Tossicodipendenza di un familiare
Buongiorno Medicitalia; mi rivolgo a voi per un problema che sta condizionando pesantemente la mia vita, e dal quale non riesco ad uscire.
Vivo lontana dalla mia famiglia, per motivi lavorativi, già da diversi anni, e riesco a tornare a casa solo durante le vacanze o le festività; lo specifico perché è un altro aspetto che mi rende ancora più difficile la gestione di tutta questa faccenda.
Mio fratello è una persona tossicodipendente. Lo è già da tantissimo tempo e la situazione ha ovviamente portato con sé strascichi non indifferenti. È stato in riabilitazione due volte (la prima per qualche mese, la seconda addirittura per meno di dieci giorni) presso un centro gestito dalla chiesa, il tutto dopo aver rubato in casa (a me, ai miei genitori, ai nonni e agli zii) oro e gioielli per un valore inimmaginabile. L'episodio ha psicologicamente distrutto i miei genitori: mia madre si è lasciata lentamente andare. Si lava poco, si cura ancor meno, lascia la casa in perenne disordine e in condizioni spaventose, sono io a pulire quando, due o tre volte l'anno, sono a casa.
Anche mio padre ha subìto le conseguenze di questo avvenimento e, dandosi al gioco, ha dilapidato definitivamente il fondo cassa familiare, già di per sé gravemente intaccato. Quest'ultimo allarme sembra per fortuna essere rientrato, ma adesso lui è diventato un uomo silenzioso, schivo, dedito al bere non appena ne ha l'occasione.
Mio fratello ha ripreso con la droga: non lavora, vive coi miei e sono gli zii a dargli giornalmente una paghetta che gli permette di continuare come ha sempre fatto.
Più volte, nel corso degli anni, ho cercato di sbrogliare la faccenda, ma non mi è mai riuscito. I miei zii si rifiutano di ascoltarmi e anche se provo a parlarci gli concedono comunque il denaro, non vogliono parlare di riabilitazione, rifiutano addirittura di fargli fare un test a sorpresa per dimostrare che fa ancora uso di droghe. Dall'altro lato i miei genitori, coi quali non ho più né dialogo né rapporto, e che non so come aiutare per tornare ad essere una famiglia normale. Vorrei portare mio marito a pranzo, ma mi vergogno profondamente e perciò sono sempre da sola quando vado a trovarli.
Non ultimo il problema di mio fratello, che rifiuta di parlarmi e che continua con la sua condotta. Quindi come aiutarlo? Come convincerlo?
Cerco di farmi forza ma sono sfinita, ho pensato anche di tagliare i contatti e lasciarli definitivamente ai loro problemi per i quali non vogliono essere aiutati, ma vivo con un senso di colpa enorme che grava sulle mie spalle e che non riesco ad ignorare. Non di rado mi ritrovo a piangere e a chiedermi com'è stato possibile finire così; e altrettanto spesso mi domando quanto ancora potrò sopportare, quanto posso ancora resistere vedendo la mia famiglia distrutta e senza nessuna possibilità di ricostruirla. Mi sento impotente. E vorrei solo ammazzarmi, per non dover patire più tutto questo.
Vivo lontana dalla mia famiglia, per motivi lavorativi, già da diversi anni, e riesco a tornare a casa solo durante le vacanze o le festività; lo specifico perché è un altro aspetto che mi rende ancora più difficile la gestione di tutta questa faccenda.
Mio fratello è una persona tossicodipendente. Lo è già da tantissimo tempo e la situazione ha ovviamente portato con sé strascichi non indifferenti. È stato in riabilitazione due volte (la prima per qualche mese, la seconda addirittura per meno di dieci giorni) presso un centro gestito dalla chiesa, il tutto dopo aver rubato in casa (a me, ai miei genitori, ai nonni e agli zii) oro e gioielli per un valore inimmaginabile. L'episodio ha psicologicamente distrutto i miei genitori: mia madre si è lasciata lentamente andare. Si lava poco, si cura ancor meno, lascia la casa in perenne disordine e in condizioni spaventose, sono io a pulire quando, due o tre volte l'anno, sono a casa.
