è normale che mi comporti in questo modo?
Salve sono un ragazzo di 30 anni ed è da un po’ che mi pongo delle domande perché sento di essere diverso dai miei coetanei da sempre. . .
ora vivo da 9 anni con la persona che amo conviviamo. . .
Mi sto chiedendo perché io amo stare a casa, mi sento bene nella tranquillità, amo quando la casa è pulita e profumata e stare sul divano a rilassarmi dopo il lavoro non mi piace stare troppo in mezzo la gente e la confusione, circa una volta al mese andiamo a ballare con degli amici e mi diverto molto ma poi prendo le distanze da tutti e voglio stare nel mio relax a casa facendo le cose che mi piacciono solo così mi sento appagato qualche volta vado a cena o con colleghi o con amici ma odio fare passeggiate o girare per la mia città che non amo particolarmente, il pensiero di uscire ogni giorno non mi piace io voglio solo rilassarmi, stare nel relax assoluto e uscire pochissimo. . . . questo praticamente dai 20/22 anni in poi nonostante chi è intorno a me non mi comprende e sono disposto ad eliminarlo dalla mia vita. . . mi sono chiesto più volte se sia depressione ma io lo associo al mio passato perché i miei genitori sono tossicodipendenti da eroina ed ho passato un infazia /adolescenza terribile, casa mia era perennemente sporca dove pulivo io una volta che le mie due sorelle più grandi se ne andarono. . . in casa c’erano sempre urla isterismi e cose indicibili un vero caos che non auguro di vivere a nessuno e le cose subite non si possono spiegare in poche righe, fino a quando anche io sono andato via a 16 anni trasferendomi in un altra città e creandomi la vita che ho adesso, lavorando, solo che mi sento diverso perché non voglio fare le cose che fanno gli altri non amo stare a fare chiacchiere al bar e cose del genere voglio stare solo nella mia oasi che mi sono creato è normale? Perché mia sorella che ha vissuto le stesse cose è l’esatto opposto di me. . . . ballare tutte le sere confidenza a tutti io mi apro con qualcuno dopo mesi e mesi non so più cosa pensare gli altri non mi comprendono ma io sto davvero bene così non soffro il fatto di stare a casa o di andare alle sagre o chissa’ cosa È possibile che sia associato al mio passato eppure la mia gioventu’ La maggior parte l’ho passata così casa lavoro la persona che amo che sta con me mi capisce e anche se farebbe tante altre cose si accontenta qualche volta l’anno andiamo in viaggio da qualche parte e stiamo bene mi piace molto viaggiare e non torno mai nel mio paese di origine dove sto male al pensiero di tornarci e io mi sento appagato così. . . . ovviamente in questi anni ho sofferto di ansia invece da piccolo nonostante la situazione ero molto più forte responsabile e avevo grande autostima di me stesso che ora è andata a scemare.. . grazie in anticipo
ora vivo da 9 anni con la persona che amo conviviamo. . .
Mi sto chiedendo perché io amo stare a casa, mi sento bene nella tranquillità, amo quando la casa è pulita e profumata e stare sul divano a rilassarmi dopo il lavoro non mi piace stare troppo in mezzo la gente e la confusione, circa una volta al mese andiamo a ballare con degli amici e mi diverto molto ma poi prendo le distanze da tutti e voglio stare nel mio relax a casa facendo le cose che mi piacciono solo così mi sento appagato qualche volta vado a cena o con colleghi o con amici ma odio fare passeggiate o girare per la mia città che non amo particolarmente, il pensiero di uscire ogni giorno non mi piace io voglio solo rilassarmi, stare nel relax assoluto e uscire pochissimo. . . . questo praticamente dai 20/22 anni in poi nonostante chi è intorno a me non mi comprende e sono disposto ad eliminarlo dalla mia vita. . . mi sono chiesto più volte se sia depressione ma io lo associo al mio passato perché i miei genitori sono tossicodipendenti da eroina ed ho passato un infazia /adolescenza terribile, casa mia era perennemente sporca dove pulivo io una volta che le mie due sorelle più grandi se ne andarono. . . in casa c’erano sempre urla isterismi e cose indicibili un vero caos che non auguro di vivere a nessuno e le cose subite non si possono spiegare in poche righe, fino a quando anche io sono andato via a 16 anni trasferendomi in un altra città e creandomi la vita che ho adesso, lavorando, solo che mi sento diverso perché non voglio fare le cose che fanno gli altri non amo stare a fare chiacchiere al bar e cose del genere voglio stare solo nella mia oasi che mi sono creato è normale? Perché mia sorella che ha vissuto le stesse cose è l’esatto opposto di me. . . . ballare tutte le sere confidenza a tutti io mi apro con qualcuno dopo mesi e mesi non so più cosa pensare gli altri non mi comprendono ma io sto davvero bene così non soffro il fatto di stare a casa o di andare alle sagre o chissa’ cosa È possibile che sia associato al mio passato eppure la mia gioventu’ La maggior parte l’ho passata così casa lavoro la persona che amo che sta con me mi capisce e anche se farebbe tante altre cose si accontenta qualche volta l’anno andiamo in viaggio da qualche parte e stiamo bene mi piace molto viaggiare e non torno mai nel mio paese di origine dove sto male al pensiero di tornarci e io mi sento appagato così. . . . ovviamente in questi anni ho sofferto di ansia invece da piccolo nonostante la situazione ero molto più forte responsabile e avevo grande autostima di me stesso che ora è andata a scemare.. . grazie in anticipo
[#1]
Buongiorno,
ho letto con attenzione il suo racconto, nel tentativo di cogliere quale fosse il suo sentire rispetto al suo passato e al suo presente.
Alla sua domanda, cui dà titolo al consulto, se cioè "è normale che lei si comporti in questo modo?", potrei intanto risponderle che non c'è un modo assoluto di comportamento, che si può definire "normale". È importante la vita che lei sente di scegliere per se stesso, in linea con la sua qualità e il livello di benessere percepito.
Questa riflessione, tuttavia, potrebbe non essere sufficiente. Forse è importante che possiamo soffermarci non soltanto sulla risposta alla sua domanda, ma sul perché lei la ponga. Come mai si interroga circa il suo comportamento, come mai dubita di sé?
