Dipendenza da altre persone o normale necessità?
Salve,
sono un ragazzo 23enne. Premetto che non so se i miei interrogativi richiedano l'intervento di uno specialista, o se siano dubbi "umani" che possono venire a tutti.
Mi descrivo, se può essere utile: sono un ragazzo molto sensibile, ma anche molto fragile.Sono cresciuto con la massima di mia madre che diceva "devi essere amico di tutti" e perciò, sarà anche per questo, ho avuto sempre amicizie o conoscenze molto diverse tra loro (introversi, estroversi, più superficiali, più profonde). Ho sempre preferito i rapporti individuali e profondi a quelli fatti di semplici uscite di gruppo a parlare di calcio e futilità. O meglio, non rifiuto tali discorsi,li rifiuto nel caso rimangano quelli che sono: semplici chiacchiere. Siccome mi piace conoscere profondamente le altre persone,se tali discorsi sono il "mezzo" per pervenire a un rapporto più intimo (mi rendo conto che un rapporto intimo non è fatto solo di discorsi intimi). Insomma, rifiuto i rapporti secondo me superficiali, fatti di solo chiacchiere.
Nonostante questo aspetto del mio carattere (secondo me positivo, nonostante tutto) mi trovo in una situazione inaspettata. Voglio dire, mi rendo conto ora di essere attorniato da amici del tipo che, in genere, rifiuto. Nonostante questo continuo a frequentarli per l'unico motivo che non ce la farei a restare tutte le sere a casa da solo. Io vorrei che loro fossero di più per me, ma sembra che loro vogliano restare solo un passatempo. Si esce il sabato sera perchè è un abitudine,ma non c'è nessun discorso, nessun rapporto, che mi faccia pensare a una vera vicinanza da parte loro. Ho anche provato a parlare con loro di queste mie sensazioni, ma a parte risposte improvvisate non ho notato nessun cambiamento. Inutile dire che questa situazione mi fa stare male perchè sento una solitudine profonda, da cui, con tutta la buona volontà, non so come uscire. Vedo persone che sono riuscite a costruire dei bei "rapporti individuali" con altre persone. Questo è quello che vorrei e quello per cui, attualmente, sto male.
Vorrei chiedere: è normale che, nonostante questo mio desiderio, non sia mai riuscito a realizzarlo?E' una cosa per cui è inevitabile soffrire o che andrebbe accettata (che so,come normalità)?Mi rendo conto che proprio in questi giorni di essere solo: li ho chiamati alcune per avere conforto, ma non ho mai sentito da parte loro vero interessamento, vicinanza, solo il dovere che "una persona che ha un problema va aiutata". Poi credo che, messa giù la cornetta, si siano messi dopo un secondo a pensare ad altro.Capisco che ognuno ha i propri impegni, ma ciò non basta a convincermi della superficialità con cui trovo risposte nella mia cerchia di conoscenze.
Io penso che questa mia aspirazione,nonostante sia legittima,non andrebbe affrontata nel modo in cui la sto affrontando. Forse una persona psicologicamente più sicura e stabile di me, sarebbe in grado di affrontare meglio questo momento.Ma queste corrispondenze mancate da parte degli altri mi stanno facendo sorgere dei dubbi:forse è colpa mia?Forse più che normale e controllabile desiderio si tratta di dipendenza dagli altri?
Grazie
sono un ragazzo 23enne. Premetto che non so se i miei interrogativi richiedano l'intervento di uno specialista, o se siano dubbi "umani" che possono venire a tutti.
Mi descrivo, se può essere utile: sono un ragazzo molto sensibile, ma anche molto fragile.Sono cresciuto con la massima di mia madre che diceva "devi essere amico di tutti" e perciò, sarà anche per questo, ho avuto sempre amicizie o conoscenze molto diverse tra loro (introversi, estroversi, più superficiali, più profonde). Ho sempre preferito i rapporti individuali e profondi a quelli fatti di semplici uscite di gruppo a parlare di calcio e futilità. O meglio, non rifiuto tali discorsi,li rifiuto nel caso rimangano quelli che sono: semplici chiacchiere. Siccome mi piace conoscere profondamente le altre persone,se tali discorsi sono il "mezzo" per pervenire a un rapporto più intimo (mi rendo conto che un rapporto intimo non è fatto solo di discorsi intimi). Insomma, rifiuto i rapporti secondo me superficiali, fatti di solo chiacchiere.
