Isolamento sociale a 21 anni
Buonasera, vi scrivo a causa di una situazione che non riesco più a sopportare. Sono privo di qualsiasi legame stretto con persone che non siano parenti, e forse, nemmeno con loro. Vengo da una famiglia i cui componenti, tutti, chi più chi meno, hanno manifestato nella loro vita forme di disagio psicologico. Mia madre, possiede tutta una storia di attacchi di panico e ansia varia, le cui cause non conosco alla perfezione dato che non se ne è mai parlato/evitato. Suppongo sia dovuto alla situazione della sua famiglia da piccola, con i suoi genitori (i miei nonni) che vivevano instaurando in casa un clima bellicoso (tra loro due) e ciò va avanti anche adesso. Mio padre, ha iniziato a lavorare da piccolo dopo aver lasciato la scuola (lavoro umile) e ha sempre dovuto fare il massimo per poter mantenerci (in famiglia siamo in 5), di conseguenza è stato tutt'altro che presente. Io, da piccolo ebbi alcuni problemi, non troppo gravi, di salute, e mia madre, è sempre stata, anche per questo, eccessivamente protettiva nei miei confronti, al punto che se uscivo con loro e mi allontanavo di un paio di metri scattavano le urla in mezzo alla strada. In più abbiamo sempre vissuto nello stesso condominio con nonni/zii, e regolarmente la situazione familiare veniva scossa dalle crisi (a cadenza settimanale, direi) dei nonni. Questa introduzione, credo breve, è dovuta. Da quando ho iniziato la scuola, a 6 anni, non faccio altro che sentirmi diverso, la maestra mi classificava come timido, ma non credo di esserlo. I risultati scolastici erano eccellenti. In questo periodo avevo comunque il mio gruppetto in classe e qualche amicizia fuori da scuola. Alle medie c'è stato un declino dal punto di vista sociale. Gli anni delle superiori li ho passati senza praticamente mai uscire di casa. Andavo a scuola, tornavo a casa esausto (apparentemente senza motivo), mangiavo, andavo a dormire e la sera/notte studiavo. Così ho fatto per 5 anni. All'interno della classe non avevo né buoni né brutti rapporti; avevo qualcuno con cui scambiare due chiacchiere, ma finiva tutto lì, al di fuori, nulla. Aggiungo che sin da piccolo, presento numerosi tic, occhi, naso, collo, addome ecc. Anche vocali, tiro su col naso, schiarisco la voce ecc. Noto che faccio fatica a mantenere la concentrazione (anche guardando un film) mi distraggo spesso e poi, una cosa strana che non so spiegare, mi capita di ripetere nella mente quello che sento dire, di conseguenza non mi concentro sul contenuto. L'anno dopo la maturità l'ho passato completamente in casa (mi vergognavo a stare fuori, causa sudorazione eccessiva). Non facendocela più ho deciso di trasferirmi a studiare in un'altra città (ora è passato un anno). Dopo un anno, nessun problema con lo studio, anzi. Però son completamente solo. Non ho nessuno con cui parlare all'università, nessun rapporto coi coinquilini (ora ho cambiato casa speriamo bene). Nel frattempo frequento 2 attività di volontariato e una squadra sportiva, ma non cambia nulla.
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Carissimo
Le sensazioni e l'insoddisfazione da lei presentate, al netto della analoga storia di vita, sono più diffuse di quanto lei possa credere.
Emergono tutta una serie di fattori che hanno determinato, durante la sua evoluzione, la situazione attuale che adesso lei "denuncia", a cominciare, in primis, dalla familiarità con sua madre nelle manifestazioni ansiose; come può intuire esse hanno (in modo più o meno diretto) instillato in lei una visione del mondo, nonché dei modelli operativi interni, volti alla sfiducia verso l'esterno e la difesa personale e/o chiusura nel familiare.