In questa sede, nel tentativo di argomentare la mia domanda, voglio mettere in luce due elementi.
Uno riguarda il giudizio sul proprio comportamento. Poiché la vita sociale deve svolgersi in un certo modo, e il proprio modo di condurla non vi corrisponde, questo potrebbe generare un malessere interiore. Non bisogna però modificare il proprio comportamento, ma il giudizio che viene espresso su di esso e il peso che genera interiormente.
Il secondo elemento, che provo a esporre in questa sede, riguarda un possibile dissidio interiore. A volte può esserci una parte di noi che desidera aprirsi di più all'esterno e agli altri con un senso di sicurezza e di fiducia, ma qualcosa si costituisce come un freno. Un freno che inibisce la propria espressività, e ci fa rifugiare al sicuro.
Il suo passato è importante ed è preziosa la sua capacità di riattraversarlo, cercando dei nessi con il suo presente. Questo non dev'essere sottovalutato. Sento l'importanza di poterlo approfondire insieme a lei, ma è fondamentale che possa farlo dal vivo. In questa sede, con i pochi elementi di cui disponiamo, non so dirle quanto il suo passato, con i sentimenti vissuti che pur con poche parole riesce a comunicare con intensità, possa avere generato in lei una specifica vulnerabilità interiore, che interferisce nella sua vita attuale.
Non voglio considerare l'ansia di cui sta soffrendo in questi anni più recenti soltanto come un fattore negativo. Di fatto è un malessere da affrontare senz'altro, ma è un'occasione che lei ha oggi per prendersi cura di sé. Non sono sicuro, infatti, che la forza e il senso di responsabilità che aveva da piccolo fossero così vantaggiosi, forse sono stati elementi della sua personalità troppo precocemente sviluppati, mentre aveva il diritto di essere appunto "piccolo". Allora forse è lì che bisogna tornare, e da lì ripartire.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
ho letto con attenzione il suo racconto, nel tentativo di cogliere quale fosse il suo sentire rispetto al suo passato e al suo presente.
Alla sua domanda, cui dà titolo al consulto, se cioè "è normale che lei si comporti in questo modo?", potrei intanto risponderle che non c'è un modo assoluto di comportamento, che si può definire "normale". È importante la vita che lei sente di scegliere per se stesso, in linea con la sua qualità e il livello di benessere percepito.
Questa riflessione, tuttavia, potrebbe non essere sufficiente. Forse è importante che possiamo soffermarci non soltanto sulla risposta alla sua domanda, ma sul perché lei la ponga. Come mai si interroga circa il suo comportamento, come mai dubita di sé?
In questa sede, nel tentativo di argomentare la mia domanda, voglio mettere in luce due elementi.
Uno riguarda il giudizio sul proprio comportamento. Poiché la vita sociale deve svolgersi in un certo modo, e il proprio modo di condurla non vi corrisponde, questo potrebbe generare un malessere interiore. Non bisogna però modificare il proprio comportamento, ma il giudizio che viene espresso su di esso e il peso che genera interiormente.
Il secondo elemento, che provo a esporre in questa sede, riguarda un possibile dissidio interiore. A volte può esserci una parte di noi che desidera aprirsi di più all'esterno e agli altri con un senso di sicurezza e di fiducia, ma qualcosa si costituisce come un freno. Un freno che inibisce la propria espressività, e ci fa rifugiare al sicuro.
Il suo passato è importante ed è preziosa la sua capacità di riattraversarlo, cercando dei nessi con il suo presente. Questo non dev'essere sottovalutato. Sento l'importanza di poterlo approfondire insieme a lei, ma è fondamentale che possa farlo dal vivo. In questa sede, con i pochi elementi di cui disponiamo, non so dirle quanto il suo passato, con i sentimenti vissuti che pur con poche parole riesce a comunicare con intensità, possa avere generato in lei una specifica vulnerabilità interiore, che interferisce nella sua vita attuale.
Non voglio considerare l'ansia di cui sta soffrendo in questi anni più recenti soltanto come un fattore negativo. Di fatto è un malessere da affrontare senz'altro, ma è un'occasione che lei ha oggi per prendersi cura di sé. Non sono sicuro, infatti, che la forza e il senso di responsabilità che aveva da piccolo fossero così vantaggiosi, forse sono stati elementi della sua personalità troppo precocemente sviluppati, mentre aveva il diritto di essere appunto "piccolo". Allora forse è lì che bisogna tornare, e da lì ripartire.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it
[#2]
Utente
salve dottore la ringrazio della risposta , sicuramente sento di avere dei freni nei comportamenti , nelle relazioni , nei modi di affrontare le emozioni dei veri e propri blocchi, l’ansia che ho vissuto e spesso vivo maggiormente di notte credo siano una risposta della mia psiche che cerca da anni di tirare fuori qualcosa che non so’ decifrare , sicuramente devo capire perché mi pongo queste domande e riattraversare il passato che in buona parte ho rimosso o non ricordo insieme a tantissime cose anche belle, purtroppo non riesco a ricordare .... non ho mai avuto un parere di un esperto e mi piacerebbe tanto però anche li non riesco ad avere fiducia di chiunque e non sapere bene con chi farlo ... è come se avessi vissuto 2 vite una dove ero il figlio di .... e un’altra lontano dalla mia città dove sono me stesso e gli altri mi hanno conosciuto per le mie qualita’/ difetti senza sapere ed essere prevenuti ma anche per questo sento come se non avessi un origine ... la mia vecchia casa sarebbe dovuto essere il mio vero rifugio ed i miei genitori le mie spalle forti ..... invece tutto questo mi è mancato e siamo tutti sballottolati in giro per l’italia .... non so’ cosa posso fare adesso però sento il bisogno di affrontare ciò che mi tormenta ... mi piacerebbe anche avere un suo consulto dal vivo ma vivo a Rimini grazie in anticipo
[#3]
Buongiorno,
i vissuti che sta descrivendo in merito alla sua esperienza sono delicati e profondi.
A volte alcuni blocchi che viviamo possono in qualche modo essere legati ai nostri ricordi che mancano. Come se evitassimo le nostre esperienze e le nostre emozioni, e non siamo più "decifrabili" a noi stessi.
