Conclusione psicoterapia
Buongiorno gentili dottori. Sono una ragazza di 23 anni. Pochi giorni fa ho concluso il mio percorso di psicoterapia psicoanalitica, durato tre anni. Da mesi, ormai, sentivo che qualcosa non andava nel percorso e nella relazione con la terapeuta. Ho ricondotto queste difficoltà all'approccio clinico, non più adeguato per i temi e i bisogni di questo momento, e ad una serie di dinamiche di idealizzazione della dottoressa e svalutazione mia, nel confronto con l'immagine di lei. Negli ultimi tempi abbiamo provato ad affrontare questa ed altre questioni molto rilevanti, ma avevo già chiuso le porte al dialogo e alla riflessione, convinta che non avrei raggiunto una comprensione soddisfacente in quella sede e in quei termini. Il risultato è che molte cose sono rimaste irrisolte, incomprese ed implicite. Da tempo manifestavo il desiderio di concludere ma poi ho deciso all'improvviso di terminare, non dando il tempo a nessuna delle due di abituarsi all'idea di concludere- forse strappare il cerotto era l'unico modo per evitare di procrastinare- e temo di non aver compreso tutto ciò che potevo comprendere insieme a lei. Riconosco che la mia scelta sia stata importante in quel momento (anche perché ultimamente sembrava fosse tutto in stallo, a causa della mia opposizione al proseguire l'analisi e dopo ogni seduta stavo male per giorni), ma ora sono spaventata all'idea di proseguire la mia vita "da sola". Inoltre, mi dispiace non condividere più uno spazio con lei, che stimo molto e che rappresenta qualcosa di molto importante in me, e mi sento in colpa (quasi come se le facessi un torto).
Sto cercando di dare spazio ai ricordi, ai pensieri, ai significati di ciò che abbiamo vissuto, ma resta un senso di inafferrabilità e disorientamento, che genera tanta frustrazione e ulteriore sconforto. Continuo a chiedermi se io abbia fatto un buon uso degli strumenti che la dott.ssa ha messo a mia disposizione, se davvero io abbia imparato qualcosa- e le risposte per ora sono autosvalutanti, per cui mi convinco di non aver imparato niente, confermando ciò con il fatto che non so far fronte a questo momento di tristezza e cambiamento.
E' come se avessi bisogno di una conferma che questo vissuto sia valido e legittimo: è normale provare così tanti sentimenti, anche contrastanti, tutti insieme? E’ normale non riuscire ad afferrare i pensieri, ed essere confusi? Può, questo, indicare che non si sia raggiunto un buon risultato, oppure è compatibile con la complessità della fine di un percorso così intenso? Come posso ringraziare la terapeuta per il lavoro straordinario che ha fatto con me, per le cose che mi ha permesso di imparare su me stessa e la persona alla quale ha contribuito a dare forma, oggi? A quale "luogo" destino tutte quelle cose che penso e sento?
Grazie dell'ascolto e a chi vorrà esprimere qualche riflessione, considerazione, indicazione, consiglio...
Sto cercando di dare spazio ai ricordi, ai pensieri, ai significati di ciò che abbiamo vissuto, ma resta un senso di inafferrabilità e disorientamento, che genera tanta frustrazione e ulteriore sconforto. Continuo a chiedermi se io abbia fatto un buon uso degli strumenti che la dott.ssa ha messo a mia disposizione, se davvero io abbia imparato qualcosa- e le risposte per ora sono autosvalutanti, per cui mi convinco di non aver imparato niente, confermando ciò con il fatto che non so far fronte a questo momento di tristezza e cambiamento.
E' come se avessi bisogno di una conferma che questo vissuto sia valido e legittimo: è normale provare così tanti sentimenti, anche contrastanti, tutti insieme? E’ normale non riuscire ad afferrare i pensieri, ed essere confusi? Può, questo, indicare che non si sia raggiunto un buon risultato, oppure è compatibile con la complessità della fine di un percorso così intenso? Come posso ringraziare la terapeuta per il lavoro straordinario che ha fatto con me, per le cose che mi ha permesso di imparare su me stessa e la persona alla quale ha contribuito a dare forma, oggi? A quale "luogo" destino tutte quelle cose che penso e sento?
Grazie dell'ascolto e a chi vorrà esprimere qualche riflessione, considerazione, indicazione, consiglio...
[#1]
Gentile ragazza,
per poter rispondere alle Sue domande, vorrei capire meglio: Per quale ragione era in terapia? Quali obiettivi terapeutici avevate fissato prima di cominciare e quali sono stati raggiunti?
Come per ogni altra circostanza, può capitare di avere un' opinione buona su alcune parti e una meno buona su altre. Infatti Lei dice che la dott.ssa ha fatto un lavoro straordinario con Lei e quindi vorrebbe ringraziarla, dimostrando che per molte questioni è stata aiutata molto.
