Sindrome masochistico-depressiva
E' banale, ma leggendo un libro di Nicola Ghezzani (Volersi Male - Il senso di colpa e le radice della sofferenza psichica) mi sono accorto che la mia depressione (curata da circa 9 anni con terapia farmacologica) somiglia tanto a quella sindrome masochistico-depressiva descritta dall'autore.
Improvvisamente mi sembra di vedere il mio malessere sotto una luce diversa. Diversa rispetto a quello che il mio psichiatra mi ha inculcato, ovvero che la depressione è in sostanza uno squilibrio chimico da curare con associazioni di farmaci diversi.
Per la prima volta mi è sembrato (ma lo dico in punta di piedi) che il mio problema fosse meno psichiatrico e più psicologico.
Ho vissuto gli anni dell'adolescenza e poi tutti gli anni fino alla mia attuale età, a pensarmi come un soggetto appositamente creato per fare la felicità degli altri. Dalla felicità degli altri deriva la mia pseudo-felicità. E ho fatto di tutto per seguire questa mia "mania". Mi sono privato dei miei piaceri, dei miei sogni, per spianare la strada al successo degli altri.
Eppure da piccolo, sono vissuto in una famiglia dove il ruolo del padre mancava in quanto succube di mia madre e della sua depressione maniacale (mai curata) che la portava spesso a violenze fisiche oltre che morali nei suoi confronti: sono stato male, ho sofferto, sono stato spesso umiliato e le mie aspirazioni artistiche (volevo tanto suonare il pianoforte) sono state represse perchè considerate superflue. Anche la felicità nella mia famiglia era considerata "superflua". Si lottava per sopravvivere ad una situazione economica disastrosa perchè mia madre si è sempre rifiutata di lavorare. Si lottava per sopravvivere alla pazzia di mia madre che mio padre non ha mai voluto arginare. Pazzia che significava anche ripetuti tentativi di suicidio cui io e solo io ho assistito. Ricatti morali: io mi uccido. Diceva mia madre a me, bambino, dopo avermi lasciato la mattina a scuola. "Quando esci non ci sarò...mi sarò uccisa...".
Io, ovviamente, ero diventato il capro espiatorio di una donna malata.
Ecco. Cosa poteva nascere secondo voi da tutto questo "vissuto"? Un mostro. Un ragazzo depresso, con un fisico ormai stravolto dagli psicofarmaci.
Ho 33 anni. Ma ne dimostro 60. Sono vecchio dentro. Quando guardo i ragazzi della mia età, io mi sento così diverso, così fuori luogo. Gli altri ragazzi sono belli, attraenti, piacciono alle donne. Io sono così "nessuno". Ho destinato tutte le mie forze a far felici gli altri quando forse avrei dovuto avere la forza di far felice me stesso. Ma capirete che questo non è nient'altro che un vano tentativo di conquistare l'amore degli altri. Altri che scappano a gambe levate quando assistono a cotanta devozione.
Oggi, io, mi chiedo se a 33 anni si può cambiare. Si può dimenticare? Si può sperare di ritornare a vivere? O ci vuole un'altra (migliore) cura farmacologica?
Grazie
Improvvisamente mi sembra di vedere il mio malessere sotto una luce diversa. Diversa rispetto a quello che il mio psichiatra mi ha inculcato, ovvero che la depressione è in sostanza uno squilibrio chimico da curare con associazioni di farmaci diversi.
Per la prima volta mi è sembrato (ma lo dico in punta di piedi) che il mio problema fosse meno psichiatrico e più psicologico.
Ho vissuto gli anni dell'adolescenza e poi tutti gli anni fino alla mia attuale età, a pensarmi come un soggetto appositamente creato per fare la felicità degli altri. Dalla felicità degli altri deriva la mia pseudo-felicità. E ho fatto di tutto per seguire questa mia "mania". Mi sono privato dei miei piaceri, dei miei sogni, per spianare la strada al successo degli altri.
Eppure da piccolo, sono vissuto in una famiglia dove il ruolo del padre mancava in quanto succube di mia madre e della sua depressione maniacale (mai curata) che la portava spesso a violenze fisiche oltre che morali nei suoi confronti: sono stato male, ho sofferto, sono stato spesso umiliato e le mie aspirazioni artistiche (volevo tanto suonare il pianoforte) sono state represse perchè considerate superflue. Anche la felicità nella mia famiglia era considerata "superflua". Si lottava per sopravvivere ad una situazione economica disastrosa perchè mia madre si è sempre rifiutata di lavorare. Si lottava per sopravvivere alla pazzia di mia madre che mio padre non ha mai voluto arginare. Pazzia che significava anche ripetuti tentativi di suicidio cui io e solo io ho assistito. Ricatti morali: io mi uccido. Diceva mia madre a me, bambino, dopo avermi lasciato la mattina a scuola. "Quando esci non ci sarò...mi sarò uccisa...".