Se sente dentro di sé un malessere interiore, voglio anche sottolineare che al contempo può esserci un'occasione vantaggiosa, come già accennavo. Sente, infatti, il bisogno di ricordare e di recuperare le sue origini, di riconoscere le esperienze e le emozioni di un passato che le appartiene, anche se può essere difficile. Questo è cruciale. Implica non soltanto rivivere le "cose brutte" del suo passato e le sue esperienze più dolorose, ma anche recuperare le "cose belle", che al momento può faticare a rintracciare.
Quando sentiamo il giudizio degli altri su di noi, quando temiamo che possano essere prevenuti, e magari per questo rifiutarci, può essere automatico rifugiarci al sicuro a volte, perdendo però l'occasione di vivere alcune buone esperienze. Quando sentiamo questo giudizio, dobbiamo sempre chiederci quanto siamo anche noi stessi a dare un giudizio sfavorevole contro di noi e contro la nostra esperienza. Quando parla delle "cose belle" che desidera ricordare, forse allora possiamo riflettere sul fatto che desideri anche guardare se stesso in modo differente, senza giudicarsi negativamente.
Sente di avere vissuto due vite, forse potremmo dire di viverle tuttora dentro di sé? Oggi mi sembra desiderare qualcosa di estremamente ambizioso, vuole integrarle dentro di sé, ricongiungendosi e pacificandosi con la sua storia. Per riconoscere i suoi bisogni e le sue umane fragilità, per ricordare anche i momenti belli del suo passato, per potersi esprimersi autenticamente senza giudicarsi e rifugiarsi, per non vivere più un senso di esilio.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
i vissuti che sta descrivendo in merito alla sua esperienza sono delicati e profondi.
A volte alcuni blocchi che viviamo possono in qualche modo essere legati ai nostri ricordi che mancano. Come se evitassimo le nostre esperienze e le nostre emozioni, e non siamo più "decifrabili" a noi stessi.
Se sente dentro di sé un malessere interiore, voglio anche sottolineare che al contempo può esserci un'occasione vantaggiosa, come già accennavo. Sente, infatti, il bisogno di ricordare e di recuperare le sue origini, di riconoscere le esperienze e le emozioni di un passato che le appartiene, anche se può essere difficile. Questo è cruciale. Implica non soltanto rivivere le "cose brutte" del suo passato e le sue esperienze più dolorose, ma anche recuperare le "cose belle", che al momento può faticare a rintracciare.
Quando sentiamo il giudizio degli altri su di noi, quando temiamo che possano essere prevenuti, e magari per questo rifiutarci, può essere automatico rifugiarci al sicuro a volte, perdendo però l'occasione di vivere alcune buone esperienze. Quando sentiamo questo giudizio, dobbiamo sempre chiederci quanto siamo anche noi stessi a dare un giudizio sfavorevole contro di noi e contro la nostra esperienza. Quando parla delle "cose belle" che desidera ricordare, forse allora possiamo riflettere sul fatto che desideri anche guardare se stesso in modo differente, senza giudicarsi negativamente.
Sente di avere vissuto due vite, forse potremmo dire di viverle tuttora dentro di sé? Oggi mi sembra desiderare qualcosa di estremamente ambizioso, vuole integrarle dentro di sé, ricongiungendosi e pacificandosi con la sua storia. Per riconoscere i suoi bisogni e le sue umane fragilità, per ricordare anche i momenti belli del suo passato, per potersi esprimersi autenticamente senza giudicarsi e rifugiarsi, per non vivere più un senso di esilio.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#4]
Utente
Buongiorno dottore effettivamente sento ancora di vivere 2 vite differenti , il giudizio di me stesso è sempre critico anche se il mio comportamento non lo modifico , se mi sento di non uscire dico di no in modo secco e mi dispiace che gli altri rimangono male ma penso a me stesso risultando a volte egoista ed è questo che mi fa stare male ma starei più male a fare cose che non voglio e non voglio sforzarmi .... e non so cosa sia peggio... il problema sono io e non so fino a che punto gli altri mi accettino ma sono disposto a perderli perché capisco che non possono comprendere cosa sento dentro... grazie ancora e buon ferragosto
[#5]
Salve,
è giusto che segua il suo sentire, se non desidera uscire. Qualcuno potrebbe anche rimanerci male, ma comprenderla al contempo, senza vivere il suo no come distruttivo.
Mi chiedo tuttavia quanto a volte non sia così semplice, quanto alcune sue scelte non siano legate all'idea di non essere capito, di non essere in qualche modo accettabile per gli altri. Allora magari una parte di sé vorrebbe invece avere fiducia, sentirsi come gli altri, uscire e poter stare bene insieme, sentendo un senso di appartenenza.
Buon Ferragosto a lei,
Enrico de Sanctis
è giusto che segua il suo sentire, se non desidera uscire. Qualcuno potrebbe anche rimanerci male, ma comprenderla al contempo, senza vivere il suo no come distruttivo.
Mi chiedo tuttavia quanto a volte non sia così semplice, quanto alcune sue scelte non siano legate all'idea di non essere capito, di non essere in qualche modo accettabile per gli altri. Allora magari una parte di sé vorrebbe invece avere fiducia, sentirsi come gli altri, uscire e poter stare bene insieme, sentendo un senso di appartenenza.
Buon Ferragosto a lei,
Enrico de Sanctis
[#6]
Utente
Salve dottore la disturbo ancora una volta per chiederle un consiglio , vorrei cercare un professionista della mia zona per iniziare un percorso ma non so che ramo cercare, ( psicologo, psicoterapeuta,psichiatra?) potrebbe indirizzarmi in qualche modo ? Sembra che tutti facciano più o meno le stesse cose disturbi alimentari , del sonno ecc ma non sembrano adatti alla mia storia ma magari mi sbaglio grazie ancora...
[#7]
Buongiorno,
mi rendo conto che la ricerca di un professionista è complessa. Si può rivolgere al suo medico di base per avere un orientamento; oppure può anche contattare uno psicoterapeuta per fare una consultazione. Durante la consultazione avrebbe modo di approfondire la sua esperienza e di esprimere i suoi interrogativi, avendo l'occasione di valutare quale possibile percorso sia più adatto a lei.
