Non vedo un senso e uno scopo nella mia vita
Buonasera
Da quando ho circa 17 anni (ora ne ho 21) provo un senso di tristezza e desolazione immenso, che negli anni non ha fatto altro che crescere, fino ad esplodere proprio negli ultimi due mesi. Personalmente, riconduco ogni problema nella paura che nutro per la mia vita futura e per il mio futuro "professionale".
Fin da bambino il mio sogno è sempre stato quello di diventare un cantautore. Non sono più un bambino, e so che in certe cose "uno su mille ce la fa", e forse io sono uno degli altri che "non ce la fanno". A malincuore, lo accetto.
Dopo aver abbandonato lo studio del pianoforte a 11 anni (una delle due cose di cui mi pento profondamente nella mia vita, anche se avevo una buona ragione), ho scoperto la passione per la scrittura e la letteratura. Mi iscrissi al liceo classico, dal quale mi licenziai con un bel 100, del quale non mi è importati granché. Ho sempre pensato al diploma come una sorta di "linea di partenza", dalla quale avrei potuto partire per fare della mia vita ciò che volevo.
Così cerco di frequentare un accademia teatrale (altra passione) a Roma, progetto sfumato per varie ragioni, prima fra tutte la situazione economica della mia famiglia, per la quale non do colpa ai miei genitori, che non mi hanno fatto mai mancare nulla.
Ripiego su scienze politiche, un interesse più che passione, perché non vedevo via d'uscita e perché soprattutto mia madre non avrebbe tollerato un anno sabbatico, e io non avrei sopportato di sentire le sue lamentele.
Manca poco alla laurea, ho una media del 29, ho scoperto una predisposizione e grande interesse nell'economia, materia nella quale progetto di specializzarmi, ho degli ottimi amici, una vita sessuale attiva, sono in erasmus, studio e mi diverto.
Ma sono triste. Sono insoddisfatto della mia vita e delle mie prospettive, mi sento in colpa per aver abbandonato lo studio della musica, che a qualcosa nel campo avrebbe portato, mi sento disilluso, inutile, ho paura di diventare "solo un altro mattone nel muro", ho paura della morte, dopo la quale verrò dimenticato e che annullerà ogni sforzo che possa fare d'ora in avanti, ho paura del futuro perché lo vedo mediocre. Non riesco a vedermi seduto su una scrivania per 50 anni, magari sarò un ottimo economista, ma non è la vita che voglio. Solo pensare alla magistrale mi fa star male, perché la vedo come una condanna definitiva. Sembra che il tempo mi stia scivolando dalle mani, e sembra che io sia in balia delle onde della vita, della quale non riesco a fare ciò che desidero. Mi sento sconfitto perché non riesco a scrivere canzoni, a fare ciò che amo, e mi sento in colpa a pensare queste cose, che mi fanno sentire un bambino capriccioso e sognatore. Sono arrabbiato con la vita, perché non mi ha dato la possibilità di studiare teatro.
Non vedo un senso in tutto questo dolore, in tutta questa insoddisfazione e francamente, se potessi scegliere, non farei nulla per il resto della vita.
Grazie in anticipo.
Da quando ho circa 17 anni (ora ne ho 21) provo un senso di tristezza e desolazione immenso, che negli anni non ha fatto altro che crescere, fino ad esplodere proprio negli ultimi due mesi. Personalmente, riconduco ogni problema nella paura che nutro per la mia vita futura e per il mio futuro "professionale".
Fin da bambino il mio sogno è sempre stato quello di diventare un cantautore. Non sono più un bambino, e so che in certe cose "uno su mille ce la fa", e forse io sono uno degli altri che "non ce la fanno". A malincuore, lo accetto.
Dopo aver abbandonato lo studio del pianoforte a 11 anni (una delle due cose di cui mi pento profondamente nella mia vita, anche se avevo una buona ragione), ho scoperto la passione per la scrittura e la letteratura. Mi iscrissi al liceo classico, dal quale mi licenziai con un bel 100, del quale non mi è importati granché. Ho sempre pensato al diploma come una sorta di "linea di partenza", dalla quale avrei potuto partire per fare della mia vita ciò che volevo.
Così cerco di frequentare un accademia teatrale (altra passione) a Roma, progetto sfumato per varie ragioni, prima fra tutte la situazione economica della mia famiglia, per la quale non do colpa ai miei genitori, che non mi hanno fatto mai mancare nulla.
Ripiego su scienze politiche, un interesse più che passione, perché non vedevo via d'uscita e perché soprattutto mia madre non avrebbe tollerato un anno sabbatico, e io non avrei sopportato di sentire le sue lamentele.
Manca poco alla laurea, ho una media del 29, ho scoperto una predisposizione e grande interesse nell'economia, materia nella quale progetto di specializzarmi, ho degli ottimi amici, una vita sessuale attiva, sono in erasmus, studio e mi diverto.
Ma sono triste. Sono insoddisfatto della mia vita e delle mie prospettive, mi sento in colpa per aver abbandonato lo studio della musica, che a qualcosa nel campo avrebbe portato, mi sento disilluso, inutile, ho paura di diventare "solo un altro mattone nel muro", ho paura della morte, dopo la quale verrò dimenticato e che annullerà ogni sforzo che possa fare d'ora in avanti, ho paura del futuro perché lo vedo mediocre. Non riesco a vedermi seduto su una scrivania per 50 anni, magari sarò un ottimo economista, ma non è la vita che voglio. Solo pensare alla magistrale mi fa star male, perché la vedo come una condanna definitiva. Sembra che il tempo mi stia scivolando dalle mani, e sembra che io sia in balia delle onde della vita, della quale non riesco a fare ciò che desidero. Mi sento sconfitto perché non riesco a scrivere canzoni, a fare ciò che amo, e mi sento in colpa a pensare queste cose, che mi fanno sentire un bambino capriccioso e sognatore. Sono arrabbiato con la vita, perché non mi ha dato la possibilità di studiare teatro.
