Come affrontare la fobia sociale nel mangiare con altri

Buongiorno,
sono una ragazza di 24 anni e da qualche giorno soffro di ansia sociale e da prestazione, o forse anche un disturbo alimentare, dovuta al momento dei pasti.
Dal punto di vista prettamente alimentare non ho problemi, sono alta 165 per 64 kg, non poco oggettivamente, e sono particolare perché non solo non mi ritengo con qualche chilo di troppo, ma non voglio dimagrire (arrivo pure a pesarmi varie volte al giorno per controllare che non sia dimagrita). Il mio problema non è il cibo, ma l'ansia che gli gira intorno.
Quando mangio da sola (in ogni caso) o in una situazione che mi gestisco io o in cui sono a mio agio mangio tranquillamente e di tutto.
Il problema è quando sono con altri, soprattutto quando la pressione sociale è tanta, ad esempio durante questo periodo di ferie. Ho paura, non mangiando, di rovinare le vacanze agli altri, di valere meno come persona agli occhi degli altri, di fare la figura dell'immatura, di stare male davanti a tutti a causa dell'ansia e quindi di fare la guastafeste, e il bel risultato è che mi passa l'appetito e non mangio oppure mangio pochissimo con uno sforzo enorme. Pensare che ci sono giornate in cui mi mangio anche le gambe della sedia.. . Ma perché mi succede proprio nei giorni di ferie o di festa, in cui ci si dovrebbe divertire e mangiare di più?
Fin da piccola ho ricevuto, sia dalla famiglia che dalle maestre, forti pressioni sul pasto, con frasi tipo "finché non hai mangiato tutto non esci a giocare" (magari lasciandomi ore davanti al piatto pieno), "guarda Tizio che bravo che mangia", "se non finisci la roba nel piatto sei immatura perché in Africa la gente muore di fame".. . Può centrare?
Ho già provato degli esercizi per esempio distogliere l'attenzione, la mindfulness e così via, così come ho provato a convincermi che mangiare davanti agli altri non è tutto e non è così grave se non riesco, magari in situazioni non a mio perfetto agio. Questi esercizi un po' funzionano ma non del tutto, forse non sono convinta io.
A volte mi sono anche imbottita di farmaci, come ansiolitici o antiemetici, qualcosa facevano ma l'ansia rimaneva perché mentalmente non ero convinta, anzi "non riesco a mangiare nemmeno se sono imbottita di farmaci, sono proprio un'incapace".
Vorrei solo far passare questa dannata ansia.. . Proprio nel periodo delle ferie, in cui mi dovrei divertire!! Se solo il cibo fosse una cosa LIBERA, come lo è quando mangio da sola, ma purtroppo la sua valenza sociale la ha e non gliela toglie nessuno.. .
Grazie mille e buona giornata
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Dr. Francesco Ziglioli Psicologo 1k 36

Gentile utente,

quello che ci racconta potrebbe indirizzare l'attenzione verso l'Ansia Sociale. Tuttavia, non è possibile fare diagnosi online.

Ci sono diversi elementi di ciò che ci dice, che mi hanno colpito:

"Ho paura, non mangiando, di rovinare le vacanze agli altri, di valere meno come persona agli occhi degli altri, di fare la figura dell'immatura, di stare male davanti a tutti a causa dell'ansia e quindi di fare la guastafeste".

Alcune di queste sue paure potrebbero essere collegate con le frasi che le dicevano da piccola (valere meno come persona, essere immatura). L'educazione che riceviamo in età infantile è molto importante poichè crea delle credenze, ovvero delle convinzioni, delle aspettative, su come dovremmo comportarci, su come dovrebbero comportarsi gli altri e su come dovrebbe essere il mondo. Inoltre, non ci racconta in che modo teme di stare male per l'ansia, ma leggendo il seguito ("A volte mi sono anche imbottita di farmaci...antiemetici") ipotizzo che sia un timore di vomitare. Il timore di vomitare in pubblico è abbastanza frequente nelle problematiche di ansia sociale.

"Ma perché mi succede proprio nei giorni di ferie o di festa, in cui ci si dovrebbe divertire e mangiare di più?".