Poi scrive anche che a volte stava male dopo la seduta. Qui bisognerebbe capire che cosa intende Lei e che cosa accadeva. Talvolta un po' di confusione o anche di dolore ci può stare, a seconda del tema trattato e se il paziente è pronto o meno.
Il paziente, comunque, ringrazia il terapeuta pagando il compenso professionale. Lei si sente in difetto verso la terapeuta oggi? Come mai?
Cordiali saluti,
per poter rispondere alle Sue domande, vorrei capire meglio: Per quale ragione era in terapia? Quali obiettivi terapeutici avevate fissato prima di cominciare e quali sono stati raggiunti?
Come per ogni altra circostanza, può capitare di avere un' opinione buona su alcune parti e una meno buona su altre. Infatti Lei dice che la dott.ssa ha fatto un lavoro straordinario con Lei e quindi vorrebbe ringraziarla, dimostrando che per molte questioni è stata aiutata molto.
Poi scrive anche che a volte stava male dopo la seduta. Qui bisognerebbe capire che cosa intende Lei e che cosa accadeva. Talvolta un po' di confusione o anche di dolore ci può stare, a seconda del tema trattato e se il paziente è pronto o meno.
Il paziente, comunque, ringrazia il terapeuta pagando il compenso professionale. Lei si sente in difetto verso la terapeuta oggi? Come mai?
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Utente
Buongiorno e grazie per la Sua risposta, dott.ssa Pileci.
Ho iniziato il percorso in un momento di profonda crisi dopo aver interrotto, dopo pochi mesi, il primo percorso universitario, ma il malessere era iniziato già alle superiori, manifestandosi con un progressivo distacco dalle relazioni, disordini alimentari (abbuffate e vomito alternate a periodi di tentativi di digiuno) e un senso di vuoto e di perdita di senso di me stessa nella vita. Non abbiamo mai dato un nome a queste cose in senso diagnostico, né mi sembra di aver condiviso esplicitamente un progetto in senso di obiettivi. Comunque, le questioni che mi avevano portato in terapia si sono per la maggior parte risolte. Rimane ancora non bene compresa una difficoltà nei rapporti intimi di tipo sentimentale (con il mio ragazzo faccio un po' ad elastico: mi allontano e lo tengo distante, poi mi riavvicino e sento di amarlo profondamente) e alcune dinamiche nei rapporti con la mia famiglia, dalla quale fatico a tenere una distanza sostenibile (comunque è meglio rispetto al passato, in cui mi sentivo molto invischiata e dipendente).
Di certo la terapeuta è stata straordinaria per alcuni versi, mentre per altre cose mi sembra che quell'approccio non fosse più funzionale alla mia comprensione, e proprio per questo aspetto io mi sentivo male dopo ogni seduta, frustrata, sconfortata e insoddisfatta. A farmi stare così era anche la sensazione che la dott.ssa fosse distante, affatto coinvolta e non interessata (rispetto a questo avevamo pensato che si trattasse del giudizio negativo che io ho di me), e l'irraggiungibilità che io percepivo (e percepisco), in quanto era molto presente come "funzione" ma pochissimo come persona (il che, credo, aumentasse la mia tendenza ad idealizzarla)...
Ho iniziato il percorso in un momento di profonda crisi dopo aver interrotto, dopo pochi mesi, il primo percorso universitario, ma il malessere era iniziato già alle superiori, manifestandosi con un progressivo distacco dalle relazioni, disordini alimentari (abbuffate e vomito alternate a periodi di tentativi di digiuno) e un senso di vuoto e di perdita di senso di me stessa nella vita. Non abbiamo mai dato un nome a queste cose in senso diagnostico, né mi sembra di aver condiviso esplicitamente un progetto in senso di obiettivi. Comunque, le questioni che mi avevano portato in terapia si sono per la maggior parte risolte. Rimane ancora non bene compresa una difficoltà nei rapporti intimi di tipo sentimentale (con il mio ragazzo faccio un po' ad elastico: mi allontano e lo tengo distante, poi mi riavvicino e sento di amarlo profondamente) e alcune dinamiche nei rapporti con la mia famiglia, dalla quale fatico a tenere una distanza sostenibile (comunque è meglio rispetto al passato, in cui mi sentivo molto invischiata e dipendente).
Di certo la terapeuta è stata straordinaria per alcuni versi, mentre per altre cose mi sembra che quell'approccio non fosse più funzionale alla mia comprensione, e proprio per questo aspetto io mi sentivo male dopo ogni seduta, frustrata, sconfortata e insoddisfatta. A farmi stare così era anche la sensazione che la dott.ssa fosse distante, affatto coinvolta e non interessata (rispetto a questo avevamo pensato che si trattasse del giudizio negativo che io ho di me), e l'irraggiungibilità che io percepivo (e percepisco), in quanto era molto presente come "funzione" ma pochissimo come persona (il che, credo, aumentasse la mia tendenza ad idealizzarla)...