Io seguo un orientamento psicoanalitico. Se può esserle utile per avere un confronto, provo ad accennarle quali sono i miei principi e i valori in cui credo. Credo nella libertà del dialogo e nella riflessione, nella condivisione emotiva dell'esperienza di chi sceglie di venire in cura da me e nel rispetto della sua sofferenza. Credo nella continuità di un percorso, che richiede tempo e pazienza, affinché possa portare a un cambiamento sostanziale e duraturo, dando alla persona un senso di stabilità, di forza e di fiducia.
Durante una consultazione spiego al paziente che ci sono anche altri modi di intervenire. Approfondendo le sue esperienze e i suoi vissuti nonché le sue aspettative, posso orientarlo ad altri colleghi, qualora il paziente ad esempio desideri risolvere velocemente i suoi sintomi.
Spesso sento dire che la psicoanalisi è una terapia della parola che indaga le cause del malessere della persona. Questo è soltanto in parte vero, bisogna specificare che l'indagine delle cause del malessere non dev'essere razionale. In linea generale, potremmo dire che l'obiettivo di un trattamento psicoanalitico è una trasformazione profonda della personalità, una ristrutturazione di sé attraverso una nuova esperienza, quella tra paziente e analista.
Un'attenzione alla propria storia, il desiderio di narrarsi e di raccontare liberamente le proprie esperienze, la disponibilità al dialogo e alla comprensione, il desiderio di confidarsi intimamente e di esprimersi autenticamente, sono alcuni requisiti generali che rendono il paziente un buon candidato a una psicoterapia a orientamento psicoanalitico o a una psicoanalisi.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
mi rendo conto che la ricerca di un professionista è complessa. Si può rivolgere al suo medico di base per avere un orientamento; oppure può anche contattare uno psicoterapeuta per fare una consultazione. Durante la consultazione avrebbe modo di approfondire la sua esperienza e di esprimere i suoi interrogativi, avendo l'occasione di valutare quale possibile percorso sia più adatto a lei.
Io seguo un orientamento psicoanalitico. Se può esserle utile per avere un confronto, provo ad accennarle quali sono i miei principi e i valori in cui credo. Credo nella libertà del dialogo e nella riflessione, nella condivisione emotiva dell'esperienza di chi sceglie di venire in cura da me e nel rispetto della sua sofferenza. Credo nella continuità di un percorso, che richiede tempo e pazienza, affinché possa portare a un cambiamento sostanziale e duraturo, dando alla persona un senso di stabilità, di forza e di fiducia.
Durante una consultazione spiego al paziente che ci sono anche altri modi di intervenire. Approfondendo le sue esperienze e i suoi vissuti nonché le sue aspettative, posso orientarlo ad altri colleghi, qualora il paziente ad esempio desideri risolvere velocemente i suoi sintomi.
Spesso sento dire che la psicoanalisi è una terapia della parola che indaga le cause del malessere della persona. Questo è soltanto in parte vero, bisogna specificare che l'indagine delle cause del malessere non dev'essere razionale. In linea generale, potremmo dire che l'obiettivo di un trattamento psicoanalitico è una trasformazione profonda della personalità, una ristrutturazione di sé attraverso una nuova esperienza, quella tra paziente e analista.
Un'attenzione alla propria storia, il desiderio di narrarsi e di raccontare liberamente le proprie esperienze, la disponibilità al dialogo e alla comprensione, il desiderio di confidarsi intimamente e di esprimersi autenticamente, sono alcuni requisiti generali che rendono il paziente un buon candidato a una psicoterapia a orientamento psicoanalitico o a una psicoanalisi.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#9]
Utente
Buongiorno dottore volevo aggiornarla e esternare alcune cose ...
Ho contattato un paio di psicologi per la prima volta nella mia vita ma poi ho scelto di provare ad andare da uno ad indirizzo psicoanalitico proprio come lei , data la mia diffidenza ho controllato all’albo cosa fosse ed ho visto che è psicologo da 10 anni e psicoterapeuta solo da marzo di quest’anno, non so se questo dimostri che abbia esperienza oppure no oppure se sia troppo poco che sia psicoterapeuta allora era meglio cercare qualcuno più maturo , ma ho voluto provare e ho fatto ieri la prima seduta ....
credo sia andata bene perché ho parlato molto e non mi aspettavo di farlo , ho toccato vari temi nonostante lui non parlasse quasi mai , addirittura due volte sono stato sull’orlo di piangere ed io non piango mai!
Lui faceva dei versi che un po’ mi infastidivano ad alta voce ma ho fatto finta di niente (è possibile che con questi versi mi abbia ipnotizzato?)penso questo perché questi versi non erano naturali cose se li facesse per indurre un qualcosa ...
Comunque mi è sembrato valido e credo di fidarmi... alla fine ha detto che devo andarci ogni settimana e per far sì che andassi con questa frequenza mi è venuto incontro economicamente MOLTO e questo l’ho apprezzato perché mi ero dato il limite di due volte al mese....
Il mio dubbio rimane questo indirizzo psicoanalitico , il fatto che lui non parli e non mi chiarisca le cose ( non mi dia un perché ) però è vero anche che ho fatto solo la prima seduta e spero che se io fossi più adatto a fare altro lui me lo direbbe ...
Io vorrei ricordare e riattraversare il mio passato doloroso e che a quanto pare mi crea crisi di pianto ma solo se ciò mi aiuterà ....
Ho contattato un paio di psicologi per la prima volta nella mia vita ma poi ho scelto di provare ad andare da uno ad indirizzo psicoanalitico proprio come lei , data la mia diffidenza ho controllato all’albo cosa fosse ed ho visto che è psicologo da 10 anni e psicoterapeuta solo da marzo di quest’anno, non so se questo dimostri che abbia esperienza oppure no oppure se sia troppo poco che sia psicoterapeuta allora era meglio cercare qualcuno più maturo , ma ho voluto provare e ho fatto ieri la prima seduta ....
credo sia andata bene perché ho parlato molto e non mi aspettavo di farlo , ho toccato vari temi nonostante lui non parlasse quasi mai , addirittura due volte sono stato sull’orlo di piangere ed io non piango mai!
Lui faceva dei versi che un po’ mi infastidivano ad alta voce ma ho fatto finta di niente (è possibile che con questi versi mi abbia ipnotizzato?)penso questo perché questi versi non erano naturali cose se li facesse per indurre un qualcosa ...