Nonostante questo aspetto del mio carattere (secondo me positivo, nonostante tutto) mi trovo in una situazione inaspettata. Voglio dire, mi rendo conto ora di essere attorniato da amici del tipo che, in genere, rifiuto. Nonostante questo continuo a frequentarli per l'unico motivo che non ce la farei a restare tutte le sere a casa da solo. Io vorrei che loro fossero di più per me, ma sembra che loro vogliano restare solo un passatempo. Si esce il sabato sera perchè è un abitudine,ma non c'è nessun discorso, nessun rapporto, che mi faccia pensare a una vera vicinanza da parte loro. Ho anche provato a parlare con loro di queste mie sensazioni, ma a parte risposte improvvisate non ho notato nessun cambiamento. Inutile dire che questa situazione mi fa stare male perchè sento una solitudine profonda, da cui, con tutta la buona volontà, non so come uscire. Vedo persone che sono riuscite a costruire dei bei "rapporti individuali" con altre persone. Questo è quello che vorrei e quello per cui, attualmente, sto male.
Vorrei chiedere: è normale che, nonostante questo mio desiderio, non sia mai riuscito a realizzarlo?E' una cosa per cui è inevitabile soffrire o che andrebbe accettata (che so,come normalità)?Mi rendo conto che proprio in questi giorni di essere solo: li ho chiamati alcune per avere conforto, ma non ho mai sentito da parte loro vero interessamento, vicinanza, solo il dovere che "una persona che ha un problema va aiutata". Poi credo che, messa giù la cornetta, si siano messi dopo un secondo a pensare ad altro.Capisco che ognuno ha i propri impegni, ma ciò non basta a convincermi della superficialità con cui trovo risposte nella mia cerchia di conoscenze.
Io penso che questa mia aspirazione,nonostante sia legittima,non andrebbe affrontata nel modo in cui la sto affrontando. Forse una persona psicologicamente più sicura e stabile di me, sarebbe in grado di affrontare meglio questo momento.Ma queste corrispondenze mancate da parte degli altri mi stanno facendo sorgere dei dubbi:forse è colpa mia?Forse più che normale e controllabile desiderio si tratta di dipendenza dagli altri?
Grazie
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Gentile ragazzo, se da un lato è giusto avere delle idee che riguardano la reciprocità, la condivisione emotiva e l'approfondimento delle amicizia, dall'altro lato non bisogna farsi pressare da queste a tal punto da rendersi infelici e tristi. Nel momento in cui questo dovesse accadere bisognerebbe entrare in allarme per capire che forse una leggera depressione si stia impossessando di noi. Da come espone i fatti sembrerebbe più che la sua sia una tristezza esistenziale dettata da alcune convinzioni radicate nella sua mente. "tutti gli amici dovrebbero essere più profondi" "Credo che dopo la telefonata pensino ad altro e agginge la su mente """ciò non dovrebbe accadere tra amici""" e cose del genere. Se questa sua tristezza dovesse diventare più pressante allora forse si dovrebbe sospettare l'ingresso di una vera e propria depressione. Ritengo che un confronto con uno psicologo potrebbe darle maggiori chiarificazioni.
cordialmente
cordialmente
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
[#2]
Gentile Utente,
Lei riporta l'attenzione sulle difficoltà sociali che molte persone oggi lamentano, soprattutto tra i giovanissimi. Qualcuno riesce in qualche modo a cavarsela, altri invece ne soffrono tanto come Lei.
Il problema è che questi continui pensieri su "IO rispetto agli ALTRI" la porteranno in un circolo vizioso sempre più negativo e disturbante
Insomma, bisognerebbe interrompere questo circolo.
In questi casi si possono percorrere due vie:
1- cambiare parzialmente stile di vita (viaggi, corsi, locali, palestre) e confrontarsi quindi con altre persone
2- affrontare un percorso psicologico per rafforzarsi ed affrontare QUESTO ATTUALE stile di vita
oppure associare entrambe la 1 e la 2
E la sua "sensibilità", in questo caso, può solo essere d'aiuto
Non si abbatta, vedrà che ce la farà
Lei riporta l'attenzione sulle difficoltà sociali che molte persone oggi lamentano, soprattutto tra i giovanissimi. Qualcuno riesce in qualche modo a cavarsela, altri invece ne soffrono tanto come Lei.
