Patofobia, vari disturbi psicosomatici: consigli sulla terapia con biofeedback

Gentili dottori,
sono una trentenne che soffre di problemi di ansia di tipo misto da circa dieci anni. A periodi alterni, con qualche breve pausa, ho sofferto di ipocondria, doc, attacchi di panico, ansia generalizzata. Non mi dilungo ovviamente nel raccontare eventuali traumi che mi hanno condotto a questi disturbi ma più di uno specialista mi ha confermato che reagisco in maniera disfunzionale agli eventi stressanti. Principalmente sono patofobica. Ho paura di avere vari tipi di patologie e, a periodi, cambio l'oggetto delle mie ossessioni con conseguenze psicosomatiche. Se per qualche motivo penso di essere ipertesa, ecco che la pressione si alza di qualche valore. Se ho paura di avere un tumore all'esofago, inizio a sentire dolorini e doloretti in zona addominale. Ultimamente credo di soffrire di qualche patologia ai polmoni, quindi spesso avverto dispnea. In sostanza, la mia vita sembra una commedia alla Molière. Ho provato varie terapie per cercare di stare meglio. La psicoterapia cognitivo-comportamentale e quella strategica. Non ho mai fatto uso di medicinali (fatta eccezione per alcuni integratori con valeriana, passiflora e similari), quindi ho gestito per anni i periodi ansiosi un po' con le mie forze e un po' consultandomi con gli psicologi. Il problema principale è che, nonostante avverta di aver fatto tansissimi miglioramenti con la psicoterapia sopra citata (sono riuscita a prendere i mezzi pubblici, ho imparato a guidare anche per lunghi tratti, riesco a dormire senza avere l'ansia, tendenzialmente avverto maggiore lucidità mentale etc.) , non è abbastanza per il momento in cui vivo (devo lavorare al meglio) e non riesco proprio a gestire i problemi di tipo psicosomatico, che poi ovviamente alimentano la mia ipocondria. Sono come un cane che si morde la coda, risulta impossibile non allarmarmi quando avverto segnali insoliti relativi alle mie funzioni fisiche, inizio a cercare su internet specifiche sui sintomi e cado in un'ansia profonda, che mi distrae dalle attività quotidiane. Svolgendo un lavoro che necessita di tranquillità psicofisica, ho iniziato a riflettere sulle possibilità del biofeedback. Vorrei gentilmente conoscere opinioni professionali su questo tipo di terapia, se possa risultare utile per i miei distirbi e se si possa accostare alla psicoterapia tradizionale. Sono aperta anche a consigli su altre terapie non affrontate. Grazie per l'attenzione
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Dr. Paolo Dell'Omo Psicologo 38 2
Gentile Utente, certamente le terapie da Lei praticate hanno dato dei risultati sopratutto in relazione a situazioni specifiche. Ora, mi sembra di cogliere un "sostrato" nella sua illustrazione che mi fa pensare alla possibilità che Lei sia una perfezionista, che pretende il massimo da sé stessa e abbia una attitudine severamente valutativa-giudicante nei suoi stessi confronti.

Questo è spesso un tratto delle persone che soffrono di un Disturbo d'Ansia, e che rimanda alla necessità di un percorso mirato a una revisione più generale della propria interpretazione della vita e del modo in cui affrontarla, imparando ad esempio a "togliere importanza" a molte cose, per raggiungere un equilibrio più funzionale alla propria evoluzione personale.

Il biofeedback è un'ottima tecnica mirata ad imparare a riconoscere i segnali del corpo di una attivazione di una possibile risposta d'ansia in modo da modularla diversamente, ma credo che lei abbia già sperimentato tecniche sufficienti a permetterle di gestire situazioni specifiche mentre il problema potrebbe risiedere (come dicevo) più in quel suo "tratto". Naturalmente è solo una ipotesi.

Cordiali Saluti

Dott. Paolo Dell'Omo
Psicologo Clinico e di Comunità
via Carlo Denina 78 - 00179 - Roma

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Utente
Utente
Gentile dottore,
la ringrazio per la sua risposta. Sono consapevole della mia mania di perfezionismo che sfocia continuamente nell'auto-giudizio. Mi interesso poco degli errori altrui, anzi, sono quasi fin troppo tollerante quando un'altra persona agisce in maniera incoerente rispetto al mio punto di vista. Soffro molto se cado in errore o se faccio qualcosa in maniera diversa rispetto alle mie aspettative. Sono molto esigente nei miei riguardi e vivo spesso come se la mia esistenza mi stesse stretta. Probabilmente è a causa del fatto che non sia riuscita a lavorare nel settore per cui ho studiato tutta la vita e mi sono ritrovata a lavorare nella scuola, un ambiente ricco di stimoli ma anche pieno di oneri, di scadenze e soprattutto di limitazioni della persona (l'orario, l'obbligo della supervisione prolungata degli alunni, la responsabilità in caso di incidenti etc.) e forse questo senso di "fallimento" proprio non vuole abbandonarmi. Sono forse una di quei sognatori incalliti che vanno avanti lasciando sempre la coda dell'occhio verso i propri ideali non realizzati. Evidentemente continuo a cercare strade alternative per non affrontare direttamente il problema principale, che è per l'appunto quello da lei analizzato. La cosa assurda è che provengo da una famiglia che non mi ha mai pressata in alcun caso, lasciandomi anche libera di sbagliare. Credo proprio sia una deformazione caratteriale. Perdo facilmente la calma se le cose non quadrano secondo il mio punto di vista e ho molta difficoltà nell'accettare gli imprevisti e i cambi di programma. Sicuramente mi ha offerto un nuovo spunto su cui lavorare. Sto sempre meglio e forse è arrivato il momento di fare un ulteriore sforzo per lavorare su questo aspetto.
Cordiali saluti!
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Dr. Paolo Dell'Omo Psicologo 38 2
Molto bene, auspico che possa riflettere in modo approfondito su questo spunto e trarne giovamento.

Cordiali Saluti
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