Comunque mi è sembrato valido e credo di fidarmi... alla fine ha detto che devo andarci ogni settimana e per far sì che andassi con questa frequenza mi è venuto incontro economicamente MOLTO e questo l’ho apprezzato perché mi ero dato il limite di due volte al mese....
Il mio dubbio rimane questo indirizzo psicoanalitico , il fatto che lui non parli e non mi chiarisca le cose ( non mi dia un perché ) però è vero anche che ho fatto solo la prima seduta e spero che se io fossi più adatto a fare altro lui me lo direbbe ...
Io vorrei ricordare e riattraversare il mio passato doloroso e che a quanto pare mi crea crisi di pianto ma solo se ciò mi aiuterà ....
[#10]
Buonasera,
mi sembra corretto che lei abbia cercato informazioni sul professionista che ha scelto. Mi sembra di capire che sia un giovane terapeuta, potremmo dire che il parametro dell’esperienza è importante anche se non è l’unico a garantire competenza.
Immagino possa essersi stupito del fatto che il terapeuta non abbia parlato quasi mai. Da una parte si sente dubbioso, non so se anche preoccupato di non avere ricevuto chiarimenti e spiegazioni, dall’altra però sembra averle suscitato un'iniziale fiducia e averne sentito una buona presenza, riuscendo a vivere emozioni intense. Lei stesso non sottovaluta l’importanza di essersi trovato "sull’orlo di piangere", quando "non le capita mai", insieme a lui. Le ricordo che i cambiamenti non avvengono soltanto a seguito di spiegazioni razionali, ma anche e soprattutto in virtù di esperienze emotive.
Il fatto che un terapeuta analitico non intervenga frequentemente ha diversi significati. In una consultazione in genere è un modo per lasciare libertà al paziente, prendendo il tempo dovuto per approfondire gli aspetti della vita della persona con la massima attenzione e delicatezza. È vero che questo a volte può disorientare il paziente poiché non avere subito risposte pronte non è rassicurante. Anche se è prematuro, apprezzerà con il tempo il valore di non ricevere sempre le risposte giuste o attese, è anche grazie a questo che svilupperà la sua autonomia.
Tornando al momento in cui si è trovato sull’orlo di piangere, mi sembra di capire si sia trattenuto. Se questo è comprensibile considerando il fatto che non ha ancora sviluppato con questo terapeuta un rapporto confidente, non dobbiamo sottovalutare il fatto che non piange mai.
Potremmo allora fare una riflessione e chiederci quanto potrebbe eventualmente essere difficile trovarsi in uno spazio come quello, che le fa vivere emozioni inedite, mentre una parte di lei potrebbe preferire che il terapeuta parli e intervenga, in qualche modo saturando e chiudendo quel canale forse per lei un po' scomodo, per quanto estremamente vitale?
Nel porle questa domanda, se avesse voglia di parlarne, ci tengo indirettamente a sottolineare che certi vissuti che può sperimentare con il terapeuta o con l'analista siano una via preziosa per entrare nel suo mondo interiore e per vivere emozioni preziose.
Stesso discorso può riguardare i versi che il terapeuta faceva, potrebbe parlargliene. Relativamente al suo dubbio sull'ipnosi, uno stato di trance si può indurre in diversi modi anche durante una conversazione, tuttavia se lei non desidera abbandonarsi a questo stato speciale di coscienza, non c'è induzione che tenga. Oltretutto un terapeuta non può intervenire senza il consenso del paziente sul tipo di intervento che effettua; in altri termini non vi siete accordati per effettuare un'ipnosi, che avrebbe un senso all'interno di un'ipnoterapia.
Come lei dice, avete fatto soltanto una prima seduta di consultazione, si dia ancora un po' di tempo e chieda ad ogni modo a questo terapeuta che tipo di formazione ha e l'eventuale terapia che ritiene più adatta per il suo caso. Non esiti a esprimergli i suoi interrogativi e i suoi dubbi, è anche un modo per capire come risponde e se sente di potersi fidare.
Senz'altro non posso darle un consiglio personale su questo professionista, tuttavia mi sembra desideroso di proseguire e confrontarsi, seguendo il suo intuito.
Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
mi sembra corretto che lei abbia cercato informazioni sul professionista che ha scelto. Mi sembra di capire che sia un giovane terapeuta, potremmo dire che il parametro dell’esperienza è importante anche se non è l’unico a garantire competenza.
Immagino possa essersi stupito del fatto che il terapeuta non abbia parlato quasi mai. Da una parte si sente dubbioso, non so se anche preoccupato di non avere ricevuto chiarimenti e spiegazioni, dall’altra però sembra averle suscitato un'iniziale fiducia e averne sentito una buona presenza, riuscendo a vivere emozioni intense. Lei stesso non sottovaluta l’importanza di essersi trovato "sull’orlo di piangere", quando "non le capita mai", insieme a lui. Le ricordo che i cambiamenti non avvengono soltanto a seguito di spiegazioni razionali, ma anche e soprattutto in virtù di esperienze emotive.
Il fatto che un terapeuta analitico non intervenga frequentemente ha diversi significati. In una consultazione in genere è un modo per lasciare libertà al paziente, prendendo il tempo dovuto per approfondire gli aspetti della vita della persona con la massima attenzione e delicatezza. È vero che questo a volte può disorientare il paziente poiché non avere subito risposte pronte non è rassicurante. Anche se è prematuro, apprezzerà con il tempo il valore di non ricevere sempre le risposte giuste o attese, è anche grazie a questo che svilupperà la sua autonomia.
Tornando al momento in cui si è trovato sull’orlo di piangere, mi sembra di capire si sia trattenuto. Se questo è comprensibile considerando il fatto che non ha ancora sviluppato con questo terapeuta un rapporto confidente, non dobbiamo sottovalutare il fatto che non piange mai.
Potremmo allora fare una riflessione e chiederci quanto potrebbe eventualmente essere difficile trovarsi in uno spazio come quello, che le fa vivere emozioni inedite, mentre una parte di lei potrebbe preferire che il terapeuta parli e intervenga, in qualche modo saturando e chiudendo quel canale forse per lei un po' scomodo, per quanto estremamente vitale?
