Parlare da sola in pubblico
Da qualche anno, fra periodi in cui scompare per poi riapparire, mi trascino un problema.
Mi capita di pensare ad alta voce.
Non sento voci, non ho allucinazioni.
A volte programmo una telefonata o ripenso a una conversazione e a cose che avrei voluto dire o mi sfogo. I meccanismi per cui lo faccio mi sono piuttosto chiari: necessità di programmare, ruminazione mentale, insicurezza e bisogno di comunicare con altri (faccio un lavoro solitario a casa e vivo sola).
Ho letto che è un fenomeno frequente, ma nel mio caso le complicazioni sono due.
1) non mi rendo conto quando inizio a pensare ad alta voce (a volte con tono piuttosto alto). Me ne rendo conto a posteriori, dalle reazioni e commenti delle persone. Infatti mi capita di farlo in pubblico. Comprensibilmente, le reazioni non sono delle migliori. C'è chi si mette a ridere, chi mi chiama "la pazza", chi si dà alla fuga.
2) Vedendo le reazioni delle persone, è nata l'ossessione di non parlare da sola. Ci penso in continuazione. Più mi dico "non devo farlo" e più lo faccio. uscire di casa è un'impresa. sbrigo qualsiasi commissione via internet.
Ho già verificato che per me il vero rimedio è stare con persone con cui mi sento a mio agio, fare attività stimolanti. Ad es. circa un anno fa ho seguito un corso di specializzazione all'estero in un contesto che mi piaceva e dove potevo avere scambi personali. Risultato: ho dimenticato il mio problema, ma quando poi sono tornata alla solita vita è riapparso. La vera soluzione sarebbe costruirmi una vita sociale più soddisfacente, ma come posso farlo se il mio problema mi impedisce anche le attività più banali?
Vorrei rivolgermi ad uno psicoterapeuta (magari via skype) ma ognuno segue il suo approccio. Per es. potreste dirmi che la mia è un'ossessione-compulsione e cercare di curarla come tale. Ma se non erro nelle ossessioni l'evento temuto (per me il parlare da sola) non si verifica mai, mentre per me non è così.
Oppure potreste dirmi di lavorare sulle abilità sociali. Ma, benché io sia un po' timida, quello che al momento mi impedisce di entrare in contatto con gli altri è proprio la mia paura. Prima facevo varie attività: corsi, volontariato, sport.. . Anche adesso ci sono moltissime cose che vorrei fare e che non faccio per questo.
Ho pensato che il mio sia in parte simile a un disturbo dissociativo perché non mi rendo conto di pensare ad alta voce quando lo faccio, non sento la mia voce e mi estraneo un po' con i miei pensieri, pur non perdendo del tutto il contatto con la realtà.
Fra l'altro da qualche tempo ho degli episodi di sonniloquio. mi capita nella fase del dormiveglia di dire frasi sconnesse su qualsiasi cosa e se qualcuno mi sente fuori dalla stanza pensa che sia sveglia.
A parte ciò non ho altri problemi. Faccio un lavoro intellettuale e il livello delle mie prestazioni non è calato. Non ho reazioni incontrollate, non sono depressa, non ho perso la voglia di fare progetti.
Cosa consigliereste? (escludo l'assunzione di farmaci).
Mi capita di pensare ad alta voce.
Non sento voci, non ho allucinazioni.
A volte programmo una telefonata o ripenso a una conversazione e a cose che avrei voluto dire o mi sfogo. I meccanismi per cui lo faccio mi sono piuttosto chiari: necessità di programmare, ruminazione mentale, insicurezza e bisogno di comunicare con altri (faccio un lavoro solitario a casa e vivo sola).
Ho letto che è un fenomeno frequente, ma nel mio caso le complicazioni sono due.
1) non mi rendo conto quando inizio a pensare ad alta voce (a volte con tono piuttosto alto). Me ne rendo conto a posteriori, dalle reazioni e commenti delle persone. Infatti mi capita di farlo in pubblico. Comprensibilmente, le reazioni non sono delle migliori. C'è chi si mette a ridere, chi mi chiama "la pazza", chi si dà alla fuga.
2) Vedendo le reazioni delle persone, è nata l'ossessione di non parlare da sola. Ci penso in continuazione. Più mi dico "non devo farlo" e più lo faccio. uscire di casa è un'impresa. sbrigo qualsiasi commissione via internet.
Ho già verificato che per me il vero rimedio è stare con persone con cui mi sento a mio agio, fare attività stimolanti. Ad es. circa un anno fa ho seguito un corso di specializzazione all'estero in un contesto che mi piaceva e dove potevo avere scambi personali. Risultato: ho dimenticato il mio problema, ma quando poi sono tornata alla solita vita è riapparso. La vera soluzione sarebbe costruirmi una vita sociale più soddisfacente, ma come posso farlo se il mio problema mi impedisce anche le attività più banali?