Io, ovviamente, ero diventato il capro espiatorio di una donna malata.
Ecco. Cosa poteva nascere secondo voi da tutto questo "vissuto"? Un mostro. Un ragazzo depresso, con un fisico ormai stravolto dagli psicofarmaci.
Ho 33 anni. Ma ne dimostro 60. Sono vecchio dentro. Quando guardo i ragazzi della mia età, io mi sento così diverso, così fuori luogo. Gli altri ragazzi sono belli, attraenti, piacciono alle donne. Io sono così "nessuno". Ho destinato tutte le mie forze a far felici gli altri quando forse avrei dovuto avere la forza di far felice me stesso. Ma capirete che questo non è nient'altro che un vano tentativo di conquistare l'amore degli altri. Altri che scappano a gambe levate quando assistono a cotanta devozione.
Oggi, io, mi chiedo se a 33 anni si può cambiare. Si può dimenticare? Si può sperare di ritornare a vivere? O ci vuole un'altra (migliore) cura farmacologica?
Grazie
[#1]
Gentile utente
Certo che si può cambiare. Se le è stata diagnosticata una depressione, probabilmente le sarà stato detto che in genere si ottengono buoni risultati abbinando una cura farmacologica con una psicoterapia. Naturalmente il tutto dev'essere inquadrato attraverso visite di persona.
Quando ci si trova di fronte a situazioni spiacevoli che non si è in grado di cambiare, in tanto tempo, la depressione è uno degli esiti possibili. Ma più che sulle cause è necessario concentrarsi sul funzionamento attuale del suo disturbo, lavorando per cambiarlo.
Da ciò che dice sembra come se lei avesse difficoltà a dire di no. Ma tenga a mente che chi non sa dire di no non sa nemmeno dire di sì. E questo potrebbe spiegare il suo continuo negarsi un'esistenza più piena e degna di essere vissuta.
Ad ogni modo deve trovare le sue risposte attraverso dei consulti svolti di persona. La cura farmacologica potrà servirle per ristabilire un equilibrio di base, ottenuto il quale un lavoro psicoterapeutico potrà essere più efficace. Quindi come vede lo psichiatra non esclude lo psicoterapeuta. Anzi, il lavoro di entrambi può integrarsi a tutto vantaggio del paziente.
La sua "scoperta" del fattore psicologico potrebbe già essere un piccolo punto di svolta. Ricerchi nella sua zona un professionista, per lasciarsi seguire anche su questo versante.
Se vuole può leggere quest'articolo, per farsi un'idea su come scegliersi uno psicoterapeuta:
http://www.giuseppesantonocito.it/art_psicoterapia.htm
Cordiali saluti
Certo che si può cambiare. Se le è stata diagnosticata una depressione, probabilmente le sarà stato detto che in genere si ottengono buoni risultati abbinando una cura farmacologica con una psicoterapia. Naturalmente il tutto dev'essere inquadrato attraverso visite di persona.
Quando ci si trova di fronte a situazioni spiacevoli che non si è in grado di cambiare, in tanto tempo, la depressione è uno degli esiti possibili. Ma più che sulle cause è necessario concentrarsi sul funzionamento attuale del suo disturbo, lavorando per cambiarlo.
Da ciò che dice sembra come se lei avesse difficoltà a dire di no. Ma tenga a mente che chi non sa dire di no non sa nemmeno dire di sì. E questo potrebbe spiegare il suo continuo negarsi un'esistenza più piena e degna di essere vissuta.
Ad ogni modo deve trovare le sue risposte attraverso dei consulti svolti di persona. La cura farmacologica potrà servirle per ristabilire un equilibrio di base, ottenuto il quale un lavoro psicoterapeutico potrà essere più efficace. Quindi come vede lo psichiatra non esclude lo psicoterapeuta. Anzi, il lavoro di entrambi può integrarsi a tutto vantaggio del paziente.
La sua "scoperta" del fattore psicologico potrebbe già essere un piccolo punto di svolta. Ricerchi nella sua zona un professionista, per lasciarsi seguire anche su questo versante.