Nel porle questa domanda, se avesse voglia di parlarne, ci tengo indirettamente a sottolineare che certi vissuti che può sperimentare con il terapeuta o con l'analista siano una via preziosa per entrare nel suo mondo interiore e per vivere emozioni preziose.
Stesso discorso può riguardare i versi che il terapeuta faceva, potrebbe parlargliene. Relativamente al suo dubbio sull'ipnosi, uno stato di trance si può indurre in diversi modi anche durante una conversazione, tuttavia se lei non desidera abbandonarsi a questo stato speciale di coscienza, non c'è induzione che tenga. Oltretutto un terapeuta non può intervenire senza il consenso del paziente sul tipo di intervento che effettua; in altri termini non vi siete accordati per effettuare un'ipnosi, che avrebbe un senso all'interno di un'ipnoterapia.
Come lei dice, avete fatto soltanto una prima seduta di consultazione, si dia ancora un po' di tempo e chieda ad ogni modo a questo terapeuta che tipo di formazione ha e l'eventuale terapia che ritiene più adatta per il suo caso. Non esiti a esprimergli i suoi interrogativi e i suoi dubbi, è anche un modo per capire come risponde e se sente di potersi fidare.
Senz'altro non posso darle un consiglio personale su questo professionista, tuttavia mi sembra desideroso di proseguire e confrontarsi, seguendo il suo intuito.
Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
[#11]
Utente
Buonasera dottore intanto grazie della considerazione mostratami ancora una volta ...
Per risponderle al fatto che lo psicoterapeuta non parli quasi mai non mi disturba ,per me è soltanto strano e accetterei tutto se la terapia mi desse risultati è ovvio che in automatico durante un pre pianto (diciamo così ),la voce rotta, l’emozione una persona umanamente si aspetta un riscontro ed io ho trovato strano che nella stanza ci fosse il gelo però anche li ho dato per scontato che sia un modo professionale di agire del dottore ma in ogni caso oltre all’aspetto scontato di rassicurare per me non era vitale e non mi ha dato fastidio che lui non l’abbia fatto ....
Per quel che riguarda l’ipnosi no non ci siamo accordati è stata solo una mia impressione per i versi, per il tono dei versi, per la mia strana apertura e per una leggera confusione post terapia che ho avvertito ed il rimbombare di questi versi per qualche ora dopo, mi ero quasi convinto, però da quanto ho capito non è possibile che sia stata fatta senza il mio consenso , e in ogni caso io sarei stato favorevole ....
Anzi ora penso anche che senza esserci stata un induzione con l’ipnosi il mio riattraversare i ricordi è stato ancora più naturale e quindi efficiente...
Non penso di parlargli di questi versi perché a questo punto penso siano solo una sua caratteristica ...
Io posso dirle solo che da quando ho fatto la seduta la mia mente non fa altro che cercare ricordi e mi è bastato sentire 2 canzoni che prima non riuscivo ad ascoltare perché mi provocavano molta malinconia e ora invece non so perché mi hanno rievocato la malinconia si ma anche altro dei veri e propri ricordi con mia sorella ...
Qualcosa si è messo in moto per forza perché lo vivo dentro di me anche se non so cosa , forse sono io anche che sono favorevole a farlo e per questo lo sento ... però so’ che è troppo presto ma in ogni caso spero che sia così ...
Fino a quando sentirò questo non posso dubitare del terapeuta ....
Per risponderle al fatto che lo psicoterapeuta non parli quasi mai non mi disturba ,per me è soltanto strano e accetterei tutto se la terapia mi desse risultati è ovvio che in automatico durante un pre pianto (diciamo così ),la voce rotta, l’emozione una persona umanamente si aspetta un riscontro ed io ho trovato strano che nella stanza ci fosse il gelo però anche li ho dato per scontato che sia un modo professionale di agire del dottore ma in ogni caso oltre all’aspetto scontato di rassicurare per me non era vitale e non mi ha dato fastidio che lui non l’abbia fatto ....
Per quel che riguarda l’ipnosi no non ci siamo accordati è stata solo una mia impressione per i versi, per il tono dei versi, per la mia strana apertura e per una leggera confusione post terapia che ho avvertito ed il rimbombare di questi versi per qualche ora dopo, mi ero quasi convinto, però da quanto ho capito non è possibile che sia stata fatta senza il mio consenso , e in ogni caso io sarei stato favorevole ....
Anzi ora penso anche che senza esserci stata un induzione con l’ipnosi il mio riattraversare i ricordi è stato ancora più naturale e quindi efficiente...
Non penso di parlargli di questi versi perché a questo punto penso siano solo una sua caratteristica ...
Io posso dirle solo che da quando ho fatto la seduta la mia mente non fa altro che cercare ricordi e mi è bastato sentire 2 canzoni che prima non riuscivo ad ascoltare perché mi provocavano molta malinconia e ora invece non so perché mi hanno rievocato la malinconia si ma anche altro dei veri e propri ricordi con mia sorella ...
Qualcosa si è messo in moto per forza perché lo vivo dentro di me anche se non so cosa , forse sono io anche che sono favorevole a farlo e per questo lo sento ... però so’ che è troppo presto ma in ogni caso spero che sia così ...
Fino a quando sentirò questo non posso dubitare del terapeuta ....
[#13]
Buonasera,
perdoni il ritardo della mia risposta. Difficile entrare nel merito di un colloquio, riuscendo a darle un riscontro possibile. Provo comunque a farmi l'idea che il colloquio abbia attivato in lei uno stato emotivo profondo, una dimensione preziosa che probabilmente lei stesso desiderava contattare dentro di sé?
Relativamente allo stato di trance, è possibile averlo quotidianamente. Ad esempio se siamo passeggeri in macchina e, sovrappensiero, guardiamo fuori dal finestrino, possiamo entrare in uno stato speciale di coscienza, seppur leggero e temporaneo; oppure quando ci soffermiamo a guardare la pioggia, ad esempio, ne possiamo sentire l'odore e vivere una condizione di sospensione per qualche attimo; oppure ancora quando siamo attratti dai colori di un orizzonte e ci sembra di prendere più contatto con la natura e con noi stessi.
Cosa diversa comunque è indurre intenzionalmente una trance, magari profonda, quando è parte di un progetto terapeutico.