Come mai nei giorni di festa "si deve mangiare di più"? Da dove arriva, secondo lei, questa sua convinzione? Inoltre, mi pare di capire che per lei i giorni di festa hanno una sorta di "doverizzazione": ci si DEVE divertire e si DEVE mangiare di più. E se lei non si divertisse, o se lei mangiasse poco, per qualsiasi motivo? Cosa potrebbe succedere?

Cordiali saluti
Dr. Francesco Ziglioli
Psicologo - Brescia, Desenzano, Montichiari
Www.psicologobs.it

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Utente
Utente
Buongiorno,
La paura di vomitare è sempre stata un po' una mia prerogativa, ma non in modo particolare. Infatti la ho solo in mezzo agli altri e in ambienti in cui non sono a mio agio, e solo mentre mangio... Invece a casa mia quando sono da sola non lo temo. Inoltre non ho tutti i sintomi, per esempio prendo tranquillamente mezzi pubblici o nei luoghi chiusi non ho assolutamente paura.
Concordo sul fatto che sia fobia sociale, a questo punto. E specifica su questa situazione, perché nelle altre situazioni sociali sono MOLTO disinvolta, non sono un'asociale anzi!! Sono in difficoltà solo quando devo mangiare, e neanche sempre! (per esempio se devo mangiare qualcosa da passeggio, oppure la colazione che non ha una valenza sociale così elevata, no o molto molto poco).

Nei giorni di ferie, anche se sono a casa, percepisco una pressione sociale molto elevata. La gente di solito in vacanza si vanta di divertirsi, e di mangiare e ingrassare... Invece a me capita il contrario!! O meglio, mi diverto ma se non si dovesse mangiare...
Che poi a me se fossi sola non importerebbe nulla, ma per la mia famiglia e per il dispiacere che porto loro, che mi sembra mi dia fastidio siano a casa, quando non è vero!! È solo che mi sento pressata..

Tra qualche giorno devo andare via per un weekend, da una parte vorrei molto e mi dispiacerebbe davvero non andare, ma ho sempre questo timore del cibo.
Provo le varie tecniche però la mia ansia è praticamente automatica, appena vedo una tavola imbandita. Invece sento l'appetito quando dalle tavole sono lontana...
Come faccio ad andare avanti così? Sono anche giovane.. Quando avrò una famiglia mia o un fidanzato come farò?
Vorrei veramente vedere una via d'uscita... Ho provato tecniche cognitive comportamentali, persino farmaci... Nulla. Forse è solo l'atteggiamento, o lo stile di vita..
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Dr. Francesco Ziglioli Psicologo 1k 36
Io ho detto che probabilmente potrebbe trattarsi di ansia sociale. Solo il colloquio diretto con uno psicologo potra valutare con più certezza.
Fatto sta, che è caratteristico di questa condizione il fatto di tenere episodi di vomito solo quando si è in pubblico, e non quando si è da soli.
Da ciò che leggo, mi sembra che sia presente in lei anche il timore del giudizio.
Ritengo opportuno che contatti un collega della sua zona per inquadrare meglio il suo problema ed eventualmente iniziare una terapia. Del resto, è quello che vuole anche lei: risolvere il suo disagio. Applicare tecniche senza essere seguiti non porta a grossi benefici, anche perché ancora non è chiaro l'obiettivo a cui si vuole arrivare (cosa che sarà chiara dopo aver fatto una diagnosi).
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Utente
Utente
Ci sono già stata in passato (all'ASL quindi l'orientamento non era specifico), mi diceva tante cose, tutte giuste, e in effetti erano le stesse cose che diceva anche lei. Ma le tecniche per superarla erano le stesse, quelle che sto seguendo ora... E lo specialista dava più importanza alle mie convinzioni che alle tecniche.
Farmaci più forti non mi sembra il caso di prenderli perché questo problema c'è solo pochi giorni all'anno...
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Dr. Francesco Ziglioli Psicologo 1k 36
Non si faccia terapia da sola, ma piuttosto consulti nuovamente uno psicologo (per le tecniche) o uno psichiatra (per i farmaci) o il medico di base (sempre per i farmaci).
Se allora le tecniche funzionavano, questo potrebbe essere dato dal fatto che erano inserite all'interno di un percorso di presa in carico più complesso. Infatti, aldilà dell'orientamento dello psicologo (psicoterapeuta), le tecniche possono essere uno strumento con il quale si raggiungono gli obiettivi prefissati, ma non deve e non può essere l'unico. Ancora, è possibile che funzionassero poiché lei si trovava in un momento diverso della sua vita. Con ciò, intendo dire che le psicopatologie, se di questo di tratta, non sono elementi statici e immobili, ma cambiano con il passare del tempo, così come cambiano le risorse individuali e sociali disponibili per la persona che ne soffre. Ogni situazione di disagio va contestualizzata all'interno di un sistema be definito, che non è detto essere lo stesso del passato.
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Utente
Utente
Buongiorno,
scusi mi approfitto ancora un attimo della sua gentilezza.
Dopo giorni di sofferenza ho deciso di rivolgermi ancora a uno psicoterapeuta, ma stavolta voglio fare le cose fatte meglio.
Sottolineo che finito il periodo delle ferie e della pressione sociale ho ricominciato a mangiare e pure abbondantemente (come le ho detto, peso pure 64 kg per 165, non pochissimo, a me piace mangiare). Solo che a me dispiace, perché non posso avere tutto questo appetito anche fuori casa mia o in situazioni sociali? E comunque non sono sempre stata così, prima, fino ai miei 20-21 anni, ero proprio come vorrei tornare adesso, mangiare fuori MI PIACEVA! Ma cosa mi è successo?
Ora i miei timori sono due però:
- Che la psicoterapia possa ancora non funzionare. L'anno scorso sono andata tramite ASL da una psicologa clinica, ma era solo un parlarne senza fare nulla di concreto, lei persino mi diceva di "cercare degli esercizi di training autogeno". Capisce, CERCARE (su internet, tipo). E io da lei cosa andavo a fare? Inoltre continuava a dirmi "non sono medico" e che avrei avuto bisogno di un professionista che lo fosse, ma da lì ci ho praticamente litigato, da uno psichiatra non ci volevo andare perché sarei stata marchiata a vita e avevo paura che anche il mio medico di base mi catalogasse come "la pazza", figuriamoci poi parenti e amici.... Comunque adesso sarei disposta a andare, perché la sofferenza è tanta.
- Non è che la psicoterapia senza cercare esercizi su internet ma pratica la mutua non la passa? Purtroppo non lavorando un privato non posso proprio permettermelo...