Se vuole può leggere quest'articolo, per farsi un'idea su come scegliersi uno psicoterapeuta:
http://www.giuseppesantonocito.it/art_psicoterapia.htm
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#2]
Gentile ragazzo da quello che dice è ovvio che il suo psichiatra non le ha mai prospettato la possibilità di integrare le cure farmacologiche con la psicoterapia. non le ha mai raccontato la sua storia? E' stata davvero necessaria la lettura del libro per prendere coscienza anche dell'aspetto psicologico del suo disturbo? Se è stato cosi', come lei racconta, allora approfitti di questa sua nuova scoperta e, come le ha detto il collega precedentemente, la usi come un punto di svolta, una nuova presa di consapevolezza che forse potrebbe portarla ad una nuova lettura della sua realtà.
Cominci un percorso psicoterapeutico.
cordialmente
Cominci un percorso psicoterapeutico.
cordialmente
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
[#3]
Gentile Utente,
a differenza di quanto crede, Lei è piuttosto fortunato, poichè dalla sua mail sembra si sia "risvegliato" da un torpore, lo stesso che non le permetteva di comprendere i risvolti psicologici del suo disturbo, e questo risveglio è avvenuto a 33 anni. Pensi se fossero stati 43 o 53!
Le sindromi depressive rispondono benissimo all'associazione tra farmaci e psicoterapia: io se fossi in Lei approfitterei di questo momentaneo "risveglio" e soddisferei le mie curiosità psicologiche attraverso un percorso di psicoterapia
Penso che già il primo colloquio sarà illuminante, vedrà.
Nel frattempo se vuole può leggere questo articolo sulla depressione https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/
Un'ultima cosa: guardi che una certa persona a 33 anni è risorta...
a differenza di quanto crede, Lei è piuttosto fortunato, poichè dalla sua mail sembra si sia "risvegliato" da un torpore, lo stesso che non le permetteva di comprendere i risvolti psicologici del suo disturbo, e questo risveglio è avvenuto a 33 anni. Pensi se fossero stati 43 o 53!
Le sindromi depressive rispondono benissimo all'associazione tra farmaci e psicoterapia: io se fossi in Lei approfitterei di questo momentaneo "risveglio" e soddisferei le mie curiosità psicologiche attraverso un percorso di psicoterapia
Penso che già il primo colloquio sarà illuminante, vedrà.
Nel frattempo se vuole può leggere questo articolo sulla depressione https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/
Un'ultima cosa: guardi che una certa persona a 33 anni è risorta...
[#4]
Gentile utente,
evito i commenti ma mi sembra sia il caso che lei si rivolga ad un bravo psicoterapeuta. Come detto dal collega Bulla, il suo svegliarsi è un primo passo verso la risoluzione del problema.
La psicoterapia, contrariamente al farmaco è un percorso lungo ma vedrà che le sarà di grande aiuto.
E comunque una precisazione. Il suo psichiatra dice che la depressione è causata da uno scompenso chimico di sostanze.
Se anche fosse vero, non ha mai pensato che lo scompenso sia una conseguenza di una causa psicologica? Le faccio un esempio: poniamo due persone a contatto con due stimoli uguali (film dell'orrore). Una ride e si diverte, l'altra si agita ha pausa e suda (modificazioni fisiologiche). Quale è la causa della paura? La modificazine fisiologica o il film dell'orrore?
Si dia la risposta.
Cordialmente,
evito i commenti ma mi sembra sia il caso che lei si rivolga ad un bravo psicoterapeuta. Come detto dal collega Bulla, il suo svegliarsi è un primo passo verso la risoluzione del problema.
La psicoterapia, contrariamente al farmaco è un percorso lungo ma vedrà che le sarà di grande aiuto.
E comunque una precisazione. Il suo psichiatra dice che la depressione è causata da uno scompenso chimico di sostanze.
Se anche fosse vero, non ha mai pensato che lo scompenso sia una conseguenza di una causa psicologica? Le faccio un esempio: poniamo due persone a contatto con due stimoli uguali (film dell'orrore). Una ride e si diverte, l'altra si agita ha pausa e suda (modificazioni fisiologiche). Quale è la causa della paura? La modificazine fisiologica o il film dell'orrore?
Si dia la risposta.
Cordialmente,
Dr. Cristian Livolsi
Psicologo/Psicoterapeuta e Ipnologo
www.cristianlivolsi.com
cell. 3387425971
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 10.9k visite dal 26/02/2009.
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