della relazione e basta. D'altra parte non ho (avuto) davvero altre relazioni significative e positive con cui confrontarla, quindi non lo so. E non escludo di essere solo tanto angosciato, e di voler sacrificare la terapeuta come un capro espiatorio. Mi sento davvero molto confuso e impantanato.
Sto mettendo tanto impegno nell'andare a tutte le sedute (non ne ho mai saltata una), anche nel finanziarmele da solo: per tutto l'anno scorso mi sono pagato la 3a seduta settimanale con soldi guadagnati nel tempo libero (sono uno studente). Detto ciò, sento sicuramente tante cose nei confronti di lei, anche molto negative, ma credo faccia parte del lavoro, no? Molte volte mi autoboicotto, sento una spinta molto forte a ribellarmi, divento aggressivo. Non riesco a tenerla a mente come una figura soltanto positiva, che vuole aiutarmi, e questo a volte mi fa "remare contro". E d'altra parte non riesco a tenere a mente che è "solo" la mia psicologa, che il tempo è limitato, che ha una sua vita. Non riesco a focalizzarmi sul qui e ora della relazione. Anche ad accettare che qualcosa di nuovo possa succedere, o magari stia già succedendo.
Che cosa intende con prescrizioni?
Che cosa intende per idealizzazione di una fiducia profonda? Nel senso che non è possibile che io la provi, o nel senso che non è necessaria al lavoro?
Spero di averle risposto (e di non essere stato prolisso). La ringrazio ancora davvero
La ringrazio innanzitutto per avermi risposto così in fretta.
Mi rendo perfettamente conto che questo è un punto di vista unilaterale (peraltro influenzato dal mio pessimo umore di oggi). Comunque cerco di risponderle.
La mancanza di fiducia è sicuramente parte della mia patologia. Faccio estrema fatica a mostrarmi per quello che sono, a sentire di potermelo permettere senza rischiare qualcosa. Come ho accennato di sfuggita, ho vissuto delle esperienze piuttosto traumatiche con i miei genitori, tanti anni di abbandono e di forti abusi psicologici. Ma al di là di questo, quelle esperienze continuano a informare il modo che ho di pormi con gli altri, anche solo per la paura che le cose si ripetano.
Quello che a volte mi chiedo è fino a che punto siano queste esperienze a condizionare questa relazione, o se non ci sia anche qualcosa che non funziona alla radice della relazione e basta. D'altra parte non ho (avuto) davvero altre relazioni significative e positive con cui confrontarla, quindi non lo so. E non escludo di essere solo tanto angosciato, e di voler sacrificare la terapeuta come un capro espiatorio. Mi sento davvero molto confuso e impantanato.
Sto mettendo tanto impegno nell'andare a tutte le sedute (non ne ho mai saltata una), anche nel finanziarmele da solo: per tutto l'anno scorso mi sono pagato la 3a seduta settimanale con soldi guadagnati nel tempo libero (sono uno studente). Detto ciò, sento sicuramente tante cose nei confronti di lei, anche molto negative, ma credo faccia parte del lavoro, no? Molte volte mi autoboicotto, sento una spinta molto forte a ribellarmi, divento aggressivo. Non riesco a tenerla a mente come una figura soltanto positiva, che vuole aiutarmi, e questo a volte mi fa "remare contro". E d'altra parte non riesco a tenere a mente che è "solo" la mia psicologa, che il tempo è limitato, che ha una sua vita. Non riesco a focalizzarmi sul qui e ora della relazione. Anche ad accettare che qualcosa di nuovo possa succedere, o magari stia già succedendo.
Che cosa intende con prescrizioni?
Che cosa intende per idealizzazione di una fiducia profonda? Nel senso che non è possibile che io la provi, o nel senso che non è necessaria al lavoro?
Spero di averle risposto (e di non essere stato prolisso). La ringrazio ancora davvero
[#4]
Utente
Semplicemente facciamo due sedute alla settimana, perché più di questo la mia famiglia non può permettersi. Però spesso ho sentito il bisogno di fare anche una 3a seduta, e abbiamo deciso di stabilire di settimana in settimana se aggiungerla oppure no, in base alla mia disponibilità a pagarla.
[#5]
Con una tale frequenza settimanale potrebbero esserci (stati) maggiori e migliori risultati,
dopo 3 anni con 2-3 sedute ogni settimana.
Forse si tratta di un approccio poco efficace per Lei
oppure per la patologia di cui soffre?
Di Lei non sappiamo nulla,
perchè "lo storico" è vuoto:
quale la diagnosi per cui è in cura?
assume anche farmaci?
Ritengo importante allegarLe questa lettura (parte I e II) sulle caratteristiche dei differenti approcci in psicoterapia,
in modo che possa "fare da specchio" ai Suoi dubbi.
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html .
Se ritiene ci dia un riscontro.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
dopo 3 anni con 2-3 sedute ogni settimana.
Forse si tratta di un approccio poco efficace per Lei
oppure per la patologia di cui soffre?
Di Lei non sappiamo nulla,
perchè "lo storico" è vuoto:
quale la diagnosi per cui è in cura?
assume anche farmaci?
Ritengo importante allegarLe questa lettura (parte I e II) sulle caratteristiche dei differenti approcci in psicoterapia,
in modo che possa "fare da specchio" ai Suoi dubbi.
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html .
Se ritiene ci dia un riscontro.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 8.5k visite dal 30/11/2019.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.