Il problema è che questi continui pensieri su "IO rispetto agli ALTRI" la porteranno in un circolo vizioso sempre più negativo e disturbante
Insomma, bisognerebbe interrompere questo circolo.
In questi casi si possono percorrere due vie:
1- cambiare parzialmente stile di vita (viaggi, corsi, locali, palestre) e confrontarsi quindi con altre persone
2- affrontare un percorso psicologico per rafforzarsi ed affrontare QUESTO ATTUALE stile di vita
oppure associare entrambe la 1 e la 2
E la sua "sensibilità", in questo caso, può solo essere d'aiuto
Non si abbatta, vedrà che ce la farà
Cordialmente
Daniel Bulla
dbulla@libero.it, Twitter _DanielBulla_
[#3]
Gentile utente
Tutto ciò che inizia con "tu devi" è da guardare con sospetto. È possibile che la raccomandazione di sua madre le sia rimasta addosso, come dice lei, e che lei si comporti ancora seguendo lo stesso imperativo, come se non fosse ancora diventato adulto.
Ma è molto più importante cambiare un atteggiamento, se questo ci causa disagio, del sapere come si sia instaurato originariamente.
Il problema dei ragazzi molto sensibili e fragili è che non riescono facilmente, non dico ad affermare, ma spesso nemmeno a far presente il proprio punto di vista. Si tengono tutto dentro, sperando di far bene e temendo di poter urtare la suscettibilità dell'altro, preferiscono soffrire al loro posto perché questa sofferenza gli è più sopportabile, piuttosto che rischiare di far soffrire l'altro.
Ma è evidente che così facendo le cose non possono migliorare da sole. Gli altri non si prenderanno mai cura di noi nello stesso senso in cui potrebbe farlo una madre amorevole, quando siamo bambini.
Per questo è opportuno che lei prenda in considerazione l'opportunità d'iniziare un percorso psicologico, per aiutarla a crescere e a gestire meglio la sua eccessiva sensibilità.
Cordiali saluti
Tutto ciò che inizia con "tu devi" è da guardare con sospetto. È possibile che la raccomandazione di sua madre le sia rimasta addosso, come dice lei, e che lei si comporti ancora seguendo lo stesso imperativo, come se non fosse ancora diventato adulto.
Ma è molto più importante cambiare un atteggiamento, se questo ci causa disagio, del sapere come si sia instaurato originariamente.
Il problema dei ragazzi molto sensibili e fragili è che non riescono facilmente, non dico ad affermare, ma spesso nemmeno a far presente il proprio punto di vista. Si tengono tutto dentro, sperando di far bene e temendo di poter urtare la suscettibilità dell'altro, preferiscono soffrire al loro posto perché questa sofferenza gli è più sopportabile, piuttosto che rischiare di far soffrire l'altro.
Ma è evidente che così facendo le cose non possono migliorare da sole. Gli altri non si prenderanno mai cura di noi nello stesso senso in cui potrebbe farlo una madre amorevole, quando siamo bambini.
Per questo è opportuno che lei prenda in considerazione l'opportunità d'iniziare un percorso psicologico, per aiutarla a crescere e a gestire meglio la sua eccessiva sensibilità.
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#4]
Utente
Vi ringrazio molto.
Se ho capito bene, è giusto avere delle idee su come dovrebbe essere idealmente un rapporto interpersonale (di amicizia, di amore), ma se si soffre (diciamo in modo eccessivo) per la sua mancanza vuol dire che il problema non è solo la mancanza di amici veri, ma anche un problema interiore.
Da un lato, però, non capisco cosa ci sia di sbagliato ad avere certe aspettative e a soffrire per questo.Essendo la vita, secondo me, degna di essere vissuta proprio per le relazioni interpersonali che riusciamo a instaurare, mi sembrerebbe normale soffrire considerevolmente per queste, data l'importanza che rivestono.
Pur con questa considerazione, mi chiedo anche se la mia a volte sia semplice ricerca di amicizia o amore, oppure una sorta di ossessione. Per quanto consideri importante l'amicizia penso anche che una persona sicura e positiva non si lascerebbe abbattere da questo.E non so se collegare la mia situazione a casualità (non ho mai incontrato le persone "giuste") oppure a un'ossessione (o una dipendenza) che in realtà fa "scappare" le persone che pure sarebbero disposte a un certo tipo di relazione.
