Non vivo più da tantissimo tempo
Buonasera, sono una ragazza di 19 anni e lavoro in un centro scommesse da nove mesi. Da quando lavoro è come se la mia vita si fosse azzerata. Ogni giorno mi sveglio, metto la maschera migliore che ho, cerco di essere gentile e simpatica con tutti. Ho anche una mezza storia con un mio collega più grande di 10 anni. Una persona molto diversa da me ma che in qualche modo sa prendermi anche se non saprei dirvi cosa mi piace di lui. È un continuo tiro e molla, e io non me la sento di vederlo fuori dal lavoro. Siamo già usciti prima ma nell’ultimo mese non riesco a tollerare solo l’idea di dover stare in compagnia di qualcuno per ore. Il fatto è questo. Da più o meno 6-7 mesi ho smetto di uscire con i miei amici. Esco sola ogni sera appena finisco di lavorare. Vado nel solito parco e comincio a scrivere mentre fumo una can*a, anche due. Appena vedo che comincia ad affollarsi vado a casa e appena i miei si addormentano ne faccio un’altra. Poi tutto ricomincia. Non so perché non riesco più uscire con i miei amici. Esco con loro massimo due volte al mese e ogni volta finisco per fare uso d’altro , vi lascio immaginare. Vorrei riprendermi la mia vita ma non riesco a capire più cosa provo, sono molto impulsiva, non mi rendo più conto di cosa faccio, molto spesso la gente mi parla e io sento solo il vuoto. Ritornando al mio collega, i miei sentimenti verso di lui sono molto confusi. Un giorno lo vedo come l’uomo della mia vita, l’altro come un idiota opprimente. È come se avessi dentro due me completamente diverse che continuano a bisticciare. Non so cosa fare. Ho provato ad auto convincermi ad andare da qualcuno, a farmi aiutare ma a dirla tutta non mi importa più di niente e nessuno, faccio il minimo indispensabile perché è moralmente giusto. Vorrei solo capire perché sono così, avere delle risposte e rassegnarmi all’idea che sono nata in questo corpo e ci devo convivere.
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Gentile utente,
quello che descrive sembra essere uno di quei momenti in cui tutto, qualsiasi dimensione di vita quotidiana riguardi, ci appare piatto e metallico, incapace di creare una scintilla di interesse, un coinvolgimento.
Sono stati interni che transitoriamente possiamo sperimentare tutti, la differenza sta nella durata con la quale permangono in noi, purtroppo alle volte generando una dolorosa sensazione di disinteresse non soltanto verso il mondo esterno, ma anche verso noi stessi.
Da ciò che ha scritto, emerge come nella sua esperienza non soltanto si alternino "due lei" diverse, ma anche due rappresentazioni di sé diverse, l'una bisognosa di aiuto e supporto, l'altra sconsolata ed impotente che sente questo aiuto impossibile. Questa non aiutabilità è dolorosa, dunque si protegge ponendosi a distanza da tutto. Lo capisco.
Tuttavia mi sentirei di sostenere il suo desiderio di benessere che l'ha anche spinta a rivolgerci queste domande, rinforzando la possibilità di una richiesta di aiuto ad uno Psicoterapeuta, regolarmente iscritto all'Albo, della sua zona, arrivando a comprendere anche quali necessità soddisfi l'assunzione di sostanze.
Lo scoraggiamento del quale è preda in questo momento della sua vita ha paradossalmente caratteristiche molto seduttive, vale a dire che tendiamo a restare in questo stato ovattato di stand by. In questi casi tendiamo a pensare di aspettare di stare bene per fare qualcosa.
Invece le suggerirei l'opposto: facciamo qualcosa per stare bene. Provi a fare il passo necessario al suo star bene.
Qualora potesse interessarle, la invito a leggere alcuni articoli in proposito scritti da me ed i miei colleghi sul sito www.psicoterapiautile.it.
Spero di esserle stato d'aiuto.
Un caro saluto
quello che descrive sembra essere uno di quei momenti in cui tutto, qualsiasi dimensione di vita quotidiana riguardi, ci appare piatto e metallico, incapace di creare una scintilla di interesse, un coinvolgimento.
Sono stati interni che transitoriamente possiamo sperimentare tutti, la differenza sta nella durata con la quale permangono in noi, purtroppo alle volte generando una dolorosa sensazione di disinteresse non soltanto verso il mondo esterno, ma anche verso noi stessi.
Da ciò che ha scritto, emerge come nella sua esperienza non soltanto si alternino "due lei" diverse, ma anche due rappresentazioni di sé diverse, l'una bisognosa di aiuto e supporto, l'altra sconsolata ed impotente che sente questo aiuto impossibile. Questa non aiutabilità è dolorosa, dunque si protegge ponendosi a distanza da tutto. Lo capisco.
Tuttavia mi sentirei di sostenere il suo desiderio di benessere che l'ha anche spinta a rivolgerci queste domande, rinforzando la possibilità di una richiesta di aiuto ad uno Psicoterapeuta, regolarmente iscritto all'Albo, della sua zona, arrivando a comprendere anche quali necessità soddisfi l'assunzione di sostanze.
Lo scoraggiamento del quale è preda in questo momento della sua vita ha paradossalmente caratteristiche molto seduttive, vale a dire che tendiamo a restare in questo stato ovattato di stand by. In questi casi tendiamo a pensare di aspettare di stare bene per fare qualcosa.
Invece le suggerirei l'opposto: facciamo qualcosa per stare bene. Provi a fare il passo necessario al suo star bene.
Qualora potesse interessarle, la invito a leggere alcuni articoli in proposito scritti da me ed i miei colleghi sul sito www.psicoterapiautile.it.
Spero di esserle stato d'aiuto.
Un caro saluto
Dr. Alessio Vellucci
www.miodottore.it/alessio-vellucci/psicologo-psicoterapeuta-psicologo-clinico/roma
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 1.1k visite dal 16/06/2019.
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