Anche mio padre ha subìto le conseguenze di questo avvenimento e, dandosi al gioco, ha dilapidato definitivamente il fondo cassa familiare, già di per sé gravemente intaccato. Quest'ultimo allarme sembra per fortuna essere rientrato, ma adesso lui è diventato un uomo silenzioso, schivo, dedito al bere non appena ne ha l'occasione.
Mio fratello ha ripreso con la droga: non lavora, vive coi miei e sono gli zii a dargli giornalmente una paghetta che gli permette di continuare come ha sempre fatto.
Più volte, nel corso degli anni, ho cercato di sbrogliare la faccenda, ma non mi è mai riuscito. I miei zii si rifiutano di ascoltarmi e anche se provo a parlarci gli concedono comunque il denaro, non vogliono parlare di riabilitazione, rifiutano addirittura di fargli fare un test a sorpresa per dimostrare che fa ancora uso di droghe. Dall'altro lato i miei genitori, coi quali non ho più né dialogo né rapporto, e che non so come aiutare per tornare ad essere una famiglia normale. Vorrei portare mio marito a pranzo, ma mi vergogno profondamente e perciò sono sempre da sola quando vado a trovarli.
Non ultimo il problema di mio fratello, che rifiuta di parlarmi e che continua con la sua condotta. Quindi come aiutarlo? Come convincerlo?
Cerco di farmi forza ma sono sfinita, ho pensato anche di tagliare i contatti e lasciarli definitivamente ai loro problemi per i quali non vogliono essere aiutati, ma vivo con un senso di colpa enorme che grava sulle mie spalle e che non riesco ad ignorare. Non di rado mi ritrovo a piangere e a chiedermi com'è stato possibile finire così; e altrettanto spesso mi domando quanto ancora potrò sopportare, quanto posso ancora resistere vedendo la mia famiglia distrutta e senza nessuna possibilità di ricostruirla. Mi sento impotente. E vorrei solo ammazzarmi, per non dover patire più tutto questo.
[#1]
Gentile utente,
è terribile il senso di impotenza che ci opprime quando le persone che amiamo soffrono di una condizione, di una malattia da cui non riescono/vogliono/possono uscire.
La tossicodipendenza è una di queste.
Ed inoltre è una patologia in grado di coinvolgere
e talvolta scardinare
una intera famiglia.
Come tutte le dipendenze
la terapia ha bisogno dell'impegno attivo del soggetto,
per cui nulla è possibile se la persona non decide di curarsi,
nè esami a sorpresa,
nè altro.
I Suoi genitori sono impotenti, come Lei.
Non ci dice quali dissidi hanno minato il rapporto tra Lei e i Suoi genitori...
Se Suo fratello non vuole aiuto, loro forse potrebbero essere aiutati da Lei, sentirne l'appoggio.
Ma soprattutto può (deve) aiutare se stessa,
evitando di venire risucchiata da un vortice distruttivo.
Un aiuto psicologico Le sarebbe di grande utilità.
Le può essere utile questa lettura?
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3768-come-aiutare-chi-non-vuole-essere-aiutato.html
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
è terribile il senso di impotenza che ci opprime quando le persone che amiamo soffrono di una condizione, di una malattia da cui non riescono/vogliono/possono uscire.
La tossicodipendenza è una di queste.
Ed inoltre è una patologia in grado di coinvolgere
e talvolta scardinare
una intera famiglia.
Come tutte le dipendenze
la terapia ha bisogno dell'impegno attivo del soggetto,
per cui nulla è possibile se la persona non decide di curarsi,
nè esami a sorpresa,
nè altro.
I Suoi genitori sono impotenti, come Lei.
Non ci dice quali dissidi hanno minato il rapporto tra Lei e i Suoi genitori...
Se Suo fratello non vuole aiuto, loro forse potrebbero essere aiutati da Lei, sentirne l'appoggio.
Ma soprattutto può (deve) aiutare se stessa,
evitando di venire risucchiata da un vortice distruttivo.
Un aiuto psicologico Le sarebbe di grande utilità.
Le può essere utile questa lettura?
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3768-come-aiutare-chi-non-vuole-essere-aiutato.html
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 4.8k visite dal 04/07/2019.
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