L'ideale sarebbe uno psicoterapeuta che sia anche psichiatra (mi corregga se sbaglio)... che soprattutto faccia qualcosa di concreto. Io posso capire che tutte le cose che mi venivano dette erano giuste, ma quando si presentano tachicardia, tensione alla gola e nausea e non riesco proprio a mangiare che faccio? E poi non vorrei essere imbottita di farmaci e basta come se non ci fosse un domani, e poi ho anche la patente.. la rischio?
Tutto questo è possibile nel servizio pubblico o è una di quelle prestazioni (es. apparecchio ai denti) che la mutua non copre?

Buona giornata. Grazie
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Dr. Francesco Ziglioli Psicologo 1k 36
Il fatto che lei si rivolga ad uno psicoterapeuta privato o dipendente di un servizio pubblico, non fa differenza. Nel senso: ci sono ottimi professionisti in entrambi i contesti, così come è possibile trovare la mela marcia (non mi riferisco ad un caso specifico, parlo in generale, in ogni lavoro funziona così). Il tipo di rapporto lavorativo non indica la qualità della psicoterapia.

Solitamente, uno psicoterapeuta lavora per obiettivi, che dovrebbero essere il più concreti possibili questo secondo l'orientamento cognitivo comportamentale, ma penso che anche per gli altri valga lo stesso. Il fatto che lei abbia avuto una brutta esperienza, mi spiace. Ma non sono tutti così. Quindi, per rispondere alla sua domanda, è possibile fare una buona psicoterapia pratica anche nel pubblico. Ovviamente, nel privato, il professionista se lo sceglie lei avendo un numero maggiore di possibilità tra cui scegliere.