Rispondo all'intervento del dott.Santonocito:non so neppure se in realtà mi tengo tutto dentro.Sono molto sensibile, penso molto e a molte cose, spesso cado in paranoia. Ma allo stesso momento non ho difficoltà a confidarmi con le persone. Ho però la quasi certezza di avere difficoltà a rapportarmi con gli altri:devo dire onestamente che inconsapevolmente (è una mia sensazione)molte volte tendo a prevaricare sugli altri con le mie idee, con le mie richieste, coi miei bisogni. A volte mi capita di forzare dei rapporti formali per cercare a tutti i costi un rapporto amichevole: ad esempio a volte faccio battute che mi sembrano fuori luogo per le situazioni in cui le faccio (ad esempio, coi professori dell'università).Per quanto con l'età questo mio difetto si sia attenuato credo che rimanga ancora.Potrebbe essere che sono in realtà timido,e cerco di proteggermi in questo modo.Forse voglio dare di me un'immagine positiva che non corrisponde alla realtà.
Non so, ho molte domande. Non so neppure se ho un'ossessione e se soffro in modo eccessivo.Ci penso molto spesso, questo sì.Credo che mi rivolgerò a uno psicologo anche solo per capire.Mi piacerebbe conoscermi meglio, capire come sono fatto, e seguire in qualche modo la mia personalità.
Grazie ancora.
Se ho capito bene, è giusto avere delle idee su come dovrebbe essere idealmente un rapporto interpersonale (di amicizia, di amore), ma se si soffre (diciamo in modo eccessivo) per la sua mancanza vuol dire che il problema non è solo la mancanza di amici veri, ma anche un problema interiore.
Da un lato, però, non capisco cosa ci sia di sbagliato ad avere certe aspettative e a soffrire per questo.Essendo la vita, secondo me, degna di essere vissuta proprio per le relazioni interpersonali che riusciamo a instaurare, mi sembrerebbe normale soffrire considerevolmente per queste, data l'importanza che rivestono.
Pur con questa considerazione, mi chiedo anche se la mia a volte sia semplice ricerca di amicizia o amore, oppure una sorta di ossessione. Per quanto consideri importante l'amicizia penso anche che una persona sicura e positiva non si lascerebbe abbattere da questo.E non so se collegare la mia situazione a casualità (non ho mai incontrato le persone "giuste") oppure a un'ossessione (o una dipendenza) che in realtà fa "scappare" le persone che pure sarebbero disposte a un certo tipo di relazione.
Rispondo all'intervento del dott.Santonocito:non so neppure se in realtà mi tengo tutto dentro.Sono molto sensibile, penso molto e a molte cose, spesso cado in paranoia. Ma allo stesso momento non ho difficoltà a confidarmi con le persone. Ho però la quasi certezza di avere difficoltà a rapportarmi con gli altri:devo dire onestamente che inconsapevolmente (è una mia sensazione)molte volte tendo a prevaricare sugli altri con le mie idee, con le mie richieste, coi miei bisogni. A volte mi capita di forzare dei rapporti formali per cercare a tutti i costi un rapporto amichevole: ad esempio a volte faccio battute che mi sembrano fuori luogo per le situazioni in cui le faccio (ad esempio, coi professori dell'università).Per quanto con l'età questo mio difetto si sia attenuato credo che rimanga ancora.Potrebbe essere che sono in realtà timido,e cerco di proteggermi in questo modo.Forse voglio dare di me un'immagine positiva che non corrisponde alla realtà.
Non so, ho molte domande. Non so neppure se ho un'ossessione e se soffro in modo eccessivo.Ci penso molto spesso, questo sì.Credo che mi rivolgerò a uno psicologo anche solo per capire.Mi piacerebbe conoscermi meglio, capire come sono fatto, e seguire in qualche modo la mia personalità.
Grazie ancora.
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(...)"Da un lato, però, non capisco cosa ci sia di sbagliato ad avere certe aspettative e a soffrire per questo" (...)
caro ragazzo non c'è nulla di sbagliato nell'avere delle idee nobili o degli ideali, il problema sta proprio nel fatto che se certe idee così radicate ci fanno soffrire bisogno allora capire che forse per la nostra salute psichica non sono tanto funzionali. Se ci si ostina a inseguire ideali (carichi di utopia) allora bisogna entrare nella consapevolezza che si è destinati a portare con se una certa insofferenza che difficilmente sarà placata perchè, purtroppo il mondo non gira come vorremmo che girasse. Se si decide di lottare per i propri ideali allora lo si fa con energia e con la maturità di non doversi lamentare perchè consapevoli della difficoltà della strada che abbiamo intrapreso.
