Non riesco ad accettare me stesso

Salve,sono un ragazzo di 21 anni. Premetto che ho avuto un passato molto triste, avendo perso mio padre all'età di 7 anni ed essendo cresciuto con una madre isterica e ipercontrollante che urlava e urla per qualsiasi cosa e con un fratello che si è sempre posto come surrogato di mia madre e mai come fratello. Non sono mai stato un ragazzo molto sicuro di sé ed ho sempre vissuto nel mio mondo molto fantasioso ma tutto è cambiato a Luglio dell'anno scorso quando mi sono lasciato con una ragazza che frequenta con me la facoltà di giurisprudenza. La storia è stata poco movimentata ed anche di breve durata (solo 5 mesi) nei quali non abbiamo mai avuto rapporti. Dopo la rottura sono tornato nella mia casa giù al Sud e ho iniziato ad assumere cocaina con dei miei amici di infanzia perché mi sentivo troppo insicuro e perché volevo stare con loro anche se i sensi di colpa nei confronti della mia famiglia mi dilaniavano. Tornato a Roma per gli studi a Settembre ed avendo interrotto la cocaina (che assumevo circa 2/3 volte a settimana) ho avuto un attacco di panico nel sonno in cui mi è mancato il respiro e mio fratello (medico) mi ha dato dello XANAX grazie al quale ho apparentemente risolto il problema. Da quel giorno ho iniziato un percorso di psicoterapia.Da settembre a Dicembre sono rimasto a casa senza mai vedere i miei amici perché non volevo vedere la mia ex ragazza e mi sono iscritto in palestra e ho provato a studiare ed ho anche smesso di fumare ma tutto si è risolto in un nulla di fatto perché sono riuscito a studiare solo quando mia madre è venuta a Roma per aiutarmi a dare un esame e ho interrotto la palestra senza miglioramenti ed ho anche ricominciato a fumare, forse più di prima. Da Dicembre sono passato da casa di mia con la quale vivevo assieme a mio zio a casa con mio fratello, ho ricominciato a frequentare l'università più frequentemente ma anche questo non mi ha fatto stare meglio. Parlo più lentamente degli altri e non riesco a seguire il filo logico del discorso,non sono in grado di sviluppare una conversazione e sinceramente mi credo molto stupido...ho anche pensato di avere la sindrome di Asperger ma la mia psicoterapeuta lo ha escluso e per sicurezza ho anche consultato uno psichiatra che ha dato la stessa risposta.Inoltre soffro di una grande assenza mentale,mi dimentico tutto e ho come l'impressione di estranearmi dalla realtà e di vivere in un mondo tutto mio, ieri inoltre sono stato ad una festa e vedendo un ragazzo che considero con i miei stessi problemi venire preso in giro mi sono zittito e non ho parlato per tutta la festa per paura di fare la sua figura. Insomma, mi considero un ritardato, un disagiato con problemi che non è in grado di risollevare la sua vita e di trovarsi un'altra ragazza a più di un anno di distanza, e se a questo si aggiunge che anche la mia media all'università è calata e che ho 5 esami indietro e dubbi sul fatto di essere all'altezza del percorso scelto si comprende la mia sofferenza. Chiedo aiuto
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Dr. Alessio Vellucci Psicologo, Psicoterapeuta 92 5
Gentile Utente,

Leggendo le sue parole mi è arrivata con molta chiarezza la sofferenza che vive, non soltanto legata al difficile momento attuale ma anche alla ricerca di una relazione positiva. Mi sembra di capire che le figure per Lei più significative, seppur mosse certamente da buone intenzioni, abbiano frustrato sinora i desideri di condivisione e supporto che ha, soprattutto alla luce della dolorosa assenza di papà e, dal luglio scorso, della ragazza con cui stava insieme.

Questa relazione, nonostante Lei la definisca poco movimentata, era probabilmente in grado di soddisfare esigenze profonde, e l'interruzione a cui è andata incontro ha generato demotivazione, senso di solitudine e profonda autocritica, caratteristiche che emergono con forza dalle Sue parole, e che nel tempo ha provato, e sta provando a gestire, come può: assumendo sostanze o, più recentemente, ritirandosi ed evitando possibili situazioni fonti di vergogna.

La cosa che mi colpisce di più, tuttavia, è apprendere che Lei abbia un Terapeuta, fatto che mette in nuova luce la richiesta di aiuto che ci sta rivolgendo, come se ad un certo livello sentisse di potersi fidare di lui/lei, ma ad un altro sentisse di no.
Le difficoltà che racconta sono importanti e tutte meritevoli di un tempo e un'attenzione che questa modalità di consulto non consente, e per questo il consiglio che Le do è di riportare la Sua attenzione e i Suoi bisogni all'interno della relazione Terapeutica, per ritrovare le coordinate di un percorso comune e concedersi veramente, e finalmente, ad un'esperienza di aiuto.

Un caro saluto

Dr. Alessio Vellucci
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