Potremmo dire che riattraversare i ricordi può suscitare una dimensione speciale di coscienza, può creare un movimento emotivo, che genera ulteriori ricordi e un senso di apertura, come lei mi sembra testimoniare. Ricordi e pensieri che non ci si aspettava di avere, vissuti che non si pensava di provare, parti di noi inerti che possono sorprendentemente emergere perché appartengono a un nostro patrimonio, che non sempre abbiamo potuto riconoscere, comprendere, integrare in noi stessi e sviluppare. Questo può succedere perché a volte abbiamo paura di scoprire certe verità di noi stessi oppure perché alcuni vissuti possono farci soffrire e provocare in noi, come lei ricorda, un senso di malinconia ad esempio. E così via.
Come dicevo, non parlare spesso durante un colloquio di consultazione può avere una serie di significati e implicazioni. Tuttavia questo non vuol dire che di fronte alla voce che si rompe o al pianto di una persona il terapeuta debba esprimere gelo e rimanere impassibile. In proposito, non dimentichi che può parlare di quello che accade, di quello che pensa e sente. È lì per questo.
So che desidera qualche garanzia rispetto a questo specialista e comprensibilmente vorrebbe che la rassicurassi. Purtroppo non riesco ad aiutarla in tal senso. Possono esserci differenti variazioni anche all'interno di uno stesso orientamento teorico e conta anche il singolo professionista in sé, la sua capacità ideativa ed emotiva nonché il modo in cui egli intende il percorso d'analisi.
Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
perdoni il ritardo della mia risposta. Difficile entrare nel merito di un colloquio, riuscendo a darle un riscontro possibile. Provo comunque a farmi l'idea che il colloquio abbia attivato in lei uno stato emotivo profondo, una dimensione preziosa che probabilmente lei stesso desiderava contattare dentro di sé?
Relativamente allo stato di trance, è possibile averlo quotidianamente. Ad esempio se siamo passeggeri in macchina e, sovrappensiero, guardiamo fuori dal finestrino, possiamo entrare in uno stato speciale di coscienza, seppur leggero e temporaneo; oppure quando ci soffermiamo a guardare la pioggia, ad esempio, ne possiamo sentire l'odore e vivere una condizione di sospensione per qualche attimo; oppure ancora quando siamo attratti dai colori di un orizzonte e ci sembra di prendere più contatto con la natura e con noi stessi.
Cosa diversa comunque è indurre intenzionalmente una trance, magari profonda, quando è parte di un progetto terapeutico.
Potremmo dire che riattraversare i ricordi può suscitare una dimensione speciale di coscienza, può creare un movimento emotivo, che genera ulteriori ricordi e un senso di apertura, come lei mi sembra testimoniare. Ricordi e pensieri che non ci si aspettava di avere, vissuti che non si pensava di provare, parti di noi inerti che possono sorprendentemente emergere perché appartengono a un nostro patrimonio, che non sempre abbiamo potuto riconoscere, comprendere, integrare in noi stessi e sviluppare. Questo può succedere perché a volte abbiamo paura di scoprire certe verità di noi stessi oppure perché alcuni vissuti possono farci soffrire e provocare in noi, come lei ricorda, un senso di malinconia ad esempio. E così via.
Come dicevo, non parlare spesso durante un colloquio di consultazione può avere una serie di significati e implicazioni. Tuttavia questo non vuol dire che di fronte alla voce che si rompe o al pianto di una persona il terapeuta debba esprimere gelo e rimanere impassibile. In proposito, non dimentichi che può parlare di quello che accade, di quello che pensa e sente. È lì per questo.
So che desidera qualche garanzia rispetto a questo specialista e comprensibilmente vorrebbe che la rassicurassi. Purtroppo non riesco ad aiutarla in tal senso. Possono esserci differenti variazioni anche all'interno di uno stesso orientamento teorico e conta anche il singolo professionista in sé, la sua capacità ideativa ed emotiva nonché il modo in cui egli intende il percorso d'analisi.
Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
[#14]
Utente
Salve dottore oramai sono due mesi che svolgo sedute settimanali continuative ,devo dire che a me fa’ piacere andarci e che non essendo mai stato da uno psicologo vado anche un po’ a fiducia , nonostante sia stato difficile per me aprirmi con qualcuno questa volta ho voluto farlo in tutto parlando anche di esperienze sessuali e del mio passato dolorosissimo , io però non so’ come debba comportarsi un professionista so’ solo che tutto questo è stato spezzato questa sera perché le sedute hanno avuto sempre una durata di circa un’ora mentre stasera lo psicologo mi ha spiazzato ..... dopo l’imbarazzo iniziale che ho solitamente ho iniziato a parlare di qualcosa , (scelgo sempre io che cosa dire lui non mi fa mai domande apparte rarissime volte ,non mi fa mai partire da nessun punto praticamente ascolta solo e non mi da mai una spiegazione a nulla ) dopo 7 minuti di orologio mi dice ok stasera chiudiamo così quando la rivedo?
Io mi sono bloccato ma ho pagato preso appuntamento ma ci sono rimasto malissimo ... mi sento preso in giro di essermi aperto con un ciarlatano , infondo non so nulla di lui , non parla!
7 minuti ?? Non è mai successo non me lo spiego ,
Sono deluso , le sto pensando tutte ...
Ho sbagliato?
È un ciarlatano?
Non gli bastano più i miei soldi?
Aveva da fare?
Tante altre cose ....
Ci sono rimasto male perché mi sono aperto per la prima volta forse si è stufato?
Giuro non capisco ma la mia dignità non ha voluto indagare e sono andato via , mi conosco e so che se non ci sarà una spiegazione valida la prossima seduta che parta da lui io non ci andrò più ....
Che senso ha 7 minuti perché all’improvviso.... posso capire che a volte possa poter bastare 30 minuti ma 7?? Mi aiuti a capire la prego non penso possa aiutarmi così
Io mi sono bloccato ma ho pagato preso appuntamento ma ci sono rimasto malissimo ... mi sento preso in giro di essermi aperto con un ciarlatano , infondo non so nulla di lui , non parla!
7 minuti ?? Non è mai successo non me lo spiego ,
Sono deluso , le sto pensando tutte ...
Ho sbagliato?
È un ciarlatano?
Non gli bastano più i miei soldi?
Aveva da fare?
Tante altre cose ....