Poiché, però, lei possiede evidentemente un funzionamento sano, all'alba dei suoi 20 anni inizia giustamente a sentire tutte le limitazioni di un siffatto sviluppo; il problema è che, non avendo avuto possibilità di "sperimentarsi" nei tempi precedenti, non possiede quei "codici", quella spontaneità e quella destrezza che solo l'esperienza concreta porta con sé; non meraviglia, quindi, che le attività di volontariato o la squadra sportiva non nutrano l'effetto desiderato.. probabilmente lei non si sente esattamente "autentico" e spigliato, in quelle situazioni ma anzi
prova lo stesso senso di "invisibilità", voglia di legami casuali e spontanei, forse soffocata da una qualche forma di disagio.
Per provare ad iniziare a cambiare le cose bisognerebbe chiedersi se, oltre alla mancanza di strumenti, anche lei non nutra appunto una qualche forma d'ansia nella sua progettualità di costruirsi il suo sé, il suo "personaggio" nel mondo. Se la risposta dovesse essere affermativa un percorso terapico potrà senz'altro aiutarla a rafforzarsi. Ciò che conta comunque, è la sua legittimissima percezione di volere di più dalla vita, di affermarsi e realizzarsi, come persona e come componente, integrato e indipendente, della società; questo è ciò che la sta "salvando" e che la guiderà verso la sua idea di benessere.
Tenti comunque, se possiede già un desiderio, un'intenzione (fare nuove amicizie o prendere parte attivamente a un qualcosa, un qualcosa che sogna e vuole Lei e Lei soltanto) di perseguirla e, agendo, entrare in contatto via via con le sue sensazioni.
Cari Saluti
Le sensazioni e l'insoddisfazione da lei presentate, al netto della analoga storia di vita, sono più diffuse di quanto lei possa credere.
Emergono tutta una serie di fattori che hanno determinato, durante la sua evoluzione, la situazione attuale che adesso lei "denuncia", a cominciare, in primis, dalla familiarità con sua madre nelle manifestazioni ansiose; come può intuire esse hanno (in modo più o meno diretto) instillato in lei una visione del mondo, nonché dei modelli operativi interni, volti alla sfiducia verso l'esterno e la difesa personale e/o chiusura nel familiare.
Poiché, però, lei possiede evidentemente un funzionamento sano, all'alba dei suoi 20 anni inizia giustamente a sentire tutte le limitazioni di un siffatto sviluppo; il problema è che, non avendo avuto possibilità di "sperimentarsi" nei tempi precedenti, non possiede quei "codici", quella spontaneità e quella destrezza che solo l'esperienza concreta porta con sé; non meraviglia, quindi, che le attività di volontariato o la squadra sportiva non nutrano l'effetto desiderato.. probabilmente lei non si sente esattamente "autentico" e spigliato, in quelle situazioni ma anzi
prova lo stesso senso di "invisibilità", voglia di legami casuali e spontanei, forse soffocata da una qualche forma di disagio.
Per provare ad iniziare a cambiare le cose bisognerebbe chiedersi se, oltre alla mancanza di strumenti, anche lei non nutra appunto una qualche forma d'ansia nella sua progettualità di costruirsi il suo sé, il suo "personaggio" nel mondo. Se la risposta dovesse essere affermativa un percorso terapico potrà senz'altro aiutarla a rafforzarsi. Ciò che conta comunque, è la sua legittimissima percezione di volere di più dalla vita, di affermarsi e realizzarsi, come persona e come componente, integrato e indipendente, della società; questo è ciò che la sta "salvando" e che la guiderà verso la sua idea di benessere.
Tenti comunque, se possiede già un desiderio, un'intenzione (fare nuove amicizie o prendere parte attivamente a un qualcosa, un qualcosa che sogna e vuole Lei e Lei soltanto) di perseguirla e, agendo, entrare in contatto via via con le sue sensazioni.
Cari Saluti
Dr. Gioacchino La Franca - Psicologo Clinico
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 1.7k visite dal 30/09/2019.
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