Non vedo un senso in tutto questo dolore, in tutta questa insoddisfazione e francamente, se potessi scegliere, non farei nulla per il resto della vita.
Grazie in anticipo.
[#1]
Gentile utente, lei descrive molto bene i suoi stati d'animo, che rimandano ad uno stato depressivo, ma in un certo senso sorvola sui fatti, accettandoli in maniera fatalistica. I fatti potrebbero invece indicare la genesi della sua condizione e anche la via per superarla.
Sembra, dal suo scritto, che tutto quello che le succede sia calato dal cielo, non determinato nemmeno in parte da lei stesso. A 11 anni interrompe gli studi musicali e non li riprende più, pur volendo diventare un cantautore. Inizia un'accademia teatrale a Roma e la lascia perché troppo costosa, imputando alle condizioni economiche dei genitori questo fatto. Ma a parte che dopo il diploma e durante l'università si può fare qualche lavoro, anche solo in birreria tre volte a settimana, nello stesso giro di frase lei dice che i suoi genitori non le hanno fatto mai mancare nulla. Allora cosa determina i suoi continui abbandoni?
"Sono arrabbiato con la vita, perché non mi ha dato la possibilità di studiare teatro".
La vita? Come? In quale veste? Chi le ha impedito di riprendere gli studi musicali, cercare un'accademia meno costosa o addirittura con borsa di studio (per esempio la Silvio D'Amico o il Centro Sperimentale di Cinematografia), di lavorare oppure di fare un patto chiaro coi suoi genitori?
Viene il tempo, e il suo stato d'animo lo dimostra, di conoscere davvero sé stesso e di decidere una traiettoria di vita realistica. Lei invece sogna, o il grande successo (per ottenere il quale però non fa nulla) oppure lo spauracchio di 50 anni inchiodato ad una scrivania. Ma un laureato in Scienze Politiche ha ben altre prospettive!
Il problema vero forse è nella sua frase finale: "francamente, se potessi scegliere, non farei nulla per il resto della vita".
Ecco qui il motivo dei suoi insuccessi e della sua insoddisfazione.
Io le consiglio di rivolgersi ad un bravo psicologo, meglio se di orientamento strategico. Ne trova all'università, alle ASL, al Consultorio giovani, per cui in questo caso non ha l'alibi del non potere/volere spendere. Ha paura dell'insuccesso perché vede la vita in aut-aut: o tutto o nulla. Non riesce ancora a comprendere che il percorso verso una meta, in termini di acquisizione di competenze, di disciplina nell'impegno e nella volontà, è più importante della meta stessa, perché è l'unica cosa realmente in suo potere.
Auguri.
Sembra, dal suo scritto, che tutto quello che le succede sia calato dal cielo, non determinato nemmeno in parte da lei stesso. A 11 anni interrompe gli studi musicali e non li riprende più, pur volendo diventare un cantautore. Inizia un'accademia teatrale a Roma e la lascia perché troppo costosa, imputando alle condizioni economiche dei genitori questo fatto. Ma a parte che dopo il diploma e durante l'università si può fare qualche lavoro, anche solo in birreria tre volte a settimana, nello stesso giro di frase lei dice che i suoi genitori non le hanno fatto mai mancare nulla. Allora cosa determina i suoi continui abbandoni?
"Sono arrabbiato con la vita, perché non mi ha dato la possibilità di studiare teatro".
La vita? Come? In quale veste? Chi le ha impedito di riprendere gli studi musicali, cercare un'accademia meno costosa o addirittura con borsa di studio (per esempio la Silvio D'Amico o il Centro Sperimentale di Cinematografia), di lavorare oppure di fare un patto chiaro coi suoi genitori?
Viene il tempo, e il suo stato d'animo lo dimostra, di conoscere davvero sé stesso e di decidere una traiettoria di vita realistica. Lei invece sogna, o il grande successo (per ottenere il quale però non fa nulla) oppure lo spauracchio di 50 anni inchiodato ad una scrivania. Ma un laureato in Scienze Politiche ha ben altre prospettive!
Il problema vero forse è nella sua frase finale: "francamente, se potessi scegliere, non farei nulla per il resto della vita".
Ecco qui il motivo dei suoi insuccessi e della sua insoddisfazione.
Io le consiglio di rivolgersi ad un bravo psicologo, meglio se di orientamento strategico. Ne trova all'università, alle ASL, al Consultorio giovani, per cui in questo caso non ha l'alibi del non potere/volere spendere. Ha paura dell'insuccesso perché vede la vita in aut-aut: o tutto o nulla. Non riesce ancora a comprendere che il percorso verso una meta, in termini di acquisizione di competenze, di disciplina nell'impegno e nella volontà, è più importante della meta stessa, perché è l'unica cosa realmente in suo potere.
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Ex utente
Dottoressa, la ringrazio. Ci tengo solo a rettificare una cosa poco chiara: non ho iniziato a studiare teatro. Leggendo su bds e alloggio, ho scoperto di non aver diritto a nulla di tutto ciò. Situazione in cui si è abbastanza ricchi da non ricevere aiuti, ma non abbastanza da farcela da soli. Non è colpa dei miei, ma allo stesso tempo non è nemmeno colpa mia.
Seguirò il suo consiglio, buona giornata.
Seguirò il suo consiglio, buona giornata.
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 5.8k visite dal 10/10/2019.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.