Ci sono rimasto male perché mi sono aperto per la prima volta forse si è stufato?
Giuro non capisco ma la mia dignità non ha voluto indagare e sono andato via , mi conosco e so che se non ci sarà una spiegazione valida la prossima seduta che parta da lui io non ci andrò più ....
Che senso ha 7 minuti perché all’improvviso.... posso capire che a volte possa poter bastare 30 minuti ma 7?? Mi aiuti a capire la prego non penso possa aiutarmi così
[#15]
Salve,
dopo essersi aperto e confidato intimamente, posso immaginare che l'andamento dell'ultima seduta l'abbia spiazzata, facendola stare male. Usa una parola molto suggestiva in proposito, quando dice che qualcosa è stato "spezzato", facendole vivere una profonda delusione.
È stato abituato a un tempo di un'ora circa, in cui si è lasciato andare con fiducia, e ora non riesce giustamente a comprendere come sia possibile che il vostro ultimo incontro sia durato un tempo diverso, e molto breve.
Si sta ponendo molte domande, mi sembra inevitabile. Anche se posso comprendere che per dignità sia andato via senza chiedere niente e ora desideri che sia lui a spiegarle il senso della durata di questa seduta, credo possa essere comunque importante che lei possa approfondire e capire cosa sia successo. È un suo diritto.
Non possiamo sapere ancora quali siano le ragioni della breve durata di questa seduta. So che alcuni lacaniani operano così, le sedute hanno un tempo variabile secondo il loro operare; non so se questo sia il suo caso. Personalmente, comunque, ritengo che una seduta debba avere un tempo definito e costante.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
dopo essersi aperto e confidato intimamente, posso immaginare che l'andamento dell'ultima seduta l'abbia spiazzata, facendola stare male. Usa una parola molto suggestiva in proposito, quando dice che qualcosa è stato "spezzato", facendole vivere una profonda delusione.
È stato abituato a un tempo di un'ora circa, in cui si è lasciato andare con fiducia, e ora non riesce giustamente a comprendere come sia possibile che il vostro ultimo incontro sia durato un tempo diverso, e molto breve.
Si sta ponendo molte domande, mi sembra inevitabile. Anche se posso comprendere che per dignità sia andato via senza chiedere niente e ora desideri che sia lui a spiegarle il senso della durata di questa seduta, credo possa essere comunque importante che lei possa approfondire e capire cosa sia successo. È un suo diritto.
Non possiamo sapere ancora quali siano le ragioni della breve durata di questa seduta. So che alcuni lacaniani operano così, le sedute hanno un tempo variabile secondo il loro operare; non so se questo sia il suo caso. Personalmente, comunque, ritengo che una seduta debba avere un tempo definito e costante.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#16]
Utente
Grazie di avermi risposto dottore sapevo di poter contare sul suo interesse nonostante sia un supporto online a me ha aiutato tanto soprattutto nella fase in cui ho deciso di intraprendere un percorso nella vita reale ... devo dire che il giorno dopo ho scritto al dottore esternando tutte le mie perplessità molto sinceramente e lui ha voluto vedermi .... non so se lui abbia voluto provocarmi o testare la mia fiducia o ancora avere una mia reazione tutto questo è possibile ... lui in modo molto serio quasi arrabbiato innanzitutto ha quasi urlato che non prende in giro nessuno , che fa’ un lavoro serio ha capito che dobbiamo lavorare sulla fiducia perché io per questa cosa ho messo in discussione quasi tutto il lavoro svolto e poi mi ha comunque detto che le sedute possono variare arrivando anche Solo a 7 minuti specificando che ci sono medici e medici che loro ( Lacaniani ) agiscono anche così....
Alla fine non credo che se fosse una prova me lo direbbe , anche se dovesse ricapitare non so ancora se mi andrà bene però ho deciso di credergli, in più dopo la seduta del chiarimento avvenuta dopo 2 giorni dall’accaduto lui non ha voluto soldi ... continuerò avendo comunque qualche dubbio non si di lui ma su questo modo Lacaniano abbastanza duro grazie
Alla fine non credo che se fosse una prova me lo direbbe , anche se dovesse ricapitare non so ancora se mi andrà bene però ho deciso di credergli, in più dopo la seduta del chiarimento avvenuta dopo 2 giorni dall’accaduto lui non ha voluto soldi ... continuerò avendo comunque qualche dubbio non si di lui ma su questo modo Lacaniano abbastanza duro grazie
[#17]
Buongiorno,
ha fatto bene a contattarlo e ad avere un confronto. Mi sembra importante che lei si faccia un'idea, dandosi un po' di tempo.
Alcuni lacaniani lavorano così, attraverso questa metodologia che si fonda su un impianto teorico specifico. Per quello che posso dirle, la fine della seduta viene stabilita in funzione di un momento significativo, diciamo così, che emerge nella seduta stessa e non può essere confinato all'interno di un tempo cronologico a loro avviso standardizzato. Non sono comunque in grado di aiutarla di più, perché non abbraccio teorie e tecniche lacaniane.
Tenga comunque presente che quello della variabilità della seduta dei lacaniani è un tema spinoso. Si è creata una frattura tra i lacaniani e l'Associazione Internazionale di Psicoanalisi, tanto che i lacaniani non fanno più parte dall'Associazione stessa, formando un gruppo a sé.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
ha fatto bene a contattarlo e ad avere un confronto. Mi sembra importante che lei si faccia un'idea, dandosi un po' di tempo.
Alcuni lacaniani lavorano così, attraverso questa metodologia che si fonda su un impianto teorico specifico. Per quello che posso dirle, la fine della seduta viene stabilita in funzione di un momento significativo, diciamo così, che emerge nella seduta stessa e non può essere confinato all'interno di un tempo cronologico a loro avviso standardizzato. Non sono comunque in grado di aiutarla di più, perché non abbraccio teorie e tecniche lacaniane.
Tenga comunque presente che quello della variabilità della seduta dei lacaniani è un tema spinoso. Si è creata una frattura tra i lacaniani e l'Associazione Internazionale di Psicoanalisi, tanto che i lacaniani non fanno più parte dall'Associazione stessa, formando un gruppo a sé.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Questo consulto ha ricevuto 17 risposte e 11.8k visite dal 09/08/2019.
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