Se lei dovesse rivolgersi ad uno psichiatra, come mai rimarrebbe marchiata a vita?
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Utente
Utente
Sarei marchiata a vita nel senso che il mio nome sarebbe segnato, che anche alle visite per altri motivi saprebbero che ho avuto problemi di certo tipo, che sarò agli occhi di qualcuno "la pazza"... ma non mi importa. Vorrei solo tornare come ero prima.
Quindi una psicoterapia concreta (e non solo un parlarne senza fare nulla di pratico) è possibile nel pubblico, a quanto ho capito? A chi mi devo rivolgere? Forse non a uno psicologo clinico, perché di sentirmi dire ancora di cercare gli esercizi su internet non ho voglia... Devo passare in ogni caso prima dal medico di base, cosa devo dirgli?
Grazie mille
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Dr. Francesco Ziglioli Psicologo 1k 36
Le sue visite mediche sono visibili solamente ai medici e ai dipendenti sanitari del sistema sanitario nazionale, pertanto i suoi amici o parenti non vedranno le sue spese mediche.
Rimane il fatto, che lo stereotipo del pazzo che va dallo psichiatra è ormai obsoleto. I disturbi d'ansia, la depressione e tutte le psicopatologie hanno una frequenza alta nella popolazione odierna. Pertanto, accettare di avere un disagio e fare qualcosa per risolverlo non mi sembra da "pazzi", ma da persone responsabili che si vogliono bene.