[#3]
Con i limiti di una valutazione a distanza...
Le dinamiche che Lei descrive sia in famiglia sia con il Suo ragazzo sono tipiche dei DCA ma mi pare di aver capito che la problematica sia stata risolta e che questa tendenza potrà senz'altro migliorare grazie agli strumenti acquisiti in terapia.
Mi rendo conto che adesso per Lei ci sia una sorta di vuoto, nel senso che quello della psicoterapia è un impegno, un appuntamento fisso ma anche una relazione significativa, ragion per cui ora sente questo fisiologico disagio.
Talvolta, dopo la fine di una psicoterapia, può capitare che il paziente possa sentirsi a disagio, ma suggerisco di far leva su tutti gli strumenti acquisiti in terapia per far fronte.
Lei adesso quale bisogno sente dalla terapia?
Le dinamiche che Lei descrive sia in famiglia sia con il Suo ragazzo sono tipiche dei DCA ma mi pare di aver capito che la problematica sia stata risolta e che questa tendenza potrà senz'altro migliorare grazie agli strumenti acquisiti in terapia.
Mi rendo conto che adesso per Lei ci sia una sorta di vuoto, nel senso che quello della psicoterapia è un impegno, un appuntamento fisso ma anche una relazione significativa, ragion per cui ora sente questo fisiologico disagio.
Talvolta, dopo la fine di una psicoterapia, può capitare che il paziente possa sentirsi a disagio, ma suggerisco di far leva su tutti gli strumenti acquisiti in terapia per far fronte.
Lei adesso quale bisogno sente dalla terapia?
[#4]
Utente
Proprio questo mi chiedevo, se sia fisiologico provare tanti sentimenti tutti insieme e un senso di confusione generale. Talmente tanto è quello che ho sperimentato, che mi sembra di non riuscire a dargli contenimento.
Con il passare dei giorni inizio a sentirmi un po' meglio... Sono convinta della scelta di concludere, anche non tutti i temi aperti sono stati discussi con un ragionamento condiviso. Forse è proprio per questo che temo di non aver capito tutto per bene?
Non credo di sentire un bisogno da questa terapia (da tempo desidero provare ad indagare alcune cose da un'altra prospettiva- anche la mia terapeuta mi ha invitato a non interrompere del tutto, e proseguire con un altro terapeuta), quanto un senso di sconforto, mancanza e paura...
Con il passare dei giorni inizio a sentirmi un po' meglio... Sono convinta della scelta di concludere, anche non tutti i temi aperti sono stati discussi con un ragionamento condiviso. Forse è proprio per questo che temo di non aver capito tutto per bene?
Non credo di sentire un bisogno da questa terapia (da tempo desidero provare ad indagare alcune cose da un'altra prospettiva- anche la mia terapeuta mi ha invitato a non interrompere del tutto, e proseguire con un altro terapeuta), quanto un senso di sconforto, mancanza e paura...
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Sempre con i limiti della distanza, direi che in generale è anche normale ciò che sente, ma vorrei sottolineare che le psicoterapie NON devono nè possono durare all'infinito, non è possibile trattare ogni tema, ogni aspetto, ecc... altrimenti il paziente dovrebbe restare tale per tutta la vita.
Al contrario, tutte le psicoterapie -seppur con modalità differenti- hanno la pretesa di mettere il paziente nella condizione di essere poi autonomo e indipendente nella gestione delle proprie problematiche.
Personalmente non sono così favorevole a lasciare che il paziente faccia ancora un'altra terapia con un Collega, perchè ribadisco che la psicoterapia deve mettere il pz. nella condizione di SAPER FARE, saper affrontare ciò che accade, e non creare dipendenze.
Come vede, col passare del tempo inizia a stare meglio, perchè le paure si stanno sciogliendo e i dubbi dissipando.
Cordiali saluti,
Al contrario, tutte le psicoterapie -seppur con modalità differenti- hanno la pretesa di mettere il paziente nella condizione di essere poi autonomo e indipendente nella gestione delle proprie problematiche.
Personalmente non sono così favorevole a lasciare che il paziente faccia ancora un'altra terapia con un Collega, perchè ribadisco che la psicoterapia deve mettere il pz. nella condizione di SAPER FARE, saper affrontare ciò che accade, e non creare dipendenze.
Come vede, col passare del tempo inizia a stare meglio, perchè le paure si stanno sciogliendo e i dubbi dissipando.
Cordiali saluti,
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 984 visite dal 15/07/2019.
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