Ma se stiamo soffrendo per questo allora la decisione è un'altra, continuare a soffrire? o chiedere aiuto per una visione alternativa e più funzionale del mondo che non mi faccia soffrire?
se si decide di soffrire con l'idea che forse sia giusto "soffrire" allora possiamo sospettare qualche forma di leggero autolesionismo psicologico.
Cambiare o soffrire? questo è il dilemma, e il confronto con uno psicologo è già una scelta (in positivo) verso il cambiamento.
cordialmente
caro ragazzo non c'è nulla di sbagliato nell'avere delle idee nobili o degli ideali, il problema sta proprio nel fatto che se certe idee così radicate ci fanno soffrire bisogno allora capire che forse per la nostra salute psichica non sono tanto funzionali. Se ci si ostina a inseguire ideali (carichi di utopia) allora bisogna entrare nella consapevolezza che si è destinati a portare con se una certa insofferenza che difficilmente sarà placata perchè, purtroppo il mondo non gira come vorremmo che girasse. Se si decide di lottare per i propri ideali allora lo si fa con energia e con la maturità di non doversi lamentare perchè consapevoli della difficoltà della strada che abbiamo intrapreso.
Ma se stiamo soffrendo per questo allora la decisione è un'altra, continuare a soffrire? o chiedere aiuto per una visione alternativa e più funzionale del mondo che non mi faccia soffrire?
se si decide di soffrire con l'idea che forse sia giusto "soffrire" allora possiamo sospettare qualche forma di leggero autolesionismo psicologico.
Cambiare o soffrire? questo è il dilemma, e il confronto con uno psicologo è già una scelta (in positivo) verso il cambiamento.
cordialmente
[#6]
> mi sembrerebbe normale soffrire considerevolmente
No, non lo è mai. Non cada nella trappola comunissima secondo la quale per vivere degnamente sarebbe indispensabile soffrire.
Riguardo alle altre sue puntualizzazioni, mi sembra che diano informazioni molto diverse rispetto alla sua prima descrizione. Ma potrei sbagliarmi. Ad ogni modo sono opportuni dei consulti di persona, perché come vede online è facile fraintendersi.
Cordiali saluti
No, non lo è mai. Non cada nella trappola comunissima secondo la quale per vivere degnamente sarebbe indispensabile soffrire.
Riguardo alle altre sue puntualizzazioni, mi sembra che diano informazioni molto diverse rispetto alla sua prima descrizione. Ma potrei sbagliarmi. Ad ogni modo sono opportuni dei consulti di persona, perché come vede online è facile fraintendersi.
Cordiali saluti
[#7]
Utente
Sono molto d'accordo con la frase " Se si decide di lottare per i propri ideali allora lo si fa con energia e con la maturità di non doversi lamentare perchè consapevoli della difficoltà della strada che abbiamo intrapreso". In effetti, il modo in cui sto prendendo la cosa mi sembra che non abbia le caratteristiche di una scelta matura,non mi soprenderei se uno specialista mi rivelasse di non avere raggiunto una "maturità psicologica".
Questa sensazione di essere ancora immaturo mi viene appunto dalla consapevolezza di non capire ancora come sono fatto:non so se sono timido o estroverso,maturo o immaturo. Ma sono sicuro di essere un insicuro.Ora che ci penso, potrebbe anche derivare dal fatto che ho due genitori moltissimo diversi tra loro caratterialmente.
Ma è solo un ipotesi che mi è venuta adesso.
Vi ringrazio delle risposte, che ho davvero apprezzato.
Questa sensazione di essere ancora immaturo mi viene appunto dalla consapevolezza di non capire ancora come sono fatto:non so se sono timido o estroverso,maturo o immaturo. Ma sono sicuro di essere un insicuro.Ora che ci penso, potrebbe anche derivare dal fatto che ho due genitori moltissimo diversi tra loro caratterialmente.
Ma è solo un ipotesi che mi è venuta adesso.
Vi ringrazio delle risposte, che ho davvero apprezzato.
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 3k visite dal 18/02/2009.
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