Si deve rivolgere al suo medico di base per avere l'impegnativa per prenotare una seduta di psicoterapia. Gli psicologi del SSN, in generale, sono tutti psicoterapeuti.
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Utente
Utente
Meglio uno psicoterapeuta o uno psichiatra?
Poi ho paura di finire ancora da quella..... Ed essendo nel pubblico non posso scegliere.
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Utente
Utente
Buongiorno,
Ho deciso finalmente di prendere contatto con uno psicoterapeuta, anche se ci vorrà molto tempo prima di avere un colloquio perché purtroppo la lista d'attesa è lunga. Almeno nella mia zona, i prezzi dei privati sono proibitivi... Quindi mi tocca solo aspettare.
Inoltre secondo il parere del mio medico di base parlare ora di psichiatra è un po' eccessivo, perché la mia ansia sociale è molto ristretta.
Sto provando persino a affrontare la situazione, notando che nemmeno tutte le volte che mangio fuori sono ansiosa! L'ansia non si presenta o è comunque gestibilissima e non limitante: a colazione fuori, a mangiare il gelato, quando mi porto io da mangiare, in mensa in pausa pranzo... Non che sia così tranquilla come sono a casa (ma a volte anche si), però è gestibile! L'ansia è tanta nelle situazioni formali in cui il cibo ha una valenza sociale molto elevata, anche se banalmente c'è una festa a casa mia l'ansia c'è e anche tanta.
Solite paure, di star male, di rovinare a tutti la festa, di passare per immatura o incapace (e non aiuta nemmeno il fatto di non essere fidanzata, non esserlo ancora alla mia età mi fa sentire rimasta indietro), di passare per la schizzinosa che fuori non mangia, di farmi pensare che di questo passo non riuscirò nemmeno a farmi una famiglia in futuro (quale è il classico primo appuntamento? Invitare fuori a mangiare! E se non mangio è la fine).
Dipende a volte anche con chi sono.
L'ansia talvolta è talmente tanta che mi dà fastidio persino l'odore del cibo... Figuriamoci mangiare! E mi è capitato anche che finito tutto ovviamente avessi fame e dicessi "ora chissà come mangerei...". E se dovessi vomitare in mezzo a tutti (e con l'ansia può capitare, a me mai finora per fortuna)? Alimenterei la mia paura, oltre a fare una gran figuraccia... E poi è anche una questione di educazione, finire tutto ciò che si ha nel piatto, io vorrei ma non riesco!
Cosa posso fare nel frattempo? La ringrazio.
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Dr. Francesco Ziglioli Psicologo 1k 36
Quando le vengono pensieri di questo tipo, si ricordi che il nostro apparato digerente è fatto per introdurre cibo, non per espellerlo. È molto difficile che avvenga ciò che lei teme (vomitare). Tuttavia può capitare. Ma si tratta di casi un cui c è un malessere fisico. E anche se ciò dovesse capitare, come a lei, come agli altri, ritengo che il fattore "umano" interverebbe per far sì che si senta a suo agio, nonostante ciò. Provi a pensare: se qualcun altro vomitasse, lei cosa farebbe? Cosa penserebbe della situazione? Penserebbe qualcosa di lui?
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Utente
Utente
Si ma come per l'ansia posso avere anche nausea (non nausea da vomitare, ma mancanza totale di appetito, nodo alla gola e fastidio per gli odori - questo però a intensità variabili) non posso avere vomito? Se mi forzo a mangiare intendo...
Se fosse qualcun altro a vomitare io sarei comprensiva e lo aiuterei, come già mi è capitato a volte.
Preciso che sono emetofobica ma solo quando mangio fuori con altri (e come le ho già detto neanche sempre) non lo sono di solito, nemmeno a uscire di casa dopo aver mangiato in abbondanza ho paura, per dire. E non faccio selezione su cibo mangio tutto ecc... Quando sono a casa.
Più che altro se mi capita mentre sono con altri mentre mangio, alimenterei la mia paura nel senso "non sono proprio capace di stare in mezzo agli altri, di mangiare fuori da casa, che figura di m, come faccio un giorno a avere un ragazzo/sposarmi ecc, ho rovinato un'occasione formale a tutti" ... E per questo mangio poco, e mi sento inadeguata comunque. Ho paura che a mangiare tanto poi vomiterei, però se non succede, di solito... Ho sentito in giro gente a cui succede invece, per l'ansia, e mi suggestiono
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Utente
Utente
In pratica, mentre sono a casa vedo il cibo come una funzione fisiologica piacevole... Invece fuori o con altra gente, o in vacanza, lo vedo come un modo per dimostrare di essere matura, adulta, grande e indipendente, in grado di avere delle buone interazioni sociali e di costruire una vita sentimentale e sociale. A volte penso anche che il mio problema è che inconsciamente respingo la vita adulta, ma negli altri campi della mia vita sono indipendente!
Poi penso di solito sono i bambini quelli che non mangiano, non gli adulti.... Quindi sono rimasta bambina?
A casa invece penso che me lo posso permettere e mangio, ma perché ho fame, giustamente.
Fuori mi viene ansia, soprattutto nelle situazioni formali, mi si chiude lo stomaco e ho paura di non essere all'altezza. Definirei quasi come un'ansia da prestazione... Ma dopotutto, fuori casa lasciare nel piatto non è da maleducati? O da schizzinosi? Cosa che non sono e che non voglio sembrare!
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Dr. Francesco Ziglioli Psicologo 1k 36
Come vede, da una semplice situazione nascono diverse ramificazioni del suo disagio, alcune delle quali si concretizzano con dei pensieri autoreferenziali e critici, altre delle quali con paure, timori ed aspettative negative sul futuro. Vista la situazione, ritengo essenziale sbrogliare questa matassa in seduta. Quando ha preso l'appuntamento?
[#16]
Utente
Utente
I tempi saranno molto lunghi, anche nel giro di mesi... Purtroppo. E ho paura di trovare la stessa situazione di prima.
Purtroppo i privati, almeno nella mia zona, chiedono tutti 80/100 euro a seduta... Ci sono quelli che chiedono meno? Magari convenzionati, che ne so...
In cosa consisterebbe una seria psicoterapia? Quando sono andata era solo un parlarne, ma di concreto nulla.. Mi diceva solo "si senta libera quando mangia" e via dicendo ma nulla di concreto... Quando arriva l'ansia che faccio? È una parola stare calma!
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Dr. Francesco Ziglioli Psicologo 1k 36
Premetto che esistono molti orientamenti psicoterapeutici. A mio parere, una buona psicoterapia dovrebbe prevedere una prima fase di "diagnosi", nella quale il terapeuta, grazie a test e al colloquio clinico, riesce a fare una concettualizzazione del caso, andando ad evidenziare i diversi meccanismi con i quali il disagio si manifesta, è iniziato, e si mantiene nel tempo. Dovrebbe prevedere una condivisione degli obiettivi terapeutici, e di conseguenza, impostare un trattamento per ognuno di essi, stabilendo tempistiche e modalità.
A volte, può sembrare che sia solo un "parlare". Questo dipende, oltre dall'orientamento psicoterapeutico, anche dal professionista. Non tutti sono uguali.
Le sedute di psicoterapia sono detraibili in quanto "spesa sanitaria". Probabilmente esiste anche un privato che chiede di meno. Le consiglio una ricerca in internet rispetto ai terapeuti della sua zona.
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