Vorrei rivolgermi ad uno psicoterapeuta (magari via skype) ma ognuno segue il suo approccio. Per es. potreste dirmi che la mia è un'ossessione-compulsione e cercare di curarla come tale. Ma se non erro nelle ossessioni l'evento temuto (per me il parlare da sola) non si verifica mai, mentre per me non è così.
Oppure potreste dirmi di lavorare sulle abilità sociali. Ma, benché io sia un po' timida, quello che al momento mi impedisce di entrare in contatto con gli altri è proprio la mia paura. Prima facevo varie attività: corsi, volontariato, sport.. . Anche adesso ci sono moltissime cose che vorrei fare e che non faccio per questo.
Ho pensato che il mio sia in parte simile a un disturbo dissociativo perché non mi rendo conto di pensare ad alta voce quando lo faccio, non sento la mia voce e mi estraneo un po' con i miei pensieri, pur non perdendo del tutto il contatto con la realtà.
Fra l'altro da qualche tempo ho degli episodi di sonniloquio. mi capita nella fase del dormiveglia di dire frasi sconnesse su qualsiasi cosa e se qualcuno mi sente fuori dalla stanza pensa che sia sveglia.
A parte ciò non ho altri problemi. Faccio un lavoro intellettuale e il livello delle mie prestazioni non è calato. Non ho reazioni incontrollate, non sono depressa, non ho perso la voglia di fare progetti.
Cosa consigliereste? (escludo l'assunzione di farmaci).
[#1]
Gentile signora,
il lavoro che potrebbe intraprendere con uno psicoterapeuta potrebbe esserle utile, non tanto per dare una etichetta a quello che per lei oggi rappresenta una difficoltà, ma per poter affrontare e superare quello che vive come una problematica.
Ci sono approcci diversi, ma il fine di una terapia è il benessere del paziente, non importa se viene utilizzata una, oppure un’altra tecnica di intervento. Un buon terapeuta non avrà un metodo preconfezionate, ma cercherà con lei la strada migliore per aiutarla, come un sarto che cuce un abito su misura. Inoltre, non essendo calato il livello delle sue prestazioni, riuscendo a svolgere un lavoro intellettuale, non avendo reazioni incontrollate, né segni di depressione, un percorso terapeutico si inserirebbe in un quadro di progettualità, anch’esso ben presente e può aiutarla a trovare dentro di sé gli strumenti e le risorse necessarie per affrontare le difficoltà quotidiane.
Quando sceglie uno psicoterapeuta può controllare l'iscrizione al relativo albo (Ordine degli Psicologi del Piemonte: www.ordinepsicologi.piemonte.it/ordine/albo o, in alternativa, l’Albo Nazionale: https://areariservata.psy.it/cgi-bin/areariservata/albo_nazionale.cgi).
E se durante il percorso sorgessero dubbi o problemi, ne parli direttamente con il suo psicoterapeuta: non solo è un diritto del cliente sapere cosa sta facendo, ma è anche fondamentale per il rapporto di fiducia e motivazione alla terapia.
In bocca al lupo!
il lavoro che potrebbe intraprendere con uno psicoterapeuta potrebbe esserle utile, non tanto per dare una etichetta a quello che per lei oggi rappresenta una difficoltà, ma per poter affrontare e superare quello che vive come una problematica.
Ci sono approcci diversi, ma il fine di una terapia è il benessere del paziente, non importa se viene utilizzata una, oppure un’altra tecnica di intervento. Un buon terapeuta non avrà un metodo preconfezionate, ma cercherà con lei la strada migliore per aiutarla, come un sarto che cuce un abito su misura. Inoltre, non essendo calato il livello delle sue prestazioni, riuscendo a svolgere un lavoro intellettuale, non avendo reazioni incontrollate, né segni di depressione, un percorso terapeutico si inserirebbe in un quadro di progettualità, anch’esso ben presente e può aiutarla a trovare dentro di sé gli strumenti e le risorse necessarie per affrontare le difficoltà quotidiane.
Quando sceglie uno psicoterapeuta può controllare l'iscrizione al relativo albo (Ordine degli Psicologi del Piemonte: www.ordinepsicologi.piemonte.it/ordine/albo o, in alternativa, l’Albo Nazionale: https://areariservata.psy.it/cgi-bin/areariservata/albo_nazionale.cgi).
E se durante il percorso sorgessero dubbi o problemi, ne parli direttamente con il suo psicoterapeuta: non solo è un diritto del cliente sapere cosa sta facendo, ma è anche fondamentale per il rapporto di fiducia e motivazione alla terapia.
In bocca al lupo!
Dr.ssa Monica Mazzucato
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 1.9k visite dal 10/10/2019.
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